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Autore: _Cthylla_    07/06/2019    1 recensioni
[COMPLETA || Ambientata in Transformers: Armada. Purtroppo su questo sito manca il contesto giusto, quindi si fa quel che si può, se il Dio Esterno Yog Sothoth vuole!]
Come inizia la storia del Deviant Team nell'Universo Armada? Con la ricerca di una particolare vernice rosa nella base lunare sbagliata.
Tra il quasi furto di una certa Spada Stellare, tra follie e pollerie, pericolosissimi titani planetoidi e oscure divinità che si manifestano più o meno concretamente, riusciranno Mintaka, Deathstar, Stylequeen, Pkangu e Zoira a sopravvivere a tutto ancora una volta grazie al PDBDC?
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megatron, Optimus Prime
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
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- Questa storia fa parte della serie 'Deviant Team: Madness is Everywhere!'
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Ci aveva provato.
Gli aveva intimato di andarsene, gli aveva detto di ritirarsi, gli aveva ripetuto di arrendersi: tutto inutilmente.
Non era qualcosa che a Galvatron capitava spesso, perlopiù tendeva a porre fine alle vite che a cercare di risparmiarle ma, per una volta, aveva provato per davvero a far sì che le cose non finissero in quel modo.
 
«Come fai a restare ancora in piedi, Starscream?!»
 
La lama della Spada Stellare -unica delle tre armi leggendarie rimaste in suo possesso da che Thrust aveva tradito i Decepticon e portato a Unicron le altre due- come sempre rifulgeva di azzurro, ed era conficcata nel petto del seeker.
 
«È il minimo che io possa fare!»
 
Sorrideva, Starscream.
Era ferito gravemente, eppure sorrideva.
Perché? Galvatron non riusciva a capirlo, ed era tanto colpito da quel gesto folle del suo soldato che improvvisamente la presenza di Optimus Prime non aveva più importanza, come non aveva importanza che Unicron avesse iniziato a fare il diavolo a quattro.
Sebbene quel mostro si fosse ulteriormente animato e stesse scagliando devastanti fulmini sulla superficie di mezzo pianeta -scenario degno di una manifestazione d’ ira divina, che però in quel caso era una semplice dimostrazione di forza- nessuno di essi sarebbe stato, per il leader dei Decepticon, potente quanto il fulmine a ciel sereno rappresentato dalle azioni di Starscream, ancora cosciente, ancora in piedi.
 
«Non capisco… da dove stai traendo tutta questa forza?!»
 
Negli ultimi tempi lo aveva visto irrequieto per colpa di Unicron e aveva tollerato fin troppo pazientemente -secondo la propria opinione- le sue chiacchiere su quanto sarebbe stato saggio accettare la proposta di alleanza contro Unicron fattagli da Optimus Prime, però Galvatron non avrebbe mai pensato a un simile epilogo, con Starscream trafitto dalla sua lama.
 
«Non c-credo che questo… abbia importanza, ora, Galvatron».
 
Vero, il loro rapporto era sempre stato abbastanza difficile: in particolare l’ultimo periodo trascorso sulla Terra, in cui il seeker si era ribellato e si era unito agli Autorobot. Quella era stata una mossa avventata da parte del ragazzo, che se l’era presa a male solo perché lui e quel traditore di Thrust avevano deciso di abbandonarlo sul campo di battaglia per andare a prendere il Requiem Blaster nella base degli Autorobot.
Base semivuota, dal momento che la maggior parte della squadra di Prime era, per l’appunto, sul campo.
Nulla di che insomma, soprattutto perché Starscream era tornato vivo e quasi del tutto integro alla base lunare, però il suo carattere troppo sensibile e delicatino lo aveva fatto reagire come un giovane che decide di fuggire di casa per fare torto ai genitori… e che poi, come tale, torna all’ovile.
Starscream infatti era tornato, portandogli in dono lo Scudo Stellare che fino a quel momento era stato in mano agli Autorobot, lui aveva deciso di riprenderlo e, a parte il trascurabile momento in cui aveva cercato di costringerlo a distruggere la Terra con il Cannone Idra, Galvatron riteneva di poter affermare di essere stato per lui un leader generoso e molto accomodante, a riprova del fatto che la “questione ammutinamento temporaneo” era finita lì.
 
Almeno per lui. Starscream invece si era…
 
“La lama della sua spada è inattiva, mi ha lasciato un’apertura mentre combattevamo”.
 
…si era lasciato colpire di proposito?
Lo guardò nuovamente in faccia. Aveva ancora quel sorriso.
Sì: lo aveva fatto di proposito.
 
«Dimmelo! Perché hai voluto che io ti trafiggessi, soldato?! Hai deliberatamente scelto di sacrificarti!»
 
Fu solo allora che il seeker, senza mutare espressione, cadde all’indietro. La sua spada, ormai inutile, andò a conficcarsi nel terreno.
 
Stava avendo quel che voleva. Ancora non del tutto, perché era vivo -con delle cure avrebbe potuto perfino scamparla- però non sarebbe durata ancora molto.
Era determinato a farla finita, l’unica cosa buona del poter ancora parlare era la possibilità di tentare ancora una volta di convincere Galvatron ad allearsi con Optimus.
Tentare di convincere il proprio leader… e, prima, parlare con lui per davvero, finalmente.
 
“Mi ascolterai almeno adesso, Galvatron? Starai a sentire davvero quel che ho da dire per una volta nella tua vita?”
 
«Ti ricordi… molti, molti anni fa… ti feci un giuramento, Galavtron: che mai avrei potuto tradire…»
 
«Lo progettavi da tempo, non è vero?!»
 
Per lui quella faccenda si era conclusa, ma allora perché, perché quel folle e stupido d’un ragazzo non l’aveva capito e non aveva fatto quel che avrebbe dovuto, ossia considerarla conclusa a sua volta?! Se per lui, Galvatron, una cosa era a posto, allora avrebbe dovuto esserlo per tutti, soprattutto per i suoi sottoposti.
Loro erano lì per obbedirgli, non per pensare troppo, non per “sentire”. Così aveva creduto fino a quel momento, sbagliando.
 
«Sì, è così… ma tutto questo avrebbe potuto essere evitato, se mi avessi mostrato un po’di rispetto!» riuscì a dire il seeker, con un’energia di cui nemmeno lui sapeva stabilire la provenienza.
Forse era l’esasperazione profonda, forse era la disperazione o forse la consapevolezza che erano i suoi ultimi momenti, oppure era tutto insieme.
 
