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Autore: Department of Illusion    10/06/2019    0 recensioni
Sei brevi capitoli su qualcuno che pensava di morire e invece gli succede qualcosa di appena migliore.
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“Ti prego, ti prego, apri” aveva sentito ancora prima dello scatto della maniglia, la voce affannata e rotta dalla corsa, e poi aveva visto il ragazzo, voltarsi frenetico a guardare la strada.
“Per favore, cazzo, quelli mi ammazzano, ti prego” aveva detto facendosi più vicino, talmente veloce che le parole si erano accavallate l’una sull'altra in un bisbiglio disperato.
Claude si era fatto indietro e l’altro non aveva esitato un momento, neanche nella sorpresa di quella strana concessione senza domande, si era infilato nella casa spingendolo di lato, si era sbattuto la porta alle spalle e si era accasciato per terra.
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Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                               T U   E S



La seconda volta che bussa sono tre rintocchi così rapidi e leggeri che Claude non pensa neanche per un momento che possa essere la stessa persona di due settimane prima. Spalanca la porta senza alcun sospetto e prima di capire riconosce la giacca verde e rossa, i due colori così sbiaditi da sembrare della stessa sfumatura.
Alex lo guarda, senza paura negli occhi e gli sembra una persona diversa. Sembra qualcuno a cui è impossibile accostare una debolezza, qualcuno che non può essere scosso, in grado di essere cattivo quando ce n’è bisogno.
Claude cerca di non guardarsi intorno, di non superarlo con lo sguardo per controllare i bordi della strada, ma Alex sente comunque la preoccupazione sottile e sorride.
“Sono da solo.”
“Li hai uccisi tutti?”
E doveva suonare come una battuta, legata al suo nuovo atteggiamento spigliato e sicuro, ma suona come una semplice domanda e Claude se ne pente non appena sente le sue parole nell’aria.
Alex sorride di nuovo e ignora la pesantezza della frase. Alza solo le spalle.
“Sembra che io non gli interessi più. Almeno per ora.”
Claude annuisce appena e pensa a come l’avere di fronte a sé la possibilità della propria morte cambi drasticamente una persona. Si chiede se la renda più autentica, simile a se stessa, o se la paura, l’improvviso sgomento della propria fine, non annulli completamente la personalità di ognuno, rendendoci tutti un unico terrore, un universale aggrapparsi, un identico non voler morire.
“Volevo solo ringraziarti.”
“Sono contento che tu sia vivo.”
Anche se non lo conosce. Anche se non è questa la persona a cui ha salvato la vita.
“Volevo portarti qualcosa, ma non mi è venuto in mente niente.”
“Non c’è bisogno. Non ho fatto nulla.”
Restano in silenzio fino a quando Claude non si sposta appena.
“Vuoi entrare?”
“No tranquillo, stavo andando via.”
“Va bene.”
“Sei da solo?”
“Sì.”
Alex annuisce e non si muove. Claude si fa da parte e Alex entra.
Cammina sul tappeto stretto e lungo che copre le mattonelle chiare di tutto il corridoio, guarda le giacche appese alla parete e si ricorda di esserci stato seduto di fronte. Se le ricorda esattamente nella stessa posizione, come se nessuno le avesse toccate da allora.
“Vieni.”
Claude gli fa strada in una stanza grande e quadrata, gli indica il divano arancione di fronte al tavolino di vetro e Alex si siede. Le finestre sono piene di piante. La luce di mezzogiorno è riflessa dall’intonaco chiaro palazzo di fronte ed entra più leggera, come se fosse più tardi.
“Hai pranzato?”
“Sì.”
Claude sparisce per qualche istante e torna con una bottiglia d’acqua e una busta di patatine, la svuota in una grande ciotola di plastica viola e la mette in mezzo al divano. Si siede dall’altro lato. Accavalla le gambe sul tavolino e prende il telecomando, la tv si accende e sembra in pausa su un branco di pesci immobili, che di colpo ricominciano a muoversi, minuscoli e veloci, in una massa di colore uniforme.
    Alex guarda l’oceano nello schermo, sente la calma della stanza e Claude che beve dalla bottiglia, e pensa all’ultimo divano su cui è stato seduto, di pelle scura, secca, il tavolo basso ai suoi piedi pieno di soldi bagnati di birra.
    Claude lo sta guardando. Alex sente di dover dire qualcosa, non sa cosa, allora distoglie lo sguardo e ricomincia a guardare i pesci. Ascolta la voce del presentatore che parla della barriera corallina australiana, di come ha rischiato di sparire cinque volte a causa dei cambiamenti climatici e Alex pensa che cinque volte è un sacco, neanche lui riuscirebbe a salvarsi cinque volte. La voce profonda e impostata si mischia ai suoni della strada, ai clacson e ai campanelli di bicicletta, ai suoni della periferia, familiari e vicini, di madri che gridano e gente che ha cominciato a litigare alle otto di mattina. Gente che vive lì da sempre. Come se il resto del mondo non esistesse, o fosse qualcosa di troppo lontano da immaginare.
“Mi sembra di averti visto da qualche parte” dice Alex guardando il divano che li divide.
“Lavoro al supermercato. Quello accanto alla stazione.”
“Little Market?”
“No, non Little Market, quello di fronte.”
“Ah. Da quanto?”
“Saranno due anni.”
“Allora ti ho visto di sicuro.”
“Può darsi.”
Mangiano le patatine in silenzio e Alex si rende conto di non aver voglia di fumare. Beve anche lui dalla bottiglia e Claude fa una battuta su un pesce che sembra Frank Sinatra. Alex ingoia l’acqua appena in tempo per ridere senza sputarla sul tavolino.
    Claude sorride e Alex pensa al fatto che l’altro non gli ha ancora chiesto niente di quella sera, e non capisce se è per tatto o per paura, e ogni logica gli dice per paura, ma ha sempre di più l’impressione che sia delicatezza, un silenzio buono, quasi femminile, che lo assolve fino a che sarà all’interno di questa casa.

    Il telefono squilla e Claude si alza per rispondere. Il documentario è cambiato e i suoni della strada si sono spenti quasi del tutto. Alex controlla l’ora e si alza quando sente dall’altra stanza uno “stavo per chiamarti io”. Mentre si infila la giacca si chiede se c’è qualcuno nella sua vita a cui potrebbe dire la stessa cosa.
    Si affaccia alla porta della cucina e fa un gesto di saluto al ragazzo, che copre la cornetta con la mano e lo guarda.
“Te ne vai?”
“Sì, scusa, devo andare.”
“Va bene.”
“Grazie. Per tutto.”
“Quando vuoi.”

    Chiusa la porta dietro di lui, pensa al fatto che Claude gli ricorda qualcuno che conosceva, qualcuno di completamente diverso, ma pieno di un’accoglienza simile, inaspettata e senza giudizi. Qualcuno che aveva spinto via molto tempo fa senza spiegazioni. Qualcuno con cui avrebbe voluto scusarsi.
    Nello stesso momento, Claude pensa al fatto che Alex non gli ricorda nessuno. Al fatto che quasi tutti ci ricordano qualcuno che conosciamo, eppure non riesce a legare Alex a nulla di ciò che conosce. Si chiede se voglia dire qualcosa, qualcosa di buono o qualcosa che dovrebbe preoccuparlo. Non lo sa. Sa che non è preoccupato, e che Dana è molto più gentile al telefono che di persona, che domani dovrà ricordarsi di non trattarla male perché coprire il turno di un collega di lunedì con due ore di preavviso è una cosa che farebbe solo una persona con un cuore immensamente buono.

  
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