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Autore: Milandra    08/06/2019    4 recensioni
La nascita dell’amore tra Lily e James, i Malandrini, gli ultimi anni tra le mura accoglienti di Hogwarts prima della Guerra.
L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio, l’ultimo sorriso prima della fine.
E per qualcuno, l'ultima occasione di fare la scelta giusta prima di sprofondare in un baratro senza via d'uscita.
Perché quando la guerra arriva a sconvolgere ogni cosa, l’amore e l’amicizia non bastano più per sopravvivere.
O forse sì?
Perchè forse è solo allora che si conosce davvero l’amore, quello vero. Quello per cui si è disposti a sacrificare ogni cosa...anche la vita...
Prima di Harry Potter, prima della guerra, prima dell’Ordine della Fenice e dei Mangiamorte.
Prima che le scelte li dividessero, portando compagni di infanzia sui fronti opposti di una guerra.
Prima di tutto ciò però, ci furono solo dei semplici ragazzi...
E la storia di un amore che sconfisse la morte...
Solo ragazzi.
Molti di loro, oggi non ci sono più.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Quindicesimo capitolo: Halloween Night – the rise
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
Qualcuno avrebbe potuto dire che Halloween era la festa della magia per eccellenza.
Nessuno meglio di un mago avrebbe saputo riconoscere la magia, vero, ma nessuno meglio di un babbano avrebbe saputo apprezzarla.
La verità, secondo Lily, era che solo coloro che avevano vissuto nel mondo babbano avrebbero potuto comprendere in pieno l’essenza di Halloween.
Quel desiderio di magia, di evadere dalla normalità di tutti i giorni e di sognare a occhi aperti quei personaggi fatati – e anche un po’ meno fatati, dato lo spirito della festa - che costellavano i libri di favole di ogni bambino dall’infanzia decente o meno che si rispettasse..
Maghi, streghe, fate, folletti, lupi mannari, vampiri...
Ah. La magia...
Il mondo magico, per quanto favoloso, non avrebbe mai potuto apprezzare in pieno lo spirito altrettanto magico di Halloween.
La magia è abituata alla magia.
Una strega non si sarebbe mai sorpresa davanti allo sventolio di una bacchetta, e qualsiasi mago dotato di raziocinio davanti a un lupo mannaro avrebbe estratto la spada, furibondo con se stesso per essere stato così stolto da aver messo il naso fuori di casa in una notte di luna piena. Non parliamo poi dei folletti.... evocavano dissanguamenti finanziari da lì ad un chilometro di distanza. Anche peggio dei lupi mannari.
Rigirando la sua bacchetta tra le mani le sembrava di sentirla sussurrare la magia...
Salice e crine di unicorno
Ricordava ancora quando l’aveva comprata da Olivander, e quell’emozione nello stringerla tra le mani.
Ricordava ancora quando da bambina si vestiva da strega – ironia?- insieme a Petunia, e insieme andavano a disturbare tutto il vicinato portandosi dietro una zucca casalinga ripiena di dolciumi e più grande di loro.
La magia...
Nessun mago avrebbe mai saputo stupirsi di fronte ad essa... ma un babbano, o qualcuno che come lei era cresciuto in un mondo dove la magia era solo qualcosa da sognare ad occhi aperti...
Tuttavia, come ogni buon mago e strega, adulto o adolescente, passato o passante per le grinfie di Hogwarts sapeva, c’era un altro motivo per cui il mondo magico proprio non riusciva ad apprezzare quella particolare festività.
Perchè Halloween ad Hogwarts era un discorso a se stante.
Halloween ad Hogwarts era il male puro.
Da evitare.
Come la peste.
Ovviamente se avevi un briciolo di cervello e di autoconservazione...
Il punto, però, era che Halloween ad Hogwarts era inevitabile.
“EVAAANS!”
La peste, un lupo mannaro, un fulmine...qualsiasi cosa...
“POTTER SI È RINCHIUSO IN CAMERA SUA E NON MI LASCIA ENTRARE. EVAAAANS!”
Lily sospirò tristemente, posando la sua bacchetta e fissando la strega del Quarto anno che, ignorando le urla sdegnate di Mary, Alice e quelle ancora più sdegnate e al colmo della scortesia di Emmeline Vance, aveva invaso la loro stanza accompagnata da una nuvola di profumo tossico e dal nutrito gruppo di accolite che stazionavano dietro di lei.
Truccata e vestita alla perfezione, anche se vestita era una parola grossa dato che svestita sarebbe stato termine più appropriato, Bernice Briscott era solo uno dei tanti motivi per cui Halloween ad Hogwarts era da evitare.
Specie se come in quel caso fai di nome James Potter...
O se come Lily sei un prefetto, e ti viene implicitamente chiesto da una Gryffindor del Quarto di aiutarla ad attentare alla grazie, per niente caste e per niente pure, di quello che è in fin dei conti la tua più grande spina nel fianco da quando sei entrata ad Hogwarts, ma che nonostante tutto, in quel frangente, ti ispira una vaga quanto motivata vena di compassione.
“Briscott” le si rivolse cordiale, ignorando gli insulti per niente velati che provenivano dal bagno, dove molto probabilmente la Vipera stava per morire avvelenata nel suo stesso veleno, “Non ho ben intuito cosa vorresti da me ma...”
“Potter non mi fa entrare nella sua stanza ma la Benson è entrata! Devi fare qualcosa Evans!!”
Portamento di un generale e ciglia all’erta.
Sì, Halloween ad Hogwarts era proprio da evitare.
Lily sospirò.
Come spiegare a Bernice Briscott un concetto tanto semplice ed elementare che per quattro anni non ne aveva proprio voluto sapere di entrarle in testa?
“Come hai detto tu, Briscott, è la sua stanza. Di Potter” chiarì Lily “E per quanto io non sopporti Potter, non sono ancora così crudele da farti entrare in camera sua.”
La Gryffindor davanti a lei battè le palepebre, dando aria al mascara che più volte oscillò su e giù, mostrando tutta l’imperturbabile tenacia della sua proprietaria.
“Che vuoi dire?”
Ecco, appunto.
“Nulla” sospirò rassegnata “Ma che forse posso arrivare a comprendere che le tare mentali di Potter non sono tutta farina del suo sacco...” ammise quasi più rivolta a se stessa che alla Gryffindor.
Se non fosse che...
“Lascia stare Briscott” l’anticipò, “anzi sai cosa ti dico ...fossi in te non mi darei per vinta!” le disse, mentre Mary la guardava con tanto d’occhi per quel cambiamento alla Dr Jeckil e Mr Hyde e Alice rischiava di sfracellarsi giù dalla sedia.
...non fosse che Potter era estremamente irritante.
La Gryffindor annuì, improvvisamente entusiasta e con gli occhi animati da qualcosa di vagamente preoccupante.
“Hai ragione sai”
...Potter era urticante...
“Non devo mollare, la Benson non l’avrà vinta...”
Pugno in alto e oche del Campidoglio dietro che davano aria al mascara.
...L’aveva chiaramente raggirata dopo che lei l’aveva coperto con la Giuliva del Campidoglio Capo.
“E poi io sono molto più bella della Benson!”
Le aveva detto che non voleva avere nulla a che fare con lei, per poi raggirarla ulteriormente e sfruttare la sua carica di prefetto per Dio solo sapeva cosa.
“...e chiaramente lui ha solo bisogno di una piccola spintarella ma è chiaro che...”
Si era scusata e lui l’aveva tacciata di non sentirsi in colpa. LEI!! Per Godric!!
“Mi hai dato un ottimo consiglio. Grazie Evans”
Lily si strinse nelle spalle, presagendo una futura vendetta del karma.
O di Potter...
“Sei crudele” rise Alice, dopo che le Giulive avevano preso il volo, “James rischierà un tracollo quando se la vedrà di nuovo alla sua porta.”
Sì, il karma non avrebbe neanche fatto in tempo ad arrovellarsi per punirla che Potter ci avrebbe pensato molto prima.
“Non ne posso più Alice” sospirò sconfitta, buttandosi a peso morto sul letto “prima della fine dell’anno quell’idiota mi farà finire al San Mugo.”
“Perchè, hai bisogno di Potter per finire al San Mugo?” Sibilò la Vance, uscendo dal bagno in quel momento con un diavolo per capello e una maledizione pronta sulla punta della lingua.
“Grazie Mel” sillabò tetra Lily.
