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Autore: Carmaux_95    08/06/2019    8 recensioni
[Maylor + accenni Freddie/Jim]
-Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo suonato per quella festa hawaiana? Abbiamo indossato degli assurdi gonnellini di paglia e dei finti orecchini!- e mentre parlava Freddie mimò una sorta di balletto ondeggiando i fianchi e le braccia. -Basterebbero due belle parrucche e un paio di quei seni finti che si gonfiano!-
Roger lo osservò senza dire una parola, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo indecifrabile, fino a quando fu John Reid, che non aveva ascoltato una parola ma aveva visto il pianista esibirsi in quella sottospecie di danza, a rompere il silenzio:
-Cos'ha il suo amico? Si sente male?-
-Lo spero.- rispose il biondo senza staccare gli occhi dal coinquilino.
-Ma Rog, sono tre settimane in Florida!-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO TREDICI

-Questo invito non poteva capitare in un momento migliore.- dichiarò un sorridente Roger stringendosi nella giacca, ancora leggermente infreddolito per la brezza serale, mentre si guardava intorno: rimaneva sempre affascinato dalle dimensioni del magnifico salone dello yacht di Brian.

Quest'ultimo era venuto a prenderlo al molo e stavano per mettersi in cammino quando il professore si era improvvisamente ricordato di “qualcosa” che non aveva specificato, e aveva fatto cenno a Roger si seguirlo sul motoscafo per tornare allo yacht. Roger non aveva fatto domande, non gli importava di fare un viaggio in più, anzi: si sentiva più a suo agio su quel motoscafo che non in un raffinato ristorante.

-Lo sai che John ha una giacca identica alla tua?- commentò Brian distrattamente.

-Però...- Roger si affrettò a cambiare discorso, spostando l'attenzione sui propri dubbi: -Ascolta: non voglio essere antipatico, ma sono un po'... al telefono mi hai detto che saremmo andati nel miglior ristorante di Miami e io... non credo sia il caso: non è esattamente il mio posto...- ammise imbarazzato, trattenendosi dall'aggiungere che non poteva permetterselo. Sapeva che questo non sarebbe stato un problema per Brian e che quest'ultimo si sarebbe tranquillamente offerto di pagare per entrambi, ma Roger non voleva che lo facesse.

-Ti senti a disagio?- gli chiese, cogliendolo di sorpresa dato che si aspettava di leggere delusione sul suo volto.

-No, qui con te no ma io parlavo di...-

-Allora siamo a posto. Come dicevo: il miglior ristorante di Miami.- sorrise compiaciuto e, allargando le braccia, gli fece cenno di seguirlo.

Roger annuì con la fronte corrucciata e, oltrepassata la porta indicata dal maggiore, si ritrovò davanti uno spettacolo culinario che non vedeva da anni, ormai. I fornelli della cucina nella quale erano entrati fumavano, pesanti di padelle, mestoli e forchette con cui controllare la cottura; di fianco, sul bancone, un vassoio con qualche salatino e un cestino debordante di pane.

-Scherzi?!-

-Ho preso una lombata di manzo.- dichiarò Brian, cercando negli occhi di Roger la conferma di aver fatto una buona scelta.

-Una sola?-

-Sì, io... io non mangio carne. Questa è la prima e unica volta che cucinerò della carne: considerati un fortunato eletto.- dichiarò, ma sotto lo sguardo indecifrabile di Roger cedette: -Non è vero: non l'ho cucinata io, ma uno dei cuochi. Però gli ho specificamente chiesto di preparare la migliore lombata di manzo della sua vita, per un palato che gli avrebbe dato del filo da torcere. Ma io ho cucinato le verdure, le patate e la torta salata!-

La bocca spalancata, Roger rimase per un attimo immobile, intontito da quello che stava succedendo. Non era un semplice invito in un ristorante qualsiasi, che fosse lussuoso o meno; era un invito a cena con i controcazzi: nessuno aveva mai cucinato per lui.

-Porca troia!-

-E' francese antico?-

La presa in giro lo fece sorridere: -Oh, scusa...-

Brian recuperò una bottiglia di champagne tenuto in fresco e riempì due bicchieri. Aggirò il bancone che, in quel momento, li distanziava e porse il calice al più giovane che, ancora frastornato, lo guardava adorante.