«Risparmia il fiato adesso» disse il leader dei Decepticon, brusco come suo solito nonostante fosse alquanto scosso.
 
Non erano tempo né luogo giusti per parlare di certe cose -non solo per Unicron e i fulmini, ma anche per la presenza di Optimus- e a dir la verità riteneva di aver già visto e sentito abbastanza. Starscream aveva fatto una follia, lui aveva capito perché, quindi non si poteva passare alla parte in cui ognuno tornava alla propria base e quello schizzato di un seeker veniva curato?!
 
«Ho provato a guadagnarmi la tua stima, ma nulla di quello che facevo sembrava andare bene» continuò imperterrito Starscream, deciso a usare le forze rimaste per sputare fuori tutto quel che aveva da dire prima di cercare definitivamente la fine «Non importava quante battaglie combattessi, trovavi sempre il modo di umiliarmi. Poi ho visto come Optimus Prime» il quale, dopo aver evitato di intromettersi nel loro combattimento, si stava avvicinando «Trattava i suoi soldati, e ho capito quanto lui fosse onorevole… al contrario di te».
 
In fondo alla Scintilla, Galvatron era consapevole che purtroppo almeno la prima parte del discorso Starscream era del tutto vera… però, per un attimo, un sonoro “Ma vaffanculo!” e il pensiero di lasciarlo lì a crepare come lui desiderava gli vennero in mente lo stesso. 
 
«Eri troppo debole per guadagnarti la mia stima» sentenziò, mentendo e sapendo di mentire. Lui era il suo soldato più forte, lo era sempre stato.
 
«Tutto questo ormai non ha più importanza!» esclamò il seeker, con uno sforzo mastodontico per sfidare l’impossibile e rialzarsi in piedi, come aveva sempre fatto, ancora una volta «Devi ascoltarmi! Fai ciò che dice Optimus, unisci le tue forze alle sue o non ci sarà scampo per nessuno!» emise un verso strozzato «Ti prego… fallo per me».
 
L’espressione sul suo volto era dolorante, un po’supplicante perché sperava con tutta la Scintilla di essere ascoltato ed era anche sollevata, perché aveva detto tutto quel che doveva dire e a breve avrebbe messo fine a ogni dolore, a ogni dramma interiore.
Tutto questo però cambiò nell’istante in cui vide dietro Optimus e Galvatron cinque persone che non avrebbero dovuto assolutamente essere sul posto.
 
«C-cosa…»
 
Il gruppetto di matti gentili e da galera lo aveva seguito. Erano lì, immobili, a guardare con la scena con gli occhi sgranati  e del sincero dispiacere dipinto sui loro volti.
Per cause di forza maggiore, alias cercare di raggiungere Starscream zigzagando tra un fulmine di Unicron e l’altro, erano arrivati solo nel momento in cui il seeker era stato trafitto. La scena cui avevano assistito, in tutta la sua drammaticità, aveva avuto anche su di loro un impatto tale da calmare temporaneamente i bollenti spiriti, inclusi quelli di Stylequeen -il che era tutto dire.
 
«Andate via da qui!» intimò loro Starscream, barcollando in avanti «È pericoloso! Andatevene!»
 
Forse Optimus Prime, voltatosi e visto il gruppo di civili neutrali, avrebbe dovuto urlare qualcosa di analogo a quel che aveva urlato Starscream, eppure il solo pensiero che avesse in mente era “Oddio, quelle”.
 
«Si può sapere con chi diavolo stai parl-» avviò a dire Galvatron, salvo interrompersi appena si voltò a guardare dietro di sé «Ah… era impensabile che poteste essere voi, qui e ora, ma forse è proprio per questo che avrei dovuto immaginarlo. Non provate a-»
 
«Quando si incontra qualcuno a quest’ora si gli si dice innanzitutto “Buonasera”, brutto villano che non sei altro!» lo interruppe Stylequeen, cui sentirsi rivolgere la parola aveva fatto passare l’effetto dovuto alla scena drammatica.
 
«Nessuno si rivolge a me in questo modo, tantomeno una femme col cervello andato in tilt da quando è caduta in un lago di vernice rosa!» ribatté Megatron, dirigendosi verso i cinque a grandi passi «E in ogni caso non sono interessato né a te né a qualunque idiozia tu abbia voglia di strillarmi contro, quindi tu e quelli che non mi interessano levatevi di torno!»
 
C’era una sola persona in quel gruppo con cui gli interessasse parlare, e quella persona era Deathstar.
Quando lui e i Decepticon si trovavano ancora sulla luna terrestre, a nulla era valso dare alle forze Decepticon di stanza a Cybertron l’ordine di cercare lei e il suo gruppo, a nulla era valso aspettarsi di vederla saltare fuori in un qualunque momento improbabile vissuto in Terra e dintorni -e ce ne erano stati parecchi- e a nulla era servito essersi iscritto ai social in un momento libero, aver trovato Stylequeen e averle perfino scritto per poter parlare con quella femme dalle ali rosse e dallo strano potere: tutto quel che aveva ottenuto era stato poter guardare i video e le immagini del gruppo, fino a quando era stato bloccato. Ricordava di essere rimasto colpito e incredulo dalla serenità che trasmettevano la maggioranza di essi.
C’era un’immagine in particolare che aveva in mente, quella di Deathstar che, ridendo, aveva spruzzato in aria l’acqua di una pozzanghera con quella che doveva essere stata una piroetta piuttosto sghemba. Guardare quell’immagine e le altre gli aveva dato l’impressione che la guerra non li stesse toccando affatto, come se fossero stati protetti da una sorta di bolla.
 
«A-andatevene» gemette Starscream, cercando di camminare in avanti «Andat-»
 
Barcollò pericolosamente ed era probabile che sarebbe caduto, se Zoira e Mintaka non fossero corse a sorreggerlo. 
 
«Il dottore del gruppo non sono io ma credo che anche non Stylequeen possa fare molto, qui» disse Zoira «Non so come tu possa essere sopravvissuto né tantomeno come tu possa riuscire a stare in piedi, è impossibile, n-non…» chiuse un attimo gli occhi, ritrovando la calma «Il tuo tentativo non è andato a buon fine, hai delle possibilità di sopravvivere, quindi sfruttiamole e cerchiamo di estrarre questa spada, va bene?»
 
