Cap.3 Cena post-scontro
Il demone aveva gli occhi rossi, i
suoi capelli biondi dalle
ciocche larghe un paio di dita tendevano all’arancione.
Un’energia violetta e
oscura pulsava sulla sua fronte, emanandosi da lui, dando vita a dei
tentacolini che si alzavano da terra.
Era intento a divorare
metà della cacciagione, seduto per
terra, le labbra sottili sporche di olio.
< Ho sempre odiato i demoni.
Pensavo che lui lo avrei
odiato anche di più, essendone signore. Le leggende sulle
sue nefandezze mi
sono arrivate spesso alle orecchie.
Però…
c’è qualcosa di particolare in lui. Forse un
peccatore
ne riconosce un altro quando lo vede e ne percepisce
l’empatia > rifletté
Ban.
Meliodas piegò di lato il
capo, i muscoli del suo petto nudo
erano gonfi e strabordanti, nonostante la sua stazza minuta. Una goccia
di olio
gli finì sul petto.
Il simbolo da cui proveniva
l’energia, simile a un
pipistrello demoniaco, aveva una leggera luce rosata intorno ad esso,
soffocata
dall’oscurità viola.
Simboli neri apparvero nelle sue
pupille color sangue, quest’ultimo
lo stesso colore del tatuaggio sulla sua spalla.
“Sei molto più
divertente di quanto mi aspettassi, ma anche
parecchio inquietante dopo uno scontro” disse Ban.
“Mi sono divertito
anch’io. Ho sempre desiderato fare
amicizia con un’immortale” ribatté
Meliodas. Piegando le labbra sottili in un
sorriso storto. Il bagliore dei suoi occhi veniva accentuato dalle
fiamme del
falò.
“Amici? Oh, sono stato
chiamato in tanti modi, anche
peggiori, ma mai così. Penso tu abbia frainteso il tuo
ruolo” disse Ban.
Meliodas gli fece un occhiolino.
“Mi conviene tornare nella
cella come promesso. Temo che l’altra
stia tornando” disse.
Ban corrugò la fronte,
vedendolo correre via, e finì di
gustare a sua volta la cena.
< Si sente la potenza in lui,
ma di sicuro non è
principesco. Decisamente diverso dai nobili di noi mortali.
Forse è meglio
così. Meno paroloni e rituali, e più fatti.
Se il destino non avesse voluto
diversamente, forse saremmo
davvero stati amici > pensò, massaggiandosi il mento
squadrato.
“Allora, i miei sigilli
hanno tenuto, mentre non c’ero? Ci
sono stati problemi?” disse Morgana, avviandosi verso la
gabbia.
“Tranquilla, è
andato tutto alla grande” mentì Ban,
grattandosi il ventre scoperto. Alla luce del fuoco brillavano le
borchie di
metallo che decoravano il suo vestito di pelle rossa.
“Umnh… sta
dormendo. Sì, sembrano intatti”
rifletté Morgana
a bassa voce.
Ban nascose un sorrisetto sardonico
con la mano.
< Non solo può
entrare ed uscire indisturbato, ma può
anche lasciare i sigilli intatti. Quel tipetto ha fin troppe sorprese
per i
gusti di un cacciatore.
Non ho nessuna intenzione di
diventare io la preda, anche se
tutto questo m’intriga parecchio > pensò,
detergendosi le labbra con la
lingua.
“Finisci di mangiare e
datti una mossa. Dobbiamo prepararci
per accamparci per la notte” lo richiamò Morgana.
Ban sbuffò e si
alzò da terra con indolenza, le gambe
aperte, le mani sui fianchi e il bacino sporto in fuori.
“Come vuole lei,
signora” disse sardonico.
Morgana assottigliò gli
occhi.
< Per i suoi canoni
è fin troppo rilassato. Spero non voglia
dire guai > si disse, guardando Ban di sottecchi.