-Beh, come dicono i francesi: bon voyage.-

Roger gli impedì di bere, appoggiandogli una mano sul bicchiere e sostituendosi a quest'ultimo, percorrendo lo stesso tragitto.
Sentì Brian sorridere sulle proprie labbra, trovandole piacevolmente fresche e salate per via dell'aria salmastre che li aveva investiti durante il breve viaggio fino allo yacht, e accarezzargli i capelli per poi guardarlo per un momento negli occhi prima di recuperare il bicchiere, bere un sorso e infine depositargli un secondo bacio dal sapore spumeggiante. Infine tornò davanti ai fornelli, preoccupato della sorte delle verdure.

-Vuoi darmi una mano?- domandò allungandogli una forchetta, ma Roger declinò l'offerta scuotendo il capo:

-Non è una buona idea.-

-Perché no?-

-Non sono un bravo cuoco: so appena appena bollire un uovo, e poco altro. Se vuoi posso lavare i piatti dopo, però.- si appoggiò con i gomiti sul tavolo, incrociando le braccia sul petto e spingendosi in avanti. Si morse il labbro inferiore: -Inoltre è meglio se teniamo questo bancone fra me e te, per il momento.-

-Ma davvero?-

-Fidati, è meglio.-

-Per il momento.-

Non tentò nemmeno di nascondere un ghigno complice: -Per il momento.-


 


 

-Raccontami.- Fred scostò una ciocca della parrucca dietro l'orecchio. Mancava poco meno di un'ora all'inizio dell'ultimo spettacolo della giornata e il pianista aveva deciso di aspettare Roger al bar... contando di poter assaggiare un altro di quei famosi cocktail analcolici di cui Jim tanto si vantava.

-Che cosa?- gli domandò quest'ultimo da dietro il bancone.

-Chi hai dovuto sedurre per farti dire in che camera si trovava quel poliziotto?-

Jim incurvò le labbra in quel suo solito sorriso di sfida: -Così tante persone che ho perso il conto.-

Fred roteò gli occhi, cercando di nascondere una microscopica fitta di gelosia. Sapeva che lo stava solo prendendo in giro, ma il pensiero che avesse davvero fatto leva sul suo carisma per attrarre qualcuno e farsi fare un favore lo infastidiva.

Come al solito, Jim sembrò leggergli nella mente: -Sei stato tu a tirare in ballo l'argomento.-

Fred sorrise: la tentazione era grande... avrebbe voluto sporgersi, invogliarlo ad avvicinarsi per poi lasciarlo a bocca asciutta, come aveva fatto lui alla loro prima uscita. Ma sapeva bene che Jim non era una preda facile: non sarebbe riuscito nel suo intento. Non così facilmente.
Si morse le labbra e alla fine decise di provare comunque: fece leva sulle braccia e si protese verso il cameriere che però rimase, come Freddie aveva immaginato, impassibile.

-È anche a questo che serve il bancone.- gli sussurrò sulle labbra, battendo due piccoli colpi sul ripiano ligneo. -E non sai quante volte mi sia stato utile in queste situazioni. Non puoi immaginare in quanti si sono sporti come te adesso... qui, al ristorante... e anche a Londra.-

Il sorriso del cantante sparì immediatamente, lasciando spazio ad uno sguardo particolarmente irritato.

-Sei crudele.- borbottò.

-Che crudeltà: Jim è così cattivo con il povero piccolo Fred...-

-Già...- mise su un finto broncio, incrociando le braccia sul petto. -Dovrai farti perdonare.-

-Questa scusa non funzionerà in eterno.-

-Ma finché funziona...-

-Non ho detto che stia funzionando.-

-Sei noioso.-

-E tu infantile.- a quella provocazione le sopracciglia del cantante si impennarono, senza riuscire a nascondere un'espressione sbalordita, per quanto anche divertita. -Ho offeso il povero piccolo Fred?-

-Smettila di chiamarmi così...-

-Altrimenti?-

Fu il suo turno di rimanere granitico al proprio posto: Jim lo stava tentando nello stesso identico modo in cui ci aveva provato lui poco prima, ma Freddie non aveva alcuna intenzione di dargli la soddisfazione di una vittoria. Sforzandosi di non abbassare lo sguardo sulle sue labbra, che si erano pericolosamente avvicinate, pensò di cambiare argomento:

-Hai lavorato anche a Londra?- domandò quindi, ripensando a quanto gli aveva detto poco prima.

