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Autore: Red Saintia    06/06/2019    14 recensioni
Spesso quando una persona fa parte del tuo destino per quanti sforzi tu possa fare in un modo o nell'altro siete destinati ad incontrarvi di nuovo. Rischiare l'ennesima delusione o tentare di costruire qualcosa d'importante? Arriva un momento nella vita di ognuno di fare delle scelte... qualcuno ne soffrirà ma questo è inevitabile. Il sole che sorge all'orizzonte fa da scenario alla nascita di un sentimento a lungo custodito tra le pieghe del cuore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note
I protagonisti di questa storia sono gli stessi di una "mini long" da me precedentemente pubblicata. Chi l'ha letta spero abbia piacere nel ritrovarli, chi invece non la conosce non avrà comunque problemi nella comprensione di questa one shot, quindi... buona lettura a tutti e grazie come sempre.






Possibile che ci sia di nuovo ricascata? Oh si che è possibile, anzi no, è una certezza. Perché anche se sto provando a non pensarci, anche se cerco di evitare quel fastidioso rimorso di coscienza che si ripresenta puntuale ogni volta che so per certo di stare commettendo un errore, non posso far a meno di cascarci di nuovo.
Sono un idiota! Ecco cosa sono. Invece di pigiare il piede sull’acceleratore per arrivare più in fretta da lui dovrei fare dietro front e tornarmene a casa, o al limite a fare un doppio turno in ospedale così almeno sarei talmente distrutta da non pensare al male che sto facendo a me stessa e a chi mi sta intorno. Eppure la testa non mi ascolta… provo a farla ragionare ma non c’è verso, il mio corpo si muove autonomamente, spinto da qualcosa che dopo tanto tempo ancora non riesco pienamente a definire.

Siamo in piena estate ormai… le strade sono semi deserte, le persone hanno lasciato le grandi città per le mete turistiche. L’asfalto brucia e stride sotto le ruote della mia auto, c’è un caldo opprimente, sento la mia pelle bruciare e il battito del cuore che diventa sempre più pressante quasi fosse uno di quei classici tamburi suonati in modo ripetitivo ed incalzante prima di un esecuzione.
Mi porto una mano al petto che si alza ed abbassa ritmicamente… la strada è sgombra davanti a me e il sole cerca, affannato, il suo consueto angolino per nascondersi e cedere il posto al tramonto. Sono le 21:15 circa. Conosco ormai ad occhi chiusi la strada che sto percorrendo, è la quarta volta in quel mese, e nonostante mi ripetessi puntualmente che quella era davvero l’ultima, puntualmente ci ricascavo.
Perché? Perché mi chiedo. Temo però che la risposta che cerco, qualunque essa sia, non darà mai una spiegazione plausibile a quel desiderio impellente di vederlo e di perdermi tra le sue braccia.

Benché in uno spartano ma accogliente monolocale di periferia mi stesse aspettando il più dolce ed amorevole dei compagni, il cui nome è Matt, io ero diretta altrove… da qualcun altro. Lo stesso qualcuno da cui mi ero ripromessa di stare lontana, il cui nome è croce e delizia da un anno e mezzo per la mia anima.
C’era stato un periodo nel quale il mio cuore era caduto in un mutismo ermetico e silenzioso, qualsiasi figura maschile era pressoché inavvicinabile, tutti tranne Matt. L’amico che ormai tra un cappuccino e una chiacchierata si era faticosamente ritagliato uno spazio fondamentale nella mia vita.
Con infinita dolcezza e tanta comprensione aveva diradato il grigiore delle mie giornate e sollevato quel peso opprimente che gravava sul mio cuore. Eppure tutti gli sforzi da lui fatti e tutta la gratitudine e l’amore che cercavo di provare nei suoi confronti vennero vanificate con una semplice telefonata e poche ed inaspettate parole…

“Ciao Nadia… sono io, Eric.”