“Sareste tutte da internare senza l’intervento nè di Potter nè di Merlino e Morgana in persona.”
“Si può sapere che hai ora Mel?” scandì funerea socchiudendo gli occhi Lily.
Le lame azzurro cielo della Vipera si strinsero in due fessure.
Pessimo presagio.
Eccolo il karma... e Emmeline Vance era un chiaro quanto mortifero strumento nelle sue mani.
“Qualcuno ha finito il mio shampoo” fu il sibilo funereo della Vipera.
“Non io!” chiarì Lily, contraendo anche lei gli occhi in due fessure.
“A me qualcuno ha rubato le scarpe!! Quelle col cinturino dorato!” Mary McDonald emerse da dentro l’armadio, catapultando fuori una miriade di vestiti e sibilando maledizioni verso una certa bionda che ebbero il potere di chiarire l’ovvio alla Vipera.
“Dovete chiedere a Marlene” celiò ironica Lily, che davvero era stanca di dover fare da balia a tutti e beccarsi pure tanti insulti.
“Quella non si trova. È sparita da stamattina” proferì stizzita Mary, rificcando la testa nell’armadio mentre Alice, richiamata da una ragazza del Quinto, usciva fuori dalla camerata.
“Già, si è finita lo shampoo la megera” ringhiò Emmeline, frizionando vigorosamente i capelli nerissimi con un morbido asciugamano bianco.
Lily scosse il capo esasperata. “Cosa volete da me? Non mi chiamo Marlene McKinnon! Anzi anche io la sto cercando.”
Stava per aggiungere dello strano comportamento di Marlene di quella mattina che dal corridoio sembrò alzarsi il finimondo.
Per un attimo si guardarono tutte e tre terrorizzate.
Perchè Halloween ad Hogwarts era il male puro.
“Se è ancora quella cretina della Briscott io la butto giù dalla Torre, vi avviso” masticò tetra la Vance, svolgendosi i capelli dall’asciugamano e marciando spedita verso il corridoio, proprio mentre Alice rientrava affannata.
“Fossi in te non uscirei Mel” sorrise angelica la bionda Prewett, tentando di fermarla.
Troppo tardi, decisamente.
Avrebbe dovuto ascoltare più spesso i consigli di chi la circondava...
Emmeline Vance se ne accorse quando, uscita in corridoio con solo un misero asciugamano addosso per vedere cosa fosse tutto quel baccano, si trovò tre ragazzi del Sesto, Grifondoro, - l’aveva sempre detto che i Grifondoro avevano l’anima del suicida- spiaccicati alla fine delle scale del dormitoio femminile.
“Imbecilli” proferì sdegnata, non preoccupandosi neanche vagamente di essere mezza nuda davanti a quei tre.
“Sembra che volessero invitarti, Emmeline” rise Mirta Robinson del Sesto, affiancandosi a loro.
“Come se non lo sapessero che le scale del dormitoio femminile si trasformano in scivolo per i ragazzi. Imbecilli” decretò anche Mary, scuotendo i corti capelli a caschetto pieni di boccoli per l’occasione.
Emmeline Vance continuava a guardarli con astiosa indifferenza. “Spero si siano rotti l’osso del collo” sibilò altera.
“No ti prego, che mi tocca andare a controllare altrimenti” piagnucolò Lily, sperando che quei tre dessero segni di vita quanto prima.
“Ah Lily, complimenti!” rise la Robinson, mentre anche Priyanka Patil e Bethany Torres sorridevano concordi.
“Per cosa? Avervi abbattuto il cercatore spedendogli la Briscott armata di mascara e filtro d’amore?” sindacò malevola Emmeline mentre Lily la guardava tetra.
“Ma no, per la Zabini” rise la Patil, sistemandosi il sari di un brillante rosso fuoco.
“È Kali, divinità indiana e moglie del dio Siva” chiarì sotto l’aria scettica di Emmeline e Mary.
“Quello che vuoi” scandì funerea la Vance.
“E ti farai spuntare anche una ventina di braccia?” rise la McDonald.
“Aspettate, cosa centra la Zabini?” a Lily di travestimenti e divinità non interessava assolutamente nulla.
“Io fossi in te mi guarderei le spalle. È una vipera quella” le salutò Amelia Bones, per poi sparire ad occuparsi dei cadaveri a fondo scala.
Che anima pia.
“Perchè le hai dato della puttana” rise la Patil.
“Bhe, è una puttana” confermò Bethany Torres, rinnovandole i ringraziamenti per aver ‘finalmente messo al proprio posto quella deliziosa personcina di facili costumi che era la Serpeverde’, per poi levare le tende insieme alla Patil ignorando lo stato di shock che avevano scatenato.
“Lily?” si arrischiò Mary.
Quello era il karma di Halloween, Lily lo sapeva.
Merlino ma perchè?
“Che pretendevi? Dare della puttana a Martina Zabini significa suicidio in grande stile” commentò acida la Vance, fregandosene dello sguardo sconvolto di Lily, per poi schioccare la lingua disgustata. “Grifondoro” sibilò schifata, “avete proprio l’anima del suicida...” proferì indignata e indifferente al fatto che qualcuno le stesse ricordando che anche lei, in fondo, era una Grifondoro...
Ma Emmeline non ascoltava, mentre Lily dal canto suo aveva un pessimo presentimento, avvalorato da una tesi che negli anni si riconfermava sempre con ineluttabile certezza: Halloween ad Hogwarts era il male!
E mezz’ora più tardi, ancora in tuta e molto lontana dall’essere anche solo vagamente presentabile, decise che davvero le serviva una pausa. Tanto c’era ancora tempo prima delle dieci, quando sarebbe iniziata la festa in Sala Grande.
Armata di libro e bacchetta era quindi nobilmente intenzionata a darsi alla fuga, insieme ad un’inviperita Emmeline Vance che borbottava di shampoo oche e imbecilli, quando arrivata nella Sala Comune quasi deserta vide una figura bionda e slanciata seduta su una delle poltroncine vicino al camino.
Avvolta in una coperta di lana rossa, le ciglia umide che risaltavano contro il fuoco del caminetto, Marlene McKinnon osservava le fiamme, i capelli solitamente biondissimi che rilucevano di un alone aranciato alla luce di quelle lingue infuocate.
Lily si bloccò, mentre sentiva la Vipera subito dietro di lei lanciare una maledizione per poi fare altrettanto.
“Mar...”
La vide irrigidirsi, i muscoli contratti mentre dava loro le spalle.
Emmeline dietro di lei si mosse irrequieta sul posto, ma Lily non aveva occhi che per quella figura bionda davanti a lei.
Una delle sue due più care amiche.
Una sorella, quando la sua vera sorella di lei ormai non ne voleva più sapere.
Perchè?
Perchè non aveva detto loro niente?
E forse Marlene sembrò intuire, senza bisogno di sguardi o di parole, perchè abbozzò un sorriso mesto, lasciandosi scivolare la coperta sulle spalle.
E le guardò.
Lily che si inginocchiava quieta davanti a lei, e Emmeline bloccata alla base delle scale.
Quante volte avrebbe voluto sfogarsi, quante volte avrebbe voluto il sorriso dolce di Lily e qualche battuta acida di Emmeline... eppure non l’aveva fatto.
“Perchè non ci sono abituata,” rivelò Marlene abbozzando un sorrisino triste, “E perchè mi ha lasciato Lily”
Una lacrima sul bel viso di Marlene.
A Lily parve di sentire il cuore dell’amica frantumarsi.
“E ha fatto male” Gli occhi azzurri lucidi, Marlene la guardò, “Fa male.”
Lily trattenne le domanda sulla punta della lingua, mentre l’amica si asciugava gli occhi anticipandola.
“Ti prego Lily, non ne voglio parlare” la implorò. “Mi abbracci?”
Lily sorrise.
“Sempre”
Un abbraccio caldo che sapeva di casa, e i capelli infuocati di Lily che si confondevano col calore della fiamme del camino.
“Ah che schifo” sibilò schifata la Vance, per poi unirsi a loro piuttosto impacciata in quell’abbraccio.
E poi la perla.
Che non poteva che venire da Emmeline Vance.
“L’amore è come la sifilide.”
Già...
Le altre annuirono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Fate tacere quel fottuto gatto!” berciò stizzito Sirius Black, riemergendo da sotto il cuscino e lanciando una serie di imprecazioni che avrebbe fatto arrossire come un puritano anche il peggior lassista della storia.
