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Autore: _aivy_demi_    14/06/2019    51 recensioni
Una ragazza sbadata, disordinata e senza alcun pelo sulla lingua.
Un ragazzo famoso, allontanatosi dalla propria città in cerca di qualcosa.
Si incontrano, si detestano fin da subito.
Una simpatica commedia romantica het piena di malintesi, incontri fortuiti (e non), umorismo e una punta di ironia che non guasta mai.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Singing

is the answer


7- How can you forget those eyes?


Era passato qualche minuto ma la situazione non era cambiata: Raon se ne stava silenziosa a mordicchiare distrattamente il dolce che aveva recuperato una mezz'ora buona prima. Voleva scusarsi anticipatamente con Åsli per essersi presentata inaspettatamente a casa sua a quell'ora. Aveva passeggiato per qualche tempo cercando di levarsi dalla testa l'idea legata al ritorno della madre il giorno dopo; non solo la notizia non le aveva donato il buonumore sperato, anzi, detestava il solo pensiero di rivederla. Sarebbe sparita piuttosto.
«Dai, spara. Cosa è successo?»
La ragazza non si sentiva a proprio agio all'idea di buttare fuori tutto ciò che si teneva dentro, ma si sentiva logorare dalla rabbia, percepiva le fibre del proprio corpo tendersi e rilasciare energia negativa, senza darle la possibilità di deviare l'attenzione su qualsiasi altro argomento.
Passata in precedenza davanti alla solita pasticceria, s'era ricordata di quanto il giovane avesse apprezzato quelle paste, e d'improvviso si illuminò: probabilmente distrarsi sarebbe stata la soluzione migliore, indipendentemente dalla compagnia. Perché non provare, s'era detta, e senza rendersene conto i passi uno dopo l'altro l'avevano direzionata verso la vecchia abitazione della cara nonnina. S'era arrestata dubbiosa un paio di minuti davanti alla porta, sacchetto dal profumo delizioso alla mano, l'indecisione che le stava bloccando ogni movimento. Chissà per quale motivo le sembrava così difficile presentarsi in casa sua.
«Ehi, tutto bene?»
Gli occhi ancora umidi e arrossati erano di così facile lettura: Åsli si rese conto che era incredibilmente semplice riuscire a leggerle dentro in quel momento, ma non osava insistere sul motivo per cui lei si trovava lì.
«Mi spiace vederti così. Vuoi qualcosa? Che so, un tè, un caffè.»
Lei sospirò visibilmente optando per un semplice infuso.
«Così potremo inaugurare quello che hai comprato oggi, no?»
L'acqua bollente borbottava rumorosamente, e più i minuti avanzavano meno il ragazzo capiva quella situazione surreale: Raon silenziosa, mogia, incapace di intrattenere attivamente una conversazione. A un certo punto s'era chiesto se quella
non fosse la gemella opposta di chi stava imparando a conoscere giorno per giorno. Mentre sorseggiava con delicatezza la bevanda aromatica si chiedeva una volta di più cosa fosse accaduto, senza riuscire ad arrivarci; il flusso dei sui pensieri venne improvvisamente interrotto da una voce bassa, cupa, ombra di quello squillante turbinio di imprecazioni che solitamente lei non era in grado di gestire o trattenere.
«Sai, quando sono arrivata qui mi sono chiesta se ne valesse davvero la pena. Sono rimasta ferma davanti alla tua porta come una scema, ad aspettare chissà cosa. Mi sono chiesta da chi altro sarei potuta andare. Ho un fratello ma non sono in grado di affrontare una simile faccenda con lui, semplicemente perché è in pieno disaccordo con quello che penso. Piuttosto che litigarci sono uscita immediatamente, senza rifletterci. Gira e rigira, mi sono ritrovata qui.»
«Strano, vero? Da come ci siamo incontrati la prima volta, non mi sarei aspettato tale considerazione.» Åsli si bloccò un attimo scontrandosi con l'aria contrariata di Raon; «no, non è per offenderti, anzi. Mi ha fatto piacere sapere che tu abbia scelto me per poter trovare un po' di serenità.»
Quella frase vorticò pericolosamente più e più volte nella testa della ragazza; cercò di ricacciare indietro lo stupore che tali parole le stavano scatenando. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Sicuramente una simile affermazione era stata detta con leggerezza, nel tentativo di tranquillizzarla, era solo lei che ci stava vedendo chissà cosa. Chinò il capo nascondendo il volto tra le braccia incrociate nel tentativo di mascherare il rossore che stava avvertendo pervaderle le guance.
Una mano gentile, questo sentì un attimo dopo.
Un tocco delicato le stava accarezzando i capelli con movimento lento ed ipnotico.
Si sentì andare completamente a fuoco una seconda volta ed affondò ancor di più.
«È tutto ok, non devi preoccuparti. Qualsiasi cosa sia, vedrai che passerà. Anche se non vuoi parlare fa nulla, non voglio costringerti ad aprirti per forza.»
Gentilezza: mai avrebbe pensato di incontrare questa emozione in lui. La stava trattando con tatto, che nulla aveva a che fare con i precedenti battibecchi, con i botta e risposta tanto acidi quanto divertenti. Che stesse finalmente dimostrando un lato più umano, al di là del cinismo e degli scontri continui?
Si accucciò sul divano sfiancata dal malumore, assopendosi e riprendendosi poco dopo con la testa ciondolante. «Scusami, non credo di essere proprio di buona compagnia stasera.»
«Fa niente, se sei stanca riposa pure un po', in fondo non è poi così tardi.»
Raon poggiò la testa sullo schienale del sofà stringendo tra le mani uno dei morbidi cuscini comprati quello stesso pomeriggio. Si tranquillizzò e le palpebre lentamente scesero.


