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Autore: Koa__    09/06/2019    3 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le cento fragilità
 




“E tu
Chissà dove sei
Anima fragile
Che mi aspettavi immobile
Senza ridere”

 
 




 
 
Domenica, 24 aprile
 
 

[Ore 18.32]

John, dove sei?
John, sei ridicolo.
No davvero, John, dimmi dove sei?

 
[18.33]

No, non era una domanda.
Dimmi dove sei.


[18.34]

Dimmi almeno perché ti sei arrabbiato.
Se non so per cosa scusarmi come faccio poi a farlo?
Se non vuoi tornare per me, fallo almeno per Rosie.
 
 
[18.35]
 
Sono due minuti e ventotto secondi che tua figlia mi domanda dove sei.
Nostra figlia.
Cosa le dico?
Sei uscito sbattendo la porta.
Avevi i pugni contratti e l’espressione omicida.
Quando fai così è perché sei furioso con me.
Ma io non ho fatto niente.
 
 
[18.36]
 
Era per l’esperimento?
Guarda che ho pulito la cucina.
(E l’avrei fatto comunque).

 
[18.38]

Oppure è perché stanotte ho dormito sul divano?
Sai che sto lavorando a un caso.
Anzi, io non volevo nemmeno dormire.
È il sonno che è arrivato senza avvisarmi.
Il sonno è un po’ come te, viene quando meno me l’aspetto.
 
 
[18.40]
 
L’hai capito il doppio senso?
Dai, ammettilo: ti ho fatto ridere.
Almeno un pochino?
 
 
[18.41]

No, davvero, John. Torna a casa.
Non so più come fare.
Parliamone.
 
 
[18.45]

Non eri tu a dire che una relazione matura è basata sul dialogo?
Bel dialogo, sparisci e non so il motivo.
 
 
[18.50]

Ti informo che hai rotto Rosie.
Sono cinque minuti che non smette di piangere.
Deve aver capito male quando le ho detto che non saresti tornato più.
 
 
[18.51]

Credo d’essere stato io a romperla.


[18.52]

La sto cullando.
Me lo avevi insegnato tu ricordi?
Avevi detto che per ogni genitore è un gesto che viene istintivo.
Per me non lo è stato. Forse perché all’inizio non mi sentivo suo padre.
Ma ora mi ci sento.
 
 
[18.54]

Sono riuscito a calmarla, le ho dato il cubo di Rubik.
Se lo risolve è un genio migliore di quanto pensassi.
 
 
[19.01]
 
Lo sai che ti amo, John?
È che questo silenzio mi spaventa.
 
 
[19.02]

Non è una cosa che mi va particolarmente di ammettere.
Ma è così.
Quando sparisci e non so dove sei, penso sempre che te ne sei andato.
E che ho fatto qualcosa per mandarti via senza rendermene conto.
Penso che è assurdo che tu abbia deciso di amare uno come me.
Forse è per questo che ipotizzo sempre il peggio.
 
 
[19.04]
 
Credo tu sia ridicolo ad esserti innamorato di un sociopatico ad alta funzionalità.
E credo che… sto diventando sdolcinato!
Se Mycroft intercettasse questi sms mi ricatterebbe per il resto della vita.
 
 
[19.05]

Sempre se li capisce.
Mycroft non è un asso in amore.
Ha sposato Lestrade!
 
 
[19.07]
 
Dimmi che tornerai, John.
E che mi risponderai.
Dimmi che non hai deciso davvero di andartene.
 
 
[19.15]

Rosie ha risolto il cubo di Rubik, più o meno.
Sta scollando i quadratini uno a uno e poi li incolla al posto “giusto”.
Tu avresti fatto lo stesso.
D’altra parte è tua figlia.
 
 
[19.20]

Credi che mi somiglierà mai in qualcosa?
Mrs Hudson dice che ha le mie espressioni quando ragiona su un problema.
Io non me ne sono mai accorto.
Credi sia vero?
 
 
[19.21]

Io credo sia piuttosto come te invece.
Furba, intelligente, dolce, sensibile.
Ha lo strano potere di farmi cadere ai suoi piedi senza neanche parlare.
Ha l’assurda capacità di farmi innamorare.
 
 
[19.22]

Credo che ce l’abbia scritto nel codice genetico.
In fondo è una Watson.
Tutti gli Watson finiscono col piacermi, tu, Rosie… Tua sorella!
 