-Ci vivo, a Londra.- rispose tornando al proprio posto. -Questo a Miami è un impiego a tempo determinato, per racimolare qualche soldo in più. Sai...- e di nuovo assunse un tono sibillino che fece assottigliare lo sguardo a Freddie. -i clienti sanno essere davvero generosi, se messi a loro agio... e io sono molto bravo...-

-Non ti dai per vinto, eh?-


 


 

Il bicchiere ormai vuoto stretto in mano, Roger osservava un quadro dalla forma allungata nel quale era rappresentato un pesce spada circondato dal suo habitat naturale.

Era un quadro orrendo. Brian lo detestava ma ancora non si decideva a toglierlo: non sapeva con cosa sostituirlo e gli sarebbe piaciuto ancora meno lasciare un buco vuoto nella parete.
Dal divano, osservò lo sguardo di Roger, confuso e intontito dallo champagne che avevano continuato a bere dopo cena, finendo la prima bottiglia e aprendone una seconda.

-È un'aringa.- disse, con un tono che chiunque sufficientemente sobrio avrebbe riconosciuto come una presa in giro. Ma Roger ormai non rientrava più né nella definizione di “sufficientemente sobrio” né tanto meno in quella più banale di “lucido”.

-Un'aringa?! Davvero?- domandò infatti raggiungendolo e sedendoglisi di fianco.

Brian era sobrio ma contento: Roger gli era sembrato più che soddisfatto della cena, sebbene avesse espresso una certa avversità nei confronti della sua dieta vegetariana.

-Posso farti una domanda?- chiese di nuovo il biondo, dopo qualche minuto di silenzio, osservandolo con la fronte corrucciata. Aspettò a lungo, in attesa di un cenno d'assenso da parte di Brian, prima di proseguire. -Se un tuo amico avesse un segreto... e tu lo avessi scoperto...- si bloccò, studiando per un momento il proprio bicchiere. -Non perché mi sia andato a fare i fatti suoi, eh... non erano fatti suoi, lo giuro!-

-Ti credo.- lo rassicurò.

-È che adesso non so cosa fare. Io vorrei aiutarlo, ma forse lui non vuole... credo che non voglia, perché non me ne ha mai parlato...-

-Capisco cosa provi. Tenere un segreto è una responsabilità, ma non significa che lui non si fidi di te. Forse il suo segreto merita riservatezza?-

-Sì, sicuramente. Ma io vorrei fare qualcosa...-

-Si tratta di Freddie?-

-No, di John... ma lui non parla mai... non riesco mai a capire quello che pensa... forse vuole una mano ma non può chiederla...-

-John? John dell'orchestra?-

Brian si sorprese della risposta affermativa che ricevette ma, dopo un primo momento di sorpresa – non aveva idea che lui e il suo migliore amico si fossero incontrati – si ritrovò a sorridere: il fatto che John avesse “capito subito” cosa fosse successo tra lui e Roger si prospettava ora sotto una luce diversa. Lo aveva preso in giro: aveva evidentemente parlato con Roger...
“Gli era bastato guardarlo per capire che era successo qualcosa fra loro due”... Il maledetto! E lui ci era cascato senza farsi nemmeno venire il più piccolo dubbio! Prese mentalmente nota di complimentarsi con lui per la presa in giro, prima di tornare a Roger.

-Non sapevo vi foste conosciuti.- disse semplicemente.

-È che lo capisco: io la vorrei una mano...-

Accortosi dell'improvviso cambio di tono, dell'amarezza di quell'ultima affermazione, gli passò una mano fra i capelli godendosi la reazione di Roger che, seguendo quella carezza, reclinò appena la testa.

-Ho tanta voglia di dirti un segreto, Brian...- sussurrò poco dopo, seguendo la piega malinconica che la conversazione aveva assunto. -Me lo porto dentro da tanto...-

Che qualche mistero si nascondesse dietro le sue stranezze, i suoi sbalzi d'umore, era un'ipotesi più che probabile, che Brian aveva già formulato in più occasioni.

