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Autore: serenaceriotti    10/06/2019    0 recensioni
"Chi ha creato il mondo? Come ha fatto?" Qual è il mio scopo?Cosa sono la vita e la morte? ".
Queste sono le principali domande che da anni stimolano, istigano, la curiosità e l'irrequietezza umana spingendolo inevitabilmente nel profondo, tetro ed intrigante, vortice del mistero primordiale.
Solo Gorän, sommo sacerdote del Templium del Regno dei Visti, sembra avere le giuste risposte.
Lui dono degli dei, colui che tutto vede e sa, poeta, filosofo,artista, chiamato comunemente Destino si ritroverà a destreggiarsi nei 4 continenti, ritrovandosi,impotente, in complicate vicende:morte,guerre, rinascite, intricati amori, fede e molto altro.
Qui capirà che i coraggiosi possono sfuggire dalle sue intricate e prescritte fila,che gli ambiziosi osano sfidare gli Dei per superarli, che i ribelli, come il Principe Riven, possono diventare re, che gli incompresi, come Balthazar e Soraya, possono trovare il proprio posto nel mondo, che l'amore e l'odio spesso sono la stessa faccia della medaglia, come ben sanno Zelidia e Nerissa, ma sopratutto quanto può essere negativa una fede e distruttivo un ideale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La terra dei Grandi Laghi era sicuramente uno dei luoghi più intriganti del Continente Freddo del remoto Nord anche se poche persone si avventuravano in quel luogo antico:eremiti,vedove e vecchi, dandogli un'aria estremamente solitaria. L'immensa distesa di sabbia bianca, interrotta dai vari laghi ghiacciati, era però, per lui, ciò che di più sublime vi era in questo mondo:la perfezione ed il terrore, la meraviglia e la malinconia. Un luogo così surrreale da sembrar essere uscito da un mistico e fantasioso sogno. Gorän avrebbe voluto ardentemente fermarsi, stendere il proprio mantello, che nonostante il colore neutro sembrava rovinare lo studio cromatico del paesaggio così pittoresco, sdraiarsi ed ascoltare i sussurri del vento, ritmici, calmi, misteriosi ed armoniosi. Li sentiva giá pronti a raccontargli le più avvincenti delle storie:antiche leggende, grandi eroi, battaglie passate, ma sopratutto segreti, erano proprio quelli a solleticare la sua curiosità, così arzilla e bambinesca,in contrasto con il suo docile e vecchio aspetto. Così disteso, avrebbe osservato il cielo di un'interessante color lillá con delicate sfumature celesti, che ricopriva, come un velo, la distesa sabbiosa che sollevata dalla brezza, gli dedicava un'elegante danza proprio in corrispondenza dei vitrei e luminosi specchi di ghiaccio. Distolse lo sguardo ancora stregato da quello spettacolo cercando di reprimere gli ardenti desideri che lo spingevano alla meditazione per  lasciarsi guidare verso la parte più intima di sé, conosciuta solo dagli animi più profondi, sensibili, coraggiosi e forse illusi. Si ricordó, infatti, il motivo di quel viaggio, durato giorni, ed il suo egoismo si spense in un batter d'occhio facendolo vorticare in uno stato di profonda irrequietezza, si augurava, infondata. Questo, come per svegliarsi da un sogno, prese a spronare con decisione il suo perlato destriero spezzando il suo trotto lento, controllato e calmo. Il cavallo, dal canto suo, sembrava non vedesse l'ora di portare il caos e di rovinare la poetica quiete del luogo fiabesco, imprimendo potenti zoccolate che sollevarono, con irruenza, una gran quantità di sabbia che andò ad interrompere i vari aggraziati balletti, formandone, se possibile, di ancora più belli, con elaborati giochi pirotecnici resi anche dal vento contrario. Immagini della sua visione si insinuarono prepotentemente nella sua mente, tra queste in particolare aveva distinto chiaramente le suppliche ed il  volto di Cattleya o "la strega della primavera", come in molti la soprannominavano. Questo sia per la sgargiante e primaverile vivacità della sua terra natia:l'Altopiano del Sole, che già intravedeva oltre il Grande Lago Blu, l'unico dei laghi a non essere ghiacciato, in corrispondenza del quale il paesaggio cambiava gradualmente da una sponda all'altra. La fine sabbia bianca veniva, infatti, brutalmente sotterrata dalla più grande distesa erbosa del continente, l'unica a rompere l'innaturare e gelido pallore del Nord, vantando con orgoglio i propri colori accesi. L'Altopiano presentava, infatti, innumerevoli e particolari fiori, laghi pieni di vita che riflettevano i vanitosi e robusti alberi dalla chioma curata e ricca ed un intenso cielo color turchese che copriva il tenue ed impotente lillà, incorniciando la lucente e dorata pietra ambrata del sole egocentrico. Ma la donna veniva