 
[19.27]

Sei uscito da un’ora e mi chiedo dove sei.
Avrei potuto dedurlo, ma non l’ho fatto.
Quando te ne sei andato ero troppo distratto, sono uno stupido idiota.
 
 
[19.28]
 
Quanti pezzi di vita tua ho perso, John?
Ho passato anni dietro al terrore di non essere ricambiato.
E abbiamo passato anni a farci del male.
Ma questo…
 
 
[19.29]

Voglio stare più attento a quello che fai.
A ciò che dici.
Al modo in cui respiri.
A come mi guardi, a quando ti arrabbi.
Quando ti arrabbi sei bellissimo.
 
 
[19.31]
 
Ti amo, John. Torna da me.
Mi sono talmente abituato a vivere con te che…
Che è spaventoso pensare a come potrei fare senza.
 
 
[19.32]
 
Sono troppo sdolcinato.
Neanche mi riconosco più.
Tu mi hai cambiato, John.
Anzi no, io sono cambiato da quanto ti conosco.
Un tempo non m’importava di nessuno.
Ora cullo una bambina.
 
 
[19.33]
 
Sposami.
Lo so, non ha senso e sembra estemporaneo. Però sposami lo stesso.
Sposami perché sì. Perché non voglio che succeda questo.
Voglio essere sicuro che tu sia sicuro.
Non so cosa fare.
 
 
 
 
*

 
 
 
Domenica, 24 aprile
 

 
[19.45]

Cento messaggi, Sherlock?
Davvero? Cento?
 
 
[19.46]

Ora li leggo tutti.
Conoscendoti presumo tu non abbia sentito niente di quello che ti ho detto.
Son dovuto tornare in studio perché l’infermiere ha fatto un casino.
Mi erano saltati tutti gli appuntamenti di domani.
Quell’idiota…
 
 
[19.47]

Ora prendo la metro, una ventina di minuti e sono a casa.
 
 
[19.50]

Sbrigati. SH
 
 
 
 
*

 
 
 
Non eri preparato. Perché niente potrà mai preparati a Sherlock Holmes. Anche se ormai dovresti sapere com’è vivere al suo fianco, perché ci stai insieme da quasi un anno e lo conosci da non sai più quanto tempo. Quindi dovresti proprio saperlo, perché Sherlock è fatto così. È sopra le righe. Un pazzo scriteriato che arriva a farti fare delle cose che, Dio, tu vuoi forse più di lui. Sherlock è, beh, assolutamente meraviglioso in ogni cosa che dica o faccia. E non sai come ci riesca, però è ancora capace di sorprenderti. Ma se a certe cose eri preparato, come i cambi d’umore, il disordine o la passionalità prorompente che arriva a dimostrarti nei momenti più impensati (oltre che nei luoghi meno opportuni); alla sua fragilità non hai ancora fatto l’abitudine. E te la sbatte in faccia puntualmente le volte in cui ti distrai. Quando stai pensando ad altro, perché assorbito dalla quotidianità di Baker Street o dal tuo lavoro allo studio. Capita spesso da quando siete insieme e sei certo che succedesse anche prima, eri solo tu a non vedere niente. E succede sempre alla stessa maniera: da un niente, in una sera come tante, Sherlock ti scoppia fra le mani e tu non sai di preciso cos’hai fatto o come sia potuto accadere di nuovo. Ha il cuore così sensibile, ti ha detto un mattino Mrs Hudson scrollando il capo di fronte all’ennesima luna storta di uno Sherlock annoiato. Forse dentro di te non ci hai mai davvero creduto, perché lui sembra così distaccato, superiore a un certo tipo di sentimenti, che non hai realmente pensato potesse lasciarsi travolgere dalle emozioni come invece riesce a fare. Ed è per questo che anche ti ritrovi lì seduto con la meraviglia impressa addosso, su un lercio sedile della metro che ti sta portando casa, a leggere cento messaggi uno di fila all’altro. Cento istanti di vita al 221b di Baker Street. Cento fragilità messe tutte insieme. Una dopo l’altra. E che ti fanno scoppiare il cuore perché là dentro ci sono cento pezzi di Sherlock Holmes, e tu li ami tutti quanti. Cento lacrime forse nemmeno cadute, di certo trattenute. Cento messaggi scritti di fretta, con la mano destra e intanto che faceva altro. Come l’occuparsi di Rosie, coccolarla, calmarla, spaventarla a morte con le sue paranoie… dovresti essere arrabbiato per diverse cose in effetti. Perché non ti ascolta mai e perché ha riversato i suoi dubbi addosso a vostra figlia. Sì, dovresti proprio essere incazzato e probabilmente un po’ lo sei, anche se forse sei più che altro preoccupato. Non per lei, però. Rosie è forte, è un po’ come Mary e la parte più coraggiosa di Sherlock fusi insieme in una singola persona. Lei se la caverebbe da sola anche adesso che ha quattro anni e mezzo. No, quello per cui hai paura è Sherlock. Questa fragilità, questa insicurezza che ha verso se stesso, il suo credere che prima o poi ti farà fuggire, ti sconvolge. Perché è così convinto che finirà col farti del male? Perché è tanto insicuro di ciò che provi? Forse dovresti dimostrargli che credi davvero nel vostro rapporto. Magari con un gesto eclatante, come un matrimonio, lui si convincerebbe di quanto lo ami e del fatto che vuoi vivere tutta la vita accanto a lui. Una proposta, pensi scorrendo uno dopo l’altro quei meravigliosi e al tempo stesso devastanti cento messaggi. Ma un matrimonio come lo prenderebbe? Lui è sempre stato così indipendente. Così libero. Odia le costrizioni, detesta il dover fare una cosa solo perché “è così che si deve fare”. Come prenderebbe un’unione di questo tipo? Non lo sai e parlarne francamente ti spaventa.
 