«Possibilmente prima che a Galvatron venga in mente di sparare a Stylequeen, di dare il via a un inseguimento per cercare di prendersi Deathstar o entrambe le cose» aggiunse Pkangu, avvicinatosi con molta più calma.
 
«Però durante il procedimento mi sa che è meglio cercare di andarci piano, cioè, gli hanno ficcato una spada nel petto» disse Mintaka «È un punto delicat-»
 
Pkangu, con un unico gesto secco, estrasse la spada dal petto di Starscream, che emise un rantolo di dolore e sarebbe crollato nuovamente a terra se le due femmes non lo avessero tenuto in piedi.
 
«Prego» disse il jetformer, conficcando nel terreno la Spada Stellare «Hai delle componenti fisiche invidiabili, se fossi in te non le sprecherei tentando di uccidermi un’altra volta».
 
Ingoiando una serie di improperi dovuti all’indelicatezza, Starscream si limitò a lanciargli un’occhiataccia. Tornò a guardare Galvatron giusto in tempo per vedere che lo stava guardando a sua volta e, appena se ne accorse, girarsi con aria innervosita verso la tizia rosa ancora intenta a dargli dello zotico.
Pareva proprio non volerlo morto, se aveva lasciato che quei tre si avvicinassero per assisterlo.
 
“Io però sono così stanco…” pensò il seeker, cui la voglia di porre fine alla propria esistenza non era ancora passata.
 
«… e sei TU che non parli così a ME, hai capito?! Non c’è da meravigliarsi che tu sia single! Non hai educazione! Non hai stile! Hai la finezza di un branco di armodrilli ubriachi!» continuò Stylequeen, sempre rivolta a Galvatron «E guarda come hai ridotto quella povera stellina lì, lo hai portato al suicidio e poi l’hai quasi ucciso tu stesso, ma non ti vergogni?!»
 
«“Stellina”» ripeté il leader dei Decepticon.
 
«Uccidetemi. Mi chiamerà in quel modo da qui alla fine dei miei giorni, uccidetemi subito» borbottò Starscream.
 
«…a proposito, complimenti per aver fatto qualcosa di concreto per impedire che il povero Allegria, che ti stima pure, si mettesse in mezzo nella battaglia tra te e Galvatron finendo a farsi trafiggere» applaudì Deathstar, all’indirizzo di Optimus Prime «Bravo!»
 
«Io gli ho detto più volte di andarsene ma era una cosa loro» ribatté Optimus, dopo un attimo di sconcerto per essere stato apostrofato in quel modo «Non ci si intromette in un duello altrui».
 
«Però si lascia tranquillamente che altri si intromettano nel proprio, perché meglio una spadata a loro che a te» replicò la femme «Ha senso eh, ma a questo punto “onorevole” una sega».
 
«Non hai idea della soddisfazione che sto provando in questo momento, Prime» disse Galvatron, con un sogghigno «E tu sei saltata fuori proprio al momento giusto, femmina con le ali rosse. Quell’affare nel cielo» alias Unicron «Mi ha già causato troppe seccature, inclusa quest’assurdità di dovermi alleare con il mio nemico giurato. Non puoi occupartene?»
 
Forse perché Unicron lo aveva sentito, forse semplicemente per il gusto di farlo, scagliò una dozzina di fulmini contemporaneamente tutto attorno a loro, senza colpirli ma più vicino di quanto avesse fatto in precedenza. Era come osservare un gatto intento a giocare con dei topolini, che si stava divertendo a ricordare loro che erano in trappola e toglieva loro spazio di secondo in secondo.
 
«Noi dovremmo andarcene da qui» mormorò Mintaka.
 
«M-ma Galvatron, io credevo che avessi capito-» avviò a dire Starscream.
 
«L’ho fatto» lo interruppe Galvatron «Ti ho capito. Per quanto riguarda il resto però è una decisione che spetta a me soltanto, se posso evitare di allearmi con Prime è meglio così».
 
“Ma di che sta parlando?!” pensò Optimus. Sperava di sbagliarsi ma le parole di Galvatron lasciavano intendere che quella femme lì possedesse abilità strane come quelle di Sideways, se non qualcosa di peggio -cosa che, guardandola, nessuno avrebbe mai detto.
 
Deathstar gli rispose con un’occhiata perplessa. «Tralasciando che comincio a pensare che mi chiameresti “femmina con le ali rosse” anche se fossi la madre dei tuoi figli, non capisco cosa intendi col dire che dovrei occuparmene, perc-»
 
Non riuscì a finire la frase, perché l’attimo successivo si ritrovò a non toccare più i piedi a terra, solo vagamente consapevole di essere stata presa da qualcuno che ora era a mezz’aria, l’aveva issata su una spalla e aveva afferrato anche Stylequeen.
 
«ZOIRA!» gridò Pkangu «Via!»
 
Il Decepticon depresso per il momento era salvo, del recolor mancato -del quale Stylequeen si stava già lamentando mentre si contorceva nella sua presa- non gli importava granché e Galvatron si era messo in testa idee troppo strane per i suoi gusti, o che in generale poteva essere pericoloso cercare di realizzare, quindi Pkangu riteneva opportuno tagliare la corda.
 
«Voi non andrete da nessuna parte! Mi avete sentito?!» sbraitò Galvatron «Mi avete-»
 
Fu allora che Unicron, forse perché alcune prede minacciavano di abbandonare il campo mentre lui voleva continuare a divertirsi, decise che era il momento di iniziare a giocare un po’più duro.
 
Il fulmine che sparò in quell’occasione, di uno spessore e una potenza nettamente superiori a quelli di prima, colpì il terreno e, indirettamente, tutti i presenti, a parte i tre che erano in aria.
Optimus e Galvatron erano i più vicini al punto dell’impatto, ma…
 
«ZOIRA! MINTAKA!» urlò Pkangu, persa tutta la calma abissale che aveva mantenuto fino a quel momento.
 
Zoira aveva esitato troppo, presumibilmente per non aver voluto mollare Starscream di botto lasciandolo cadere, finendo per essere colpita assieme a Mintaka.
 
Non c’erano zone franche in quel biancore assoluto causato dal fulmine e, per quanto Pkangu le stesse cercando disperatamente facendo guizzare i sensori ottici da una parte all’altra come un forsennato, non riusciva a vedere neppure le sue due amiche, mentre le altre due per colpa di grida e movimenti inconsulti minacciavano seriamente di scivolare via dalla sua presa.
 
