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Autore: QueenVictoria    16/06/2019    32 recensioni
I Cavalieri d’Oro vengono richiamati al Santuario per una riunione straordinaria, questa volta partecipa anche Mu dell’Ariete che torna in Grecia di sua spontanea volontà per sondare la situazione. Ambientata due anni prima dell’inizio della serie classica, questa storia vedrà l’incontro tra i Cavalieri d’Oro in un momento in cui la situazione al Santuario è molto tesa; una breve missione li porterà in viaggio in Asia Centrale e li costringerà a interagire e confrontarsi tra loro.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia, Pisces Aphrodite, Virgo Shaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTA IMPORTANTE: Questa storia è accessibile a tutti, anche da chi non conosce l’universo di Saint Seiya. Durante il racconto verrà spiegato tutto ciò che è necessario sapere per comprendere i vari avvenimenti. Anzi, sarò molto felice di ricevere riscontri e suggerimenti da chi è estraneo a questo fandom per rendere il tutto più comprensibile. ^_^

Alla fine del capitolo vi lascio una piccola scheda con immagini e qualche dato sui protagonisti, in modo da facilitare l’inquadramento dei personaggi anche a chi non li conosce.


 
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Capitolo I




“SCAPPA!”

Il grido improvviso, la voce del Maestro nella testa. Spavento. Senso di vuoto. “Scappare? Dove? E con chi se ho solo Voi, Maestro?” Ansia. Paura. Voci lontane nella notte. “Ha rapito la bambina!” “Sta scappando!” “Voleva ucciderla!” “UCCIDETELO!” Angoscia. Affanno. La lunga scalinata sembra non finire mai. “Maestro, dove siete?” Rumore. Frastuono. Voci. Il Tempio affollato, il fuoco nei bracieri. Grida. Spinte. Dolore. Lacrime. Il piccolo Aiolia piange accanto a quel corpo senza vita.

Silenzio.

Singhiozzi nel silenzio.

È arrivato il Maestro.

“Stai piangendo un traditore!”

Voce fredda, distaccata. Nessuna pietà per quel bambino disperato.

Panico.

Vertigine.

Quell’uomo non era il Maestro.



Mu aprì gli occhi svegliandosi di soprassalto, il battito del cuore accelerato, gli occhi umidi, i capelli incollati alla fronte madida di sudore. Un altro incubo.

Si passò una mano sul viso come a scacciare quei grovigli di immagini confuse che gli si affollavano nella testa. Quante volte aveva rivissuto l’angoscia di quella maledetta notte? Sembrava che quei ricordi fossero destinati a tormentarlo in eterno. Ma è sempre così, con ciò che non si vuole affrontare.

Rimase qualche minuto immobile, cercando di calmare il respiro, la mente ancora annebbiata dallo stato confusionale del sogno. Ogni volta quell’incubo gli riportava alla memoria i sentimenti provati quella notte, ed era sempre come riviverli di nuovo. La stessa paura, lo stesso smarrimento. Lo stesso dolore.


Un calore familiare lo riportò alla realtà. Sorrise tra sé. Il piccolo Kiki si era infilato di nuovo nel suo letto. Si girò di fianco spostandosi lentamente per non svegliarlo e rimase a guardare quel visino addormentato; la guancia appoggiata sul dorso della mano, il respiro tranquillo, i capelli rossicci e spettinati sparsi sul cuscino.
Non c’era proprio niente da fare con lui. Gli aveva costruito un lettino in legno simile al suo, si era assicurato avesse un materasso morbido e abbastanza coperte. Ogni sera il bimbo si coricava sorridente e sembrava addormentarsi sereno ma, poche ore dopo, nel dormiveglia, lo sentiva entrare furtivo nel suo letto e stendersi accanto a lui. “Avevo freddo…” “Mi sentivo solo…” “Forse mi sono teletrasportato nel sonno…” si giustificava con il disarmante candore dei bambini. Non si era mai sentito di rimproverarlo davvero.

