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Autore: Esca_    05/06/2019    3 recensioni
Hermione vide Joyce, se stessa, e un nuovo risvolto della sua vita, positivo o negativo che fosse. Holden.
Era pericoloso, lo sapeva, ma avrebbe potuto aiutarla ad andare avanti.
Andare oltre Ron e Michael, oltre tutto ciò che aveva scritto e che si portava dentro. Oltre tutto ciò che nemmeno lei sapeva di avere dentro di sé.
Nonostante tutto, però, era pur sempre Malfoy, serpe o furetto che fosse.
E lei, poi, era una Grifondoro come mai lo era stata prima. Fiera e testarda come sempre, mai disposta ad abbassare la testa.
Forse, però, questa volta sarebbe stata costretta a farlo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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 CAPITOLO I - VENTO TRADITORE

 

Ron non era mai stato bravo a mantenere i segreti, pensò Hermione.
Quante volte li aveva quasi fatti scoprire, non fosse stato per lei e Harry?
Lo guardò un’ultima volta con il cipiglio più attento ed esasperato di cui era capace e si passò le dita sulle palpebre.
No, non ci sarebbe mai riuscito.
«Ronald, devi ascoltarmi. Non puoi rovinare tutto come l’anno scorso. È il compleanno di Ginny, la festa è importante e lei non deve saperne nulla. Non costringermi a farti una fattura. Non parlare e basta. Fallo per me, per Ginny, per le salsicce a colazione. Fallo per chi vuoi, ma sta’ zitto Ron.»
Il suo ex ragazzo la guardò stancamente senza ascoltarla.
«Ron, questo è un segreto. Se ti scappa qualcosa abbiamo chiuso.»
Ron alzò la testa di scatto, sentendo quella parola che tanto odiava.
«Herm, per favore, lo sai. Non ci riesco, non è colpa mia! Fammi un Oblivion, ti prego. Ginny capisce sempre quando le nascondo qualcosa.»
La Caposcuola lisciò le pieghe della gonna, chiedendosi cosa avesse fatto di male per aver incontrato Ron Weasley sulla sua strada.
«Ron, per favore, lo sai.» Gli disse lei scimmiottando le sue parole. «Non ho tempo da perdere qui.  Devo preparare la sala comune per stasera, ho un mucchio di compiti da fare e non posso più usare la Giratempo. No, non guardarmi così. Non voglio che diventi come Allock, ricoverato al San Mungo perché non hai saputo tenere un segreto. Passa tutta la giornata al campo di Quidditch, fai finta di studiare in biblioteca, fai come vuoi. Non
incontrare Ginny e tutto andrà per il meglio.»

Non gli diede tempo di protestare, girò i tacchi e si diresse a passo veloce verso il suo dormitorio.
Gli addobbi della sala comune erano solo da sistemare, se ne sarebbe occupata più tardi.
Guardò il libro di Trasfigurazione e pensò al test della settimana successiva.
Sì, avrebbe fatto il secondo ripasso appena possibile, non sarebbe morto nessuno.
Finalmente in pace con se stessa, si piegò sotto il letto, estraendo una scatola rettangolare piena di fogli.
Li prese con molta cura, attenta a non cambiarne l’ordine, e finalmente trasse un sospiro.
Il suo piccolo segreto.
La sua passione.
Che poi, tanto segreto non era. Non c’era nulla di cui vergognarsi e lo sapeva benissimo.
Però, portare avanti quel lavoro all’insaputa del resto della scuola era confortante. Quasi eccitante.
«Sì, dovrei decisamente farlo rilegare. Meglio non confondere le pagine.» mormorò sotto voce, cercando le ultime parole scritte.
Mettendosi comoda sul letto, lesse l’ultima pagina, cercando l’ispirazione per continuare.

Michael pianse per la prima volta nella sua vita.
Era questo che faceva di lui un uomo, quindi? Piangere per una donna?
Scosse la testa guardando la foto. No, lei non era una donna qualunque e lui lo ricordava ogni volta che la vedeva accanto a lui.
Lei era quella dei libri, quella dei film, quella di cui le canzoni parlavano sempre. Era Lei. La sua Joyce, che nessuno avrebbe mai rimpiazzato.
Michael, però, se n’era reso conto troppo tardi, preso com’era dai suoi difetti, e ora ne vedeva le conseguenze.
Joyce era libera, serena come un tempo, senza più avere a che fare con i suoi capricci e i loro litigi.
Michael guardò la loro foto e pianse ancora. No, si disse, non sarebbe mai stato abbastanza uomo per lei.