Dopo  quella frase ci furono infiniti secondi di silenzio, una valanga di ricordi tornati prepotentemente a farsi strada nella mente, e un nodo in gola che sembrava soffocarmi. Non c’era voluto molto perché quella semplice telefonata si trasformasse in un incontro vero e proprio, nel quale seppi che aveva sempre avuto in memoria il mio numero di cellulare pregando che nel frattempo non lo avessi cambiato.
E come avrei potuto… tutti i miei colleghi della specializzazione, compreso il mio  capo, avevano quel numero. Cambiarlo avrebbe significato dover aggiornare una quantità infinita di persone che di certo lo avrebbero perso o dimenticato tra scartoffie e chiamate varie.

Ci aveva provato Eric, e gli era andata bene. Così, nonostante un’estate inaspettatamente troppo torrida, ci ritrovammo a chiacchierare davanti ad una cioccolata calda. Quell’incontro che sarebbe dovuto rimanere del tutto occasionale fu invece il primo di molti altri. Inizialmente erano piacevoli chiacchierate sugli argomenti più disparati che però accomunavano i nostri gusti, qualche scambio di sguardi un po’ più insistente del solito che veniva prontamente interrotto da qualche battuta stupida. Ma poi… durante una passeggiata in macchina ci ritrovammo senza accorgercene ad osservare il sole tramontare in spiaggia.
Non ci fu bisogno di parlare, lui lo sapeva bene. Mi afferrò con un gesto d’impeto e mi baciò. Il mio tentativo di oppormi fu breve quanto inutile… e in un attimo Eric mi sovrastò con il suo corpo gettandomi sulla sabbia. Il resto fu un’inevitabile quanto piacevole conseguenza.




Parcheggio l’auto lungo il molo, premurandomi di nasconderla al meglio in mezzo a tante altre. Comincio a camminare in direzione della vecchia torretta di guardia ormai in disuso. La brezza leggera che proviene dal mare mi costringe a socchiudere gli occhi e stringermi nelle spalle. Adoro il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, così come quel odore di salsedine che proviene dal mare… odore di immenso, di libertà. Sollevo lo sguardo e vedo il suo profilo da lontano. Tiene stretta tra le dita la sua consueta Winston blu e noto subito la sua espressione malinconica mentre espelle una boccata di fumo con fare pensieroso.

Il solito intuitivo, deve aver avvertito la mia presenza perché getta ciò che resta della sigaretta e incrocia le braccia con aria imbronciata. Già so che è seccato per il mio ritardo. Mi sfilo le scarpe e percorro a piedi nudi il breve tratto che mi separa dal vecchio punto di osservazione un tempo utilizzato dai guardia spiaggia della zona. Adesso invece quel piccolo angolo di paradiso era ad uso esclusivo per le imbarcazioni dei pescatori. I bagnanti erano diretti altrove, nei lussuosi e più di moda resort esotici o in spiagge private. In parte per noi era meglio così…

“Scusami per il ritardo.”

“Figurati… non è un problema. Piuttosto hai avuto difficoltà?” mi chiede, e io per un attimo fatico a capire cosa intende.

“In che senso scusa?”

“Intendo… nel trovare una scusa, una giustificazione.”

“Ah… beh, direi di no. Il solito doppio turno di guardia in ospedale.”

“Capisco” e in quella semplice parola era racchiusa tutta la sua rassegnazione per una situazione che non sembrava avere vie d’uscita se non dolorose.

Era il preludio di un ennesimo dibattito, che però non avevo né forza né voglia di affrontare. Per questo cercai di aprire e chiudere la questione il più in fretta possibile.
“Cosa vuoi? Cosa pretendi da me Eric? Sei piombato di nuovo nella mia vita, ai buttato all’aria tutto ciò che avevo pazientemente costruito. E adesso… dovrei deludere l’unica persona che ha realmente saputo starmi accanto? Credimi… già così mi sento un mostro.” e benché quello fosse un discordo più volte affrontato, quella sera lui ebbe una reazione diversa… quasi rabbiosa, e per un attimo ebbi l’impressione che potesse andarsene per sempre stavolta.

“Io no so più cosa dimostrarti. Ti  ho cercata, di nuovo, ho provato a riallacciare un rapporto con te, di nuovo, sto provando ad essere all’altezza delle tue aspettative. Ma mi accorgo che a te non basta, non basta mai. Sei sfuggente Nadia… come sempre. Tu ti dai a me, ma con la testa sei altrove, tu mi cerchi e mi tieni a distanza nello stesso momento, e credimi se ti dico che questo tuo atteggiamento fa male, fa male davvero.”

