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Autore: AkaNagashima    16/06/2019    0 recensioni
Cosa succederebbe se Londra venisse assediata da un'apocalisse Zombie? E se John e Sherlock si ritrovassero nell'ambientazione del film Cargo?
Il detective ed il medico, ormai compagni di vita, decidono di andarsene in Australia, convinti che lì rimarrebbero al sicuro da ulteriori attacchi, proteggendo la piccola Rosamund. Con questa consapevolezza a tenerli combattivi, useranno tutto il loro coraggio per affrontare il pericolo nel tentativo di salvarsi, ma qualcosa va decisamente storto.
Genere: Angst, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Cargo

 
48 ore.

Un numero infinito, se si pensa alle semplici giornate quotidiane, al caffè del mattino, la corsa per andare in ufficio - o a scuola -, alla spesa perchè in casa non è rimasto niente, se non una scatoletta di fagioli che non alletta minimamente l'appetito. Un numero qualsiasi se si pensa alle vacanze che si avvicinano, al momento di rientrare a casa e trovare la famiglia ad attenderti prima di sedersi a tavola e consumare la cena.
Quarantotto, persino facile da scrivere con semplice lettere, invece di usare i numeri. Eppure, quando si è felici, quando ci troviamo in una situazione qualunque, senza veri pensieri - se non il dover pagare le bollette di casa, prima che venga staccata la corrente - non si da davvero peso al tempo che abbiamo, o che avevamo.
E adesso Londra, se non il mondo intero, è entrato nel caos. E non si parla di una guerra qualunque, o di qualche attentato per cui le forze dell'ordine si sono mosse. No, questo è un vero caos, ed una vera e viscerale paura. Chi ha mai sentito parlare di 'apocalisse zombie' potrebbe mettersi a ridere pensando a qualche film, come The Walking Dead o World War Z con Brad Pitt che salva la situazione usando un'idea geniale. Ma, in questo caso, nemmeno il più geniale degli uomini sa come fare, nonostante la sua faccia di bronzo. Perchè è questo che John vede, ed ha sempre visto, osservando il volto corrucciato di Sherlock Holmes.
Non è stata una buona idea. Hanno spesso a che fare con dei casi, i due uomini, e non sempre le decisioni sono quelle giuste. Avviene un azzardo ma.. chi è davvero infallibile? Non loro.
Quando Londra era crollata, Sherlock aveva subito messo in chiaro che sarebbero fuggiti il più lontano possibile.
"Con la mia mente, e la tua mira da militare, qualunque posto sarebbe più sicuro di qui. Per noi due, per Rosamund."
Così aveva detto, ed aveva scelto l'Australia. E adesso, a distanza di tempo, si domanda ncora perchè proprio lì, immersi nel caldo, nella vegetazione, senza uno straccio di vita se non a chilometri di distanza, non avevano visto neanche una persona ancora umana intorno a loro, se non quelle cose zoppicanti, orribili, che producevano suoni disgustosi.
Erano passate ore, giorni, settimane e forse persino un mese o due. Tutto stava andando secondo i piani del detective, che aveva già deciso come muoversi prima ancora di partire; pareva che quelle creature non potessero nuotare. Quindi erano rimasti su una barca per giorni, dopo aver fatto una spesa tale da poterci davvero campare su quella bagnarola ambulante. Sembrava che un soffio di vento potesse buttarla giù in qualsiasi momento, e si guardavano intorno, munizioni sempre a portata di mano da parte dell'ex medico militare.
Finchè, come avviene spesso, le provviste finirono, e a loro, per quanto assurdo nella loro mente, dovettero rimettere i piedi sulla terra ferma e cercare nuovo cibo, perchè se non venivano uccisi da quegli esseri, sarebbero sicuramente morti di fame e di sete nel giro di un giorno. E non potevano permetterlo.
Non aver mai affrontato una situazione di emergenza, può spesso essere messo in secondo piano, infondo chi mai si aspetterebbe di trovarsi davanti dei non morti che cercano di morderti? Sembra semplicemente un libro scritto da Stephen King, come in Pet Sematary, dove animali e persone tornano in vita ed uccidono senza ritegno, mutate nell'animo stesso. Ma quando ciò che pensi sia impossibile, diventa realtà, è il momento di avere paura. Si può essere militari, si può essere geniali, ma non si può sempre scappare con successo dal pericolo. E per salvare qualcuno, sicuramente perirà qualcun altro.