Erano ormai trascorsi diversi mesi da quando aveva accolto quell’orfanello nella sua casa. Si era chiesto spesso cosa avrebbe potuto offrirgli, lui, cavaliere eremita che viveva riparando armature nascosto tra le montagne del Jamir. A dire il vero non era in grado di vedersi né come padre né come fratello maggiore, ma non voleva che quel bambino rimanesse solo.

Mu aveva pressappoco la sua età quando quegli avvenimenti avevano stravolto la sua vita, sapeva bene cosa volesse dire vivere da soli senza potersi fidare di nessuno. Voleva dargli almeno una casa, qualcuno vicino e quella sicurezza che a lui era mancata.

Anche lui era orfano. Era stato Shion, il suo Maestro, a trovarlo nel bosco ancora neonato e prendersi cura di lui. Gli aveva fatto da padre e, data la veneranda età, forse anche un po’ da nonno, ma se n’era andato troppo presto.
Rammentava ancora il giorno in cui era tornato da solo in quella casa; mai gli era sembrata così grande e così vuota.

Scostò lentamente le coperte e si alzò dal letto. Dalla finestra, assieme al primo chiarore dell’alba, entrava un venticello leggero e fresco; la breve estate del Jamir stava volgendo al termine. Scese al piano inferiore dove attraversò le camere ancora immerse nel buio raggiungendo la stanza adibita a bagno. Versò un po’ d’acqua in un catino di metallo e iniziò a lavarsi con cura.
Mentre si asciugava si fermò a osservare la sua immagine riflessa nel piccolo specchio incorniciato in legno appeso al muro. Cosa vedeva in quel volto? Cosa leggeva in quegli occhi? Insicurezza? Rassegnazione?

Per molto tempo si era sentito un vigliacco.

In quella notte di undici anni prima qualcuno aveva ucciso Shion, ex cavaliere d’Oro dell’Ariete, suo Maestro e Sommo Sacerdote del Santuario, prendendone il posto.

Prima di morire il Maestro era riuscito a mandargli un messaggio attraverso il loro canale telepatico. Una parola sola, gridata nella mente con le ultime forze rimastegli. “Scappa!” Il suo ultimo pensiero era stato metterlo in salvo. Svegliato di soprassalto da quel grido nella testa, Mu era rimasto immobile nel suo lettino, guardandosi attorno sperduto, cercando di capire cosa stesse accadendo. Il ricordo dell’angoscia di quella notte era il suo incubo più ricorrente.

Il Maestro era stato assassinato, ma lui non aveva mai potuto dimostrarlo. Aveva sette anni, all'epoca; chi avrebbe mai dato ascolto alle parole di un bambino? Sarebbe stato accusato di tradimento e condannato a morte dallo stesso Sacerdote impostore; come avrebbe potuto schierarsi contro colui che ora governava il Santuario?

Ma Shion non era stato l’unico a perdere la vita, quella notte. Anche Aiolos, Cavaliere del Sagittario, era stato ucciso. Era stato accusato di tradimento, di aver attentato alla vita del Sacerdote, di aver rapito la bambina che si pensava essere la reincarnazione di Athena.

Lo ricordava bene, Aiolos. Era più grande di lui, doveva avere 14 o 15 anni e aveva appena ricevuto l’investitura di Cavaliere. Quanta fierezza, nei suoi occhi limpidi, quando indossava quell'armatura d’Oro...
Quell'accusa di tradimento, arrivata totalmente inaspettata, era di certo collegata con l’assassinio del Sacerdote e, sinceramente, Mu non ci aveva mai creduto.

Mu aveva trascorso parecchio tempo ad Atene presso il Santuario. In quel periodo c’erano altri ragazzini che si allenavano per entrare nell'ordine dei Cavalieri di Athena; alcuni vivevano lì in pianta stabile, altri erano stranieri che soggiornavano per brevi periodi e poi tornavano ai rispettivi luoghi di addestramento.