“Ma non gli avevi rifilato del sonnifero, Prongs?” urlò Peter, per farsi sentire da James in bagno, sopra a tutto quel baccano.
“Avete drogato Mrs Purr?” trasecolò Remus, sollevando uno sguardo scioccato dal libro che stava tentando inutilmente di leggere.
Tre paia di occhi si fissarono, chi più incazzato chi meno, sul fottuto essere artefice di quel baccano.
Mrs Purr stava rinchiusa nel baule di Frank Paciock, anche conosciuto come il poveraccio che doveva dividere la stanza con i Malandrini, emettendo miagolii straziati come di un animale in punto di morte. Il perchè fosse stato scelto proprio il baule di Frank Paciock come accogliente dimora per Mrs Purr era molto semplice in fondo: James avrebbe visto bene la gatta di Gazza solo scaraventata fuori dalla finestra o come puntaspilli, figurarsi nel suo sacro baule autografato dai Chudley Cannons... Sirius il baule gliel’avrebbe volentieri spiaccicato sul cranio a Mrs Purr, Remus non era una valida alternativa, a meno che non si prendesse in considerazione l’idea di sorbirsi una buona oretta di paternale, con termini quale morale e decenza usati a tutto spiano, e Peter semplicemente appariva vagamente inquietato da quell’ammasso di peli e unghie che la sua umanità, leggermente più spiccata rispetto a quella degli altri mentecatti escluso Remus, aveva lasciato il posto a una buona dose di conveniente e commuovente opportunismo. L’unica alternativa era stato il baule di Frank.
Che poi Frank Paciock fosse d’accordo o meno, questo per James, Sirius e Peter era stato un problema di rilevanza minima.
“Al diavolo drogarla” berciò furibondo Sirius, levandosi il cuscino da sopra le delicate orecchie e che alla fine dei conti non era servito a nulla, “Quella è da far fuori e basta.”
“No, ripeto. Avete drogato la gatta?”
Remus Lupin appariva vagamente sconvolto.
L’unico forse, perchè lì ormai da anni non si sconvolgeva più nessuno.
Perla rara l’etica, così come la morale.
Da andarci a nozze in quella camerata.
“Come credi di aver dormito questa notte?” James Potter sbucò dal bagno inviperito, con solo i boxer e i capelli bagnati che avrebbero fatto concorrenza al pelo ritto di Mrs Purr.
Se possibile, al solo suono della sua voce soave, i miagolii della gatta raddoppiarono.
Al diavolo, neanche ficcare nel baule un dannatissimo cane di peluche, rubato a una povera ragazzina del Primo anno, era servito a far crepare di infarto quell’essere infernale. E dire che James gli aveva anche fatto un incantesimo di trasfigurazione per farlo muovere e abbaiare.
La gatta ovviamente non aveva apprezzato, anzi, aveva strillato indemoniata tutta la notte finchè non le avevano rifilato del buon sonnifero, soffiato da sotto al naso a qualche povera anima del Gryffindor con problemi di insonnia.
“Avresti potuto farla secca” lo riprese intestardito Remus Lupin.
“Ma magari!” si schifò Black, mentre anche Minus si mostrava d’accordo.
“L’avessi sentita ieri notte non diresti così Remus” confermò difatti Peter.
“Già... c’è chi se la svigna per le ronde” sibilò stizzito Sirius, guardando Lupin e lanciandogli il cuscino. Tanto avrebbe anche potuto soffocarcisi che la gatta l’avrebbe sentita comunque.
“Tu hai studiato piuttosto?”
Sirius rabbrividì internamente.“Meglio la morte Moony. Non si capisce un cazzo in quei libri.”
“Vedi di non farti sbattere fuori dalla squadra Sirius, se no te la ficco nel letto Mrs Purr” gli cinguettò dietro angelico James, mentre Black perdeva il sorriso, raggelato.
“Sei fuori?? Quella mi castra!!”
“Di che altro hanno paura i gatti?” James fece orecchie da mercante, inquadrando stizzoso il baule in cui aveva preso dimora Mrs Purr. Da dargli fuoco all’istante.
“Di cosa hanno paura?” ripetè ironico Remus, inquadrandoli uno a uno, “Di voi senza dubbio” frecciò, per poi scuotere la testa e fare un vago cenno con la mano rassegnato, “Dei cani.”
Due ghignate in risposta e un Peter Minus che tra un po’ si soffocava.
“Altro?” Farfugliò Peter ridacchiando.
Nessuno ovviamente si preoccupò di informare Remus che ad occupare quasi l’intero spazio vitale nel baule stava una sottospecie di cane di peluche animato.
“Acqua?” propose pensieroso Peter, mentre a Sirius si illuminavano gli occhi.
“Affoghiamola!” ruggì Black.
“Sirius, è un gatto!” sbottò Remus.
Sirius ochieggiò l’amico schifato. “È una serpe.”
“Senti, ma l’hai aperta la lettera?” chiese James piazzandosi davanti a Sirius.
“Non rompermi le palle Prongs!”
Dieci minuti dopo la fottuta lettera, manco a dirlo, era stata aperta. Dopo un mese e mezzo.
La cosa tuttavia ebbe dei risvolti che James proprio non aveva previsto, perchè quella non era una lettera qualsiasi...
“Una strillettera” si lamentò James, con una mano tra i capelli sofferenti quanto lui. “Come abbiamo fatto a non accorgercene?”
“James, ti uccido” esalò Remus al colmo dell’esasperazione.
“Mi fanno male le orecchie” mugulò Peter disperato “E la testa”
Già, grande idea del cazzo. James si sarebbe volentieri preso a sprangate da solo. E questo avrebbe dovuto dargli un indizio su come si sarebbe evoluta la serata.
La lettera difatti era una strillettera, che aveva onorato le loro orecchie plebee con nientemeno che la voce musicale con acuti da soprano di Walburga Black, la quale aveva strimpellato per quella che era apparsa come un’ora intera contro il figlio Sirius.
Il problema stava in altro; ovvero che al caro Sirius la sfuriata era piaciuta talmente tanto che ora le parole come ‘traditore’, ‘degenere di un figlio Grifondoro’ o anche ‘se non riconsegni tutti i soldi insieme ai bastoni da passeggio di tuo padre sei morto’, risuonavano per la decima volta di fila per tutta la stanza.
La decima!
Insieme al gatto.
“Abbattetela” sibilò inviperito James.
“Nah e senti questa parte” rise Sirius di gusto, commentando un passaggio dove volavano insulti e minacce di morte particolarmente cruenta anche per quelle deliziose personcine per bene che erano i Black “è la mia preferita.”
“La prossima volta gli imboschiamo la posta” masticò Remus con un principio di emicrania.
“Non ci sarà una prossima volta se continua così” frecciò caustico James, gli occhi ridotti a due fessure.
E dopo una mezza lotta greco romana perchè sentire la melodiosa voce di Walburga Black sfracellava le palle a tutti, la cosa si risolse in un nulla di fatto ma con una sostanziale quanto abissale differenza: nel mezzo del tafferuglio doveva essere successo qualcosa per cui la lettera si era rovinata, ed ora in certi punti la voce da soprano diventava una sottospecie di voce baritonale da travestito.
“Ecco la parte dei bastoni da passeggio” ridacchiò Sirius.
“Ringraziate che la stanza sia stata insonorizzata” sbuffò Remus, ributtandosi a peso morto sul letto.
“Non possiamo piazzare un Silencio su Mrs Purr?” chiese intanto Minus, con le mani sulle orecchie e la testa che gli martellava impazzita.
“È immune alla magia, Peter” sbuffò scocciato Remus tirandosi su a sedere.
James scosse la testa, sovrappensiero. “Nah, era il collare a renderla immune” se ne uscì beato.
E per un secondo restarono tutti e quattro a fissarsi negli occhi, mentre in sottofondo Mrs Black strimpellava di un bastone da passeggio della guerra del 15/18 appartenuto a niente meno che alla famosa Northumbra Black.
Cazzo ci faceva poi una strega con un bastone da passeggio, James avrebbe proprio voluto saperlo.
“Fatemi capire” esalò impassibile Remus, “L’avete sedata e ficcata in un baule quando bastava farle un silencio??”
“Che palle Remus” si lamentò James immusonito, “Hai dormito o no stanotte? E non lamentarti!”
