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Autore: syila    08/06/2019    5 recensioni
"In tutto sono quarantamila Yen piccolo, incluso lo sconto per i minori di undici anni."
"Andata e ritorno?"
"Certo."
"Allora... Prendo solo l'andata."
"Sei sicuro?"
Il bambino con gli occhiali al di là del vetro parve esitare, poi annuì deciso.
"Si."
"Va bene, un biglietto con posto non riservato Fukuoka-Tokyo sola andata." ricapitolò l'addetto alla biglietteria, il quale subito dopo si vide depositare nella cassettiera una cascata di monete e banconote di vario taglio.
Uno spirito più zelante avrebbe avuto degli scrupoli nel vendere un biglietto dello Shinkansen ad un marmocchio di dieci anni senza accompagnatore, ma il signor Nakagawa era in turno dalle cinque del mattino e l'unica cosa che voleva era una caraffa di caffè bollente e la sua agognata pausa di dieci minuti.
Perciò si limitò a contare il denaro e, appurato che si trattava di valuta legale, stampò il tagliando e glielo consegnò.
Il bambino sembrava sapere il fatto suo e avrebbe viaggiato su un treno super veloce, famoso per puntualità e sicurezza; del resto erano in Giappone, uno dei paesi col minor tasso di criminalità al mondo, cosa poteva accadergli di male?
Genere: Avventura, Fluff, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroko Katsuki, Toshiya Katsuki, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III°

"Vitya! Vitya maledizione cosa stai facendo? Metti giù quel ragazzino!"
D'accordo, la situazione poteva dare adito ad equivoci, tuttavia Yakov doveva smetterla di strillare così o non sarebbe arrivato ai sessant'anni!
Il coach, dopo averlo aspettato invano, aveva messo Georgi sulla navetta per l'albergo col resto del team ed era andato a cercarlo, convinto di trovarlo a fare il cascamorto con le sue fans.
Mai avrebbe immaginato di vedere il suo allievo più dotato aggirarsi nel piazzale retrostante alla struttura sportiva con in una braccio un bambino che piangeva disperatamente, mentre lui provava a calmarlo.
"Oh Yakov, sei qui!" il giovane russo si avvicinò tutto agitato "Non riesco a capire bene quello che dice, penso si sia perso!"
"Perché secondo te io parlo il giapponese?" sbraitò l'uomo, provocando un'altra crisi di pianto del moccioso.
"Che ne so, hai viaggiato molto..." rispose l'allievo stringendosi nelle spalle, poi lo redarguì "E finiscila di urlare, lo spaventi!"
Yakov sentì la sua ulcera riacutizzarsi; Vitya era una calamita di casini, imprevisti e contrattempi, non poteva starsene tranquillo a perdere la vista su You Porn o i neuroni sui social come tutti gli adolescenti della sua età.
No!
Doveva raccattare il "Bambino perduto" delle favole e rifilargli l'ennesima rogna alla fine di una giornata stressante! "Ah..."
Un sospiro segnò la sua capitolazione.
"Resta qui con lui, vado a chiamare un responsabile della sicurezza, vediamo se può fare qualcosa."
"Grazie! Lo sapevo che avresti risolto tutto!"
Il giovane sgranò il suo miglior sorriso a cuore e il coach si allontanò brontolando, per non avere la tentazione di cancellarglielo con uno scappellotto.



"Gomen, gomennasai..." concluse Yuuri alla fine del breve resoconto all'addetto, che lo aveva ascoltato incredulo e ammutolito, mentre i russi cercavano di afferrare il senso di quel fitto monologo.
"Che cosa ha detto?" Victor era il più impaziente di sapere la verità, il piccolo hobbit con gli occhi a mandorla lo guardò di sottecchi e poi ripeté la formula magica con aria dispiaciuta.
Gomen doveva tradursi in una richiesta di scuse o giù di lì; non poteva esserne sicuro, i giapponesi erano complicati, una parola aveva trenta sfumature diverse a seconda di chi la pronunciava e in quale situazione.
Anche l'uomo era in imbarazzo e s'intuiva che il ragazzino fosse una bella grana da risolvere.
"Allora?" Yakov era per i metodi spicci ed aveva esaurito la scorta di pazienza dei successivi sei mesi.
Voleva affidarlo al personale della struttura sportiva e tornarsene in albergo prima possibile, ma Vitya gli aveva fatto una piazzata mostruosa, dandogli dell'insensibile, del cuore di pietra minacciandolo perfino di non fare il Libero.
Considerata, la sua posizione in classifica, il coach aveva deciso che forse valeva la pena aspettare.
"Allora... Il bambino si chiama Yuuri e dice di essere venuto da solo, dal Kyushu, per veder gareggiare Victor Nikiforov nello Junior Grand Prix."
"Oh, sei venuto per me!" trillò il pattinatore tutto fiero e lusingato "Ma... Dove si trova il Kyushu?"
"È quello il problema. È una regione a sud di Tokyo."
"Quindi?"
"Molto a sud." precisò il responsabile "A circa seicento chilometri da qui."
"Cosa?" la simultanea esclamazione di sgomento dei russi riempì l'atrio del palazzetto, che stava cominciando ad affollarsi per la gara serale della categoria Senior.
Yuuri li sbirciò di nuovo e chinò il capo, rinnovando le sue scuse "Gomennasai..."