Aiolos era sempre gentile e incoraggiante verso gli allievi più piccoli che lo consideravano un fratello maggiore; non poteva dimenticare l’amore che dimostrava per il fratellino Aiolia e quanta fiducia avesse in lui e nelle sue capacità. Mu gli si era molto affezionato; forse per qualche affinità particolare, forse perché vedeva quanto anche il Maestro Shion lo preferisse agli altri, o forse senza un preciso motivo, come spesso capita con i sentimenti. Quell'affetto, di conseguenza, lo aveva portato ad avvicinarsi anche ad Aiolia.
Questi era suo coetaneo e, anche se avevano temperamenti completamente differenti, andavano abbastanza d’accordo; Aiolos ci teneva in maniera particolare che fossero amici, superando le diversità di carattere, e ripeteva spesso che i Cavalieri d’Oro dovessero essere come dei fratelli. E lui li aveva veramente amati come due fratelli, sia Aiolos che Aiolia, e il suo rimpianto più grande era stato separarsi da quest’ultimo, lasciandolo solo in un momento come quello. Ma all'epoca non era stato in grado di fare altrimenti.

Cercò di sforzarsi di ricordare gli altri apprendisti che aveva conosciuto in quegli anni. Il primo che gli venne in mente fu Saga, coetaneo di Aiolos e già Cavaliere dei Gemelli, anche lui era gentile e amato da tutti, ma aveva un carattere molto chiuso. Poi Shura, che doveva avere al massimo due o tre anni più di lui; era di origine spagnola, ed era già riuscito a ottenere l’armatura del Capricorno. Gli altri li ricordava piuttosto vagamente, a parte Aldebaran del Toro, l’unico con il quale era rimasto in contatto e che aveva avuto modo di incontrare diverse volte durante gli ultimi anni.

Possibile che nessuno di loro si fosse accorto che, dopo quella notte, il Sacerdote fosse una persona diversa? Le ampie vesti e la maschera ne nascondevano il corpo e il volto, e in fondo erano in pochi ad avere il permesso di avvicinarlo, ma gli sembrava incredibile che nessuno avesse notato il cambiamento.


Scosse la testa, allontanando quei pensieri, conscio del fatto che fosse assolutamente inutile continuare a rimuginarci sopra.

Si vestì e scese al piano inferiore, dove si trovava la cucina, per preparare qualcosa per colazione; Kiki si sarebbe svegliato di lì a poco, affamato come sempre. Guardò nel vaso di latta in cui teneva la farina e vide che ce n’era ancora abbastanza, la versò in una ciotola di legno mescolandola con un po’ di acqua e iniziò a impastare il tutto con una mano.

Per undici lunghi anni si era tenuto lontano dal Santuario, undici anni di dubbi e stati d’animo contrastanti, trascorsi a chiedersi cosa avrebbe potuto fare, a cercare una soluzione e a sentirsi frustrato per non riuscire a trovarla.

Qualche giorno prima era giunta la convocazione per una riunione straordinaria dei Cavalieri d’Oro. Non aveva partecipato alla precedente giustificandosi con il lavoro di riparazione delle armature, ma questa volta aveva deciso di andare.

Sapeva di non essere in grado di affrontare l’impostore che si nascondeva dietro la maschera del Gran Sacerdote, voleva però capire cosa stesse succedendo. Sarebbe stata un’occasione per incontrare gli altri cavalieri, e capire il loro eventuale coinvolgimento nella situazione. Erano davvero in pochi quelli che abitavano al Santuario, gli altri stavano ancora finendo il loro addestramento in varie parti del mondo e vi tornavano di rado; non era facile si ripresentasse un’altra occasione di trovarli tutti assieme.

Coprì la ciotola con l’impasto per lasciarlo riposare, si sciacquò le mani e uscì sul balcone.

Il sole iniziava a fare capolino da dietro le montagne tingendo di un rosa tenue tutta la valle, lasciò che il suo sguardo vagasse tra quelle delicate sfumature. Aveva atteso quel giorno quasi con ansia, adesso però era di nuovo assalito da dubbi; faceva davvero bene ad andare?