“Bè, ora però facciamola stare zitta, se no la farò tacere alla vecchia maniera” minacciò Sirus con tono serio.
Dieci minuti dopo, James Potter e Sirius Black avevano dato il meglio di loro, Peter Minus che esultava eccitato.
Da Remus Lupin solo biasimo e rimprovero.
Davvero merce rara la morale.
La gatta stava silenziata e imbacuccata in una delle tende rosse del dormitoio (la tenda del letto di Frank Paciock) con tanto di lacci del tendone infiocchettati intorno al collo, e infine scaricata nella doccia senza colpo ferire.
James si sfregò le mani, espressione esaltata.
Ah, che delizia.
E finalmente un po’ di silenzio, se non si contava Walburga-Mrs bastone da passeggio nel culo-Black che minacciava ritorsioni ai quattro venti.
“Fa tacere tua madre, Sirius” lo riprese col broncio.
“No ascolta che viene la parte bella” rise quello, in riferimento a un pezzo dove Walburga minacciava di seppellirlo nel giardino insieme agli elfi.
“Avete degli elfi seppelliti in giardino?” allibì Peter orripilato.
“Mia madre, donna deliziosa, ha la bacchetta facile” cinguettò Sirius.
“Sì, santa subito” gli fece eco tetro James.
“Rinascerete gatti, ve lo dico” frecciò Remus scuotendo il capo.
“Dite che se Mrs Purr gliela spedisco a Rosier, quello si incazza?” se ne uscì giulivo James.
“Facciamolo!” sbottò subito Sirius.
“Spero vi faccia la pelle” masticò lapidario Remus, mentre la porta del dormitoio si apriva e Frank Paciock veniva investito in pieno dalla voce da usignolo di Walburga.
“Mia madre. UNA SANTA” trillò Sirius, tra il serio e il faceto, davanti alla facciata scandalizzata di Frank.
“Tua madre non è molto a posto Sirius” gli fece notare quello, “Ti ha appena minacciato di darti in pasto agli inferi”
“E non hai sentito la parte sugli elfi” ribattè ilare Sirius.
Remus rivolse un’occhiata supplichevole a Frank. “Non chiedere”
“Da casa degli orrori” rabbrividì Peter, quasi il terrore negli occhi.
Frank molto saggiamente annuì e lasciò perdere. “Ok, gente vado a farmi una doccia...” annunciò cambiando argomento - mentre qualcuno in sottofondo ghignava - per poi buttare un’occhiata al suo baule aperto e libero da gatti, ma con tanto di segni degni di un lupo mannaro.
“Ah, ma avete liberato Mrs Purr?” chiese grato, mentre James in tutta risposta affilava un sorriso che non preannunciava nulla di buono.
“Non sarei mai così perfido da tenere un povero gatto rinchiuso in uno spazio chiuso e al buio per tanto tempo” rispose quello falsamente mortificato, beccandosi dietro la risata di Black, il sostegno eccitato di Minus, e una valanga di insulti da Remus.
“Però non ti consiglierei di andare in bagno Frank” cinguettò angelico James.
“Perchè?”
“C’è un mostro” fu la sparata di Black.
“Non ti conviene” lo avvisò Peter ridendo.
“I mostri siete voi” ringhiò Remus.
“Non sai mai cosa puoi trovare ad Halloween nelle docce” cinguettò James sorridente come una Pasqua, mentre Frank scostava la tenda da doccia e rimaneva allibito davanti a Mrs Purr inchelophanata in un tendone rosso.
“Quella è la mia tenda?”
“Ovviamente”  frecciò soave James, mentre lo guardava iperattivo e gasato.
“E quella è Mrs Purr. Nella mia tenda” ripetè basito Frank, guardando James con occhi a palla.
“Una logica di ferro” frecciò beato James.
“Suvvia, che te ne fai di una tenda Frank?” sbuffò Sirius inarcando le sopracciglia.
“Vi dico che rinascerete gatti!” berciò Remus in sottofondo.
“E la doccia?” Balbettò ancora stralunato Paciok
“Chiaramente non puoi farla” sorrise angelico e divertito James.
“Vai da Bones, tanto ha la stanza privata il mentecatto” lo spedì Sirius senza tante cerimonie.
“Se Gazza lo scopre..” Frank li inquadrò vagamente preoccupato.
“GIÀ, SE GAZZA O LA MCGRANITT LO SCOPRONO....” ripetè Remus, lasciando la frase in sospeso.
“Suvvia, ci darebbero un encomio per i servigi resi alla scuola” frecciò James indifferente, facendo spallucce.
“Comunque c’era la Briscott che ti cercava James. Di nuovo” lo informò ancora un po’ tentennante Frank, mentre in contemporanea un urlo invadeva il corridoio del dormitoio maschile, facendo sbarrare gli occhi a tutti.
Cazzo!
Chi più sbiancò davanti a quella catastrofe annunciata non era chiaro. Forse James, visto che ponderò per un attimo l’idea di buttarsi giù dalla torre, trascinando con sè tutti gli altri ovviamente, gatto compreso.
Alla fine la porta fu sprangata e insonorizzata per la seconda volta, mentre una consapevolezza tornava a farsi strada.
Halloween ad Hogwarts era il male.
“Ah Frank” lo richiamò James, “per la tua incolumità e per la mia smisurata magnanimità.. NON BERE NULLA DI VERDE”
 
 
 
 
 
NON BERE NULLA DI VERDE. Quello sembrava essere il motto di Grifondoro dal Quarto in su per quella sera.
Il motivo non era chiaro, la circostanza non era chiara, neanche chi avesse fatto girare quella voce assurda era chiaro, restava il fatto che la solfa rimaneva quella.
NON BERE NULLA DI VERDE.
“Si può sapere che hanno che non va i cocktail verdi?” biascicò imbronciata Marlene, fissando truce i calici di vetro riempiti di un’effervescente liquido verde smeraldo. “Io amo la Menta Liquorosa.”
“Io invece odio tutti gli altri colori qua tranne il verde” se ne uscì scocciata Emmeline.
“Non facevi prima a dire che ami il verde?” le chiese Mary, mentre la Vance si schifava davanti alla coniugazione del verbo amare e sibilava qualcosa come sifilide tra i denti.
Lily Evans scosse il campo, l’ombra di un presentimento che le si affacciava per un attimo in mente.
Decisa più che mai a godersi quel poco che c’era da godersi ad Halloween e a non farsi prendere da assurde paranoie, Lily marciò decisa verso il tavolo degli alcolici, seguita dalle altre che alle solite battibeccavano.
La Sala Grande per l’occasione era stata addobbata a regola d’arte.
Le panche e i tavoli erano stati rimossi, e ora l’immenso pavimento riluceva sotto la luce di tantissime candele bianche e rosse, che galleggiavano per il soffitto della Sala insieme a una miriade di zucche e ad un Pix decisamente esaltato. Lily lo vide volteggiare per la sala e tentare di accoppare Gazza con una zucca, salvo poi fermarsi in extremis sotto lo sguardo ironico di Albus Silente.
“Queste zucche mi stanno facendo venire mal di mare” proferì sofferente Emmeline, davanti a un enorme tavolo pieno di calici che si riempivano automaticamente delle bevande più strane.
“Ma io dico, chi diavolo beve succo di zucca ad Halloween?” chiese Marlene avvolta in un corto tubino argento luminescente, con tanto di coda finale e guanti lunghi e trasparenti alla Rossella O’Hara. A condire di tutto il marchio di fabbrica: chili e chili di mascara e un incantesimo allungante per le ciglia.
“Quelli del Quarto e del Quinto” ridacchiò ironica Mary, vestita da fantasma.
“Si può sapere perchè tutti continuano a ripetere di non bere nulla di verde?” chiese esasperata Alice in versione fata, arrivata in quel momento e tampinata dai cugini.
“Semplice” rise Fabian Prewett, mentre il suo gemello tentava di rifilare del succo di zucca a quell’anima per loro eternamente innocente, casta e pura, e guai altrimenti, di Alice, “perchè non bisogna bere nulla di verde.”
“Ah, grazie. Ora si che è tutto chiaro” bofonchiò la bionda Prewett, scansando abilmente il bicchiere di succo di zucca.
“Ma mia adorabile cacciatrice di punta” se ne uscì assolutamente conquistato Gideon davanti al travestimento della McKinnon.
“Se ti sente Sirius ti accoppa” ridacchiò il gemello.