chiamata così anche per la sua bellezza capace di stregare chiunque solo al suo passare. Questa era in grado, infatti, risvegliare con un solo sorriso anche il più freddo  dei nordici scacciando con abile maestria anche il rigido inverno che li accompagnava, di toccare ed accendere l'animo focoso ed indomito degli uomini del sud, di intrappolare quello sfuggente degli uomini dell'est e di illuminare quello uggioso e secco degli uomini dell'ovest. Anche lui era rimasto incantato quando, molti anni prima, l'aveva conosciuta, non tanto dall'aspetto esteriore, ma dalle mille parole non dette, dai cento viaggi compiuti nascosti segretamente dietro ad i suoi apparentemente limpidi occhi celesti. I due erano diventati, con il tempo, stretti confidenti vagando insieme nelle pacifiche terre. Gorän quasi stentava a ricordare quei tempi, sereni e quieti distrutti improvvisamente da quella ben più nitida notizia che aveva gradualmente rovinato tutto, come una tempesta in un campo di grano, una bufera estiva. Suo padre Jago, il lord più ricco dell'Altopiano, l'aveva data in sposa a colui che sia per carattere che per fisico, poteva essere definito come la più perfetta ed odiata nemesi della donna: l'erede al trono del "Deserto delle Ombre", nella parte più esterna del Nord, il principe Lumbar. Il suo volto squadrato ed i suoi occhi felini e smeraldini erano rimasti ancora ben impressi nella memoria del vecchio, quasi come se lo stessero ancora fissando diffidenti e sospettosi, così come la sua statura imponente sembrava ancora una volta farlo soccombere, schiacciarlo, mentre questo lo guardava fiero e sprezzante dall'alto. Gorän era lì durante le feroci e giustificate litigate con il padre, durante le sue inutili minacce ed urli ma sopratutto lui era lì quando Catt aveva deciso di scappare in un luogo lontano:La Steppa Bianca, nel continente a Ovest,raggiungendo l'uomo che aveva sempre amato guidata solo dalla sua celata indole ribelle e dall'ampiezza di quel ruggito che aveva, troppo spesso in quegli anni, represso. Gorän per un momento l'aveva vista farcela: impugnare la libertà con entrambe le mani stringendola così forte da farsi venire le nocche bianche,con una potenza, una forza una volontà da togliere il fiato. Ma alla fine era stato tutto inutile: il destino, come lui ben sapeva, aveva altri programmi ben più sadici e dolorosi di quanto, però, si fosse aspettato. Jago infatti, era morto, portando con sé anche i suoi averi e denari che, nei tre anni di assenza della figlia, nella disperazione, aveva sperperato aumentando una serie di debiti che ora sarebbero ricaduti su un popolo di, per lo più, modesti contadini. Veloce com'era volata la notizia Catt era tornata, troppo innamorata della sua gente e della sua patria per restare indifferente: sapeva infatti che il matrimonio con l'uomo più ricco e potente del Nord sarebbe stata l'unica soluzione a tutti quei problemi. Una più gioiosa notizia accompagnò il già tanto atteso ritorno della fanciulla, questa era infatti incinta. Pochi mesi prima del matrimonio, infatti, questa diede alla luce, nella totale segretezza coperta  dai fedeli lord dell'Altopiano, un bellissimo, robusto e pimpante bambino:Balthazar,il quale venne lasciato alle premurose cure degli uomini di quella terra. Catt fu costretta poi a trasferirsi nel  Castello dal Doppio Volto, roccaforte situata esattamente nel mezzo tra l'Altopiano ed il Deserto, un luogo bizzarro sede di continui  giochi di luci ed ombre. Questa si trovava in una situazione strategica, sopratutto per la regina, la quale poteva crescere, sotto lo sguardo indifferente ed inconsapevole del marito, il proprio figlio. Passò quasi un anno e poi un altro urlo squarció la tranquillità di quelle terre. Gioia e disperazione accompagnarono la nascita della futura erede al trono:Soraya. Cattleya era infatti morta per darla alla luce, giorni di lutto, serio risentimento e severi pregiudizi seguirono la neonata finché il volto di questa non venne rivelato: così perfetto, etereo ed armonioso da rischiarare con semplicità le tenebre che avevano strappato con innatuarele freddezza il suo più raro e splendente fiore, forgiandone però uno ancor più bello, mai visto e speciale. Gorän era rimasto esattamente sette anni in compagnia dei due misteriosi ed interessanti fanciulli, tenendo fede ad un'antica promessa fatta a Cattleya:fare crescere insieme i due bambini e seguirli finché gli fosse stato possibile. Il suo compito si era rivelato più semplice del previsto :Lumbar, il quale non si era minimamente interessato alla morte della moglie, era infatti ancor meno interessato alla nascita della