“E tu pensi che io non ci stia male? Che non pensi che questa sia una situazione pericolosa e assurda. E poi Matt non lo merita, non lo merita affatto.”

“Bene, perfetto. Che aspetti allora… lascialo. Digli la verità, che non provi più niente per lui e che lo consideri solo un amico.”

“E’certo! Perché per te le persone sono come roba usata… che quando non serve più si accantona fino a quando non la si butta via. Quindi non dovrei minimamente tenere in considerazione i suoi sentimenti? Ottimo! Direi che è tipico di te questo atteggiamento.”

“Non giudicarmi Nadia, non farlo. Io sono più onesto di quanto tu possa esserlo in questo momento. Credi che illuderlo che vada tutto bene sia la cosa migliore? Fargli credere che lo ami lo renderà felice o gli darà solo una pallida illusione della triste realtà. Avanti Nadia non essere ipocrita adesso.”

Aveva ragione, era tutto vero quello che diceva. Stavo prolungando l’inevitabile. Ero diventata sfuggente e bugiarda, un essere spietato che elargiva falsi sorrisi di circostanza quando lui mi accoglieva con un abbraccio credendomi stanca per i turni in ospedale. Eric aveva ragione, ero solo un’ipocrita.

“Ti costa tanto ammetterlo Nadia? E’ davvero così tremendamente difficile ammettere a te stessa ciò che provi. Fa pace con i tuoi sentimenti, metti da parte l’orgoglio e dimmi ciò che senti per me. Solo questo ti chiedo…”

E ti pare poco avrei voluto dirgli, ma non aprii bocca. La corazza che mi ero costruita proteggeva me dalle delusioni, ma non gli altri dalla sofferenza che provocavo loro.
Indietreggiai d’istinto. Non gli avrei permesso di vedermi piangere, feci pochi passi decisa ad andare via. Non dovevo essere lì, non avrei ami dovuto esserci…

“Fermati dove vai? Ti ho lasciata andare via una volta, non accadrà di nuovo.”
Quelle parole… così dolcemente sussurrate al mio orecchio, la sua bocca che sfiorava il mio collo regalandomi il suo caldo respiro, furono il colpo di grazia. Avevo maledettamente bisogno di lui, ne sentivo l’esigenza… e non solo fisica. Perché tutto aveva un senso, tutto riprendeva colore solo quando stavamo insieme, lo avevo capito da quando ci eravamo incontrati di nuovo… o forse lo avevo sempre saputo. Non era mai successo… ma lo feci. Fui io a prendere l’iniziativa trascinandolo all’interno della torretta sfilandogli la maglia e accarezzando finalmente la sua pelle.

“Ti voglio…” gli dissi, e un po’ della rassegnazione che aveva negli occhi fino a qualche attimo prima scomparve. Mi sollevò per le natiche stringendomi a lui e adagiandomi su di un telo da spiaggia che ormai si trovava in quel posto in pianta stabile da circa un mese. I suoi occhi saettarono brillanti e imploranti nei miei, mi desiderava lo sapevo, ma c’era qualcosa di più adesso, un esigenza diversa.

Non ci volle molto perché i nostri corpi nudi entrassero in risonanza l’uno con l’altro. Un connubio perfetto di passione e desiderio, di piacere e inevitabile dolore. Perché era sbagliato, perché non era corretto… eppure era così maledettamente vero.
Le fronti di entrambi imperlate di sudore erano la prova visiva della passione che ci consumava. Mi sfiorò le labbra con il  pollice della mano destra, che io catturai subito all’interno della mia bocca. Le sue mani mi facevano vibrare anche solo sfiorandomi, e adesso che avide catturavano i miei seno tormentandoli di baci umidi sentii il ritmo di quel amplesso divenire più incalzante. Inarcai la schiena dando maggiore vigore ai suoi movimenti, e quando lo vidi chiudere gli occhi seppi che una parte di lui era di nuovo dentro di me.