«Che razza di idiota.»

 
Parlare ad alta voce è come uno schiaffo, squarcia il silenzio ti fa piombare dritto nella realtà. La metro non è piena a quest’ora della sera, nel tuo vagone non c’è quasi nessuno. Una vecchietta e un ragazzo alzano la testa quanto ti sentono parlare, ma subito la riabbassano, stai guardando il cellulare. Non gl’importa a chi tu ti riferisca, finché non si tratta di loro e va tutto bene dato che neanche a te importa di loro, non devi neanche sforzarti a fingere che non esistano. Ora c’è solo Sherlock, anche se non è lì fisicamente. Anche se sta a casa col telefono in mano a fremere di ansia. Aspetta te, come ha sempre fatto. Anzi, delle volte hai la sensazione che aspetti te da tutta la vita. Altre, invece, credi che anche tu stia diventando troppo sdolcinato. E infatti sorridi al pensiero. Mentre ti scriveva i cento messaggi era convinto d’esserlo diventato e forse si odia per questo, o meglio, s’imbarazza. Si imbarazza sempre quando diventa romantico, è convinto che ci sia qualcosa di male in questo o che qualcuno riderà di ciò che dice. Una parte di lui è convinta che essere sentimentali sia “poco nel personaggio”. Lo stronzo menefreghista che tutti conoscono, lo ami anche quando si mette da parte e permette a un altro Sherlock di venire fuori. Uno timido, dolce, così premuroso e attento che ti fa impazzire alla sola idea di quante cose di te ha imparato in questi anni. Credi ti conosca meglio lui, di quanto tu non conosca te stesso. A parte stasera. Stasera ha proprio toppato, lo ha fatto alla grande pensi sorridendo fra te mentre ancora scorri i messaggi.

 
Li leggi tutti. Uno dopo l’altro passandoli lentamente. Ognuno è una carezza gentile e al tempo stesso un pugno allo stomaco. Fanno male tutti, anche quelli più spiritosi. Fa male pensare alla sua immensa fragilità, al modo in cui non sa ancora bene come comportarsi in una relazione. Fa male che si sia convinto che tu possa sparire da un giorno all’altro senza dargli spiegazioni. Eppure è dolce perché sembra quasi un bambino dal modo in cui parla o reagisce. Li leggi con calma, quei cento messaggi. Immaginandoti cosa stava facendo mentre li scriveva, quale espressione aveva in viso. In che modo arricciava le labbra o increspava la fronte. E quindi li leggi ancora, uno dopo l’altro. Camminando verso casa. Senza togliere lo sguardo dallo schermo del cellulare, stando attento ad attraversare la strada, scusandoti con dei passanti a cui vai involontariamente addosso. Li leggi e ridi, e qualche volta ti commuovi perché non sei mai preparato al modo in cui Sherlock ti ama. E di certo non lo sei a quello che ti dice alla fine. E sei già a Baker Street quando lo leggi. Quello: sposami che se ne sta accampato sullo schermo e non ne vuole sapere d’andarsene da lì.