“Fa’ che non le abbia ammazzate, fa’che non le abbia ammazzate” pensava il jetformer “Fa’che-”
 
 
 
 
[…]
 
 
 
 
Quando i suoi sistemi tornarono online, ci furono degli istanti in cui Galvatron si sentì piuttosto confuso. Tutto quel che udiva erano voci ovattate, tutto quel che vedeva erano luci e ombre prive di senso.
Quando la visuale si schiarì e riuscì a ragionare un minimo, cercò di fare mente locale: si trovava nel luogo d’incontro che lui e Optimus avevano fissato per le trattative. Avevano iniziato a combattere poco dopo, o meglio, lui a combattere e Prime a difendersi. Poi era arrivato Starscream, e…
 
“Starscream!”
 
Gli tornò in mente tutto quel che era capitato dall’arrivo di Starscream in poi, incluso il fulmine finale con cui Unicron aveva colpito tutti, e il primo pensiero fu: “Avrà resistito anche a questo?”.
 
Si rizzò a sedere e, appena lo fece, riuscì a vedere il seeker a poca distanza da lui. Le due femmes non c’erano, dovevano aver provato ad allontanarsi quando il fulmine aveva già colpito terra.
Sentì delle voci femminili, una delle quali sembrava particolarmente isterica ma in quel momento non se ne curò, così come non notò che Unicron stava facendo una pausa nel suo far danni.
 
Impiegò solo un attimo per raggiungere Starscream, ancora privo di sensi. La prima cosa che vide fu che, nonostante tutto quello cui era stato sottoposto, la Scintilla del suo soldato splendeva ancora fieramente dallo squarcio sul petto, sfidando l’impossibile.
 
«Starscream… ti ordino di smetterla di comportarti come un rammollito e di svegliarti immediatamente! Mi hai sentito?!»
 
L’ordine parve essere percepito per davvero dal cervello del seeker che, con un fievole gemito, si svegliò sul serio pochi istanti dopo.
 
«Ecco. È così che si comporta un vero soldato Decepticon» disse Galvatron.
 
Solo allora iniziò a dare attenzione anche a tutto il resto delle cose e delle persone che aveva attorno, notando che Optimus Prime si era svegliato a sua volta e aveva già iniziato a rialzarsi. Per non essere da meno, lui fece lo stesso.
 
«Unicron ha colpito per bene stavolta» furono le prime parole del leader degli Autorobot «Starscream…»
 
«Vivo. È perfino sveglio».
 
«Incredibile. Meglio così» disse Optimus, del tutto sincero.
 
La conversazione tra i due leader venne interrotta dalle esclamazioni e dagli strilli dei civili.
Strilli che ora ai loro recettori uditivi stavano assumendo, per la maggior parte, l’inquietante forma di “Mintaka, Mintaka non si sveglia, non reagisce, Mintaka è fredda, la Scintilla di Mintaka non può essersi spenta, ma lei è fredda, è fredda”.
 
«Svegliati! Svegliati!» strillò Stylequeen, dimentica di ogni nozione di medicina, mentre scuoteva l’amica inerte «MINTAKA!»
 
«Non si sveglia… non si sveglia…» ripeteva Pkangu, in ginocchio, incapace di accettare quel che stava vedendo.
 
«A-abbiamo provato ad allontanarci m-ma non… anche i-io sono stata colpita però… p-però non…» stava farfugliando Zoira, anch’essa china su Mintaka, con gli occhi sgranati dallo shock e pieni di lacrime «Io mi sono ripresa, perché lei invece?...»
 
In realtà conosceva la risposta: Mintaka in gioventù era stata molto cagionevole -cosa plausibile nei cybertroniani nati naturalmente- e, sebbene col tempo si fosse irrobustita rispetto al passato, laddove la fortuna ricevuta “di riflesso” non riusciva a proteggerla era ancora poco resistente.
 
«Oh no» mormorò Optimus «Senti, penso che entrambi siamo d’accordo sul fatto che Unicron va fermato e che da soli non ce la facciamo, quindi ora vado a fare qualcosa per quei civil-»
 
Galvatron gli strinse un polso, trattenendolo sul posto. «Fermo, Prime».
 
«Ma-»
 
«Fermo» ripeté il mech, senza tuttavia guardare il suo nemico giurato.
 
La sua attenzione era rivolta tutta a Deathstar che era in piedi, immobile a fissare Mintaka con gli occhi sbarrati e lacrime silenziose a rigarle le guance.
 
Nella mente di Galvatron si affacciò nuovamente l’immagine che aveva visto in rete, quella dell’acqua della pozzanghera e della piroetta sghemba. Ricordò l’impressione che aveva avuto, quella della “bolla” che aveva tenuto quei cinque lontani dalla guerra e dalle sue possibili conseguenze.
La bolla si era rotta.
 
Vide Deathstar iniziare a tremare.
 
«Quella cosa» disse la jetformer, con voce chiara nonostante tutto «Deve morire».
 
Al leader dei Decepticon fece un effetto stranissimo -e trovò significativo- vedere gli altri tre del gruppo, quelli al capezzale di Mintaka, alzare le teste simultaneamente con espressioni da “Oh, cazzo”.
 
«Quella cosa deve…» le si spezzò la voce e quel che stava dicendo divenne un grido «Deve MORIRE! Muori!» gridò ancora con tutta la rabbia e la disperazione che aveva in corpo, rivolta a Unicron «Muori!» ripeté, ancor più stridula di prima «MUORI!!!»
 
Il grido fu talmente “inumano” e di tale lunghezza che Galvatron pensò che la scatola vocale di quella femme dovesse essere diventata inservibile.
Vide Stylequeen abbandonare il capezzale dell’amica (forse) morta per andare a stringere Deathstar, senza che quest’ultima avesse alcuna reazione. Dovette riconoscere che quella svitata rosa, pur essendo un’isterica schizzata, forse aveva almeno un pregio.
 
E lì, accadde.
 
L’aria divenne più elettrica di quanto i fulmini di Unicron l’avessero mai resa, divenne pesante, densa come melassa.
Calò per qualche attimo un silenzio del tutto innaturale, spezzato poco dopo dai Minicon che, se prima fluttuavano nell’atmosfera di Cybertron decisissimi a combattere Unicron e cercare di limitarne i danni almeno un pochino, adesso stavano sciamando in ogni dove come se qualcosa li stesse facendo impazzire, emettendo un suono acuto, fastidioso e terribilmente simile al grido d’orrore più acuto e potente che si fosse mai udito.
 