Solo osservando l'espressione incredula di Victor cominciò a rendersi conto dell'enorme guaio in cui si era cacciato: era fuggito da casa imbarcandosi in un viaggio lungo e pericoloso per un bambino di dieci anni, si era intrufolato di nascosto nel palazzetto ed ora non sapeva come rimediare e nemmeno come tornare ad Hasetsu.
Tirò su col naso e asciugò una grossa lacrima con la manica del giaccone, i fazzoletti erano chissà dove in fondo al suo zaino.
Fortunatamente lì c'era qualcuno ben attrezzato contro certe emergenze; il giovane russo aprì il suo peluche porta fazzoletti e si mise all'opera per contenere i danni.
“Adesso che succede?” chiese nel frattempo Yakov all'uomo intento ad armeggiare col suo cellulare.
“Da regolamento chiamerò la polizia, ci penseranno loro ad avvisare i genitori e a tenere in custodia il bambino finché non lo verranno a riprendere.”
“No!”
I tre si girarono verso Victor, autore della vigorosa negazione.
“Vitya...” il coach provò a bloccarlo immaginando uno dei soliti sproloqui del suo pupillo, ma era già troppo tardi.
“Lo lasceresti una notte intera in una stazione di polizia? Da solo?”
“Non sarebbe da solo, non dire sciocchezze! Avranno eserciti di assistenti sociali e psicologi qui, non è la Russia!”
“E se invece lo mettessero in cella?”
“Magari è una buona idea, così non scappa di nuovo!”
“Yakov...”
“Oh no! No! No! No! Non provarci! Non farla nemmeno entrare nell'anticamera del cervello! Lascia l'eresia a cui stai pensando dov'è!”
Inutile.
Come da copione Vitya faceva l'esatto contrario di ciò che ci si aspettava da lui; sgranò gli occhioni e sfoderando la sua aria da angioletto si rivolse in inglese al responsabile della sicurezza “ Se lei contatta i genitori e gli spiega la situazione evitiamo di coinvolgere la polizia; alloggiamo in un albergo a cinque minuti da qui, possiamo ospitarlo noi stanotte, lo guardi è così stanco e spaventato!”
L'uomo, che sotto la divisa aveva un cuore e a casa un paio di figli adolescenti, osservò il bambino e sospirò.
“Facciamo un tentativo.” disse e poi si rivolse in giapponese a Yuuri “Vieni, proviamo a chiamare mamma e papà, così li rassicuriamo che stai bene.”
Yakov approfittò del loro momentaneo allontanamento, prese l'allievo e lo trasse in disparte “Cosa c'è di sbagliato in te? ”
“Avresti davvero lasciato quel bambino ai poliziotti?”
“Si maledizione! È questa la procedura corretta! Hai idea delle grane che ci stai tirando addosso? Il team russo dovrebbe risponderne nel caso gli succedesse qualcosa!”
“Quel bambino è venuto per vedere me! Ha fatto seicento chilometri solo per essere qui oggi, non puoi ignorare un fatto del genere!”
“Mi stai dicendo che... Ti senti responsabile per lui?”
“Si!”
“Ah! Quindi nel caso domani uno spettatore si facesse male durante una tua esibizione gli pagheresti le spese mediche?”
“Può darsi!”
“Sant'Iddio che scempiaggini mi tocca sentire...”
“Dici sempre che bisogna essere gentili e disponibili coi propri sostenitori, perché è importante avere un pubblico amico!”
“Si, ma tu lo stai interpretando alla lettera!”