Åsli accese la televisione mantenendo basso il volume: si sintonizzò ad uno dei canali di distribuzione anime in lingua originale, seguendo distrattamente i sottotitoli. Per quanto fosse un interessante titolo di vecchia data non riusciva a
dedicare il giusto interesse; qualcosa lo distraeva costantemente, levando l'attenzione da qualsiasi cosa decidesse di fare. Optò per un giro rapido sul proprio canale YT constatando quanto fosse in ritardo con la pubblicazione del nuovo video di cover sulle opening di anime giapponesi: molti dei messaggi ricevuti erano visibilmente pieni di preoccupazioni. Chi chiedeva come mai un ritardo simile, chi non si capacitava di tale mancanza di rispetto per tutti i followers – mancanza di cui Åsli non si sentiva responsabile – e chi scriveva concitato frasi di sostegno. Non riusciva ancora a credere che certe persone potessero sentirsi così coinvolte da pubblicare tali pensieri, nonostante gli anni passati ad esternarsi a milioni di profili in tutto il mondo. Si irritò alla lettura di certe voci di corridoio che si stavano diffondendo a macchia d'olio sulla sua pagina ufficiale: ognuna di queste faceva riferimento ad Erik e Kisha. Possibile che i fatti personali venissero travisati e portati alle bocche di tutti quegli affamati di informazioni pronti a mangiarsi viva la sua reputazione? Tutto quello che riguardava lui e suo fratello minore non sarebbe dovuto mai finire sul Web, eppure la fantasia stava assumendo tali e tante forme da rischiare di coinvolgere chiunque.
“Razza di creduloni. Se fossero capaci di farsi i cazzi propri vivrebbero meglio.” Sbuffò scompigliandosi i capelli e sentendo improvvisamente un peso sul braccio: Raon s'era sbilanciata dormendo e aveva posato il capo sulla sua spalla, accoccolandosi al cuscino, stringendolo con forza ed assumendo un'espressione contrariata nel sonno. Sorrise a tale buffa immagine davanti agli occhi e le carezzò la fronte corrugata, stendendo con i polpastrelli i solchi formatisi per via di un brutto sogno, o dei pensieri inconsci e tesi. Il distacco dal gesto gli sembrò innaturale, così la carezzò ancora e di nuovo, scansandole le ciocche dei capelli dal viso e passandole le dita sul naso e sui contorni degli zigomi.
Gli mancò letteralmente il fiato nel momento in cui vide scendere delle lacrime improvvise, senza apparente motivo. Si premurò di accoglierle sui pollici e tamponare le guance.
Non gli piaceva vederla star male, per quanto andassero in continuo disaccordo. Lei era diretta, un poco difficile, alquanto fastidiosa, ma non meritava di soffrire; non aveva ancora capito cosa la stesse affliggendo in tale maniera, ma si sentiva in dovere di poter fare qualcosa, una cosa qualsiasi per alleviare quel peso che minava il suo sorriso. Avvicinò il volto al suo, osservando il taglio orientale degli occhi, la pelle straordinariamente chiara e le labbra sottili. Avvertì un profumo leggero e gradevole solleticargli le narici, profumo che ormai s'era insinuato nei suoi neuroni, nei muscoli, fino alle ossa. Si sporse ancora fino ad incontrare gli occhi schiusi che si spalancarono all'improvviso.
«Che cosa?» Raon si tirò indietro fino a sbattere il coccige sul bracciolo del divano, osservando dubbiosa il ragazzo. «Cosa pensavi di fare?»
«Ehi, aspetta, non saltare a conclusioni strane. Non ti stavo facendo niente di male, sei tu che ti sei appoggiata sulla mia spalla.»
«Io che?» L'impeto della ragazza si affievolì improvvisamente, conscia di aver
superato la barriera di intimità tra i due che era stata innalzata qualche giorno prima in fumetteria. Non se n'era neppure resa conto: inconsciamente aveva cercato un appiglio e del calore nella speranza di sentirsi meglio. Il problema di base era colui a cui aveva affidato queste sensazioni nel dormiveglia. Stava cercando invano una scusa per potersi levare dall'impiccio quando il suo telefonino cominciò a squillare insistentemente.
Han. Raon rispose parlando con foga ed avvertendolo che sarebbe rincasata immediatamente. Scattò in piedi e salutò Åsli in fretta e furia dirigendosi verso l'ingresso; lui la seguì ma lei fu più veloce e si richiuse la porta alle spalle appoggiandosi ad essa e respirando profondamente. Gli occhi, quegli occhi che la stavano guardando, quelle iridi chiare e profonde così tremendamente vicine, troppo vicine. Non riusciva a levarsele dalla testa in nessun modo, e l'unica maniera che aveva per togliersi da quell'enorme imbarazzo era fingere di dover tornare a casa e usare la chiamata del fratello come scusa; in realtà non aveva ascoltato una sola parola di quelle pronunciate dall'altra parte dell'apparecchio, ma almeno si trovava fuori da lì, lontana da lui.
E questo era solo un bene.
All'interno Åsli osservava ancora la porta di casa chiusa, confuso e contrariato: avrebbe voluto sapere qualcosa di più, capire, comprendere cosa rendesse il cuore di Raon così cupo e grigio. Invece si era perso completamente a guardarla, così indifesa e scoperta, cosa che non avrebbe dovuto assolutamente fare. Si passò la mano sulla fronte, colto da un improvviso mal di testa.
Aveva bisogno di riposare e di schiarirsi le idee, di capire cosa gli stesse effettivamente passando per la mente. Raon era solo una ragazza qualsiasi, allora perché quando aveva raccolto quella fotografia durante il trasloco, le era sembrata così familiare? Infilò la mano dentro ad un cassetto del mobile del corridoio e ne estrasse il ritratto di famiglia della ragazza, concentrando ancora la propria attenzione sulle figure rappresentate. Gli ricordavano qualcosa, ne era certo. Ancora doveva capire, ma avrebbe scavato piano piano, cominciando dalla signora Luciye.