Esattamente come per John.
Si rendeva conto che gli stava tenendo nascosto qualcosa. Ma non lo avrebbe mai forzato a parlargliene.

Come in quel momento: non aveva mai cercato di convincere Roger a confessare alcunché, né intendeva farlo adesso. Leggeva sincerità nei suoi occhi quando lo guardava con quegli occhioni azzurri, quando gli sorrideva, quando lo baciava. Non voleva approfittare di quel momento di debolezza per scoprire che enigma si annidasse dietro il suo sorriso luminoso: quando avesse voluto parlarne lo avrebbe fatto.

E così John.

-Pensi sia il momento migliore? Sei ubriaco.-

-Non sono ubriaco! Ci vuole più di qualche bollicina!-

-Magari con il divieto di vendita e consumo degli alcolici ora non sei più abituato a bere: così anche delle semplici bollicine, come dici tu, ti danno alla testa.-

-Come se prima fossi un alcolizzato.- biascicò in risposta, le labbra premute sul bordo del bicchiere vuoto.

-Non intendevo questo: dico solo che non si può negare che tu sia almeno un po' brillo.-

-Non è vero.-

-Sì che è vero.-

-Quanti anni hai?! E poi perché ne sei certo?-

-Perché pensi davvero che quella sia un'aringa.-

-Come fanno a farle entrare in quelle scatolette... così piccole?-

Felice di averlo distratto, lo studiò mentre si voltava a controllare le dimensioni dell'animale nel dipinto e poi le proprie mani che tentavano di riprodurre la dimensione di quelle minuscole latte alle quali si riferiva; mentre tornava a guardare davanti a sé e, dopo un sospiro sorridente, corrugava di nuovo la fronte.

Un'altra carezza: -A che pensi?-

-Penso che sta andando tutto bene, qui e... tutto sommato... più o meno anche al lavoro.-

-E?-

Roger scrollò le spalle: -E quando tutto fila liscio io mi agito.-

-Perché?-

-Perché quanto va tutto bene... questo è il modo che usa Dio per dirti di pararti il culo perché sta per prendertelo a calci.-

-È una visione cinica della vita.-

-È oggettiva: funziona sempre così. Sono un esperto!-

-Pensavo fossi un ottimista.-

-Lo sono: cerco sempre di trovare il lato positivo.-

-Hai ricevuto qualche calcio recentemente?-

Roger annuì, abbassando di nuovo lo sguardo nel proprio bicchiere: -Sì, uno bello forte.-

Brian rifletté sulle sue parole, sul suo sguardo e sul suo comportamento quando era in sua compagnia: il non voler parlare di sé, della propria vita, del proprio lavoro, se non per quello che era strettamente necessario...

-Questa volta non mi sembra che tu sia riuscito a trovare un lato positivo.- gli fece scivolare due dita lungo la guancia liscia, in un gesto affettuoso e rassicurante, anche se, a dirla tutta, il ragazzo non sembrava intristito. Al contrario, sollevò il viso e gli sorrise:

-Ho trovato te.-

Roger si sporse appena, quanto bastava per sfiorargli le labbra con le proprie: un bacio delicato, leggero. Innocente quanto quella genuina dichiarazione.
Ma un attimo dopo il suo sguardo mutò, i suoi occhi si fecero più scuri, le pupille dilatate, e si premette più forte contro di lui, imbrigliando quei ricci castani e scoprendo una piccola porzione del collo dove soffocò un sorriso per poi lasciarvi un bacio. Due. Tre. Un morso. E un quarto bacio. Fino a quando Brian non imitò il suo gesto, stringendo le sue ciocche bionde per farlo sollevare, strappandogli un sospiro.

Se Roger era brillo per via di qualche bicchiere di troppo, Brian si ubriacò del sapore della sua bocca, della morbidezza delle sue labbra, del calore dei suoi sospiri, del suono gutturale dei suoi gemiti.
Quando si fermò e alzò la testa, passò un dito su quelle due fila soffici, gonfie e arrossate, come aveva fatto la prima volta. Sfiorò con il naso la fronte del più giovane, lasciandogli un ultimo bacio lì.