Il ritorno dei due giapponesi interruppe l'alterco.
L'espressione di entrambi era più tranquilla, anche se il visetto rotondo del più piccolo appariva molto provato; sicuramente era stata una grande emozione risentire i suoi, chissà cosa si erano detti in quei minuti!
L'allenatore russo rivolse un'occhiata interrogativa al responsabile, lui annuì e prese a parlare “All'inizio i genitori non volevano crederci, pensavano ad uno scherzo di cattivo gusto, perché il bambino doveva rincasare all'ora di pranzo e quando non si è presentato potete immaginare... Poi questo signorino gli ha raccontato tutta la storia e io gli ho confermato che sarebbe stato ospite della squadra russa di pattinaggio.”
“Quindi è cosa fatta!” esclamò entusiasta Victor, che prese la mano al piccolo Hobbit e si avviò trionfante, come se quello fosse il suo premio alla brillante prestazione della giornata.
Yakov invece sentì la mancanza delle sue pillole antiacido.

"Comportati bene e non fare fastidio!"
"Hai mangiato oggi tesoro?"
"Sul serio Victor Nikiforov e la squadra russa ti tengono a dormire da loro? È una storia da sballo..."
"Mari! Tuo fratello è a seicento chilometri di distanza! Forse non afferri la gravità della situazione!"
"Beh? Se gli Hotch Potchi mi ospitassero dopo un concerto io ne farei anche mille!"
"Tesoro prenderemo il primo treno disponibile domani mattina, abbiamo il numero e l'indirizzo dell'albergo, fai il bravo e non dare problemi ai tuoi ospiti, va bene? Sappiamo che sei un bambino educato e giudizioso..."
"Hiroko il tuo bambino educato e giudizioso è scappato di casa!"
"Il bambino sta bene ed è con persone affidabili, questo è l'importante."


Dalla concitata conversazione telefonica coi suoi genitori Yuuri aveva concluso che il danno era grave, ma non irrimediabile; dovendo fare una percentuale erano al quaranta per centro di arrabbiatura e al sessanta di sollievo.
Mari invece stava schiattando d'invidia, a lei non sarebbe mai capitato che il suo cantante preferito l'abbracciasse, la baciasse e la ospitasse per la notte!
Anche adesso che Victor gli teneva la mano e sorridendogli ciarlava a ruota libera in un inglese di cui capiva una parola su dieci, anche in quella circostanza Yuuri faticava a realizzare che non fosse solo un sogno.