“Si sarà rintanato da qualche parte nel tentativo di convincere James ad uscire allo scoperto” rise apertamente Gideon, affilando un sorrisino davanti alla faccia inquisitoria di Lily, “La Briscott” chiarì melenso.
“Non hai idea Evans” ghignò anche Fabian. “Ti dico solo che forse è la volta buona che James la falcia sul serio quest’anno.”
“E rendiamo grazie allora che gliel’hai spedita in dormitoio” commentò Emmeline, schioccando la lingua in chiaro segno di disgusto, per poi inquadrare il soffitto con aria decisamente sofferente, “E che qualcuno abbatta quelle zucche e Pix, che hanno tutti da ondeggiare oggi?”
“Di buon umore Vance!” ridacchiò Fabian, mentre con un occhio teneva sotto tiro Alice e con l’altro i liquori.
“Richiedimelo tra una decina di bicchieri” gli consigliò la mora sbuffando.
“E saresti vestita da?” chiese Gideon, squadrandola da capo a piedi vestita di un semplice quanto normale tubino nero.
“Da colei che ti affattura se non la smetti, Prewett” fu l’acido commento della Vance, che chiaramente di travestirsi proprio non ne aveva voluto sapere, al contrario dei Prewett che sembravano perfettamente a loro agio con metri di bende e vestiti sfilacciati a trasformarli in mummie.
“Comunque, ditemi un pò” li interpellò Lily, decidendo alla fine per un semplice bicchiere di acquaviola, “Chi ha messo in giro questa voce?”
“E non ditemi che non lo sapete, ragazzi” rise Mar.
“Quale voce?” chiese Gideon
Fabian annuì. “Non sentiamo nessuna voce.”
Mar scosse il capo.“Imbecilli”
“Sono stati loro, vero?” chiese Lily assottigliando pericolosamente gli occhi.
Lo sapeva, ci avrebbe giurato!
“Ah, non so di cosa tu stia parlando Evans” rise Gideon, mentre Alice ingaggiava una lotta con Fabian per un calice di Rosallegra, sotto lo sguardo funereo di Mel che vedeva il bicchiere ondeggiare troppo in sintonia con le zucche per i suoi gusti, “E anche se lo sapessi non te lo direi.”
“Ah, Evans!” la richiamò Fabian trionfante, mentre si allontanava con in mano il calice di Alice, “Per la storia della puttana alla Zabini” sorriso ed espressione di estremo rispetto “UN G-E-N-I-O!” sillabò, mentre qualche altro Grifondoro intorno a lei si sperticava in complimenti di cuore... ma proprio di cuore.
“E NON BERE NULLA DI VERDE, EVANS” gli fece eco da lontano il gemello.
“Non ci credo” biascicò Lily, scuotendo il capo disperata.
“Ondeggia anche tu a ritmo delle zucche e qualsiasi cosa ci sia in quei calici ti finisce in testa” la rintuzzò la Vance, che non aveva perso di vista un attimo le zucche.
“Quanto sei adorabile Mel! Sicura che non vuoi una Menta Liquorosa?” ridacchiò Marlene, aggiustandosi la coda posteriore del vestito.
“Svampita, non è aria” fu la lapidaria replica, mentre in lontananza, dall’altro capo della Sala Grande, una Martina Zabini vestita da sirena, con tanto di top, tridente e gonna fluente a mò di coda, le stava incenerendo con un diavolo per capello.
Ed effettivamente non era che la Zabini se la stesse passando proprio bene. Quelle voci le stavano dando l’emicrania e il suo cavaliere sembrava essere svanito nel nulla. Non che il suo cavaliere fosse poi consapevole di essere il suo cavaliere.
“Adrian, si può sapere dov’è Evan?” sibilò furibonda accostandosi ad Avery, che tra whisky incendiario e Menta Liquorosa ci stava dando giù di brutto nel tentativo di ignorare quell’oca di Jenna Colemann appesa al suo braccio.
“Evan?” si intromise Bastain Mulciber, mentre Avery li ignorava totalmente, “l’ultima volta che l’ho visto è stato questa mattina, quando si è rintanato in camera dopo tutti gli strilli che voi ragazze avete piantato su.”
“Mi hai preso per una volgare Tassorosso?” s’indigno la Zabini, prendendosi un calice di Menta Liquorosa e facendo sbottare parecchie persone intorno a lei, casualmente Tassorosso, e neanche volgari a dirla tutta.
“Già, e ci siamo svegliati da soli, vero, all’alba del fottuto sabato mattina?” frecciò biascicando leggermente Avery, mentre proprio in quel momento Evan Rosier faceva la sua comparsa in Sala Grande, allegro come un dissennatore.
“Datemi del whisky incendiario e levatevi dalle palle” sibilò irato verso un gruppo di Serpeverde del Quarto, snobbando la Menta Liquorosa e andando dritto verso la cosa più alcolica che ci fosse in quella sala. “Zabini taci se non vuoi finire in una tomba” le consigliò caustico.
“Sei proprio di pessimo umore” tubò quella per nulla spaventata.
“Sorella” Max Zabini si unì a loro con un’espressione da funerale che ben chiariva quanto grande fosse la sua voglia di trovarsi lì quella sera, “Quel corpetto mi sembra troppo corto o sbaglio?”
“E a me che sembrava lungo, fratello caro”
Evan non li guardò neanche, il naso nel bicchiere. “Tacete se non volete uno schiantesimo in pieno viso” ringhiò di pessimo umore. “Ho mal di testa”
“Ma come? Non mi fai neanche fare un giro di pista, Evan?” petulò estremamente divertita la Serpeverde.
“Martina” un ringhio e un avvertimento.
“Si?” sorrise ironica quella, indicandogli Delia Lewis che li stava fissando in lontananza insieme ad alcune ragazze di Serpeverde.
Evan stava per sibilare una serie di imprecazioni davvero poco carine rivolte a tutti e a nessuno, quando Avery si risvegliò improvvisamente dal coma etilico, puntando come un falco l’entrata della Sala Grande.
“Ecco i bastardi” sibilò, mentre Piton li raggiungeva e qualcuno, un qualcuno che si era evitato la sveglia alle otto, faceva l’ingresso quatto quatto in Sala Grande.
E vedendo l’imbecille bello e riposato, anche se a rischio di un tracollo nervoso molto probabilmente dovuto alla Briscott, fece girare a Evan i cosiddetti, tanto che senza degnare di striscio nessuno si prese direttamente una bottiglia di Whiskey incendiario, strappandola senza alcuna grazia all’incanto che la faceva vuotare in automatico sui calici vuoti, e se ne andò furibondo.
Alla gogna, Halloween era peggio della peste.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Voglio dell’alcool” sibilò James mentre Charlotte al suo fianco alzava gli occhi al cielo, avvolta in un meraviglioso quanto costoso vestito dorato con ricami rossi, che rievocava il celebre quadro raffigurante Arielle Tawington, nota amante vera o presunta che fosse di niente meno che Godric Grifondoro. E dall’alto dei suoi dodici centimetri di tacco color carne, Charlotte dedicò uno sguardo chiaramente divertito al suo ragazzo e ai suoi amici.
“Vi siete vestiti come Jack Squartatore e compagni?” chiese ridendo, mentre quelli facevano spallucce.
“Pensa che è conosciuto anche tra i babbani” fece Remus “Anche se loro non sapevano che era un mago e che i crimini erano perpetrati insieme ai suoi fratelli.”
“Di classe” celiò la bionda.
“Ma non erano in cinque?” chiese alla luce dei conti che non tornavano, “I fratelli McGarringer erano cinque!”
“Se per questo ne stiamo impersonando solo tre” le chiarì Minus elettrizzato, “Sia James che Sirius volevano fare Jack.”
“Da veri fan” tubò ironica, mentre Sirius bofonchiava un qualcosa di ben poco etico e James puntava come un falco la Sala Grande, in cerca di due obiettivi.
Solo una cosa avrebbe potuto calmare James dal commettere un omicidio, e quella cosa non era altro che un più che ben meritato coma etilico, oltretutto che finalmente poteva ridursi a finemente sbronzo senza doversi subire lo sguardo da segugio di Megera McGranitt.
