Anime & Manga > Shugo Chara!
Segui la storia  |       
Autore: kissenlove    10/06/2019    1 recensioni
– Devi lasciarla andare, Ikuto. Dalle la tua benedizione e permetti al suo corpo di abbandonare questo mondo. O non potrai andare avanti ed essere felice. –
– Vorrei ma non posso. - rispose il ragazzo, accovacciato sul pavimento.
La donna continuò: – Ricorda Ikuto, dopo un'estenuante fine, c'è sempre un grande inizio. –
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




 
Breathe Again 💔 



 
- Mamma, ti prego ascoltami. Sono stanca! -
Oltrepasso la sua figura ed entro nella stanza sbattendo la porta.
"Sono esausta", e lo sono davvero. Non ho più le forze per lottare e continuare questa vita, sento il respiro mancarmi ad ogni passo. E' da quando sono venuta al mondo che non faccio altro che chiedermi se quello che sto vivendo sarà l'ultimo, con la consapevolezza che non vivrò abbastanza per guardare un'altra alba sorgere. Passo la maggior parte del tempo da un ospedale all'altro come uno yo-yo, ascoltando svariate diagnosi, pareri diversi, un barlume di speranza distrutto da una sola verità...

Il 
mio cuore è malato. Mi è stata diagnosticata una grave malformazione, che a lungo andare sarebbe costantemente peggiorata, fino ad arrivare alla necessità di un trapianto, anche se potrebbe non esserci un riscontro positivo; se trovare un donatore è come cercare un ago in un pagliaio, trovarlo compatibile ancora peggio, specie con una lista d'attesa lunga come un treno. Fin da piccola, ero consapevole che qualcosa in me non funzionasse come si vede. All'inizio ero spaventata, scoprire che in qualsiasi momento sarei potuta morire, e che se fossi sopravvissuta mi sarei dovuta adattare, non fu facile da accettare. Ricordo che ogni sera avevo il terrore di addormentarmi per paura che non avrei più aperto gli occhi. Provavo in tutti i modi possibili a tenermi sveglia il più lungo possibile.

Guardavo alla finestra i bambini della mia età correre, saltare, divertirsi, e ne invidiavo la spensieratezza sentendomi fuori posto in quella cornice incantevole. Ho sempre evitato di legarmi a qualcuno, così non l'avrei fatto soffrire se un giorno fossi morta. Non volevo che nessuno soffrisse per colpa mia, specie le persone costrette a starmi vicino.

Era già difficile convivere con il pensiero di dover salutare i miei genitori, che si erano preclusi la possibilità di avere altri figli, dopo la scoperta della mia malattia, per cui avevano rinunciato ai loro progetti. Non c'era giorno che mia madre non piangesse disperata al mio capezzale implorandomi di perdonarla. Si sentiva fallita come madre, credeva fosse colpa sua questo "difetto", e ne morivo ogni volta che pronunciava quelle parole. Le abbiamo provate tutte, e nonostante i medici mi avessero assicurato che non sarei arrivata ai vent'anni, io sono ancora qui.

L'ultima speranza è sottopormi al trapianto. L'unico modo per sopravvivere un altro po'. Ho ventitrè anni, ma sono così stanca di lottare. 

Mia madre mi prende delicatamente per le spalle. - se tu credi che io mi arrenda, firmando la condanna a morte di mia figlia ti sbagli! Finchè c'è un briciolo di speranza che tu possa vivere, io non mi arrenderò, e non devi farlo neanche tu intesi?- Vederla con gli occhi lucidi e il labbro tremante mi stringe nella gola e sento un peso sullo stomaco. So che non accetterebbero mai, ma voglio farle capire che preferisco vivere quel che mi rimane, piuttosto che aggrapparmi alla speranza di trovare un cuore nuovo per il mio di latta. Io voglio vivere intensamente ogni momento come se fosse l'ultimo, scendere a compromessi con la malattia e correre il rischio. 

Mentre mia madre cerca di trattenermi lì, il dottore s'intromette nella discussione. - Amu... quello che intende dire tua madre è che finché c'è una minima speranza tu non devi arrenderti.

Sbuffo, incrociando le braccia al petto. - Tomoya sei un bravo medico e saresti un ottimo psicologo. Mi conosci da quando sono nata, si può dire. Ho sempre seguito le tue istruzioni, ho sempre fatto tutto il necessario per poter vivere, no? Ma vivere, per cosa? Cosa, Tomoya? Con la costante paura di morire... vivere rinunciando a tutto quello che di bello la vita ha da offrirti? Passare da un ospedale all'altro, come fossi una pallina da ping pong e allarmarsi anche per un semplice raffreddore? Vivere sentendoti dire che forse sarebbe stata l'ultima, vivere aggrappata a delle speranze, che rimarranno tali. E' questo quello che intendete dire? Questo state cercando di dirmi? Beh, Tomoya, mamma... vi ho sempre ascoltati, e posso dirvi che l'unico risultato è stato allungare i tempi, ma non di certo vivere...  - lascio scivolare le mani di mia madre lontano dal mio corpo. - Se adesso mi scusate vorrei stare un po' da sola. 