figlia vista solo come un'utile strumento per un fruttuoso matrimonio, passó imvece diversi anni in solitudine difronte ad una moltitudine di tomi ignoti che contribuirono però a nutrire la sua arroganza, la sua megalomania e la sua violenza facendolo diventare sempre più ambizioso, avaro ed instancabilmente ingordo. Gorän per destarsi da quei pensieri passati riportó gli occhi scuri sul sentiero poco definito tra le cime sabbiose:era quasi arrivato, ormai mancava poco. Abbassó lo sguardo sulle redini, era così stanco, avrebbe solo voluto dormire dopo tutti quei giorni di viaggio, ma sapeva che quello non era possibile. Improvvisamente il suo sguardo ormai spento e dormiente si illuminó alla vista del medaglione che portava al collo, sfuggito dalla folta e curata barba bianca. Questo era l'unione di due pietre preziose:un opale bianco, candido e perlato,una gemma così pura e sincera unità però ad un opale nero con mille riflessi e colori che la rendevano affascinante e tenebrosa. Un sorriso spento gli solcó il viso stanco e rugoso:quelle pietre erano quelle che aveva rispettivamente regalato a Balthazar ed a Soraya, così diversi eppure così complimentarmi,il loro fato gli era stranamente imperscrutabile, si domandó cosa ne sarebbe stato dei bambini che aveva conosciuto? se mai li avesse rincontrati  infatti i due avrebbero avuto undici e dodicianni, sarebbero rimasti gli stessi? sarebbero rimasti uniti come nei suoi sogni? Avrebbe voluto trascorrere più tempo con loro ma era stato costretto per la propria sopravvivenza a tornare al Regno dei Visti, insieme agli altri Eterni. Lui non era infatti che un messaggero degli dei, era i loro occhi ed orecchie ma sopratutto guidava le persone verso il proprio destino, per questo motivo era l'unico Eterno a poter uscire per un totale di 10 anni da quelle sacre terre, per poi tornare e cadere nel 'Sonno Eterno', che durava 5 anni, nel grande Templum che gli permetteva di conoscere passato, presente e futuro delle persone intorno a lui e di conoscere i più reconditi segreti di tutti i continenti. Era proprio durante il suo sonno che aveva visto Cattleya,bella ed eterea come sempre ma questa volta il suo viso era solcato dall'apprensione e dalla disperazione, gli aveva detto che qualcosa di terribile sarebbe accaduto nell'Altopiano durante il 'Solstizio degli Dei' , morte, distruzione e dolore queste tre parole vennero sputate dalle sue tremante labbra come bestemmie. Spesso ciò che vedeva non era reale ed erano solo sogni, ma quello che aveva visto lo aveva sconvolto al punto da invitarlo a partire immediatamente nonostante l'ostilità del viaggio. Improvvisamente un vento diverso dalla dolce brezza gli penetró con violenza nelle narici attraversandogli i visceri ed inquinandogli i polmoni. Il suo destriero prese a correre con più forza, sempre più veloce cercando di stare al passo con i tormentosi e tenebrosi pensieri dell'anziano. Avanzando il vento diventava sempre più prepotente, freddo e duro come il più severo degli schiaffi;ormai era nei pressi del Grande Lago Blu ma come aveva temuto non lo accolse un sereno cielo azzurro chiaro al di lá della sponda e non v'era più traccia del sentiero delle Betulle Danzanti che accompagnavano sempre il suo ingresso nell'Altopiano. Rimase per un momento immobile, attonito, soffermandosi a studiare gli scuri nuvoloni che a stento trattenevano le loro lacrime, la scura fuliggine e l'ancora vivo fuoco che avevano preso il posto della  più  verde e vasta distesa erbosa del Continente Freddo. La piante morenti giacevano inermi sul terreno, i laghi, solitamente pieni di vita erano ora pozzi senza fondo pieni di cadaveri. Ormai era troppo tardi, aveva fallito, la sua visione era esatta:milioni di innocenti erano stati bruciati, uccisi e buttati come legna nel camino, morti senza tomba, spiriti irrequieti e vagabondi. Il suo pensiero tornó a Cattleya ed alla delusione che le aveva provocato, ma sopratutto ai suoi bambini, che n'era di Balthazar e di Soraya? erano morti anche loro? Scese da cavallo cadendo per terra, le sue sottili e deboli gambe non riuscivano a reggere il peso del suo dolore, della sua frustrazione e del senso di colpa, copiose lacrime gli solcarono il volto simulando il percorso di un fiumicciatolo in una terra arida, un rigolo confuso, smarrito proprio come si sentiva lui. Sussurri gli violarono le orecchie, gli raccontavano storie di guerra, di morte, di fantasmi non era un vento normale quello, era un vento di ceneri. Eppure sentì qualcosa, qualcuno, era forse possibile, o stava solo impazzendo?
   
 
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