«Che sta succedendo?! Galvatron!» esclamò Optimus «Che sta succedendo?!»
 
Una linea rossastra irregolare, luminosa e tanto lunga da non riuscire a vederne la fine comparve in cielo, dietro Unicron.
 
I cybertroniani non potevano saperlo, ma Unicron e le sue dimostrazioni di potenza avevano attirato l’attenzione di uno Yog Sothoth in cerca di uno stuzzichino.
 
«Quel che succede a sfidare troppo la sorte, Prime».
 
La linea si allargò, rivelando la propria natura di spaccatura che dava sull’abisso dell’Orrore più assoluto.
 
Optimus Prime aveva vissuto tante cose strane nella propria esistenza, era perfino morto e risorto di recente, però nulla avrebbe mai potuto prepararlo a questo. Anzi, la precedente esposizione al paranormale l’aveva reso più sensibile di altri alla consapevolezza di essere alla presenza di qualcosa di distorto e malvagio, un’entità mostruosa che rendeva Unicron -Unicron, il mostro che stava nel cielo e minacciava il loro pianeta e l’Universo intero- uno scherzetto, una bazzecola, il nulla assoluto.
 
Quando le luci di quei bulbi vitrei si spostarono tutte insieme, come fossero stati occhi intenti a guardare Unicron, e filamenti della carne protoplasmatica di quella cosa avvolsero il mostro che tanto li aveva preoccupati fino a quel momento, lo sconcerto divenne orrore e l’orrore divenne follia. La reazione più naturale di fronte a un’aberrazione inconcepibile che sfuggiva a ogni ragionamento, a una deviazione rispetto a ciò che era conosciuto che per Optimus risultava inaccettabile, seppur fosse parte di una realtà dannata.
 
La sua mente sconvolta non riuscì neppure a registrare il fatto che Galvatron stesse ridendo.
 
Era cosa tutt’altro che nuova sentirlo ridere nei momenti meno consoni e più improbabili, e lo stava facendo anche dinanzi al Dio Esterno.
Un po’forse era dovuto a una mezza reazione folle per la semplice presenza di quest’ultimo, molto invece era dovuto alla soddisfazione.
 
“Avevo ragione! Lo sapevo! Questo è ciò di cui è capace!” pensò, riferendosi a Deathstar, che secondo la sua opinione era responsabile di quell’apparizione “Questo è quello che cerco!”
 
Rise ancora, avvertendo distintamente un rumore di masticazione, dovuto al fatto che quell’orrore avesse iniziato a il suo pasto, facendo scomparire a morsi Unicron in recessi del suo disgustoso essere che costituivano una sorta di bocca.
Rise ancor di più vedendo gli sforzi inutili che il titano -come faceva ridere quella definizione, ora che Unicron stava venendo divorato!- in forma planetoide stava facendo nel tentativo disperato di liberarsi, mentre il suono del suo grido straziante si univa al suono acuto dei Minicon ancora terrorizzati.
Una scena terrificante, eppure Galvatron si sentiva entusiasta.
 
« Questo è quello che cerco!» esclamò, stavolta a voce alta «Esattamente questo!»
 
Abbassando lo sguardo, vide Starscream che fissava il cielo con aria terrorizzata e piangeva.
Fece per rimproverarlo, poi però cambiò idea, avendone avuta una migliore.
 
«Un buon motivo per evitare l’aldilà: per quanto ne sappiamo davvero, potresti trovarti davanti quello» disse, alludendo al Dio Esterno nel cielo «Hai ancora voglia di morire, Starscream?»
 
Il seeker non rispose, limitandosi a fare una faccia ancor più spaventata.
No, non aveva più voglia di morire, gli era passata completamente.
 
«Immaginavo» commentò Galvatron «Optimus Prime, pare che-»
 
«YOG SOTHOTH FTHAGN!» urlò Optimus,  preda di una risata isterica e completamente fuori di sé «Egli è la Porta e la Chiave! Il figlio del Caos e del Vuoto! Egli è Passato, Presente e Futuro! Il Tutto in Uno! L’Uno in Tutto! YOG SOTHOTH! YOG SOTHOTH! YOG-»
 
Un diretto in faccia da parte di Galvatron, inquietato più dalla reazione di Optimus che da tutto il resto, zittì il leader degli Autorobot.
Dopo qualche momento in cui lo sguardo di questi rimase perso nel vuoto totale, venne attraversato da un brivido e nei suoi occhi tornò un minimo di lucidità.
 
«C-cosa, come-» balbettò, immemore di tutto ciò che aveva gridato. Aveva l’impressione di essere sprofondato in una voragine oscura per qualche momento, o per secoli, ed esserne appena uscito.
 
«Il mio soldato a terra ferito è meno rammollito di te, mi deludi».
 
Di cosiddetti “rammolliti” però sembravano essercene fin troppi. Durante il suo incontro con Optimus, Autorobot e Decepticon avevano continuato a darsi battaglia altrove, e i suoi recettori uditivi non captavano più il rumore di spari a distanza: tutto ciò che udiva adesso erano le urla assatanate di migliaia di transformers.
Quello di Unicron, del quale ormai al mostro -Yog Sothoth?- restava un singolo frammento da divorare, non si sentiva più. Era andato.
 
“Fanno così perché loro non sanno quello che so io, non sanno che lo ha evocato lei” pensò Galvatron “Per vendetta e che quindi una volta finito andrà via”.
 
Le cose non stavano precisamente così, perché il Dio Esterno cercava cibo da prima che Mintaka venisse colpita, ma Galvatron non poteva saperlo, né saperlo lo avrebbe fatto smuovere dalla sua convinzione che Deathstar lo avesse portato lì.
 
La tiepida reazione dei cinque civili era, secondo lui, un’altra conferma della sua teoria: Zoira e il mech jetformer si stavano tenendo per mano, senza fare altro, Stylequeen continuava a tenere stretta Deathstar -in modo un po’più convulso di prima, però era tutto lì- e, quanto a quest’ultima, continuava a piangere silenziosamente e a fissare con espressione assente la cosa che aveva evocato, come a dirle “A me basta che tu tolga di torno Unicron, il resto non mi interessa”.
 