-Che c'è?- domandò Roger sentendolo sorridere contro la propria pelle.

-Dove hai imparato a baciare così?-

Il biondo sollevò la testa dal suo collo, dove si era appoggiato stringendosi a lui in un abbraccio: -Vendevo baci per le raccolte fondi scolastiche.-

-Ah davvero?-

-Già: mi devi un gran bel mucchio di soldi... quasi quasi non credo che tu possa permettertelo.-

-Addirittura?-

-La qualità ha un prezzo.-

-Va bene se ti pago in contante?-

-Preferisco un assegno.-


 

Jim faceva bene a vantarsi di quei cocktail: erano davvero deliziosi. Fred bevve l'ultimo sorso dal bicchiere che stringeva in mano e sospirò soddisfatto. Ne avrebbe volentieri ordinato un altro, ma ormai mancavano appena dieci minuti allo spettacolo. Jim non si era mosso da quella postazione, se non per servire una birra ad un altro cliente che aveva preso il bicchiere e si era subito allontanato. Dopo essersi pettinato i baffi con una mano prese fiato per rispondere ai complimenti di Fred, ma si bloccò di colpo, prendendo il bicchiere vuoto per pulirlo facendo finta di niente. Freddie non fece in tempo a formulare una domanda che sentì qualcuno appoggiargli una mano sulla spalla. Quando si volse per incontrare lo sguardo di Paul Prenter per un momento si ammutolì, sentendo i polmoni svuotarsi come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno.

-Wendy, giusto?, permette una parola?- non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, che parlò di nuovo. -Da quanto tempo lavora nell'orchestra del Signor Deacon?-

Il racconto di Roger riguardo quanto avesse trovato frugando in camera di Prenter gli aveva permesso di dipingere un ritratto ben poco gratificante di quell'uomo che ora gli stava davanti con un sorrisetto stampato in viso. La sua voce melliflua lo irritò immediatamente, andando ad aggiungere dettagli poco clementi su quel ritratto.

Dopo essersi ripreso da quella momentanea sbandata gli rispose con un'altra domanda: -Lei conosce John?-

-Diciamo che siamo vecchi amici.- capendo che la risposta non era stata sufficiente, decise di specificare con una bugia: -Compagni di università. Suonavamo insieme.-

-Ho sentito una storia su un ragazzo che suonava il basso. Un suo vecchio amico approfittò del suo buon cuore... ma alla fine fu trovato strangolato con un reggiseno.-

Freddie sapeva che sarebbe stato difficile per Paul cogliere quella neanche troppo velata minaccia dato che non aveva idea della loro vera identità e del fatto che avessero scoperto il suo gioco. Ma non gli importò.

Leggermente confuso, Prenter annuì disinteressato: -Eh, già. Bisogna stare attenti nella scelta delle amicizie.-

Già stufo di quella conversazione, Freddie lanciò uno sguardo attorno a sé, alla ricerca di Roger che, ormai, sarebbe dovuto essere di ritorno dalla cena con Brian. Lo adocchiò, infatti, poco distante, impegnato in una conversazione apparentemente affiatata, con Mallett.

Ma che bella situazione per entrambi!

-Volevo farle un paio di domande.- riprese Prenter, con lo stesso tono sgradevole.

-È un interrogatorio per caso?- sbottò Fred.

Il poliziotto sogghignò: -No, ma... se le interessa ho un paio di manette.-

-Solitamente apprezzo il fascino della divisa.- dichiarò il cantante osservandolo mentre sfidava le leggi della pubblica decenza avvicinandoglisi un po' troppo. -Ma non è questo il caso.- con una manata lo spinse indietro, suscitando un sorriso d'approvazione in Jim che, lì davanti, faceva finta di niente continuando a pulire quel settore del bancone, che ormai risplendeva come non aveva mai fatto prima.

-Mi perdoni.- riprese Prenter senza scomporsi, con lo stesso tono laido di chi in realtà non si scusava affatto del proprio comportamento inappropriato.

-Se ha delle domande si sbrighi.- se ne sarebbe voluto andare, ma era consapevole del fatto che più avesse scoperto sul suo conto, più lui e Roger sarebbero stati in grado, eventualmente, di dare una mano a John.