48 ore.
E' il tempo che rimane prima del cambiamento.
48 ore.
E' il tempo prima che tu venga assalito da quel virus, attraverso un morso, e tenti di uccidere chiunque sia ancora in piedi. Comincia a contare.



[ . . . ]



40 ore.

Pistola puntata in ogni direzione. John si proclama scudo umano, finchè rimarrà lucido, e sparerà a chiunque tenti di attaccare Sherlock e la bambina, adesso sulla sua schiena come fosse uno zaino. Il detective è dietro di lui, cammina mesto, mostrando una calma che adesso non gli appartiene, col sudore che scende dalla fronte a causa del caldo, la barbetta nera che si presenta, gli occhi lucidi a causa della fatica, la camicia viola - la sua preferita - imperlata di sudore. Rosamund non pesa poi così tanto, ma a forza di trasportarla è un peso che si fa sentire sulle sue spalle stanche.

« John. »

Il medico si ferma, abbassa l'arma, e si volta indietro. Anche lui è stanco a causa di quel calore continuo, la camicia a quadri è sgualcita ed aperta sul petto, dove sotto si può notare una canotta bianca alla militare. Indossa pantaloni mimetici e stivali di gomma nera, i classici carrarmati. Al polso porta un orologio che segna 40, le ore che gli rimangono prima del tracollo.

« Tutto bene? » esordisce, quindi, guardando il detective che si inginocchia a terra per riprendere fiato.

« Dovrei essere io a chiertelo. »

« Niente di diverso da prima, Sherlock. Te l'avrei detto.. »

« O l'avrei dedotto. »

« Già. »


Si guarda ancora intorno, John, non sicuro di quel silenzio. E se avessero attaccato? Si stava facendo buio, meglio ripararsi prima che quelle bestie si muovessero. Prediligevano la notte, maledette.

« Dobbiamo trovare un posto dove passare la notte.. »

« John. »

« Così potremmo rifocillarci e riposare.. »

« John. »

« Prima che qualcuno possa attacare e- »

« JOHN. »

« Che c'è!? »

Occhi negli occhi. Sherlock era serio, troppo conoscendolo da anni, ormai. Si sentiva poco bene? Rosamund stava male? Maledizione, perchè non parlava!?

« Dobbiamo trovare un ospedale, prima che.. »

« No, sai che sarebbe inutile. » mormorò, guardando l'ora sul dispositivo, adesso diceva 39 ore. « Ti ho già detto che, ancora, non esiste una cura. »

« E che ne sai, eh!? Magari sì, ed è proprio in questo luogo. » precisò il detective, guardandolo stanco. « Almeno proviamoci! »

« E poi che cosa!? Eh!? Cosa!? Ci ritroveremo ancora più depressi di prima nel constatare che non c'è niente per questo! » sbottò, indicandogli il morso sul braccio. « Troviamo un luogo, fine del discorso. Basta parlare di qualcosa che non esiste. »



[ . . . ]



27 ore.

Mattino. E' quasi passato un giorno da quel maledetto morso. Appena nascosti in una grotta, lontano da sguardi indiscreti, Sherlock è crollato messosi a sedere ed aver finito di mangiare quel poco che ancora avevano con sé. Incredibile pensare che il medico lo conosce da più di dieci anni, ed in realtà non l'ha davvero mai visto dormire in quel modo, se non sotto effetti di farmaci o droghe.
John sospira, ancora sveglio, principalmente per paura che il sonno possa scatenare quel veleno che ha in corpo. Adesso lo sente, quel cambiamento, sente una sete ed una fame che non comprende, ma richiama a sé tutto il proprio autocontrollo.
Girava costantemente lo sguardo, ricadendo su di loro; Rosamund dorme tra le braccia del moro, e sa che, adesso più che mai, il loro rapporto diverrà più solido, ma non prova gelosia.
Rabbia, ecco cosa si muove in lui. Non potrà vedere sua figlia crescere, magari laurearsi, sposarsi, avere dei figli, e non potrà invecchiare con quel maledetto uomo dalle mille sfaccettature. Che destino crudele.
Guardò l'orologio, e sorrise tristemente; l'ora si sta avvicinando inesorabile, e Dio solo sa come vorrebbe che non fosse mai successo. Il morso brucia, ogni tanto, prude e fa male, si tocca il braccio destro nella speranza che il tocco della tua stessa mano possa rendere il tutto meno doloroso, ma rinuncia poco dopo, inesorabilmente.
 