“Tu non parli molto eh?”
L'interpellato distolse lo sguardo dal caos della camera da cui il legittimo occupante aveva appena battuto fuori il compagno.
Georgi aveva provato a contrattare una dignitosa collocazione sul divano per il nuovo arrivato, la stanza era grande e il nanerottolo giapponese non occupava molto spazio; tuttavia Victor fu irremovibile, il loro ospite aveva bisogno di riposare e sarebbe stato impossibile farlo con qualcuno che chattava su Messenger fino alle tre del mattino!
Messo alle strette, davanti alla scelta di trasferirsi dal coach o dal medico della squadra, che si alzava sempre alle sei e andava a fare Jogging, optò per la seconda ipotesi.
Yakov russava come un trombone e almeno un paio d'ore voleva dormire in pace!
“Gomen...” ripose il bambino chinando il capo.
“Non c'è bisogno di scusarsi ogni volta!” esclamò Victor sgranando uno dei suoi sorrisi a cuore “Vuoi mangiare qualcosa?”
“Uhm... No grazie.”
Al bisbiglio seguì un cavernoso brontolio, il suo stomaco la pensava in maniera diversa; da ore non metteva qualcosa sotto i denti e le provviste nello zaino erano finite a pranzo. Forse era stato poco lungimirante nel programmare il viaggio.
“Gomen...” bisbigliò arrossendo.
Il bambino era chiaramente a disagio, toccava al suo ospite prendere in mano la situazione; i giapponesi non tossivano o starnutivano in pubblico, a costo di implodere; erano troppo educati per manifestare le loro necessità; quindi se lui era affamato (e lo era!) doveva provvedere l'invadente gaijin.
“Io invece ho una fame da lupi!” esclamò il russo, che sottolineò il concetto massaggiando la pancia “Ordinerò la cena in camera, una cena molto, molto abbondante, magari... Cambi idea!”
Yuuri fu invitato a servirsi del bagno se voleva rinfrescarsi e, mentre era chiuso dentro, lo sentì stilare una lunga lista di pietanze alla receptionist.
Quando uscì gran parte del disordine era scomparso, il letto di Georgi era stato sistemato e il giovane campione si era già cambiato indossando sopra un paio di comodi leggins neri un assurdo maglione oversize dai colori pastello che gli arrivava alle ginocchia; aveva i capelli appuntati con una molletta e dalla crocchia sfuggivano alcune ciocche argentee.
Si era messo in "tenuta da casa", anche se Victor indossava con uguale eleganza e disinvoltura un maglione sformato e il costume di gara.
Yuuri non riusciva a smettere di fissarlo ed era molto maleducato da parte sua; l'altro se ne accorse e gli scoccò un altro sorriso di cui, insieme alle chiacchiere, sembra avere una scorta inesauribile.
Non sempre comprendeva il senso del discorso, però il suono della sua voce era ipnotico, rilassante, come quello delle sirene.
“Quindi anche tu fai danza classica?”
A forza di parlare qualche informazione era riuscita ad averla ed era arrivato alla conclusione che il piccolo Hobbit dagli occhi a mandorla stava zitto non tanto per educazione, quanto per timidezza.
L'interpellato annuì compunto e subito dopo emise un gridolino di stupore nel vedere Victor mettersi sul pavimento e piegarsi all'indietro, componendo un arco.
"Lo sai fare questo?"
Yuuri tentennò qualche istante, poi lo imitò; adesso si guardavano entrambi con la testa all'ingiù ed era buffo vedere il sorriso del russo capovolto.
"Allora sai come si ride!"
Il servizio in camera arrivò poco dopo; davanti a tutto quel ben di dio le remore del bambino svanirono completamente e scoprì che condividere un'enorme crepe farcita di marmellata facilitava la conversazione.
"Sei iscritto a qualche Federazione di pattinaggio?"
Yuuri gli rivolse un cenno affermativo, mandò giù il boccone e gli mostrò il suo tesserino "Alla Prefettura di Saga, che fa parte della Regione del Kyushu."
"Sei alle regionali?" esclamò a voce alta l'interlocutore facendolo sobbalzare "Allora sei bravissimo!"
"Ecco io..." Yuuri voleva dirgli che le federazioni regionali giapponesi non potevano certo essere paragonate a quelle russe per il livello degli atleti, ma Victor era già partito a testa bassa coi suoi ragionamenti.
"In un paio d'anni arriverai alle selezioni nazionali e questo significa che potremo incontrarci sul ghiaccio e gareggiare insieme!"
Il bambino lo fissò sconvolto; non aveva mai preso in considerazione questa possibilità; è vero, lo aveva detto a Yuko poco prima di partire, però era stata una spacconata tirata fuori al solo scopo di impressionare l'amica.
Insomma quello era Victor Nikiforov, il talento naturale, la promessa del pattinaggio artistico mondiale, l'atleta che frantumava un record dopo l'altro e lui era là sotto da qualche parte, confuso nella massa plebea dei pattinatori comuni.
"Devo dirlo a Yakov, di certo non immagina che tu sia così dotato... E voleva lasciarti alla polizia! Hai pensato al programma della prossima stagione? Quante volte ti alleni alla settimana?" Victor s'interruppe, il bambino aveva smesso di rispondere e, osservandolo più da vicino, si accorse che si era addormentato con la testa a ciondoloni "Oh... Eri proprio stanco!"