-Credo che nella vostra orchestra ci sia una ragazza che ha... legato con il nostro comune amico. Saprebbe dirmi il suo nome?-

Corrugò la fronte e si trattenne appena dal dire il nome di Veronica: -Perché vuole conoscerla?-

-Gliel'ho detto. John è un mio caro amico: mi piacerebbe conoscere la ragazza che è riuscita a incastrarlo.-

Fred si morse le labbra: la situazione non gli piaceva per niente e quella domanda lo aveva preoccupato non poco. L'idea che potesse sfruttare Veronica per costringere John a fare... cos'altro ancora? Non erano sufficienti le informazioni che gli aveva passato fino a quel momento?

-La seconda domanda?- chiese dunque, lasciandolo nell'ignoranza.

Un ultimo ghigno lo fece rabbrividire, come le parole che ne seguirono: -Qual è il numero della tua camera?-

Non trattenne una smorfia schifata e, senza rispondere per la seconda volta, si alzò e si allontanò in direzione del coinquilino, che aveva da poco salutato Mallett. Si assicurò che Prenter non lo stesse seguendo e finalmente, appoggiando le mani sulle spalle di Roger, si lasciò andare ad uno sbuffo scuotendo la testa:

-Io faccio sparire il tuo spasimante se tu fai sparire il mio.- gli disse.

Roger rispose con un sorriso ebbro e, dopo qualche istante, cambiò discorso, parlando con la massima tranquillità: -Sono nei guai.-

-Tu nei guai? Guarda me! Guarda chi mi si è attaccato al culo! Ringrazia che il tuo altro spasimante è un miliardario con tanto di yacht con più di dodici camere da letto e non un laido poliziotto corrotto e stronzo!-

-Non ci sono dodici camere sullo yacht di Brian: in questo mondo così inquieto sarebbe immorale possedere uno yacht con più di dodici cuccette!-

-Non stavo parlando sul serio! E poi...- si bloccò, lo sguardo in quello di Roger. -Ma sei ubriaco?-

Inaspettatamente, Roger annuì ridacchiando: -Solo un po' brillo.-

-Ma sei impazzito?! Ci potrebbero arrestare da un momento all'altro e tu ti metti a bere?- un pensiero altrettanto preoccupante gli fece sgranare gli occhi: -Perché dici di essere nei guai?-

-Ho tante cose da dirti...-

Il suo sorriso tranquillo lo fece rilassare, nonostante tutto. Certo, non era del tutto sobrio, ma non era nemmeno sbronzo al punto da non rendersi conto di essere nei guai: non poteva essere niente di particolarmente grave se lui era così tranquillo. -Cos'è successo?-

-Credo di essermi fidanzato.-

A quelle parole Fred scoppiò a ridere. Da un certo punto di vista avrebbe dovuto preoccuparsi per il fatto che il suo amico non fosse lucido ad appena un paio di minuti dal loro ultimo turno di lavoro, ma dall'altro sentì scemare il timore che avesse detto o fatto qualcosa che avrebbe potuto metterli in pericolo: si stava semplicemente divertendo a dire idiozie, non era certo la prima volta che lo faceva.

-E tu saresti “solo un po' brillo”?- lo prese in giro allacciandogli un braccio attorno al collo in un gesto amichevole mentre si avviavano verso il salone.

-Dico davvero! Oh, che belle queste maracas!- esclamò adocchiando i due piccoli strumenti appoggiati sul bordo della pedana dove l'orchestra si sarebbe di lì a poco esibita. Li tirò fuori dalla piccola borsa nera sulla quale erano adagiate e non si curò del fatto che non fossero sue. Le agitò lentamente, studiandone il suono per qualche istante: dovevano essere dell'orchestra cubana che si era esibita il giorno prima. Alla fine si girò verso l'amico:

-Mie!- decretò scuotendole sotto il naso di Freddie che, dopo qualche istante, le scostò con una mano per proseguire il discorso, o meglio, la presa in giro.

-E dimmi un po': chi è la fortunata?- gli domandò, infatti, con un sorrisetto stampato in viso. Ma la risposta gli fece cambiare espressione immediatamente:

-Io.-

Fred emise una risatina nervosa: voleva ancora credere che stesse solo giocando – forse, dopotutto, quelle settimane passate a nascondersi lo avevano davvero trasformato in un bravo attore! – ma non riusciva a trovare nemmeno il più piccolo indizio che quello fosse solo uno scherzo.