L’ultimo pezzetto di Unicron venne masticato da Yog Sothoth che, per nulla interessato a quei granelli di polvere privi di potere rilevante, decise di andarsene. Quella fatta era stata una merenda soddisfacente, perfetta per placare la sua voglia di uno spuntino.
 
Dopo un rutto mega galattico che i cybertroniani scambiarono per l’ennesima manifestazione della sua malvagità incomparabile, la frattura dimensionale nel cielo iniziò a richiudersi rapidamente.
La formidabile creatura svanì all’improvviso, così com’era venuta… e, poiché il rutto aveva scagliato in aria alcune “briciole” del pasto, lo Scudo Stellare, il Requiem Blaster e parte di quella che un tempo era stata la testa di Thrust atterrarono a neanche dieci metri da Optimus e Galvatron.
Sembrava che alla fine l’ex stratega Decepticon che si era schierato con Unicron e gli aveva portato due delle tre armi leggendarie fosse rimasto vittima delle proprie decisioni sbagliate.
 
 
 
“Spero che tu un giorno muoia peggio che male, per quel “tutte e due” che hai detto”.
 
“Te l’ho detto già l’altra volta, Coso, ti auguro di morire malissimo, perché tu non mi piaci!”
 
 
 
O forse di una maledizione, o di entrambe le cose. Non era dato sapere!
 
«È… è andato» constatò Optimus, con un filo di voce, ancora sconvolto e spaventato all’idea che il mostro magari tornasse «Non posso crederci, non ci credo…»
 
«…la volete piantare di comportarvi come mammolette isteriche?! È andato, e Unicron con lui, tanto meglio e basta!» sbottò Galvatron nel comm-link rivolto ai propri uomini, mentre si affrettava a raccogliere il Requiem Blaster, lo Scudo Stellare e a recuperare la Spada «Quindi smettetela di scaricarvi l’energon esausto addosso e portate qui un’astronave, Starscream ha bisogno di cure mediche. E fate in fretta! Idioti!» concluse «Bene, Prime, dov’eravamo rimasti con la nostra trattativa riguardo l’alleanza? Ah, sì: scordatela pure. Ti schiaccerò come stavo già per fare prima che Unicron si mettesse in mezzo».
 
Quella pessima notizia mandò definitivamente in malora la giornata di Optimus. «Non puoi parlare sul serio, come puoi voler combattere ancora dopo quello che abbiamo visto?! Sei pazzo!»
 
Galvatron sogghignò. «Senti la sconfitta che si avvicina, mh? Fai bene, anche perché da oggi in poi avrò una quarta arma su cui contare» affermò, indicando il Deviant Team con un cenno del capo.
 
Peccato che, dopo aver fatto questo ed essere tornato a guardare la femme dalle ali rosse, avvertì una sensazione strana e sgradevolissima all’altezza della Scintilla. Lei stava ancora piangendo, ora col volto tra le mani, e nonostante Stylequeen fosse ancora scombussolata il suo abbraccio era tornato a essere tenero, puramente consolatore in un dolore condiviso.
Quello avrebbe potuto essere il momento giusto di cui approfittare per tirare Deathstar definitivamente dalla sua parte. Una persona cara le era venuta a mancare, era fragile, bisognosa di sicurezza, e chi avrebbe potuto darle più sicurezza del futuro imperatore Galvatron?
Sulla carta era tutto perfetto, tuttavia non se la sentì. Non riuscì nemmeno ad avvicinarsi ad alcun membro del gruppo.
 
«Una quarta arma su cui contare» ripeté «Quando si sarà ripresa un po’. Ma quando arriva quella maledetta astronave?!» sbuffò.
 
Zoira accarezzò il viso di Mintaka. Si sentiva terribilmente in colpa: si riteneva responsabile per aver esitato troppo e non essere riuscita a decollare assieme a lei e si riteneva responsabile per aver insistito col voler cercare di salvare Starscream, un semi sconosciuto, finendo col perdere qualcuno che invece conosceva da una vita.
In un certo senso si riteneva responsabile anche per la comparsa del mostro che aveva mangiato Unicron perché, se loro cinque non fossero andati lì, a Mintaka non sarebbe successo nulla e quell’abominio -che ovviamente l’aveva spaventata- non sarebbe mai apparso.
 
«Perdonami» mormorò, poggiando la mano sulla guancia tiepida di Mintaka.
 
Un momento.
Tiepida?!
 
«AAAH!» strillò Mintaka, tornata improvvisamente online, rizzandosi a sedere di scatto «Ma che cazzo?!...»
 
Pkangu e Zoira urlarono per la sorpresa, finendo quasi per cadere all’indietro. Stylequeen si voltò verso di lei con gli occhi azzurri già grandi resi enormi dallo stupore.
 
Deathstar fece lo stesso, asciugando ogni traccia di lacrime col dorso di una mano. «Sei viva!» strillò, un po’rauca per colpa dell’urlo disperato di prima, raggiungendo Mintaka con un balzo «VIIIIIIIVA!» ripeté, stritolandola in un abbraccio.
 
«Beh, certo» disse Mintaka, un po’confusa per quella reazione «È stato un brutto colpo ma sono viva… ragazzi, ero veramente messa in modo tale da farvi pensare così tanto male?» chiese loro, notando che stavano piangendo.
 
«Eri fredda. Eri fredda come solo un transformer morto può essere ma forse… forse siamo stati precipitosi, forse non eri davvero fredda come ci eri sembrata, o forse il colpo preso ha portato la tua Scintilla a un’attività talmente minima da non far avvertire nemmeno un po’di calore, o… ah, chi se ne frega» concluse Pkangu, unendosi all’abbraccio, così come Zoira e Stylequeen subito dopo.
 
«Salva anche lei… meglio così» commentò Optimus.
 
La femme con le ali rosse aveva gridato a Unicron di morire e lui era stato divorato vivo, quindi più stava tranquilla meglio era.
Il pensiero di un potere del genere lo atterrì: e se un giorno qualcun altro del gruppo fosse morto, cos’avrebbe fatto quella donna? Avrebbe evocato di nuovo quel mostro o qualcosa di addirittura peggiore che avrebbe distrutto non solo il responsabile, ma tutto l’Universo?
E cosa sarebbe successo se, per disgrazia, Galvatron l’avesse davvero convinta a unirsi a lui?
 