«Oh, Sherlock» sussurri in direzione del vento che porta via le tue parole e un accenno di lacrima che punge gli occhi. Intanto che i passi si fermano e la mano resta a mezz’aria, bloccata con le chiavi in mano che tintinnano appena. Sai già cosa rispondere, ma è che la felicità è talmente tanta che ancora non ci credi. Ed è incredibile, ma quello sposami sta ancora lì qualche minuto più tardi. Lo schermo si è spento, ma sai che se spostassi il dito ti comparirebbe nuovamente davanti. Te l’ha chiesto davvero? O è magari la tua immaginazione che gioca strani scherzi. Non sopporteresti d’essertelo inventato di sana pianta, ed è per questo sblocchi il telefono ed è un sollievo quanto capisci che è ancora lì che ti guarda: Sposami. Sposami lo stesso. Ha aggiunto subito sotto e quasi ti viene da ridere e forse ti commuovi, e di certo ti senti un idiota, ma non t’importa. Vuoi dirgli che lo vuoi, che desideri tutto da lui, specialmente il dire sì a un altare. E quindi lo fai. Spalanchi la porta del 221b, trovandolo immerso in un’irreale calma. Le scale sono avvolte dalla penombra, non una luce proviene dal piano di sopra né un rumore. Mrs Hudson sta davanti alla tv, lo intuisci facilmente dal volume troppo alto. E Sherlock è sicuramente su da qualche parte, a suggerirtelo è il cappotto appeso all’ingresso che indossa anche se è la fine di aprile, perché è sempre tanto freddoloso! Imbocchi le scale senza accendere la luce e sali i gradini mettendo un piede avanti all’altro senza nascondere un certo impeto. Sherlock non sta suonando il violino, il che è strano dato che in genere la musica lo calma. Non c’è traccia di Rosie, il che significa che lei è già a letto. Ti sei perso la buona notte, ma forse è meglio che lei ora non ci sia.
 
 
«John?» La sua voce taglia il silenzio come un coltello. Non c’è tensione da parte tua, solo un forte e bruciante desiderio di dire di sì. Ma da parte sua, la tensione, la percepisci per davvero. Forse è agitato, magari spaventato da quello che adesso potrebbe succedere fra di voi. Sherlock siede a terra, appena sotto la finestra. Stringe le ginocchia al petto e quella sua vestaglia azzurrina lo copre a malapena, i lembi ricadono sul tappeto alla stessa maniera di come farebbe il mantello di un supereroe. È un’idealizzazione del suo personaggio che lui detesta, dice che gli eroi non esistono e che senz’altro lui non sarebbe uno di loro. Ma tu non sei d’accordo. Tu lo sai cos’è un eroe, e no non parli degli Avengers. Tu ce l’hai davanti ogni singolo giorno, un eroe e lui non sai proprio come faccia a non capire quanto fantastico sia. Quanto eroico sappia essere in ogni più piccola cosa che fa. È per questo che dirai di sì, perché lo ami. Perché lo vuoi. Perché hai bisogno che tutti sappiano che è così e che sarà per sempre. E quindi lo dici, con voce tremante ma non incerta. Sei rotto dall’emozione, lo è la tua voce rauca, lo è quella lacrima che ti riga la guancia. Lo è nelle dita che tremano appena.


«Sì.»
«Ho perso un po’ il controllo, lo ammetto.»
«Sì.»
«Non ti sono stato a sentire, ma stavo pensando al caso e alle prove e…»
«Sì.»
«Le cose che ti ho detto le pensavo davvero, anche la parte sul matrimonio.»
«Sì.»
«Se tu non lo vuoi, possiamo anche far finta che non sia successo.»
 