Effettivamente c’era un’altra cosa che avrebbe potuto calmargli i nervi, messi a dura prova dal famoso quinto postulato, anche se molto probabilmente Silente non avrebbe apprezzato lo spargimento di sangue di quello che a tutti gli effetti aveva nominato Caposcuola, anche se molto probabilmente sotto gli effluvi dell’alcool. Non era spiegabile se no come un uomo assennato, lungimirante e un tempo GRIFONDORO come Silente avesse assegnato quell’incarico a niente meno che Evan Rosier.
Restava il fatto che del Nemico non c’era traccia, e lui quindi non poteva fare altro che ripiegare con estrema eleganza sulla prima alternativa, ossia attaccarsi senza troppi indugi al collo di una bottiglia.
Buttando giù un bicchiere di whisky incendiario e sogghignando alla vista di Avery e qualche altro idiota che facevano il pieno di Menta Liquorosa, si concesse un sospiro di sollievo, mentre anche Sirius al suo fianco si avventava senza molte remore sul whisky.
“E finalmente!” borbottarono un po’ in sincrono, alla faccia della McGranitt che li guardava da lontano scuotendo la testa.
Fiondarsi sugli alcolici appena messo piede in Sala Grande... una vera finezza degna di altri tempi.
“Quanto ci metteva ad agire?” chiese intanto Peter esaltato, scrutando da lontano il gruppo di Serpeverde che faceva incetta di Menta Liquorosa.
“Qualche oretta?” chiese Sirius, mentre James alzava le spalle.
“Dipende da quanto se ne assume” li illuminò dall’alto della sua cultura e del suo infinito biasimo Remus, scuotendo la testa ma concedendosi comunque un sorriso divertito, alla faccia dell’anima caritatevole.
“Amore” Charlotte scosse il capo, mentre James si stampava un sorriso con tanto di tono soave e occhioni nocciola innocenti, “Che hai fatto?”
“Quello che non ho fatto” replicò serafico “Non ho stampato la Briscott a rifarsi i connotati contro un muro” celiò ironico.
“Quella la stampo io. Non c’è bisogno James” ringhiò Sirius, con la bacchetta che gli friggeva in tasca e la maledizione pronta a partire, frattanto che qualcuno ridacchiando informava James di una certa Grifondoro del Quarto che lo cercava insistentemente.
“Merlino” sibilò tra i denti James, al colmo dell’esasperazione.
E da lì a salire su una sedia, e a proclamare sotto lo sguardo funereo di mezzo corpo docenti un ‘CHE ALLA BRISCOTT SIA DATO DA BERE QUALCOSA DI VERDE’, il passo fu breve.
Mezzo secondo dopo la Briscott l’aveva individuato, tuttavia un bel pò di gente, consapevole del NON BERE NULLA DI VERDE (ovviamente tutti Grifondoro, Corvonero e Tassorosso) aveva cercato di mettere fine una buona volta al calvario di tutta Hogwarts alias Bernice Briscott.
D’altro canto, i Serpeverde cominciarono a guardare con occhio nuovo ai calici stracolmi di liquore verde, mentre la scritta linciaggio iniziava a stamparsi bene in testa ad ogni singola vipera, alla faccia di James e Sirius che si concedettero un bel brindisi mentre Peter, forse vagamente più assennato, li informava della necessità di trovarsi un luogo sicuro e molto protetto nel più breve tempo possibile.
Da Remus Lupin sempre solo biasimo e rimprovero.
Ma la vera catastrofe avvenne un’oretta dopo, quando James vide il Professor Lumacorno ridere insieme alla McGranitt, con in mano al professore di Pozioni quello che sembrava un calice di Menta Liquorosa preso dal tavolo per gli studenti.
Orrore.
E quando anche Sirius Remus e Peter adocchiarono lo stesso punto, la decisione fu unanime.
Disperdersi immediatamente! D’altronde si sa, quattro bersagli mobili sono molto più difficili da rintracciare per Megera McGranitt.
“Sì?” chiese ridacchiando a Charlotte, che lo osservava rassegnata nascosta da dietro il bicchiere di acquaviola.
E tra qualche ballo, la Briscott che cercava competizione con la Benson e quella manco a dirlo non la degnava della minima, e qualche sigaretta rubata a Edagar Bones, e molto genialmente fumata imboscati in un angolo tra bottiglie e i Prewett a fare da palizzata, la serata per James passò in linea generale come quella di uno seduto sui carboni ardenti. E di tanto in tanto, quando a quell’agonia c’era una pausa e James riusciva a ribeccarsi nella mischia con Sirius Remus e Peter, le ghignate di certo non si sprecavano. Persino Remus, forse sull’onda del whisky incendiario, aveva abbandonato la paternale e ridacchiava ora apertamente alla facce furibonde delle serpi. Se poi si aggiungeva a tutta la solfa un Gazza disperato che sembrava aver perso qualcosa, e un Pix che lo tampinava con tanto di ritornello nuovo di zecca su un gatto e un collo di pelliccia, ecco che la serata all’improvviso si risollevava. La cosa tuttavia aveva vita breve: sebbene Il Nemico non si fosse fatto vedere, tanti altri nemici spuntavano di continuo all’orizzonte, con le serpi che chiaramente stavano aggiustando la mira e la minaccia McGranitt che attendeva al varco. Ed ecco che in nome della sopravvivenza di nuovo si riseparavano, con prossimo appuntamento nei posti più disparati, la maggior parte delle volte con i Prewett a fare da muraglia cinese visto che quel menteccatto di Edagar Bones le aveva già trovate tutte le furbate per farsi i suoi comodi sulle spalle degli altri e prendersi anche tanti complimenti da quella donna di ferro della McGranitt. Edgar Bones, una vera persona per bene. Eh, già...
Fu proprio durante uno dei loro appostamenti tipo setta che la catastrofe avvenne. Lumacorno, che con gli occhi insolitamente lucidi e un colorito leggermente più roseo parlottava con altri professori tra cui Megera McGranitt e, disgrazia delle disgrazie, Silente, era prima impallidito improvvisamente, infine si era portato una mano alla bocca e di gran carriera si era congedato diretto al bagno più vicino, con ancora l’ultimo bicchiere di Menta Liquorosa tra le mani.
Non sarebbe di certo stata una cosa fuori dal normale se non fosse che il professore, per quanto più allegro del solito, non era assolutamente solito ridursi come il tipico mago adolescente inglese.
Tempo cinque secondi e Minerva McGranitt, più scaltra di una faina, aveva piazzato su di loro un chiaro bersaglio mobile.
“Ma com’è possibile?” James era sconcertato. “Ha bevuto un millesimo di quanto quell’idiota di Avery ha buttato giù in una manciata di secondi!”
“L’ho sempre detto che i Serpeverde sono da estirpare” rognò Sirius, con gli occhi ridotti a due lame ferree.
“Magari è in base all’età” farfugliò Peter, con occhi più vispi del solito forse anche a causa dell’alcool.
“Effettivamente un organismo particolarmente giovane come quello di un bambino, o più avanti con l’età come nel caso di Lumacorno, necessita di una dose di pozione minore rispetto al nostro.” Finì Remus, per poi sbattere le palpebre e rendersi conto davvero delle implicazioni a cui portava ciò che aveva detto.
Silenzio. E una strana sensazione addosso.
“La McGranitt” alitò sempre più preoccupato Remus “Ci fissa.”
“Merda” fu l’unanime commento di James e Sirius.
“Ci rivediamo...”
“Sì dove hai detto prima, Prongs” confermò svelto Minus.
“All’ora concordata” ricordò Sirius a tutti.
“Vedete di non fare altri danni” fu la supplica che venne da Lupin.
E la sentenza che venne da James Potter. “Rompete i ranghi. SUBITO!”
Già, c’era da dire che si erano preparati.
La McGranitt non fece in tempo neanche a fare un passo che, in completa sintonia e con una coordinazione data sia dall’esperienza che dall’istinto di sopravvivenza, si erano dispersi.
James da parte sua si dedicò a rifare il giro al tavolo degli alcolici, e fu lì che poco più tardi lo trovò Emmeline, intento a dar fondo a qualsiasi cosa non fosse Menta Liquorosa e con i Prewett a fare da separè umano.
“Aria” sibilò accostandosi al moro e con un calice di Rosallegra quanto il suo umore tra le mani.
“Mel” ridacchiò il Grifondoro, scompigliandosi i capelli nerissimi e gettando qualche occhiata puramente causuale alla McGranitt.
“Cos’hai messo in quei bicchieri?” chiese la Vance, con un sopracciglio alzato in direzione della Menta Liquorosa.