“Meglio così, sì” pensò Galvatron. Se Mintaka era viva e Deathstar era a posto poteva tornare al piano originale, anche se… in quella sua idea c’era qualcosa che mancava. Lo sentiva, ma non sapeva cosa fosse.
 
«Mi dispiace di avervi fatti preoccupare, mi dispiace tanto» si scusò Mintaka, contrita e ancora abbracciata a Deathstar, alzandosi in piedi con un po’di aiuto di quest’ultima «Non volevo che…»
 
Si interruppe.
Guardando in alto aveva visto che mancava qualcosa.
 
«’Star».
 
«Dimmi».
 
«Che fine ha fatto Unicron?»
 
Deathstar si staccò dall’abbraccio e sorrise, con tutta la naturalezza del mondo. «È comparso un altro mostro che se lo è mangiato e poi è andato via».
 
«Mangiato» ripeté Mintaka.
 
«Sì, ‘Taka» annuì la jetformer «Mangiato. Gnam gnam. Addio UniStronz».
 
Dopo un istante, Mintaka fece spallucce. «Perfetto direi!»
 
“Tutto qui?!” pensò Optimus “Tutto qui quel che hanno da dire su- dove sta andando Galvatron?!”
 
“Mangiato. Gnam gnam”.
Quelle parole e quella calma assoluta nel descrivere l’accaduto avevano fatto capire a Galvatron qual era il tassello che mancava alla sua idea.
 
Raggiunse Deathstar con pochi passi, facendola voltare verso di sé. «Matrimonio. Ora».
 
Silenzio tombale e sconcerto generale.
 
«Tu e chi?» chiese Deathstar a Galvatron, genuinamente perplessa.
 
Al leader dei Decepticon cascarono le braccia. «Come sarebbe a dire “Tu e chi”?! Intendevo-»
 
«NOOOOOON ESISTEEEEEEEEEE!» strillò Stylequeen, riuscendo non si sa come ad agguantare Deathstar per la vita, sollevarla sopra la propria testa e correre via con lei come se non pesasse nulla «NON CON QUELLO ZOTICO COLORATO MALEEEEEEEE!»
 
«Cos… ah!» realizzò Deathstar, piegando la testa all’indietro per guardare Galvatron «Intendevi me e te!»
 
Stavolta Zoira non esitò nemmeno un secondo ad alzarsi in volo con Mintaka, così come Pkangu non esitò ad acchiappare Stylequeen e Deathstar e volare via con loro. Giusto in tempo, dato che l’astronave richiesta da Galvatron era in avvicinamento.
 
«RIPORTATELA QUI IMMEDIATAMENTE, VOI-» avviò a dire, solo per essere interrotto e buttato a terra da una spallata improvvisa di Optimus, che aveva deciso di agire nonostante si trovasse davanti un Galvatron munito Spada, Scudo e Blaster.
 
«A tutti gli Autorobot: sono in arrivo cinque civili, sono tre volanti e due terrene di cui una tutta rosa, date loro un’astronave col modulo per l’iperspazio! Una di quelle fornita di tutto! È UN ORDINE!» gridò Optimus nel comm-link.
 
«Grazie!» esclamò Zoira, lontana ma non abbastanza da non sentire.
 
«Come osi?!» diede in escandescenze Galvatron, puntando il Requiem Blaster contro l’avversario «Come osi intrometterti tra me e mia moglie?!»
 
«Non è tua moglie! Ed è meglio perdere un’astronave che darti modo di averla vicino!» ribatté Prime, che dopo aver evitato il colpo del Blaster solo per un soffio fu costretto a darsi ingloriosamente alla fuga «Jetfire, ci sei?!»
 
Ci sono. Sono nei paraggi, arrivo subito. Optimus, hai visto anche tu quel… quel mostro? Hai visto cos’ha fatto? Lo ha divorato! Ha divorato Unicron! Per tutti i Prime, ma da dove è saltato fuori?!
 
«Ne parliamo dopo!» tagliò corto Optimus, avvertendo il calore di un altro colpo del Blaster passargli troppo vicino.
 
«Scappa! Scappa pure! Tanto la pagherai cara per esserti messo in mezzo!» sbraitò Galvatron «Cybertron è quasi tutta nelle mie mani, ho le tre armi e il deus ex machina che doveva impedirti di essere sconfitto da me è stato mangiato! MI HAI SENTITO?! Io ti schiaccerò, Optimus Prime!»
 
Optimus continuò a fuggire, cercando di soffocare quel lato di lui che, data la situazione attuale, temeva che Galvatron avesse ragione.
 
 
 
 
 
.:: Circa un’ora dopo, astronave madre dei Decepticon ::.
 
 
 
 
 
Non poteva credere di essere veramente sopravvissuto a quella giornata. Era conciato male, infatti era in terapia intensiva, però era vivo e non più attanagliato dal desiderio di farla finita.
 
 
“Per quanto ne sappiamo davvero, potresti trovarti davanti quello. Hai ancora voglia di morire, Starscream?”
 
 
I macchinari cui era attaccato, a causa dell’agitazione, iniziarono a emettere dei “bip” minacciosi.
Doveva cercare di stare calmo, lo sapeva, però era inevitabile che al pensiero di Yog Sothoth -aveva udito le grida folli di Optimus Prime e, captato quel nome, chissà perché si era sentito certo che fosse quello giusto- tornasse a provare un terrore profondo.
 
La porta scorrevole dell’infermeria si aprì.
 
«Starscream».
 
Il seeker piegò la testa di lato. «Galvatron».
 
«I medici hanno confermato che te la caverai. Riuscirai perfino a tornare operativo in breve tempo, il che è ottimo. Unicron non esiste più, dunque dobbiamo solo vincere la guerra… che c’è?»
 
«Pensi ancora alla guerra dopo quel che hai visto?» ebbe il fegato di chiedergli Starscream «N-non… non sarebbe meglio restare uniti, se mai cose come… non so, un altro Unicron, o il mostro che lo ha divorato o qualche altra cosa ancora dovessero presentarsi?»
 
«Sono convinto che esistesse un solo Unicron e che l’altro mostro non si farà più vedere, a meno che l’amica della femmina con le ali rosse “muoia” di nuovo così di botto, cosa di cui dubito. Non farti problemi, Starscream».
 