Il respiro ancora ansimante e i battiti accelerati del suo cuore erano un suono che mi emozionava e spaventava allo stesso tempo. Non disse nulla quella sera… si sdraiò accanto a me nascondendo il  viso tra i miei capelli. Mi strinse forte, ed io avvertii qualcosa che lentamente sfuggiva al controllo dei suoi occhi bagnarmi il collo.
Il rumore ritmico delle onde cullò il nostro sonno. Per quella notte anche noi  saremmo stati come una comune coppia di innamorati che dormono placidamente insieme.


 
Il verso stridulo dei gabbiani fu la sveglia che mi accolse il giorno seguente. Aprii lentamente gli occhi, Eric era ancora stretto a me… il viso da bambino sul corpo di un adulto. I capelli arruffati dal vento e dalla salsedine gli davano quell’aria da bello e dannato che avrebbe ammaliato chiunque. Solo i suoi occhi tradivano quella parvenza spavalda e sicura di sé che ormai avevo imparato a riconoscere come una semplice maschera ben costruita.
D’istinto presi il cellulare dalla mia borsa. Erano le 6:30 del mattino. Avevo cinque chiamate perse e dieci messaggi whatsapp. Inutile dire che erano tutti di Matt. Cercai di divincolarmi dall’abbraccio di Eric cercando di non svegliarlo. Mi rivestii sperando di essere quanto più presentabile possibile. Stavo per andare via… lo facevo sempre. Ero la prima a lasciare quel posto, dopo mezz’ora circa andava via lui.

Mi fermai ad osservarlo e le mie gambe non vollero più saperne di muoversi. Non potevo andare avanti così, non era giusto, il mio cuore rimaneva ogni volta lì con lui. Il mio corpo svuotato da qualsiasi sentimento tornava da Matt. Fu in quel preciso istante che le mie labbra si aprirono autonomamente e senza controllo. Agirono da sole,  perché finalmente avevano compreso di non poter più tacere.

“Ti amo Eric…ti amo così tanto da non riuscire a respirare se non mi sei accanto. Ti amo dalla nostra prima volta nella baita in montagna. Non l’ho mai ammesso neppure a me stessa, ma adesso sono stanca… stanca di nascondermi, stanca di mentire. E’ con te che voglio stare, indipendentemente da come andranno le cose tra noi. Voglio provarci e voglio riuscirci. Torno a casa adesso, parlerò con Matt e gli dirò la verità. Aspetta un mio messaggio, a presto amore mio…” gli dissi scostandogli una ciocca di capelli e baciandolo sulla fronte.

Raccolsi le mie cose e mi affrettai ad uscire, non sapevo se avessi detto quelle cose per liberarmi la coscienza o solo nella vana speranza che lui in qualche modo mi sentisse. Orami però non potevo tornare in dietro, quelle parole erano piombate fuori senza controllo, come se una forza estranea avesse rotto un argine ormai in bilico da troppo tempo.
Stavo per richiudermi la porta alle spalle, non riuscivo a staccare gli occhi da Eric. Il suo silenzio della scorsa notte era stato più rumoroso di qualsiasi discorso avesse potuto farmi. Avrebbe accettato tacitamente qualsiasi mia decisione. Io però non potevo essere così vigliacca, per questo avevo deciso di agire quanto prima. Mentre ormai ero praticamente fuori da quella torretta… il flebile ma cristallino suono della sua voce diede ulteriori certezze a quella mia decisione.

“Ti amo anch’io Nadia… ti aspetterò, ti aspetterò sempre.”
Non si mosse dalla sua posizione, pur sapendo che non ero ancora andata via. Era una promessa quella, stavolta concreta e tangibile. Era quel inizio che non avevamo mai avuto, la seconda possibilità a lungo cercata. Fu in quel momento che ogni tassello sembrò andare al posto giusto, mi sentivo più forte e risoluta.

Ci sarebbe stata ancora sofferenza, rimorso e forse rancore… ma di certo non più rimpianti, quelli no. Era arrivato il momento di accantonare la corazza a lungo indossata e correre qualche rischio, d’altronde era inutile mentire a me stessa... ciò che stavo vivendo era quello che segretamente avevo sempre sperato, ovvero l’alba di un nuovo inizio.
 
   
 
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