 
La casa di Mu (dalla serie classica)


Appena Mu rimise sul fuoco la padella per cuocere l’ultima pagnotta, Kiki si materializzò accanto la tavolo con aria assonnata.

“Hai sentito il profumo del pane e ti sei svegliato?”

Il bambino ridacchiò.

“Ti sei lavato almeno il viso?”

“Certo!” mentì il piccolo sfoderando uno dei suoi candidi sorrisi.

Mu scosse la testa. “Lo farai dopo, adesso mangia.”

“Partirai oggi?” chiese Kiki intingendo un pezzo di pane ancora caldo nello yoghurt.

“Sì, appena fatta colazione.”

“Devo proprio andare al monastero?”

“Sì. Te l’ho già detto. Questa volta non posso portarti con me e non voglio che tu stia troppo tempo qui da solo. Sei sempre stato bene al monastero.”

“Sì, lo so,” sbuffò il piccolo.

Mu sorrise. Si era affezionato davvero tanto a quel bambino.



Kiki aveva sei anni ed era molto in gamba per la sua età; cresciuto per la strada assieme agli altri orfanelli dei villaggi vicini, era capacissimo di badare a se stesso. Mu però non se la sentiva di lasciarlo da solo per lunghi periodi e quando si allontanava per più di qualche giorno da casa lo affidava ai monaci che conosceva fin da bambino in modo che fosse al sicuro.

Finito di sistemare la cucina, Mu preparò i bagagli. Scese al piano terra, nei locali dove abitualmente svolgeva il suo lavoro di riparazione delle armature. Si avvicinò a uno scaffale colmo di scatole e vasetti, ne prese alcuni contenenti materiali che sarebbero potuti tornare utili in caso di riparazioni di emergenza e li mise nella borsa assieme a pochi essenziali strumenti. Infine, da un vecchio baule, estrasse una grande gerla dalla forma cubica dove era solito nascondere lo scrigno contenente l’armatura dell’Ariete, per tenerlo al riparo da occhi indiscreti, e se la caricò sulle spalle. Undici anni di auto-esilio dal Santuario gli avevano insegnato prudenza e discrezione, neppure Kiki era a conoscenza del fatto che fosse un Cavaliere d’Oro.

Il piccolo Kiki preparò in fretta la sua sacca e lo aspettò seduto sulla balaustra del terrazzo al primo piano. Assieme saltarono giù e si incamminarono lungo il sentiero. La casa di Mu era una strana costruzione molto più simile a una torre che a un’abitazione: aveva una pianta relativamente stretta ed era alta cinque piani, al piano terra non esistevano vie di accesso, l’ingresso più facilmente raggiungibile era al primo piano. Probabilmente sarebbero state necessarie le capacità di uno scalatore per abitarvi, ma per Mu, dotato fin dalla nascita di telecinesi e teletrasporto, era il luogo ideale per vivere e sentirsi al sicuro. Kiki, discendente della stessa stirpe, aveva le stesse abilità.

I due giunsero allo stretto ponte sospeso che attraversava il burrone nel il cui fondo giacevano scomposti gli scheletri di nemici che avevano cercato invano di attraversarlo in passato. Dopo aver dato un’occhiata in giro, si teletrasportarono dall'altro lato e si diressero verso il monastero poco distante.

Lasciato Kiki presso i monaci, Mu si avviò lentamente lungo le strade sterrate che portavano verso i centri abitati. Prima di recarsi ad Atene voleva far visita al vecchio Dohko, caro amico suo e del defunto Shion, che viveva in uno sperduto villaggio della Cina. In realtà avrebbe potuto teletrasportarsi direttamente a destinazione, ma aveva voglia di passeggiare un po’ per quei luoghi ancora avvolti nella luce tenue del mattino. In fondo non aveva fretta e camminare respirando quell'aria fresca lo avrebbe aiutato a chiarire i pensieri che gli si agitavano dentro.