«Sono tornata.» il rientro a casa non era stato dei più sereni per Raon: aveva la testa completamente immersa nell'immagine di quello sguardo da cui non riusciva a staccare minimamente l'attenzione. Forse neppure voleva.
Il suo pensiero venne interrotto dalla voce contrariata del fratello.
«Posso capire che tu sia arrabbiata, ma sbraitare parole senza senso al telefono senza neppure ascoltarmi...»
«Mi spiace, va bene? Ora scusami, vorrei solo andarmene a letto.»
«Vorrei parlarti un attimo.» Il tono serio non permetteva repliche.
«Senti, Han, sono stanca e vorrei dormire.»
«Ti rubo solo pochi minuti. Riguarda la mamma.»
La ragazza entrò in salotto, incrociando lo sguardo del padre rincasato da poco da
lavoro. Lo salutò con un sorriso debole ed assonnato, attendendo con disappunto.
«Cara, so che preferiresti essere già a letto, posso capirlo. Io da giovane ero come te, pieno di energia fino a una certa ora per poi cedere al sonno d'improvviso.» La smorfia di cortesia falsamente rassicurante stonava tremenda su quel volto scavato dagli anni e dalla fatica.
«Papà, se devi dirmi qualcosa fallo subito. Sai che non sopporto chi ci gira intorno senza arrivare mai al punto.»
L'uomo scosse il capo sorridendo nell'ammettere che quel lato del carattere della figlia era decisamente un lascito della madre. A quell'espressione lei trasalì mossa dalla rabbia.
«Domani tua madre non verrà, mi ha appena avvisato. Mi spiace.»
Un altro giorno, un altro aneddoto deludente da aggiungere alla lunga lista di ricordi negativi riguardanti la donna. Raon aprì bocca ma la richiuse subito dopo, senza trovare alcuna parola da aggiungere; riteneva non fosse necessario dire più nulla. Si voltò di scatto in direzione dei familiari un'ultima volta, sentenziando con un sussurro.
«Lei è interessata solo alla nonna, non gliene frega più un cazzo di noi, ve ne rendete conto sì o no?! Come se lei fosse sua figlia, oltretutto!»
Corse via su per le scale, sbattendo violentemente la porta della propria camera; atterrò di pancia sul letto ancora sfatto, il sonno completamente sparito. Era consapevole d'essere sbottata crudelmente davanti al padre ed al fratello, ma non era riuscita proprio a trattenersi. Le aveva dato fastidio l'idea di doverla rivedere, ma ancora peggio l'aveva fatta infuriare sapere che all'ultimo momento aveva dato buca; non aveva neppure lasciato il tempo di farsi raccontare la frottola che s'era inventata una volta ancora. Preferiva rimanere all'oscuro e non pensarci più.
Raccattò il cellulare dalla tasca entrando istintivamente nell'app WA alla ricerca del numero di Åsli: lo trovò e compose qualcosa per poi cancellarla velocemente. Rifletté un attimo sul testo, ma non trovò nulla di sufficientemente intelligente da spedire.
Al quarto tentativo scagliò l'apparecchio dietro di sé tra le lenzuola. Non era capace di riflettere a mente lucida quando era arrabbiata, e non era riuscita neppure a comprendere il bisogno di contattarlo. Il telefonino mandò un bip.

