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Autore: Shakethatangstforme    05/06/2019    1 recensioni
Raccolta delle fanfiction che scrivo per la "A Stucky a Day Challenge", indetta nel gruppo Facebook "till the end of the line - Steven Rogers / Bucky Barnes - Stucky"
Ogni giorno un modo diverso per parlare dell'amore che c'è fra Steve Rogers e Bucky Barnes.
Da una delle OS: [...] A volte Bucky è convinto che tutti gli altri sappiano che lui è completamente innamorato di Steve, lo confida allo stesso che risponde con un semplice: “Pensi che si mettano contro Captain America?” [...]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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AMBIENTATA FRA CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER E CAPTAIN AMERICA CIVIL WAR
 

Bucky Barnes ha sempre amato l’inverno, o almeno, da quando ne ha memoria, che effettivamente non è un periodo particolarmente lungo. Però, in questi ricordi, la stagione invernale è sempre stata accompagnata da un sorriso.
Quella volta, però, Bucky Barnes non riesce proprio ad apprezzarlo, non è neanche certo di esserlo davvero, Bucky Barnes.
“Chi diavolo è Bucky?”, sono memorie ancora fresche, se chiude gli occhi riesce ancora a vedere il viso del Capitano Rogers scioccato dal vedere proprio lui.
 
Bucky, James, Buchanan, il Soldato, chiunque sia la persona che è adesso, è in fuga ormai da più di un anno, tutt’ora si sente perseguitato da chi ha l’ordine di riportarlo in Siberia e da chi vuole solo riabbracciarlo. E lui darebbe qualunque cosa in quel momento per sentire quelle braccia attorno al proprio corpo, ora che è solo in una casa fatiscente, dove si gela.
Ma per Bucky il freddo non è un problema, ci ha fatto l’abitudine, di certo l’HYDRA non si è mai premurata di procurargli una coperta e un pasto caldo, in uno dei gelidi inverni siberiani. Il problema sono i ricordi che quel freddo sta portando con sé.
 
Il Soldato d’Inverno era stato programmato per non provare alcun tipo d’emozione, era stato così per più di cinquant’anni. Sarò con te fino alla fine, e tutto era cambiato. Steve era tornato, Bucky era tornato dal suo Steve. E in un anno Bucky aveva dovuto imparare a gestire tutto quello che l’HYDRA gli ha impedito di sentire così a lungo – non ha ancora imparato, per questo sta fuggendo anche da Steve.
 
Bucky è seduto davanti la finestra, lo sguardo verso il basso, in un cortile coperto di neve, più avanti vede dei bambini divertirsi.
 
Bucky Barnes bambino amava giocare con la neve, passava ore e ore a farlo con i propri fratelli, ricorda bene anche il rammarico di poter coinvolgere raramente Stevie, troppo freddo, troppo vento, nessuno voleva rischiare di farlo ammalare. Bucky in primis.
E allora era nata una tradizione per far vedere a Steve quanto fosse divertente: i giovani fratelli Barnes andavano sotto la finestra di Steve per costruire il più assurdo dei pupazzi di neve, mentre Steve guardava divertito.
Anno dopo anno avevano continuato, anche quando gli altri avevano iniziato a trovarlo infantile, allora Bucky, per il solo gusto di far ridere Steve, da solo si ritrovava a costruire il più brutto dei pupazzi – purtroppo, il senso artistico non era mai stata una sua competenza, ma rientrava in quelle di Steve. Così erano nati album interi di schizzi di Bucky alle prese con la neve a cui Steve teneva particolarmente.
 
Anno dopo anno, però, il rapporto tra i due mutava, diventando sempre più stretto, fino a quando entrambi hanno realizzato di non poter vivere senza l’altro, che non importa come, ma loro ci sarebbero sempre stati l’un l’altro.
 
Bucky aveva diciassette anni quando per la prima volta non ha costruito alcun pupazzo di neve sotto la finestra di Steve, il più giovane non se n’era neanche reso conto, intento a disegnare l’amico chino sulla neve. Quando ha sollevato lo sguardo, infatti, si è ritrovato Bucky che lo guardava con le braccia incrociate, il naso rosso per il freddo, le mani nelle tasche del cappotto; nel momento in cui Steve ha spostato lo sguardo dove avrebbe dovuto esserci il solito pupazzo di neve si è ritrovato a osservare un cuore storto al cui interno c’era un appena leggibile punk.
 
“Te ne sei accorto, finalmente! È da dieci minuti almeno che aspetto”, Steve sentiva Bucky parlare, ma pareva così lontano – i suoni ovattati dal proprio cuore che batteva più velocemente.
“Buck…? Ma cosa…?”
“Parliamo un attimo?”
 
Steve all’epoca sarà pure stato cagionevole, debole e magro, eppure Bucky se lo è ritrovato davanti la porta in un battito di ciglia, fermo sull’uscio, era chiaro l’invito a entrare in casa. Bucky non farebbe mai uscire Steve con quel tempo.
Dovevano parlare, ma nessuno dei due diceva una singola parola.
Steve è leggermente arrossito sulle guance, Bucky sentiva il proprio cuore pronto per uscire dal petto, talmente era forte. Occhi negli occhi, così vicini da poter sentire il respiro dell’altro contro il viso.
“Stevie, io – “

Non hanno parlato, perché, alle volte, le parole sono superflue. Steve Rogers, quella volta, ha baciato per la prima volta Bucky Barnes. Era rischioso, avrebbero dovuto evitare, ma certi sentimenti sono incontrastabili.
 
E dopo cinquant’anni Bucky Barnes riesce ancora a sentire le labbra del proprio migliore amico contro le proprie, un solo sentimento certo in quel labirinto di emozioni a cui non è abituato: l’amore che prova per lui, mai svanito, che lo ha salvato.
Adesso, guardando fuori dalla finestra, desidera soltanto di potersi rimettere in sesto per poter tornare da lui, ma farlo come il vero Bucky, non l’uomo a metà che sente di essere per ora.
Aspetta, allora, perché probabilmente, dopo tutto quello che ha fatto, Bucky non vale lo sforzo che Steve sta facendo per trovarlo, ma Steve vale assolutamente la sofferenza di non raggiungerlo, se questo significa poter tornare da lui come un uomo sano.
   
 
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