[ . . . ]

« John! »

Aprì gli occhi di scatto, trovandosi faccia a faccia con la roccia, sapore ferroso in bocca, dolore ai denti. Che cos'era successo? Stava pensando, ragionando, quando credeva di essersi addormentato. Rosamund lo guardava e piangeva, lui continuava a non capire, mentre Sherlock era disgustato e spaventato al tempo stesso, stringendo a se la piccola zazzera bionda.
Che cosa stava facendo? Si guardò intorno, confuso, rendendosi conto di trovarsi nella solita caverna.

« . . . »

« Che diavolo ti sei messo a fare..? »

« Io non ricordo. » mormorò, spaventato da se stesso. « Cosa stavo facendo? »

« Ho sentito un rumore strano, mentre dormivo, pensavo fossero quegli esseri, mi sono svegliato, ma.. stavi mordendo la roccia! »

Si staccò del tutto da quel punto, tastandosi le labbra, piene di tagli, ed i denti doloranti a causa dello sfregamento innaturale. La faccia era sporca del suo stesso sangue. La trasformazione stava avanzando, un minimo della sua lucidità lo aveva portato a mordere qualcosa che non fossero loro.
Dovevano trovare uno straccio di vita, in quel luogo, o Sherlock e Rosamund sarebbero stati spacciati.
 
[ . . . ]


18 ore.

Camminavano da ore, inesorabilmente, e non avevano trovato niente se non alberi, caldo ed esseri con la testa affondata nella sabbia. Un caldo infernale, essendo di pomeriggio inoltrato, in un luogo decisamente caldo come l'Australia.

« Dobbiamo trovare uno straccio di vita, prima che io venga assalito dal virus. » dichiarò, guardando l'orologio, e poi intorno a sè. « Non manca poi molto. »

« Troveremo.. Troveremo qualcosa per guarirti. Gli abitanti di qui sapranno qualcosa! »

John sospirò, stanco. Non aveva voglia di credere in qualcosa che non c'era, per poi cadere vittima della sua stessa idiozia, ma Sherlock sembrava di un altro parere. Lui, che era così geniale e realistico, si stava crogiolando in un'illusione.
Sicuramente perchè non voleva che morisse, perchè lo amava, e John ricambiava tale sentimento. Pensava che desiderasse morire? No, non voleva che succedesse, ma il danno era fatto.
Non rispose a quelle parole, riprendendo a camminare. Per una volta il detective capì che non era il caso di continuare quel discorso.


[ . . . ]


13 ore.

« CORRI. »

Come avevano potuto fare uno sbaglio del genere? Era notte, non avevano trovato un riparo, e quegli esseri dagli occhi vitrei ed i movimenti impacciati, li avevano trovati. Sparava, ancora in possesso della sua mira di sempre, mentre Sherlock correva a perdifiato con la bambina che piangeva disperatamente.

« CAZZO! » sbottò, afferrando le munizioni e ricaricando l'arma. « Quanti cazzo ce ne sono!? »

Sparò di nuovo, uno o due colpi, poi tentò lui stesso la fuga. Sentì un giramento di testa, un dolore al petto, e la gamba sinistra si bloccò improvvisamente, facendolo cadere a terra come un sacco di patate. Poco male, se si fossero avventati su di lui era già spacciato, ma questi lo saltarono completamente, rincorrendo il detective.

« Maledizione! » sbottò di nuovo. « Fermi. Maledetti, tornate qua! »

Riuscì, seppur da sdraiato, a sparare qualche altro colpo e a farne fuori altri. Poi, non seppe come, ma la gamba tornò a rispondere ai comandi, e John si alzò con un'agilità tale da non ricordare di avere, correndo dietro a quei pochi rimasti e sparando.
La situazione, così com'era iniziata, sembrò cessare. Li aveva ammazzati tutti, per come aveva potuto.

« John. »

Sherlock era tornato indietro, abbassandosi al suo livello ed aiutandolo a rimettersi in piedi, dato che era nuovamente caduto, ma per la stanchezza. Aveva il fiatone, e si sentiva debole, come quando un febbrone improvviso ti colpisce dopo anni, e tu non sei più abituato a riceverlo e sopportarlo.