“Assolutamente nulla” rise il ragazzo, “Ma nel caso qualcuno non te l’avesse ripetuto abbastanza Mel, non bere nulla di verde” celiò puntandola con gli occhi nocciola divertiti.
“Tanto lo sai vero che Evan ha puntato dritto al whisky?”
“E tu come lo sai?” la guardò scettico il Grifondoro.
“Comunque non si vede in giro da nessuna parte” sviò elegantemente il discorso la Vance, “Visto che avete vissuto in simbiosi per una decina di anni mi sembra strano che tu non sia andato a ribeccarlo in qualsiasi posto si sia nascosto e che sono sicura tu conosci perfettamente.”
James la guardò dubbioso, attraverso il calice, “Cosa vuoi sapere Mel?” le chiese con un pessimo presentimento.
L’altra sbuffò. “Dimmi solo dov’è.”
“Se tu avessi intenzione di avvelenarlo lo farei subito” frecciò caustico.
E davanti al silenzio ostinato della compagna di casa sospirò: “Se lo conosco ancora un minimo sarà fuori in giardino da qualche parte e con una buona dose di alcool in corpo, che spero con tutto me stesso sia Menta Liquorosa. A Evan piacciono le stelle” borbottò infine, tra l’irritato e lo scocciato.
“Sorprendente quanto vi conoscete bene per considerarvi nemici, non trovi?” Masticò la Vance, per poi lasciarlo lì a macinare improperi.
James trattenne una smorfia, mentre si appropriava di un altro calice.
Al diavolo tutto.
E mentre si lasciava ricadere incazzato nero sul basamento di pietra vicino alle arcate, lo sguardo gli cadde involontariamente verso il centro della sala, su una figura snella, avvolta in un abito di impalpabile tessuto bianco che le scendeva selvaggio a varie lunghezze, da metà coscia fino ai piedi
La figura si muoveva armoniosa, in linea con il suo cavaliere, eppure James avrebbe potuto giurare che c’era qualcosa che stonava.
C’era qualcosa in lei che non era adatto al suo cavaliere.
I capelli rossi che le ricadevano fluenti fino alle scapole, l’abito bianco che le scendeva frastagliato sulla pelle candida e che si arricciava alla fine, assumendo sfumature nerastre come di carta bruciata dal fuoco, e quelli che sembravano i ferri di catene e manette che le circondavano i polsi esili.
Si era travestita da strega, James rise tra sè.
Solo lei avrebbe potuto travestirsi da strega, per altro una strega destinata al rogo, da quanto vedeva dal suo vestito e dalle catene ai polsi.
La vide arricciare le labbra in una piccola smorfia, e poi rivolgere un sorriso tentennante al suo compagno di danze.
Decisamente c’era qualcosa che stonava.
E James non voleva davvero dare peso a quella sensazione allo stomaco, a quell’ansia che lo artigliava alla gola nel vederla tra le braccia del Corvonero.
Tra le braccia di un’altro.
Lui che poteva tenerla tra le braccia.
Un sorriso.
Gli occhi verdi.
Il profumo di gigli.
Con una smorfia buttò giù d’un sorso il whisky incendiario, godendo nel sentirlo infiammargli la gola.
Doveva essere arrivato a un buon numero e domani, pace all’anima sua, un’emicrania non gliel’avrebbe tolta nessuno. Peccato solo che il whisky incendiario ormai non è che gli facesse più di tanto.
Avrebbero dovuto raschiargliela via la gola, per fargli smettere di avere quei pensieri.
La vide fare una piroette, e di nuovo tra le braccia di Argenter.
Era incerta capì, tentennante.
E non avrebbe dovuto essere così.
Non era così che doveva essere.
Non con Argenter.
Non con nessun’altro, nessun’altro che non fosse...
James si concesse l’ennesimo bicchiere, rubato a uno del suo anno e che buttò giù come fosse acqua, mentre i suoi piedi si muovevano da soli.
Un passo dopo l’altro, la gola che non gli faceva male abbastanza e quei pensieri che lo stavano mangiando vivo.
Non era un problema suo.
Doveva starle lontano.
“Mi pareva mi dovessi un ballo, Evans.”
Dentro di sè sentì una voce pericolosamente simile a quella di Sirius ridere di lui.
Un latrato derisorio a cui James non se la sentiva di dare torto.
Perchè dannazione era tutto così sbagliato, dallo sguardo di lei, alla braccia del Corvonero che la fasciavano come un guanto.
O forse era giusto così.
Doveva smettere di pensarci.
Lui aveva Charlotte.
Amava Charlotte.
E gettarsi da una rupe, dove ad attenderlo al di sotto c’erano solo scogli e il mare gelido, era quanto modo masochista.
“Cosa? Assolutamente no!”
Lily lo guardò sgomenta, incapace di credere ai suoi occhi mentre il ragazzo, fregandosene altamente di quello che lei gli aveva appena detto, la prendeva saldamente per un braccio e la separava da Nathan.
“Spiacente Argernter, sarà per la prossima volta” frecciò ironico il moro, trascinandosela via e lasciando il Corvonero a guardarli basito.
E non era di certo l’unico...Lily non fece in tempo neanche a cercare di liberarsi, totalmente colta alla sprovvista, che si vide stretta tra un altro paio di braccia, meno delicate di quelle di Nathan. Le mani del Grifondoro le cinsero la vita, più sicure, più salde, e più calde attraverso il sottilissimo vestito di tulle.
Così sbagliate, così assolutamente sbagliate che per un attimo Lily le sentì giuste.
“Potter, cosa diavolo stai facendo?” gli chiese sospettosa, accantonando quella strana sensazione e fissandolo ostile. Perchè quello era Potter, e quegli occhi nocciola aveva imparato ormai a capire quanto erano insidiosi.
Sbagliati.
Erano assolutamente sbagliati insieme.
E lei era stanca di farsi prendere in giro, giudicare o deridere dal Grifondoro.
Ci aveva provato, per Merlino, non sapeva neanche lei il motivo ma ci aveva provato a dargli una chance, a non giudicarlo male, ma ogni gesto del ragazzo rappresentava un quintale di piombo che le calava come una scure sulla testa.
Lo vide arricciare la bocca in una smorfia di disappunto, come se non avesse apprezzato quella domanda che Lily riteneva più che lecita.
Perchè loro due non centravano nulla l’uno con l’altra.
Perchè allora si trovava lì, tra le braccia del compagno di casa?
“Non stavi cercando molto gentilmente e altrettanto platealmente di liberarti di Argenter?”
Esasperante.
Urticante.
E... stava male.
James Potter stava male, o aveva qualche seria tara al cervello, perchè prima la esasperava, poi non voleva avere a che fare con lei, e ora tornava ad esasperarla... grande!
E non c’entrava nulla il fatto che effettivamente lei voleva liberarsi di Nathan, o meglio, no, non voleva liberarsi di lui perchè non sarebbe stato corretto e Lily era una persona quanto modo corretta, tuttavia quelli non erano affari del grifondoro.
“Per Merlino, perchè sei qui?” chiese alzando gli occhi al cielo, e forse l’unico motivo per cui non lo mandò a quel paese, oltre il fatto che ciò non fosse assolutamente da Lily, fu quel vago senso di colpa, perchè... davvero lei aveva cercato di liberarsi di Nathan?
Colpa.
Lily la sentì avvilupparle il cuore in una morsa.
E silenzio.
James represse una smorfia, le parole che stranamente non gli venivano in soccorso.
E quella risata preoccupantemente simile a quella del suo migliore amico, che tornava prepotentemente nella sua testa.
Già, bella domanda del cazzo.
Era davvero un masochista in fin dei conti...
“Ti sto facendo un favore” le soffiò, faccia da schiaffi e fintamente ironico, mentre sentiva le punte aguzze degli scogli direttamente sulla sua pelle.
A monito, un avvertimento.
Lily lo guardo di sottecchi, sospettosa.
“Tu non mi fai favori. Mi rendi la vita un inferno e credi di sapere sempre tutto anche se non sai niente.”
“Ancora per la faccenda delle scuse, Evans?” sbuffò il ragazzo roteando gli occhi al cielo, mentre una smorfia vagamente seccata si disegnava sui suoi bei lineamenti, “Certo che sei permalosa!”
Lily boccheggiò indignata. “Stai scherzando vero? Sai quanto orgoglio ho dovuto mandar giù per dirtele?” gli rispose sempre più irritata, vedendolo sorridere quasi divertito.