«Ehi, volevo solo chiedere come
stavi. Oggi ti ho vista proprio giù
e mi spiace, non sopporto vederti
così. Cerca di riprenderti.»

Era Åsli.
Raon sgranò gli occhi e sorrise pensando all'incredibile coincidenza avvenuta. Digitò poche semplici parole e la risposta non tardò ad arrivare.

«Sono contento di sapere che non
stai così male, sei più bella quando
sorridi. Beh, allora buonanotte.»

Cose forse scritte con leggerezza, probabilmente buttate lì solo per risollevare un morale a terra; la ragazza semplicemente alzò le spalle e si appisolò accantonando per quella sera il malumore ed il risentimento.








Note dell'autrice (che mi sa mi sa comincia ad allargarsi con sti due):
Indubbiamente una ragazza difficile la nostra Raon, eh? Caratterino che sicuramente avrà preso da qualcuno, qualcuno che a quanto pare non gode delle sue simpatie. Adoro intrufolarmi nelle dinamiche familiari analizzandone i nei ed i conflitti, e chissà che tutto questo malumore non porti alla ricerca sempre maggiore di qualcuno. Eheh!
Come sempre vi ringrazio, ringrazio ognuno di voi che mi aiuta a far crescere questa storia e le altre, ringrazio tutti! Siete il mio sostegno!
Alla prossima :3
-Stefy-





   
 
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