Era giorno di mercato giù al paese, i commercianti arrivavano alla spicciolata, alcuni con dei furgoncini dall'aria poco sicura e altri con carri trainati da robusti asini. Ai lati delle strade si stavano montando le prime bancarelle sulle quali spiccavano le tinte della frutta e della verdura.
Camminando lungo sentieri che costeggiavano la montagna li osservava dall'alto, era bello guardare quel brulicare di persone e di colori. In lontananza si potevano scorgere alcuni pastori condurre il loro gregge al pascolo, macchie bianche e marroni lungo l’altipiano coperto d’erba e arbusti.

Continuò a camminare per un paio di ore seguendo il percorso che si estendeva lungo la valle, poi, giunto ai piedi del passo, si fermò a guardare il panorama. Quanto amava quei luoghi segreti sul tetto del mondo… montagne altissime sembravano incastrarsi tra loro creando valli apparentemente senza fine, a ogni curva il paesaggio poteva cambiare a sorpresa mostrando laghi, vasti prati o pareti di roccia scoscese. In inverno il colore della neve sembrava uniformare ogni cosa, nella breve bella stagione invece, ogni angolo si accendeva di colori.

Dopo un ultimo sguardo alla valle, chiuse un momento gli occhi per concentrarsi e si teletrasportò lontano.



 
***



Il sole era già alto nel cielo di Goro-Ho. Il vecchio Dohko stava seduto sullo spuntone di roccia davanti alla cascata. Shiryu, il suo giovanissimo allievo, si allenava nell'equilibrio sulla riva del fiume a qualche decina di metri da lui. Shunrei, la piccola orfanella che abitava con loro, intrecciava un cestino di vimini seduta sull'erba poco lontano.
Dohko si stiracchiò sentendo tendere tutti i muscoli della schiena. Si alzò in piedi e fece qualche esercizio di allungamento poi tornò a sedersi compiaciuto; non era messo così male per il suoi duecentocinquant'anni abbondanti. Quasi duecentosessanta, a dire il vero.

Quanto tempo era passato da quando, diciottenne, faceva parte dell’esercito fedele alla dèa Athena che aveva combattuto l’ultima Guerra Sacra contro Hades! Era un’altra epoca, praticamente.
Dei dodici Cavalieri d’Oro, solo in due erano sopravvissuti: lui, Cavaliere della Bilancia, e Shion, Cavaliere dell’Ariete. Athena aveva donato a loro una vita più lunga del normale poiché fossero in grado di svolgere due missioni per lei. Dohko sarebbe dovuto rimanere in pianta stabile in quel luogo a sorvegliare i sigilli che tenevano intrappolati gli antichi nemici e Shion, a tempo debito, avrebbe riorganizzato l’esercito e raccolto i nuovi Cavalieri presso il Santuario di Atene.

Fin dall'era mitologica infatti, in vista di una Guerra Sacra, i Cavalieri consacrati alla dèa Athena rinascevano per combattere contro il Male. La stessa Athena, reincarnata anch'ella in un essere umano, li aveva sempre guidati in battaglia. Era un ciclo di reincarnazioni che riportava lo stesso gruppo di guerrieri a combattere assieme fin dai tempi del mito; fratelli d’armi, anime legate tra loro in eterno in nome della giustizia.

Poco più di vent'anni prima, Shion gli aveva fatto sapere di aver riconosciuto i primi due bambini predestinati. Da quel momento, uno dopo l’altro, gran parte dei futuri Cavalieri erano stati individuati e avevano iniziato il loro addestramento. Questo significava che una nuova Guerra si stava avvicinando e tutto il meccanismo della preparazione della difesa poteva iniziare.

Il Santuario era situato vicino ad Atene in un luogo nascosto raggiungibile solo attraversando un passaggio segreto nel cuore di Rodorio, piccolo paese anonimo situato all'ingresso della Valle Sacra. In quel luogo, un nutrito numero di persone lavorava continuativamente anche nelle epoche di pace, in modo da avere sempre la situazione sotto controllo ed essere pronti in caso di improvvisa necessità.