«Io avrei voluto che vivessimo tutti in pace» mormorò il Decepticon, ignorando Galvatron e il fatto che avesse alzato gli occhi al soffitto «E poi... se invece non l’avesse evocato lei come pensi, se lui fosse arrivato qui per fatti suoi attirato dal potere di Un-»
 
«Deathstar ha urlato a Unicron che doveva morire e lui è morto, così come Thrust, cui tempo addietro aveva augurato la stessa cosa. Lo ha evocato lei e lo ha fatto andare via una volta finito, certo che è così! Anche perché se non fosse così... se quel mostro fosse venuto qui di propria volontà e un giorno decidesse di tornare per farci fare la fine di Unicron, non potremmo fare assolutamente niente a riguardo» disse Galvatron «Neppure alleandoci con gli Autorobot. Tu a quale versione preferisci credere, soldato?»
 
«Lo ha sicuramente evocato lei con quelle sue abilità strane, Galvatron».
 
«Appunto. Riguardo al voler vivere in pace, se spazziamo via gli Autorobot la guerra finirà. Tu impegnati a far sì che i Decepticon vincano e il tuo desiderio di pace verrà esaudito».
 
«Ma se tu e Optimus-»
 
«Non mi alleerò mai con il bastardo che ha interferito nel matrimonio tra me e mia moglie! E non dire che non è mia moglie!» lo avvertì Galvatron «Lo sarà, quindi è come se lo fosse già!»
 
«Ma allora dicevi sul serio quando parlavi di sposarla?!» allibì Starscream.
 
«Quella femmina con le ali rosse è la prima cui ho parlato di matrimonio e l’ultima cui ne parlerò. Una volta sconfitto Optimus, durante la nostra espansione nel resto del cosmo, la cercheremo e la troverò!» dichiarò «La troverò, dovessi dare alle fiamme mezza galassia!»
 
«Ma non è necessaria, insomma, abbiamo le tre armi, possiamo riuscire da soli a espand-»
 
«Ovvio che ce la facciamo da soli, Starscream. Ritieni plausibile il contrario?!»
 
«No, certo» si affrettò a dire il seeker «Però non capisco. Se non è strettamente necessaria, allora… perché?»
 
Galvatron fece spallucce. «E perché no?»
 
Guardandolo uscire dall’infermeria, Starscream pensò che il periodo post guerra da passare dando la caccia a quei cinque si preannunciava incasinato.
Molto, molto incasinato.
 
 
 
 
 
.::Nel frattempo, nella nuova astronave del Deviant Team::.
 
 
 
 
 
«Ma come si fa?! Ma io non lo so! Ma che modi! Ma che roba! Ma non sa stare al mondo! Ma ci rendiamo conto?! Vi siete incontrati tre volte, la prima delle quali ha cercato di spararvi addosso e adesso, così di botto, senza senso, se ne esce col matrimonio! Vi conoscete appena! E non ha parlato di cambiare quei colori orrendi della sua corazza: rosso scuro, arancio, viola, bianco, grigio, ma che senso hanno?! Tu lo vedi? Certo che non lo vedi! Perché non ce l’ha!... e ti viene a parlare di matrimonio! Non esiste proprio!»
 
Dal momento in cui avevano raggiunto gli Autorobot, avevano ricevuto l’astronave ed erano partiti in fretta e furia lasciando il pianeta Cybertron, Stylequeen non aveva fatto altro che parlare del matrimonio che, secondo lei, “non s’aveva da fare”. Era più sconvolta lei per quella proposta di quanto lo fosse la destinataria.
 
«In effetti è andato un pochino di corsa» concordò Deathstar «Avrebbe potuto chiedermi di uscire insieme, invece di fare una proposta che nemmeno avevo capito!»
 
«Se invece ti avesse chiesto di uscire tu cosa gli avresti risposto?» le domandò Stylequeen «A parte “Dopo che ti sarai lasciato verniciare dalla mia amica altrimenti non se ne parla proprio”?».
 
«Gli avrei risposto “Non oggi”».
 
Pkangu, finito di impostare la rotta dell’astronave, abbandonò i comandi. «Più che di proposte e richieste dovreste parlare di ordini e comunicazioni. C’è qualche probabilità che non sia un mostro completo, ma sempre di Galvatron si parla».
 
«E io la penso come Pkangu. Sono sincera, adesso come adesso non vi vedo bene né sposati né a bere qualcosa insieme da qualche parte» disse Mintaka «Non finché manterrà questi toni, anche se in futuro riuscisse davvero a dominare su tutto».
 
«Eeee questo è uno dei motivi per cui gli avrei risposto “Non oggi”. Anche se il principale è che questa è stata una brutta giornata» sospirò Deathstar «Difatti mi sa che tra poco vado a dormire».
 
«E io con te» aggiunse Zoira «È stata proprio una giornata da dimenticare… anche se, al di là dei brutti momenti, noi siamo sempre messi meglio di quel povero disgraziato col petto rott- no! Non iniziare! Ti avviso!» esclamò, rivolta a Stylequeen e alla sua tendenza a vedere coppiette dappertutto.
 
«Non c’è niente di male, Starscream era molto, molto carino con i suoi colori originari! Ed è galantuomo, non zotico come il suo capo! Se lo avesse mollato per stare con noi, io non avrei avuto niente in contrario» disse la femme rosa.
 
«Io sì. Ha cercato di farsi ammazzare per averlo mezzo mollato una volta, se lo rifacesse è probabile che lo troveremmo morto suicida in bagno per i troppi sensi di colpa, e poi chi altri se non l’unico dotato di maggior forza fisica dovrebbe sollevare il cadavere e spararlo nello spazio?» Pkangu si indicò «Non ci tengo, grazie».
 
«Ti lamenti sempre! Anche di cose che non succedono!» sbuffò Stylequeen.
 
La guerra non era ancora finita e il futuro era incerto, però una cosa era sicura: anche dopo Unicron e Yog Sothoth, la bolla del Deviant Team si era risanata.








Credo sia la fanfiction più breve che ho scritto, però... sapete cosa? Va bene così!
I possibili scenari per quello che sarà il futuro del DT e del matrimonio che non s'ha da fare sono tanti, quasi quanti sono gli Universi su cui il nostro adorabile Yog Sothoth può posare lo sguardo quando è in cerca di uno spuntino :)
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia. Magari mi rivedrete presto xD
Alla prossima,

_Dracarys_
 
 


 
   
 
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