« State.. State bene? »

« Sì, noi sì. » rispose il detective, sorridendo mesto. « Sai John, credo che... »

« So già dove vuoi andare a parare, la mia risposta è sempre la stessa. » sospirò affranto. « Troviamo un riparo prima che attacchino di nuovo. »


[ . . . ]


4 ore.

« John! » lo chiamò, avvicinandoglisi. « John, che succede!? Cosa ti senti!? »

Aveva cominciato ad urlare di dolore, stava sudando freddo, faceva male ovunque, ed aveva una fame insaziabile. Sapeva cosa significava, l'orologio segnava 4 ore prima della fine. Il tempo era agli sgoccioli, e lui doveva salvarli, entrambi.

« Aiutami.. Aiutami ad alzarmi. Dobbiamo trovare qualcuno! » annunciò, riuscendo a mettersi in piedi nonostante il dolore.

Era l'alba, il sole stava uscendo lentamente da dietro i monti, quegli esseri si erano già ritirati, sicuramente. Ma si rese conto, dolorosamente, che anche a lui cominciava a dare fastidio agli occhi.

« Come possiamo trovare qualcuno? » il detective tremava visibilmente, nonostante tentasse di tenerlo su.

« Sicuramente ci sarà un villaggio, da qualche parte.. »

Dio, se faceva male. Era così doloroso da volersi sparare in mezzo agli occhi in quel momento. Un colpo alla testa, e addio la paura, il dolore, tutto.


2 ore.

« Sherlock? »

Stavano camminando da ben due ore, ormai. Lui era stanco e sempre più dolorante, Sherlock restava in silenzio, ma si capiva che fosse provato da tutto, dalla situazione e dalla stanchezza. Maledetto quel giorno, maledette quelle decisioni, maledetto destino infame.

« D- Dimmi. »

« Se non dovessimo trovare nessuno, promettimi una cosa.. » cominciò, ingoiando, nel tentativo di non scoppiare in un pianto ben poco virile. « Se non dovessimo trovare nessuno che possa aiutarvi. Se doveste rimanere soli con me, ormai spacciato.. uccidimi. »

Ci fu un silenzio assordante, in quel momento, come se alla sua richiesta improvvisa, tutto si fosse fermato. Persino gli uccelli avevano smesso di volare, e le cicale avevano interrotto il loro solito canto. Vedeva l'epiglottide di Sherlock muoversi a rallentatore, come se facesse fatica ad ingoiare.

« Sherlock.. »

« No. » mormorò. « Non puoi chiedermi una cosa del genere. »

« Sherlock, per favore.. »

« HO DETTO NO. Tu guarirai. Guarirai, mi hai capito!?  »

Non sapeva se arrabbiarsi o trovare adorabile quel suo modo testardo di affrontare il tutto. Voleva che guarisse, ed anche John lo desiderava, ma era così effimero. Rimase però in silenzio davanti a quelle lacrime.


[ . . . ]


Mezz'ora.
Solo questo. Esattamente mezz'ora prima della trasformazione completa, aveva paura, mentre Sherlock continuava a fare il duro.
Sentiva la razionalità abbandonarlo minuto per minuto, lo sguardo sempre più fioco, come se perdesse la vista, e le gambe stavano cedendo. Si sentiva strozzare da qualcosa in gola, soffocava. Poi cadde.
 
« John? » mormorò, voltandosi. « John!? »
 
« V- Vattene.. »
 
« No, John. Non è ancora ora, alzati! Manca poco. Guarda, laggiù. Delle persone, saranno sicuramente australiani che ci aiuteranno. »
 
Straparla, sa che quando entra nel panico lo fa, e sorride al pensiero che sarà l'ultima volta a sentirlo.
 
« Ehi, voi. Venite qui, vi prego. Aiutatelo! »
 
Da quando ha imparato a pregare qualcuno e a chiedere aiuto? Hai fatto un ottimo lavoro, John. Davvero.
 
« No, cosa state facendo!? Dovete aiutarlo. » adesso urla, e Rosamund piange, tu sei ancora a terra, sai che non ti rialzerai, non lucido. « Non è ancora trasformato. John! JOHN! »
 

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