"Yuuri?"
"Uhm..."
"Yuuri andiamo svegliati!"
"Cinque minuti..." borbottò l'interpellato in giapponese, appallottolandosi nelle coperte.
"Vkusno!” trillò l'ignoto disturbatore in tono estasiato.
Quella vocina petulante non era della mamma, né di Mari, nessuna delle due aveva l'abitudine di tormentarlo pungolandolo e tappandogli il naso per costringerlo a svegliarsi.
Quando Yuuri decise di averne abbastanza aprì gli occhi e si trovò davanti il sorriso a cuore di Victor, leggermente fuori fuoco a causa della miopia.
La prima cosa che fece fu di allungare una mano e toccargli il viso; dunque era reale, non si trattava di un sogno, aveva dormito nella sua stanza, cenato con lui e usato perfino lo stesso bagno!
“Forza alzati e vestiti, dobbiamo andare!” ribadì il giovane russo impaziente.
“Andare? Sono arrivati mamma e papà?” chiese Yuuri assonnato, reprimendo uno sbadiglio “Che ore sono?”
“No, non c'è ancora nessuno! Sono le sette del mattino e noi adesso andiamo al palazzetto del ghiaccio!”
"Eh?"
"Si forza, sbrigati!"
"Ma i miei genitori..."
"Ho pensato a tutto io! Vedrai ci divertiremo!"
Il suo ospite non aveva voluto sentire ragioni, lo aveva tirato giù dal letto spingendolo a viva forza in bagno a lavarsi.
Yuuri aveva provato a temporeggiare, ad appellarsi al buon senso, mentre Victor gli infilava lo zainetto in spalla e sistemava la frangetta ribelle appuntandogliela con una delle sue spilline colorate.
Il russo era stato inarrestabile, implacabile e anche un po' insensibile alle sue timide obiezioni.
Dopo aver arraffato qualcosa da mangiare al buffet dell'albergo lo aveva trascinato di corsa fino al palazzetto di Edogawa, mentre lui, ancora rintronato, si domandava il perché di quella levataccia.



"Santo cielo..."
La signora Katsuki aggiustò gli occhiali sul naso per seguire meglio le evoluzioni della strana coppia all'opera sulla pista di pattinaggio.
"Siamo davvero spiacenti di aver causato tanto disturbo" ribadì costernato il marito, inchinandosi per l'ennesima volta.
Yakov rispose con un sospiro.
Era toccato a lui stare di vedetta davanti all'albergo fino all'arrivo della coppia, ed era toccato sempre a lui spiegare perché il loro rampollo non era lì ad aspettarli.
Quando aveva trovato il bigliettino in cui l'allievo annunciava di aver portato il marmocchio a pattinare gli era preso un colpo.
Cosa sarebbe successo se il bambino fosse caduto?
Aveva idea delle conseguenze?
Ovviamente no.
Il coach ancora non capiva se la sua noncuranza fosse genetica, caratteriale o se ci fosse da parte di Vitya una diabolica volontà di fargli saltare i nervi a forza di bravate.
Ed eccoli lì i due fuggitivi a divertirsi sul ghiaccio, nel più totale disimpegno, come ragazzini qualsiasi, in un giorno qualsiasi e non alla vigilia del Libero, che avrebbe fatto vincere al russo la tappa di Tokyo mettendo una seria ipoteca sullo Junior Grand Prix.
L'allenatore chiuse gli occhi e inspirò profondamente; una cosa lo irritava più dell'irresponsabilità dell'allievo ed era che pattinasse male.
"Scusate un momento."
I signori Katsuki lo video allontanarsi verso il bordo pista e subito dopo lo sentirono sbraitare "Vitya! Vitya maledizione! Quel doppio flip tutto fuori asse è inguardabile! Se vuoi insegnare qualcosa, almeno insegnala come si deve!"
Yuuri alzò la testa nella sua direzione e dietro di lui scorse le figure dei genitori e sussultò.
Hiroko gli tese le braccia ed il figlio si precipitò da lei dimenticandosi del pandemonio che aveva scatenato con la sua fuga.
"Mamma!"
Victor lo seguì a breve distanza, era contento della riunificazione, ma anche preoccupato che quella del piccolo Hobbit fosse una famiglia severa, perciò si teneva pronto a salvare il suo protetto da una terribile scenata.
Tuttavia non fu necessario alcun intervento; Yuuri si liberò quasi subito dall'abbraccio e annunciò orgoglioso "Mamma, papà lui è Victor Nikiforov!"
"Oh tesoro lo avevamo riconosciuto..." annuì la madre, poi si rivolse al giovane russo e in un inglese tentennante aggiunse "Grazie per esserti preso cura di lui."
Tutta la famiglia Katsuki s'inchinò in perfetta sincronia e l'oggetto dei loro ringraziamenti arrossì imbarazzato, un evento che a Victor accadeva di rado.
“È stato un piacere! Vostro figlio è un bravissimo pattinatore!” esclamò a sorpresa il giovane russo e stavolta toccò a Yuuri arrossire e incassare la testa nelle spalle “Crescerà ancora tanto nei prossimi anni e presto diventerà un temibile rivale!”
Sentirsi elogiare in quel modo dal suo idolo senza aver fatto nulla di particolare per meritarlo lo mandò in confusione; anche la sua famiglia era ammutolita e Victor ne approfittò per mettere a segno un colpo basso.
“Quindi sono sicuro che lo aiuterebbe molto se potesse restare fino a domani a vedere la finale!”
Yakov non intervenne nemmeno, si limitò a nascondere il viso nelle mani e a scuotere il capo, il cervello del suo pupillo produceva assurdità ad un ritmo troppo elevato, perché riuscisse a rimediare in tempo.
“Non posso.” stavolta fu Yuuri a stupirli, accennò un inchino e aggiunse a mo' di spiegazione “Ti ringrazio, ma dobbiamo tornare a casa, c'è molto lavoro alla locanda in questi giorni e la mia famiglia non può assentarsi così tanto.”
“Oh...”
Alla delusione di Victor corrispose lo sguardo fiero che la signora Katsuki indirizzò prima al figlio, poi al marito; aveva ragione, il loro bambino era davvero un ometto giudizioso!
“Però... Ti guarderò in televisione! Non mi perderei la finale per niente al mondo... Devi vincere la tappa di Tokyo e il Grand Prix!” “Solo se tu mi prometti che prima o poi gareggeremo insieme.”
Yuuri annuì vigorosamente e gli tese la mano; nonostante la sua indole emotiva minacciasse di tradirlo, voleva congedarsi come facevano i veri sportivi; peccato che Vitya avesse un modo tutto suo di suggellare le promesse: lo abbracciò a tradimento e gli impresse due baci sulle guance sotto lo sguardo allibito dei presenti.
“Un giorno ci ritroveremo su questa pista di pattinaggio!”