Sorrise soddisfatta, chiedendosi quanto di lei e Ron ci fosse in Joyce e Michael. Michael era uno stronzo e anche Ron non scherzava.
Hermione aggrottò le sopracciglia, riflettendo sul paragone.
In effetti, non erano poi così diversi.
Girò il capo come era solita fare in questi momenti, oltrepassando i letti di Calì e Lavanda con lo sguardo e puntando alla finestra. Il cielo limpido sembrava invitarla a fare piazza pulita e liberarsi delle nuvole. Sembrava urlarle di cambiare qualcosa nella propria vita.
Hermione si perse nell’azzurro del cielo, mordicchiando un’unghia e chiedendosi dove avrebbe portato la sua Joyce. La sua eroina, che aveva distrutto Michael come lei non era mai riuscita a fare con Ron.
Perché?
Questa parola riecheggiò nella sua testa, come tutte le altre volte che aveva portato il suo antagonista alla disperazione e al dolore per puro gusto.
Quella storia la aiutava a sfogarsi o solo a porsi più domande?
Con gli occhi fissi sul pianto di Michael, pensò a Ron. Pensò a loro due, ai loro litigi, ai compromessi mai trovati perché nessuno di loro due aveva mai provato a cercarli.
Ron era mai stato così male? Aveva mai pianto per lei come lei aveva fatto per lui?
Era possibile stesse già flirtando con Lavanda, quando lei sembrava essere diventata allergica ad ogni approccio maschile?
Guardò ancora una volta il cielo, aspettando le lacrime.
Dolcemente, fu come se le fronde degli alberi le suggerissero la risposta.
Michael era migliore di Ron. Ecco la differenza. Michael l’aveva conquistata insieme a Joyce, parola per parola, errore per errore. Michael le aveva dato più di quanto Ronald avrebbe mai fatto, perché Ron non ci pensava.
Ecco il problema.
Lui non l’aveva mai vista come una fidanzata.
Per lui era sempre stata un’amica. Certo, quel tipo di amica con cui parlare di tutto e da abbracciare ogni tanto, ma pur sempre un’amica.
Hermione abbassò lo sguardo sul cumulo di fogli, chiedendosi perché avesse iniziato a scrivere quella storia, che sembrava avere sempre meno senso. Se per se stessa, per Ron, o per nessuno, non lo sapeva.
Ma l’aveva aiutata. Il proprio riscatto e la propria vendetta erano racchiusi in quelle pagine rabbiose. Ogni parola l’aveva confortata, liberata. Ogni domanda posta a Joyce era in realtà posta a se stessa, solo per scoprire gli angoli nascosti di quel rapporto che, in realtà, non era mai nato.
Grata di queste rivelazioni, Hermione prese piuma e calamaio, pronta ad ogni traccia d’ispirazione.
Un secondo dopo, la porta della camera si spalancò in un turbinio di voci e libri buttati in aria.
«Hermione, un giorno ci dirai cosa fai sempre qui tutta sola?» le disse Calì con un’occhiata maliziosa.
«Certo, Calì, studio. Cerca il verbo sul dizionario.» rispose Hermione, raccogliendo in fretta i fogli e uscendo dalla camera.
Era arrivato il momento di mettere ordine a quella massa confusa di parole.
Per la prima volta nella sua vita, però, Hermione si rese conto di non sapere l’incantesimo adatto.
Si diresse pensierosa verso la biblioteca, pensando alla sezione adatta per cercarlo.
Camminò anche un po’ a vuoto, a dire il vero.
Passò i corridoi e i quadri senza una meta, cercando qualcosa di indefinito che la cambiasse, come il cielo aveva predetto.
Persa nei suoi pensieri, si fermò davanti ad una finestra, chiedendo mentalmente al cielo di aiutarla.
Per tutta risposta, il vento spalancò i vetri all’improvviso. Hermione sobbalzò, tornando in sé, e perse la presa sui fogli, che scivolarono tutt’attorno a lei.
Adesso, il suo segreto era sparso per il corridoio del secondo piano e i suoi protagonisti non avevano più un ordine logico.
Hermione si affrettò a chiudere la finestra e si piegò per raccogliere i fogli, attenta a non perderli di nuovo e sperando che non passasse nessuno.
Ebbe un’ondata di esasperazione alla vista delle pergamene ammucchiate. In biblioteca sarebbe rimasta più del previsto.
Controllò ogni angolo del corridoio, perlustrò le scale e si affacciò al bordo della ringhiera, sperando che nessun foglio fosse scappato alla sua vista.
Si avviò in fretta in biblioteca, confortata dall’odore dei libri antichi e dal silenzio.
Una volta trovato l’incantesimo per rilegare la sua storia, scelse un tavolo appartato, disponendo libro e fogli davanti a sé.
Con calma, iniziò a dare un ordine a quella matassa, tornando indietro di giorni e settimane e pensando alla fatica che quella storia le era costata.
Mezz’ora dopo, Hermione era impietrita davanti al cumulo di fogli, chiedendosi perché non avesse bruciato tutto quando era ancora in tempo.
Senza pensarci, scappò per i corridoi con i fogli stretti tra le mani.

  
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