- No, piccola, sai che non puoi farlo. E' troppo pericoloso nelle tue condizioni... - lo interrompo subito. - Sono consapevole che non posso fare molte cose. Siete voi che non capite le mie scelte.-

Esco dalla stanza lasciando i due a lanciarsi sguardi d'intesa e mentre attraverso il corridoio noto da una porta semi-aperta una donna, seduta al capezzale di un'altra, che le stringe teneramente le mano. Credo che siamo coetanee, anche se non né sono sicura. Così bella, anche se intrappolata in uno stato di trance, da cui difficilmente potrebbe uscire.
Rimango ferma ad osservarla. Forse anche lei, come me, preferirebbe trovarsi in un altro posto, piuttosto che in un letto d'ospedale. Vorrebbe vivere la propria vita normalmente, ma non può perché è immobile, senza possibilità di reagire, mentre io egoisticamente posso farlo eccome, ma non trovo il bisogno per provarci. 

La osservo con più attenzione, provando pena per una ragazza che, molto probabilmente, non ha avuto il tempo di capire cosa le stesse succedendo in quelle dinamiche. Starà soffrendo in quel limbo? O sta semplicemente dormendo profondamente come molti pazienti nel suo caso? In un certo senso, siamo più simili di quel che pensiamo. Per qualche assurdo scherzo del destino lei è bloccata in quel letto, come una bambola di porcellana in una cristalleria, come lo sono anch'io.

Quella ragazza, non so chi sia, nè come... ma ritrova uno strano eco nel mio corpo e nei miei pensieri.

Provo pena per lei. E pensare che fino a qualche ora fa lei era ancora in questo mondo, mentre adesso sembra solo un ricordo sbiadito nella mente di quella donna, che continua ad accarezzarla amorevolmente e a stringerle le dita per farle sentire la sua presenza. Guardo la macchina che segna i parametri vitali, sono stabili. Smetto di origliare, e prima che la donna se ne accorga decido di proseguire verso l'uscita, ma non appena sto muovendo qualche passo, una voce dietro le spalle mi blocca. 

-Ciao... - 

-Ehm, salve... mi scusi non avevo intenzione di origliare... - spiego, immobilizzata alla soglia della porta. - Oh, non ti preoccupare. Conoscevi mia nipote?- chiede, con tono pacato e cordiale spostando una ciocca di capelli dalla guancia. 

- Veramente ho visto la porta semi-aperta e mi sono fermata. Mi scuso ancora per essere stata inconveniente- divento rossa per la vergogna, ma la donna non sembra prendersela tanto.

- Non ti preoccupare cara. Io sono Hisa e quella che vedi nel letto è mia nipote... -

- Il piacere è mio. Sono Amu Hinamori. E' da molto che sua nipote... è in quello condizioni?

-Sono due settimane ormai. E tu cosa ci fai da queste parti? Sei qui per far visita a un parente ricoverato qui?-

Vorrei poterle confessare che la mia non è una visita di cortesia.

Lasciamo che la giovane riposi tranquilla e ci spostiamo nella sala d'attesa, dove lei mi racconta cosa sia successo a sua nipote durante l'incidente, e io, a mia volta, gli racconto della mia "vita". Sembra una brava persona, e anche sua nipote doveva esserlo, anche se non ho avuto la possibilità di parlarci, quando era in grado di farlo. Mi chiedo perché il destino si sia dovuto accanire su una povera ragazza, che si era trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato, perché sia così crudele da negare a quella ragazza di essere felice. Mi sento egoista per aver pensato che il lusso di morire fosse solo mio, quando lei era già stata clinicamente dichiarata morte.

- Mi dispiace tanto per te, cara. Sei così giovane e soffri già tanto... - 

- Non si preoccupi. Ormai è un abitudine, è da tempo che l'ho accettato.

- Sei una ragazza molto coraggiosa - 

Io, coraggiosa? Credo che chi ho abbandonato nella sala di degenza non sia dello stesso parere...

Dopo aver chiacchierato un altro po' la saluto promettendole che sarei tornata l'indomani per farle sentire la mia vicinanza. Esco dall'ospedale sempre più convinta di voler salire sul ring. Non voglio perdermi niente

E se devo morire lo farò in modo dignitoso, dopo che avrò fatto tutte le esperienze possibili, anche se questo dovesse far male al mio cuore. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Shugo Chara! / Vai alla pagina dell'autore: kissenlove