Una mattina di settembre di undici anni prima, una neonata era stata trovata ai piedi della statua di Athena, nei pressi del Santuario. Era stata accolta al Tempio con il massimo riguardo, in attesa che dimostrasse di essere davvero la tanto attesa reincarnazione della dèa. La sicurezza della bambina era stata affidata ad Aiolos del Sagittario e Saga dei Gemelli che, seppure solo quattordicenni, erano all'epoca i due più grandi di età tra i Cavalieri d’Oro. Erano due bravi ragazzi benvoluti da tutti.

Poi, quella maledetta notte, qualcuno aveva ucciso Shion e preso segretamente il suo posto mentre Aiolos era stato trovato morto accusato di tradimento. Si diceva avesse tentato di uccidere il Sacerdote, che tutti credevano essere ancora Shion, e di rapire la bambina. Si diceva fosse stato inseguito dai soldati e fosse stato ucciso da Shura, il giovanissimo Cavaliere del Capricorno. Si dicevano un sacco di cose, in verità; dei fatti accaduti quella notte c’erano versioni diverse e contraddittorie. Le cose certe erano pochissime: Aiolos era morto, nessuno aveva più visto la bambina, né era più stata ritrovata l’armatura del Sagittario. Anche Saga dei Gemelli non si era più visto da quel giorno e sulla sua assenza correvano le voci più disparate.

Quella notte aveva sentito chiaramente che il cosmo di Shion era venuto a mancare, quella sua forza interiore che era sempre stato in grado di percepire a distanza era scomparsa all'improvviso lasciando il posto a quel vuoto che non era più stato colmato. Il buon vecchio Shion, compagno d’armi e caro amico, dopo duecento anni, se n’era andato così.

Il piccolo Mu era arrivato da lui il mattino successivo, visibilmente sconvolto, portando sulle spalle lo scrigno dell’armatura dell’Ariete. Ricordando quel momento, provava ancora una grande tenerezza. Lo aveva visto spuntare dal fitto bosco di bambù e guardarsi attorno spaesato. Era anche piuttosto malconcio, spettinato, gli abiti sporchi di fango. Al tempo i suoi poteri non erano ancora perfettamente sviluppati, non poteva essersi teletrasportato direttamente da Atene; probabilmente aveva dovuto fare qualche tappa intermedia e doveva anche essersi perso più di una volta.

“Maestro Dohko...” Aveva detto, quasi sussurrando, guardandolo con i suoi occhioni verdi lucidi e spaventati “Il Maestro Shion mi ha detto di scappare, ho pensato di venire qui.”

A un suo cenno lo aveva raggiunto davanti alla cascata e gli si era seduto accanto, con le gambe raccolte al petto, le ginocchia circondate con le braccia. Erano rimasti in silenzio per qualche minuto, osservando l’acqua cadere senza sosta.

Per quanto fossero passati tanti anni, il vecchio Dohko ricordava ancora perfettamente il loro dialogo di quel giorno.

“È morto, vero?” aveva chiesto il bimbo con un filo di voce.

Non aveva potuto fare altro che annuire tristemente.

“Io… Voglio vendicarlo!”

“E come pensi di fare?”

“Non lo so...” Aveva risposto il piccolo con la voce rotta dal pianto “Come posso dimostrare che il Sacerdote è un impostore? È lui che adesso comanda al Tempio. Non ho prove, non mi crederà nessuno.”

Lo aveva visto appoggiare la fronte sulle ginocchia, tentando inutilmente di soffocare i singhiozzi. Ricordava di avergli accarezzato i capelli cercando di calmarlo.

“Quella bambina sarà ancora viva? Sarà davvero Athena? Forse dovremmo cercarla!” aveva continuato il bambino tra le lacrime.

“Non possiamo fare niente, piccolo. Non ne saremmo in grado, e forse non ne abbiamo neppure il diritto. Questa è una prova per quella bambina, più che per noi. È lei che deve dimostrare di essere la reincarnazione di Athena. L’unica cosa che possiamo fare è aspettare, se è davvero la nostra dèa troverà il modo di manifestarsi. Allora, avremo la certezza della verità. Nel frattempo tu devi crescere e diventare forte, così quando arriverà quel momento sarai in grado di combattere dalla parte dei giusti.”