“Mi dispiace, forse sono un po’ troppo veemente. Forse” precisò, per poi dedicarle un’occhiata ironica.
Lily lo guardò battendo gli occhi sconcertata, mentre il contatto con le iridi nocciola del compagno veniva perso in un rapido giro di colori.
Una nota veloce, un tocco lieve, e una presa salda.
“Forse?” Ribattè ironica anche lei, inarcando un sopracciglio quando le braccia di Potter tornarono a cingerle la vita. “Comunque grazie.”
“Per essere stato veemente?”
“Per Nathan” gli rispose rifilandogli un’occhiataccia mentre l’altro rideva... e quella colpa cresceva sempre di più in lei.
Perchè...dannazione, lei aveva davvero cercato di liberarsi di Nathan!
“Oh, non c’è di che Evans. Vedere come mi sta trucidando con gli occhi sarebbe un regalo più che sufficiente, ma anche i tuoi ringraziamenti davvero non sono male. Dopo questa posso morire felice.”
“Sei un cretino” sbuffò Lily ridacchiando, mentre senza neanche accorgersene la sua presa sul moro si ammorbidiva, meno rigida, più spontanea.
L’altro sembrò pensarci su, per poi annuire solenne. “Un cretino bello.”
“E simpatico” aggiunse subito dopo.
“E modesto chiaramente” frecciò Lily, onde evitare che il ragazzo iniziasse a sciorinare un’altra serie di aggettivi che andavano dal fantastico al meraviglioso.
“Non mi piace la modestia. È per i perdenti che non hanno qualità.”
Lily scosse il capo.
Tipico. “Sei un caso disperato, Potter” celiò.
“Mi ferisci” replicò il ragazzo, portando teatralmente una mano al cuore.
“Non ti ferirebbe neanche una spada temo.”
“Come sei cinica, non si addice a una Grifondoro, Evans. Sicura che non dovresti essere a Serpeverde?” la prese in giro il moro, gli occhi nocciola palesemente divertiti.
Lily schioccò la lingua, irritata. “Saresti già morto se fossi una Serpeverde.”
L’altro annuì. “Touche”
Un altro giro mentre la musica sfumava, altri colori in una girandola e lo stesso paio di mani calde che la riaccompagnava tra le braccia del compagno di casa, del nemico di sempre.
“Quindi è vero che hai dato della puttana alla Zabini?”
“Cosa?? NO!!” protestò indignandosi, mentre un’altra musica iniziava in sottofondo, più lenta, più sinuosa, più scivolosa sulla pelle, e le mani calde del Grifondoro che l’avvicinavano impercettibilmente imitando le altre coppie.
Tutto cadeva, scivolava via, tutto tranne quegli occhi nocciola e quelle mani calde sulla sua vita.
E non andava bene.
Non piacevano le altezze a Lily, le facevano uno strano effetto. Qualcosa che si aggancia al tuo cuore e che non può fare a meno di trascinarti a fondo.
Schiantarsi al suolo, era pericoloso.
E non era giusto.
Lei e Potter non erano giusti, chiunque gliel’avrebbe potuto confermare.
“Sono tutti ubriachi, non ricorderanno nulla, e se qualcuno ci farà caso penserà in un’allucinazione” le disse il moro, interpretando il suo sguardo.
“Quando mai Potter e Evans vanno d’accordo” celiò ironica, sulla difensiva, esattamente come lui. Perchè c’era qualcosa di profondamente irreale in lei e Potter e in quello strano clima.
Essere sospesi senza riuscire a capire da che parte protendersi.
 “Mai sentito di un simile evento” sorrise James, la voce leggermente più roca rispetto al solito, che fece partire un brivido in Lily. Dalla nuca, lungo la spina dorsale.
Era strano.
Cosa dire quando sei tra le braccia del tuo nemico e non ti trovi neanche male?
“Noi siamo nemici?”
“Cosa?”
“Avevi detto che non mi odiavi. Hai cambiato idea dopo... questi giorni?”
Lei si stava scusando di nuovo, dopo tutto quello che lui le aveva fatto passare...
Lui era stato odioso e lei si scusava.
James socchiuse gli occhi, perchè quell’espressione di dispiacere sul volto di Lily non si stampasse troppo a fuoco nella sua memoria, mentre una morsa rischiava di trascinarlo giù.
Sempre più giù.
Una maledetta voragine.
D’altronde era questo che lei gli faceva da sempre.
E quel fastidio, proprio lì, alla bocca dello stomaco.
“No, non ho cambiato idea Evans” sospirò “E no, non ti odio.”
“Quindi se ti ripeto che mi dispiace, anche se sei tu e mi fai sempre arrabbiare ma so che questa non è una giustificazione quindi “ Lily sospirò riaprendo gli occhi “Semplicemente mi dispiace.”
“Perchè? Dovresti odiarmi Lily”
“In realtà non penso di essere davvero in grado di odiare qualcuno” scherzò leggera, “troppo impegnativo.”
Lui sorrise ma continuò: “Dopo tutte quelle che ti ho fatto passare in questi anni e anche in questi giorni” non la guardò e per qualche motivo lei desiderava davvero vedere i suoi occhi, senza impedimenti. Verde e nocciola. “Tu dovresti odiarmi Evans” ammise convinto.
“Non ti odio” Lily scosse il capo, “Sei un danno unico “ rise vedendolo sorridere, “Ma non ti odio, sei solo... difficile da gestire. Non che tu mi dia una mano in tal senso. Com’è che dicevi...sei un provocatore nato?
“Potrebbe essere” mugugnò James con un sorriso, “Sì, forse non ti ho reso le cose semplici, Evans.”
“Quindi fammi indovinare, ti dispiace ma non mi chiedi scusa?”
E fu strano anche vederlo scoppiare a ridere.
Quante volte l’aveva visto ridere? Tante. Con altri.
Con Lei? Mai.
Era la prima volta che lo vedeva ridere con lei.
Con lei, non di lei.
Per un attimo si risentì bambina, un’undicenne ingenua davanti a quel Sole così luminoso.
Un magnete in mezzo alla tempesta.
“Bhe, magari per qualcosa potrei anche chiederti scusa. Effettivamente il numero della pozione era troppo anche per me.. Solo non è un buon periodo questo e potrei aver combinato più casini del solito” disse James mordendosi la lingua; tutte le volte che era con lei parlava troppo. Doveva mettere un freno a quello che quei due occhi verdi sapevano tirargli fuori.
Bastava che lo guardasse con un minimo di...cosa?... simpatia? No, non ostilità, che lui era disposto...
Lily era tentata di chiedergli perchè non era un buon periodo ma si trattenne; d’altronde non aveva alcun diritto, magari si sarebbe arrabbiato e... lei voleva solo rimanere così.
Il ragazzo la fece volteggiare in un ultimo giro, mentre la musica adagio adagio andava a scemare data l’ora tarda, e mentre si discostava da lui e quel senso di calore svaniva un particolare le sovvenne alle mente.
Stava per tornare a Grifondoro quando si girò e gli sorrise, di un sorriso vero, uno di quelli che ti arriva agli occhi e al cuore.
“Mi hai chiamata Lily”
E sorrise.
“Può essere” concesse James, dopo un attimo di esitazione. “Le allucinazioni vanno di moda di questi periodi.”
Un altro sorriso, questa volta ancora più luminoso, e quegli occhi verdi che rilucevano tanto da far male.
“Buonanotte James”
Un buco nel petto che portava il colore della speranza.
“Buonanotte Lily”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
 
Un parto. È stato un parto il capitolo di Halloween, e non è neanche finito visto che era talmente lungo che l’ho dovuto tagliare in due parti (anche se la seconda sarà più breve).
Siamo sulle 10 000 parole a questo giro... forse avrei dovuto essere più sintetica ahahah, ma Halloween è un giro di boa, e lo sara un po’ per tutti e non solo per James e Lily.
 
Quindi, che dire? Ho usato talmente tante parole che ora ne sono a corto XD.
 
Ci tengo però a ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo, grazie a Inzaghina e la_magia_degli_dei, e vi chiedo scusa per il ritardo con cui ho risposto e pubblicato, ma ogni parola l’ho letta con un piccolo calore nel cuore e la  speranza di essere riuscita a regalarvi qualche emozione.
 
Un abbraccio e un bacio
Mila
   
 
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