“Victor vieni a darmi una mano? Non puoi portare tutto, bisogna fare una cernita!”
Dalla cucina arrivò un brontolio confuso, quando il russo si metteva a pettegolare con Christophe era impossibile farlo smettere.
Yuuri sospirò e guardò il ripostiglio imballato di scatole e valigie fino al soffitto; come era riuscito ad accumulare tanta roba in uno spazio così piccolo?
Beh, da qualche parte doveva cominciare.
Prese l'angolo sporgente di una scatola e cominciò a tirarlo per farla uscire, ma nell'istante in cui la estrasse la pila di oggetti sovrastante ondeggiò e poi gli franò addosso travolgendolo.
Dorogoy, ti sei fatto male?”
Il padrone di casa sentendo tutto quel baccano lasciò a metà la telefonata con l'amico e si precipitò in corridoio dove trovò Yuuri incastrato tra un mare di ciarpame.
“Le tue cianfrusaglie hanno cercato di uccidermi...”
“Non sono cianfrusaglie.” bofonchiò offeso il compagno “Sono tutte cose indispensabili!”
“Non pensavo fossi un accumulatore compulsivo!” esclamò il giovane giapponese, che davanti al broncio del compagno faticava a rimanere serio.
“Sono i miei ricordi più cari, però la casa è piccola, sono costretto a conservarli qui.”
“Questo tovagliolo di carta col logo di una brasserie francese è un... Caro ricordo?” chiese Yuuri scettico mostrandogli il fazzolettino ingiallito, uscito come tanti altri oggetti da una vecchia scatola da scarpe.
“Certamente! È della prima volta che sono stato a Parigi e ho mangiato dei veri, autentici croissant appena sfornati! Ah, ne ricordo ancora l'odore fragrante!”
Yuuri alzò gli occhi al cielo.
"Oh guarda, ci sono anche i biglietti del tram di San Francisco e il sottobicchiere di una birreria di Monaco!" trillò Victor, che s'immerse con entusiasmo nella riesumazione di ricordi e carabattole.
"Mettendoli in un unico album potresti guardarli quando vuoi..."
"Questa sarebbe piuttosto difficile da infilare in un album." dal mucchio di oggetti buttati alla rinfusa emerse un contenitore di cellophane rigido, al suo interno, come una reliquia, era sistemata una rosa, ormai secca, che tuttavia conservava ancora il suo colore blu vibrante.
"Oh..."
"Me la regalò un bambino durante la tappa di Tokyo del Grand Prix Juniores."
"E l'hai conservata da allora?"
"Certo! Mi ha portato fortuna! Quell'anno vinsi il Grand Prix e la stagione successiva feci il mio debutto nella categoria Senior."
"Chissà quanti fiori di persone importanti avrai ricevuto nella tua carriera, perché hai tenuto proprio la sua? Oltretutto mi sembra un po' striminzita come rosa."
"Perché lui non era un bambino qualsiasi! Era un piccolo Hobbit con gli occhi a mandorla!"
"H-Hobbit?" "Si, quindi il suo regalo era magico." annuì serio il russo.
Yuuri gli rivolse un sorriso intenerito, nel suo compagno c'era sempre quel Vitya adolescente col maglione sformato e il sorriso luminoso.
"Aspetta qui."
Il giovane giapponese andò a prendere il portafoglio e da una delle tasche interne prelevò un piccolo oggetto "Cos'è?" chiese l'altro incuriosito.
"Pensi di essere l'unico ad avere dei portafortuna speciali?" trafficò un po' e riuscì ad infilarlo nella confezione trasparente senza aprirla.
Guardando meglio Victor si accorse che si trattava di una spilla per capelli, luccicante di strass colorati, che piacevano tanto alle bambine. Ricordò di aver fracassato l'anima a Lilia per averle, le sue allieve le usavano per fermare gli chignons e lui voleva essere come loro.
C'era un solo motivo per cui quel fermaglio poteva essere nelle mani di Yuuri...
"Perché non me lo hai mai detto?"
"Perché il bambino di allora non è stato all'altezza delle tue aspettative... Quando ci siamo incontrati di nuovo io ero ad un passo dal ritiro, avevo fallito tutti i miei obiettivi, non volevo deluderti ancora di più..." il giovane giapponese si strinse nelle spalle e scosse il capo.
"Eppure abbiamo mantenuto le nostre promesse!" esclamò il russo prendendogli le mani tra le sue "Ci siamo affrontati sul ghiaccio!"
"E io ti ho battuto" sottolineò il compagno con un sogghigno soddisfatto.
"L'anno dopo sono stato io a batterti..." Yuuri sbuffò indispettito e lui sorrise "Adesso andremo insieme in Giappone, ad insegnare alle nuove generazioni."
"Quindi... Va tutto bene?" chiese Yuuri appoggiando la fronte a quella di Victor.
"Non potrebbe andare meglio mio piccolo Hobbit!"
"Credo che questi cimeli meritino un posto speciale nel soggiorno dell'appartamento di Tokyo..."
"Tra le mie medaglie?"
"Tra le nostre medaglie!" sottolineò Yuuri rifilandogli una gomitata nel fianco quando Victor scoppiò a ridere.
"Va bene! Va bene! Volevo solo dire che i miei premi occupano più spazio dorogoy!"
"Smettila di rigirare il coltello nella piaga!"