Il piccolo Mu era rimasto qualche minuto in silenzio, poi si era asciugato le lacrime con il dorso della mano.

“Il Maestro Shion mi ha detto di scappare. Poteva dirmi anche il nome del suo assassino, ma non lo ha fatto.” Lo aveva guardato dritto negli occhi, come aspettando una spiegazione.

“Forse, prima di morire, non ha avuto tempo di fare entrambe le cose e ha ritenuto più importante dirti di scappare. La cosa che più gli stava a cuore era allontanarti dal Santuario e metterti in salvo. O forse non te lo ha detto di proposito. Non ti ha chiesto di vendicarlo ma di andare avanti poiché ti riteneva destinato ad altre cose.”

“Ma se quella bambina era veramente Athena, perché non ha salvato il Maestro? Perché non ha salvato Aiolos? Perché ha permesso tutto questo?”

A quelle parole, non del tutto inaspettate, il vecchio si era sentito stringere il cuore. Si era posto anche lui la stessa domanda, quando, quasi duecento anni prima, nel mezzo della guerra, aveva visto i suoi compagni d’armi cadere uno dopo l’altro. Tutti loro, probabilmente, avevano un ruolo preciso nella storia e dovevano compiere il loro destino; questa era l’unica risposta che era riuscito a darsi. L’unico modo per andare avanti era avere fede.

“Non lo so,” si era visto costretto a rispondere “forse la vita di tutti noi fa parte di un disegno più grande che non ci è ancora stato rivelato.”

Mu era rimasto in silenzio ancora a lungo prima di rincominciare a parlare, lo sguardo perso sulla cascata a pochi metri da lui, il respiro ancora un po’ affannato dalla crisi di pianto di poco prima.

“Aiolia è rimasto solo. Ha appena perso suo fratello. Io sono suo amico, dovrei essere lì con lui.”

“Chi ha ucciso Shion sa anche che tu te ne sei accorto, potrebbe vederti come una minaccia e cercare di uccidere anche te. Vedrai, Aiolia se la caverà anche da solo. Adesso come adesso non puoi fare niente per lui.”

“Posso rimanere un po’ con voi?” aveva chiesto allora il piccolo dopo qualche minuto.

“Finché vorrai.”

Ricordava di aver ammirato davvero quel bambino che, così piccolo, si sforzava di accettare quella realtà così dura e incerta. In quel momento aveva deciso di rinunciare alla vendetta per onorare l’obbedienza al suo amato Maestro e lavorare su sé stesso fino a essere veramente pronto a combattere. Pur tenendo stretto nel cuore il rimpianto di aver abbandonato un amico in quello che forse era stato il momento più duro della sua vita, cercava di andare avanti.



Dohko era ancora immerso in quei ricordi quando vide il ragazzo avvicinarsi camminando lentamente lungo la riva del fiume. Sorrise vedendolo spuntare dal bosco di bambù come tanti anni prima. Quel bambino era ormai diventato un giovane uomo e adesso camminava sicuro e con aria fiera portando sulle spalle una grande gerla che celava certamente lo scrigno della sua armatura.

Shiryu interruppe il suo allenamento e guardò il maestro con aria interrogativa. Dohko gli fece cenno di continuare ed egli obbedì dopo aver salutato con un piccolo inchino il nuovo arrivato.

Mu andò a sedersi accanto al vecchio, davanti alla cascata, come aveva fatto tante volte in passato.

“Oggi è il grande giorno, tornerò al Santuario,” gli disse.

“Sei proprio sicuro di voler andare?”

“Sì. Devo… capire.”

“Capire chi si nasconde dietro la maschera dell’attuale Sacerdote?”