Non ha mai sollevato la testa. E anche adesso continua a guardare in basso, giocherella con i lembi della vestaglia, quasi si stesse annoiando per davvero. Sai che non è così e soprattutto sai quanto sia agitato in questo momento. Evita di guardarti perché teme di dedurre qualcosa di negativo, ha paura di cogliere sul tuo volto sentimenti di rifiuto e sai che non sopravvivrebbe a uno proprio adesso. Nonostante le parole comprensive nei confronti tuoi e di ciò che desideri, sei sicuro che un no, ora, lo distruggerebbe. Ma tu non badi a questo, perché la tua risposta in teoria gliel’avresti già data. Anche se non ha capito. E forse non capirà mai, a meno che tu non faccia un passo in avanti. E infatti lo fai. Uno, due e poi tre, sino anche non te lo ritrovi raggomitolato ai tuoi piedi. Che ti scruta appena da dietro quei ciuffi ricci che gli ricadono sulla fronte. Lui che sbatte le ciglia e si morde del labbra, incerto su cosa dire o fare. Ti osserva per un istante o due e poi abbassa di nuovo lo sguardo. Lui è sempre così veloce a capire le cose, ma stasera è strana e tu non sei pienamente convinto di quanto abbia effettivamente colto e quinti t’inginocchi. E non t’importa che tu ti senta un decrepito e che le ginocchia protestino per la durezza del pavimento. Lo devi fare.


«Sei deliziosamente lento stasera, Sherlock Holmes.» Forse basta questo o magari no. In effetti non te lo domandi nemmeno, anzi, poco dopo smetti del tutto di ragionare perché Sherlock finalmente ti guarda negli occhi. Li vedi sgranarsi, vedi le iridi vibrare appena e le labbra spalancarsi in un moto di sorpresa. Hai detto di sì, e lui finalmente l’ha capito.
«Tu hai…»
«Accettato di sposarti? Assolutamente sì, se la proposta è ancora valida naturalmente.»


Sherlock è un uomo impetuoso e passionale, è un lato di lui che hai scoperto soltanto dopo che vi siete messi insieme, ma che in effetti è stato davanti ai tuoi occhi per tutto il tempo. Tu eri semplicemente troppo ottuso per vederlo. Ma in effetti Sherlock è passionale in tutto ciò che fa, dal lavoro alle strane idee che gli vengono. Ce ne mette sempre un pochino. Ma quella per te, è stata inattesa e assolutamente gradita e tu la adori. E in parte ti stupisce ancora oggi. Nel bacio che ti dà subito dopo che ha capito, ce n’è tantissima. Sherlock ti afferra per la vita, ti spinge sul pavimento e poi affonda la lingua nella tua bocca. È un bacio feroce, carico di liberazione. È travolgente nella maniera in cui ti strappa via i vestiti di dosso e come inizia a fare l’amore con te. Non ha dolcezza. C’è una punta di premura e attenzione per le tue necessità in lui, ma più che altro i suoi gesti lasciano trasparire quasi esclusivamente furia. Una che non hai nessuna intenzione di spegnere, ma che al contrario alimenti lasciandoti andare a lui come con nessuno hai fatto. Gli permetti tutto, di toccarti, di prenderti, di cavalcarti, di sconvolgerti. Di ridurti in mille pezzi e poi ricomporti, pazientemente. Come se fossi un suo puzzle, un suo divertimento alla noia. Gli concedi tutto, anche pezzi della tua anima. Anche pezzi di te stesso che non hai mai dato a nessuno prima. Sì, vi sposerete. Come, quando… nella tua testa tutto è vago e niente è definito. Ne parlerete, lo direte a tutti, organizzerete, discuterete e alla fine vi sposerete. Succederà fra qualche mese e sarà fantastico. Questo, però, è un momento solo per voi e tu non pensi a tutte queste cose, ti lasci andare e basta. Fino anche non finisce e anche quando succede subito ricomincia. E tu se lì di nuovo a permettergli tutto, a concedergli tutto. Tutto quello che merita, sperando che basti.

 
 
 
*




Domenica, 25 aprile
 
 
 
[00.02]

Congratulazioni!


[00.19]

Come fai a saperlo, Graham?


[00.21]

Congratulazioni, fratello caro.
Auguro una vita felice a te e a John.


[00.24]

Ma fottiti!
E smettila di spiarci.
E soprattutto dì al tuo concubino che domani mattina lo voglio qui.
Alle otto.
C’è da lavorare.
 
 
[00.31]

Scusalo, Mycroft.
Grazie a te e a Greg.
Siamo molto fel…





Fine
 
 
 

Note: Avevo bisogno di staccare un pochino dall’altra storia che sto scrivendo e così tra ieri e oggi ho prodotto questa. Ringrazio chi ha seguito questa raccolta fino a qui e chi ha recensito.
La citazione proviene da Anima Fragile, di Vasco Rossi.
Koa
   
 
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