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Autore: Mari Lace    13/06/2019    5 recensioni
[735 parole]
Lei ti saluta di sfuggita, rientrando subito (...).
È normale, lo è perfettamente.
Non per questo fa meno male.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Riflessioni su un'amicizia spezzata'
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Amaro distacco

 

Esci dalla metro, nel quartiere che per anni hai considerato casa.

Ti avvicini al semaforo, dove una ragazza attende il verde. Quei capelli… può essere lei? Sono mesi che non la vedi. Non che faccia differenza.

Pensi che no, tutto sommato non ti sembra lei, sarà qualcun altro. La raggiungi, ti volti – è lei davvero. Ti sorride e vi salutate.

Come altre volte è già successo, parlate, parlate come se nonostante tutto foste amiche che si rivedono dopo un po’ e hanno un mondo da raccontarsi. Parlate, scherzate, stai bene.

Si ferma con te mentre aspetti il bus, nonostante casa sua sia a due minuti a piedi. Sei così presa dalla conversazione che il primo lo lasci passare. A casa non ti aspettano, quel che conta adesso è solo continuare a parlare.

Quando finalmente vi separate, pensi che è stato bello. Pensi anche che non la rivedrai per qualche altro mese, probabilmente, e sai che è giusto così.

Quel che non sai è che ti scriverà il giorno dopo, per il compleanno di un’amica. Vuole farle una sorpresa, andando a trovarla con te e il ragazzo della festeggiata.

Strano, pensi, risentirla così presto. Strano ma forse non così tanto, visto il motivo.

Devi studiare, ma accetti comunque. Lo studio lo puoi riorganizzare, fare una sorpresa a Lea non ti ucciderà.

Il compleanno arriva, salite in macchina con il ragazzo di Lea. Lei davanti, tu dietro.

“Avevo pensato di andare da solo, ma so che la cosa che più la farà felice sarà vedervi insieme. C’è sempre rimasta molto male quando avete discusso.”

Non abbiamo discusso.

“Così da un momento all’altro poi, siete sempre andate d’amore e d’accordo e all’improvviso…”

Pugnalate, una dietro l’altra.

Sensi di colpa sopiti ma mai del tutto dimenticati riemergono in te, ti senti male. Vorresti dire qualcosa, protestare, ma non lo fai. La senti vagamente chiedere “Noi due?”, perché in effetti la formulazione era un po’ dubbia.

Ma il senso per te è chiarissimo.

Nessuna di voi commenta davvero, la conversazione passa avanti. Mettete della musica. Cerchi di rilassarti, ma il senso d’oppressione resta lì a due passi.

Infine arrivate da Lea. Non se lo aspettava davvero, la trovate in pigiama. È contentissima, si commuove.

“Visto amore, te le ho portate.”

“Già, che ci fate insieme voi due?”

Di nuovo, senti salire la voglia di protestare, di far notare che non è che negli ultimi due anni incontrandovi prendeste a correre ognuna in senso opposto. Vi siete allontanate, è vero, vi siete allontanate così tanto, ma scambiare due parole o condividere la stessa stanza non è stato un problema negli ultimi tre anni. Non per lei, almeno, non credi.

Di nuovo, però, stai zitta. Cosa c’è da dire? Non è il momento di aprire una polemica, e non siete soli, ci sono anche i suoi genitori. In più lei non dice nulla.

Ti lasci scivolare anche quest’allusione, senz’altro non voluta, ma in qualche modo ancor dolorosa.

Lea e il suo ragazzo sono fin troppo sinceri.

Ingolli, tenti un sorriso e segui il flusso. Lea si cambia, così potete andare avanti con il programma. Pic-nic!

Passate, tutto sommato, un buon pomeriggio.

Lea è veramente felice e si vede, la vostra visita le ha fatto davvero piacere. Ne sei contenta.

Lo sei, ma non riesci comunque a combattere una sensazione di disagio. Tutto il tempo che passate a casa sua tutto ciò che avverti è distacco, ti sembra di essere terribilmente fuori posto. A disagio.

Che ci fai lì? Con il suo ragazzo e la sua migliore amica? Lea include anche te in quest’ultimo titolo, ma tu non ti senti affatto così. A confronto sei un’estranea con cui scambiare un saluto.

Fuori posto, fuori posto, fuori posto, ripete una voce nella tua testa. L’ignori e speri che non trapeli nulla di tutto ciò, ti impegni.

Al momento di separarvi, Lea ti abbraccia. Lei ti saluta di sfuggita, rientrando subito in macchina.

È normale, lo è perfettamente.

Non per questo fa meno male.

Perché ti illudi ogni singola volta? Come riesci a sperare qualcosa che sai benissimo non avverrà?

Non hai mai imparato a curare un legame spezzato.

Credevi di averlo accettato.

 

La sera nel letto, ciò che ti fa più male non sono gli avvenimenti della giornata.

È il non riuscire a piangere, a lasciare che tutto scorra catarticamente fuori di te.

Sarebbe meglio, lo sai. Ma non riesci.

Quel maledetto distacco.

 

  
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