-...cosa?-

-Mallett mi ha chiesto la mano poco fa. Pensiamo di sposarci a giugno.-

Il cantante si fermò e gli si piazzò davanti, per poterlo osservare ancora meglio in viso, fino a quando non si rese drasticamente conto che non stava affatto scherzando.

-Ma sei impazzito?! Non puoi sposare Mallett!-

Roger sgranò gli occhi, aprendo leggermente la bocca sorpreso: -Pensi sia troppo vecchio per me?-

-Ma Rog!- esclamò senza curarsi del fatto che fossero in un luogo pubblico. -Non dici mica sul serio!-

-E perché no? Si è già sposato sette o otto volte.-

-Non ne è sicuro?-

Dileguò la risposta con una smorfia e un gesto della mano: -È la madre a tenere il conto.-

-Ma... ma... ma Roger... ti rendi conto di quello che stai dicendo? Perché mai vorresti sposare Mallett!-

-Per sistemarmi!-

Frastornato da quel discorso, Freddie lo prese per un braccio, intenzionato a portarlo via, in camera: -Rog, tu... tu non stai bene: è meglio che ti sdrai... adesso andiamo...-

-Ma la smetti di trattarmi come un bambino? Non sono stupido! Lo so che c'è una difficoltà!-

-Ah, ecco! Meno male che te ne sei accorto! Come...- venne interrotto per la seconda volta.

-Sua madre! Ci serve il suo consenso. Il che potrebbe essere un problema perché non approva le ragazze che fumano...-

-Rog! Ti rendi conto che Dave vuole sposare Clare e non Roger, vero?-

-Certo.-

-E allora capisci che c'è anche un'altra difficoltà? Hai pensato alla luna di miele?-

-Ah, si!- esclamò il biondo con allegria. -Ne discutevamo giusto poco fa: lui vorrebbe andare in Riviera, ma io insisto per le cascate del Niagara.- dichiarò lanciando una delle maracas in aria e riprendendola al volo. Un sorrisetto compiaciuto stampato sul suo viso.

-Ma sei pazzo da legare! Come speri di farla franca?-

-Ma Fred!- gli appoggiò una mano sulla spalla. -Non mi aspetto mica che duri! Gli dirò la verità quando arriverà il momento!-

-E cioè quando?-

-E cioè subito dopo la cerimonia.- agitò le maracas sotto il naso del pianista. -Così otteniamo l'annullamento,- le scosse una seconda volta. -lui mi dà una bella sistemazione e io mi becco gli alimenti ogni mese!- con un ultimo movimento girò su sé stesso facendo risuonare i grani interni agli strumenti.

Freddie cercò di afferrarlo a sua volta per le spalle prima che riprendesse a danzare, mosso dall'alcol: -Rog, Rog, ascoltami, ci sono le leggi, le convenzioni: queste sono cose che. Non. Si. Fanno!-

-Ma Freddie... questa è forse l'unica occasione che ho di sposare un riccone!-

-Rog, tesoro, stammi a sentire amore mio, va bene?- gli prese il viso fra le mani, riuscendo finalmente a calmarlo: -Scordati questa storia, eh? Scordati di tutto, della Florida, di Miami, dei pesci volanti e di Mallett, d'accordo? Devi ripetere a te stesso che non sei Clare, va bene?, sei Roger. E Roger non vuole sposare Dave, giusto?-

Riportato alla realtà, Roger lo fissò a lungo, respirando a fondo, espirando un po' della sbronza.
Alla fine annuì: -Sono Roger...-
Si stropicciò gli occhi, rovinando il trucco, e sospirò, portandosi le mani alla fronte: un accenno di mal di testa bussava alle sue tempie.

-Oh, vorrei essere morto... non ce la faccio più....- biascicò seccato, rendendosi conto dell'assurdità di quel disperato piano di fuga.

-Va tutto bene, dai... sei solo stanco e ubriaco.- lo rassicurò Fred stringendogli le spalle in un abbraccio.