“No. Non ora, e anche volendo non credo potrei riuscirci uscendone vivo. Ma non è così importante, lo sapete, non voglio lasciarmi trasportare dal desiderio di vendetta. Non l’ho fatto tanti anni fa, non lo farò adesso. Voglio soltanto capire se io e voi siamo gli unici a essersi accorti di qualcosa. Voglio sapere cosa ne pensano gli altri. Li voglio osservare.”

“Mmm…” il vecchio annuì lentamente.

“Sono nato per servire Athena,” continuò il giovane “Se noi Cavalieri siamo rinati in questa epoca, significa che presto avrà luogo una nuova Guerra; voglio sapere chi sono i miei compagni, visto che prima o poi dovrò combattere assieme a loro. Se devo morire combattendo al fianco di qualcuno, almeno voglio sapere chi è e cosa gli passa per la testa. Voglio sapere di chi mi posso fidare.”

“Sì. Condivido il tuo punto di vista. Però…”

“Non ne siete molto convinto, vero?”

“Rischi di metterti in pericolo. Non conosciamo l’identità del Sacerdote, ma lui sa che legame forte avevi con Shion. Sa che tu hai percepito immediatamente la sua morte. In altre parole, sa che tu sai che lui è un impostore. Di certo ti vedrà come una minaccia.”

“Sì, lo so. Me lo avete detto molte volte. Ma non credo avrà il coraggio di farmi qualcosa all’interno del Santuario. Anzi, sono sicuro che non lo incontrerò nemmeno.”

“Sì, questo è possibile. Cerca però di essere prudente, la situazione al Santuario sembra essere molto tesa.”

“Lo sarò.”

Un tonfo improvviso richiamò la loro attenzione. Il piccolo Shiryu era caduto nel fiume.

“Ho perso l’equilibrio, maestro. Risalgo subito!” Lo sentirono gridare mentre usciva dall’acqua. Mu e Dohko si guardarono e risero entrambi.

“Vai ad asciugarti subito o prenderai un raffreddore!” disse il vecchio sporgendosi verso di lui.

“Ma… Maestro, fa caldo!”

“Ah, la giovinezza…” mormorò sorridendo il vecchio.

Mu sorrise a sua volta, non potendo fare a meno di pensare ai giorni che aveva trascorso in quel luogo da bambino. Dohko aveva un grande cuore, era stato il suo secondo Maestro e anche un secondo padre. Nel periodo in cui era vissuto assieme a lui aveva recuperato un po’ della serenità che gli era venuta a mancare con la perdita di Shion. Anche negli anni successivi era sempre stato per lui un punto di riferimento, non solo un saggio insegnante ma anche un amico al quale confidare dubbi e paure e al quale rivolgersi per ricevere consiglio.

Shion gli aveva permesso di scappare, ma forse era stata la presenza di Dohko a salvarlo davvero.




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Mu - Cavaliere dell’Ariete
Paese di Origine: Jamir (tra Cina e India)
Età: 18 anni
Particolarità: Telecinesi, teletrasporto
Dohko - Cavaliere della Bilancia
Paese di Origine: Cina
Età: 260 anni circa
Kiki
Paese di Origine: Jamir (tra Cina e India)
Età: 6 anni
Particolarità: Telecinesi, teletrasporto







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Angolo di quella che scrive:

Innanzitutto, grazie a chi è arrivato fin qui! ^_^

Questo capitolo è un po’ un prologo alla storia, per forza di cose è molto descrittivo e poco avvincente, prometto che mi rifarò in quelli successivi. ^_^’’’

Come ho scritto nell’introduzione, vorrei che questa storia fosse accessibile anche a chi non conosce Saint Seiya quindi in questo capitolo iniziale mi sono dilungata a spiegare alcune cose che probabilmente ai frequentatori del fandom sono note, dal prossimo andrò avanti più spedita.
Anche per questo motivo, cercando di inquadrare meglio la situazione, ho fatto ricordare gli avvenimenti della Notte degli Inganni sia da Mu che da Dohko, personaggi che hanno per forza due punti di vista diversi; mi rendo conto che il risultato sia un po’ ridondante, magari più avanti ci darò una sistemata.
   
 
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