Fine


☼ La voce dell'innocenza ☼

Ohi-ohi!
Eccoci arrivati alla fine della grande avventura del piccolo Yuuri ^^
Tutto è bene ciò che finisce bene, il nostro giapponesino si è ricongiunto alla famiglia e nel frattempo Victor ha vegliato su di lui, col suo modo un po'... speciale di affrontare le cose.
I nostri piccoli eroi hanno anche avuto il tempo di farsi un giretto sulla pista di pattinaggio prima di salutarsi!
È stata una separazione un po' lunga, ma alla fine li ritroviamo adulti, realizzati e felicemente conviventi in procinto di trasferirsi in Giappone come coach delle future generazioni di pattinatori.
Entrambi hanno conservato un ricordo di quella memorabile giornata e noi abbiamo la conferma (semmai ce ne fosse stata la necessità) che il loro incontro era già stato deciso dal Destino *-*
Siamo giunti al capolinea di questa storia e prima di scendere alla stazione vorrei ringraziare tutto quelli che hanno seguito, apprezzato e commentato con affetto, insieme ai lettori e i "seguitori" silenziosi ^^
Io torno nel reame vampirico, perché la scrittura degli extra prosegue imperterrita nonostante il caldo e chissà, forse all'orizzonte ci sarà anche qualcosa di nuovo!

See you (mediamente) soon to the next level!

Traduzioni:
Vkusno!= dal russo: delizioso!
Dorogoy= dal russo: tesoro
Gaijin= dal giapponese: straniero, non sempre con accezione positiva.

   
 
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