-E adesso cosa ci faccio con il suo regalo di fidanzamento?-

-Regalo di fidanzamento?-

Roger annuì, tirando fuori dalla tasca della gonna un luminoso braccialetto.

Freddie, rapidissimo, lo afferrò per guardarlo meglio sotto la luce del lampadario: -Vuoi scherzare?! Questi sono diamanti veri!-

-Certo che sono diamanti veri!- proruppe Roger strappandoglielo di mano. -Che credi? Che il mio fidanzato sia un pezzente? Ora dovrò restituirglielo.-

Ma Fred gli fermò la mano prima che infilasse di nuovo il gioiello in tasca: -Un momento, Rog, un momento. Non precipitiamo: non è mica il caso di offenderlo, no?-


 


 

L'albergo era immerso nel silenzio. La reception era ancora aperta, nonostante l'ora tarda: dopotutto non era insolito che qualcuno dei clienti decidesse di uscire di notte per una nuotata al chiaro di luna, per poi rientrare alle due o alle tre del mattino. L'impiegato a cui era toccato il turno notturno era seduto al suo posto, sfogliando distrattamente una rivista, quando vide cinque uomini entrare e pretendere immediatamente che gli fossero assegnate delle camere. Erano lì per il Decimo congresso degli amici dell'Opera italiana, così dissero. Il ragazzo li seguì con lo sguardo fino all'ascensore, dopo aver consegnato loro le chiavi, poi tornò alla propria rivista.

-Siete degli imbecilli!- ringhiò uno degli uomini, quando le porte dell'ascensore si furono chiuse, continuando il discorso che avevano dovuto interrompere quando erano entrati in albergo. Abbassò lo sguardo sui propri piedi sbuffando con irritazione quando constatò che le ghette gli si erano sporcate di sabbia.

-Sono spariti, capo, volatilizzati nel nulla! Abbiamo passato tutta Chicago al pettine! Quei due testimoni sanno bene come nascondersi...- rispose il più alto degli altri quattro uomini.

-Se non li troverete appena torniamo sarò io a farvi volatilizzare! Mi sono spiegato?-

-Stai tranquillo, capo: vedrai che un giorno salteranno fuori quei due tipi.- decretò con sicurezza un terzo uomo, appoggiato dal quarto, che annuì vigorosamente.

-Certo che salteranno fuori! Dalla tomba!-


 


 


 

Angolino autrice:

Buongiorno!

Come per lo scorso capitolo, chiedo scusa per il ritardo! Due settimane intere! Vi chiedo scusa in ginocchio! Questo capitolo mi ha dato non pochi problemi! L'ho riscritto più di una volta perché non mi soddisfaceva mai: la prima volta mi sembrava di essere stata troppo frettolosa, la seconda volta invece troppo seria rispetto al resto della storia e così via... Alla fine sono arrivata alla tipo quarta stesura e finalmente, una volta conclusa, mi sono sentita abbastanza soddisfatta XD (...speriamo in bene XD)

Che dire di questo lunghissimo capitolo che mi ha tirata scema? Beh, che è pienissimo, ma proprio straripante, di riferimenti al film: dalla storia dell'aringa, alla vendita di baci; dalla storia di quell'amico strangolato con un reggiseno alla proposta di matrimonio di Mallett; dalla storia dell'immoralità di avere più di dodici cuccette all'arrivo dei gangster :-O

Spero di avervi divertito e che l'attesa sia stata, almeno un pochino, ripagata... '^^

Non voglio annoiarvi con troppe chiacchiere, considerando da quanto tempo stavate aspettando questo aggiornamento.

Come sempre vorrei solo ringraziare tutti voi che leggete, seguite, ricordate, preferite e i miei fedelissimi che recensiscono sempre *.* GRAZIE MILLE! Siete fantastici! <3

In tutto ciò oggi per ricontrollare il capitolo e pubblicare non ho fatto colazione! XD
Corro a preparare il pranzo! XD Se avete dei pomodori da lanciarmi addosso come punizione per il ritardo (o per il capitolo 'XD), in questo caso sono graditi :-P

Basta con le idiozie!

Vi mando un bacione enorme!

A presto con il prossimo capitolo (dove ritroveremo il caro John ^^)

Sciau!

Carmaux


 

  
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