Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: LadyPalma    17/06/2019    7 recensioni
[Terza classificata al contest "Ti odio tanto che potrei morirne" indetto da Setsy sul forum di EFP e vincitrice del premio "Miglior coppia het"]
Cosa sarebbe successo se la nave che aveva recuperato Davos dopo la Battaglia delle Acque Nere fosse appartenuta ai Lannister? Il cavaliere delle cipolle viene fatto prigioniero e viene a crearsi un rapporto complicato con la regina madre.
[Cersei/Davos]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Cersei Lannister, Davos Seaworth
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dal fuoco nel fuoco


Dal fuoco era riuscito a riemergere, senza sapere precisamente come. Aveva visto suo figlio morire e sentiva il proprio corpo bruciare, però, ora che le voci della battaglia si erano dissolte nel buio, lui era ancora vivo. Forse, era stata ancora una volta l'acqua a salvargli la vita offrendogli una via di fuga da quel terribile fuoco verde, anche se avrebbe potuto finire presto per ucciderlo se fosse rimasto a lungo in mezzo alla Baia delle Acque Nere senza soccorsi.
Improvvisamente, una nave apparve nel suo campo visivo e continuò a muoversi verso di lui rispondendo ai suoi appelli.
La comparsa della nave era la risposta alle preghiere a un Dio superiore che non aveva mai formulato; dopo aver ricevuto un simile aiuto insperato, non si sarebbe di certo fatto scrupolo a chiedere aiuto a esseri concreti e mortali a solo qualche metro di distanza.
Era meglio morire nell'acqua piuttosto che nel fuoco.
Ma ancora meglio sarebbe stato continuare a vivere ancora un po'.
“Ho combattuto per il re.”
“Quale re?”
Il combattente esitò qualche attimo, in una nuova lotta - questa volta tutta interiore - tra l'onore e l'istinto di conservazione. Alla fine, dopo un rapido e infruttuoso calcolo delle probabilità, decise di affidarsi di nuovo alla casuale volontà di quegli dei in cui non credeva.
“L'unico vero re, Stannis Baratheon.”
Risposta sbagliata.
Troppo tardi si accorse della bandiera rosso e oro mezzo strappata.

 
**
 
Davos Seaworth aveva passato la nottata rinchiuso in una cella e poi era stato scortato da un paio di guardie di fronte al sovrano dei sette regni, che, purtroppo per lui, portava ancora il nome di Joffrey Baratheon.
“E così, a quanto pare avete catturato il temuto Cavaliere delle Cipolle!”
Il giovane re lo accolse con quelle parole, quasi sputando il suo soprannome e concludendo con una risata che risuonava di follia.
Nella Sala reale erano presenti i principali consiglieri, tutti uomini che il prigioniero aveva imparato a considerare come nemici ma che di fatto vedeva per la prima volta.
L'uomo che in base alle descrizioni doveva corrispondere al maestro del conio, Petyr Baelish, fece un passo avanti.
“Maestà, cosa dovremmo fare con Ser Davos?"
Joffrey si portò una mano sotto il mento e finse di pensare per un attimo. Ma il sorriso beffardo che si apriva sulle sue labbra era segno che un'idea si era già stagliata nella sua mente.
“È il Primo Cavaliere di Stannis e, nei riguardi del mio caro zio, suppongo di dover continuare il suo lavoro. Lui gli ha strappato le dita, io mi prenderò il gusto di strappargli il resto” sentenziò, battendo le mani, come per congratularsi da solo della sua eccellente trovata.
“Maestà, se permettete, credo che non sia una saggia idea. Potremmo tenerlo come ostaggio” tentò Lord Varys, facendo anche lui un passo avanti.
Il re batté le palpebre e poi rivolse all'eunuco un'occhiata raggelante.
“Credi davvero che mio zio farà qualcosa per riavere indietro uno stupido contrabbandiere? E intanto cosa dovrei farci? Metterlo nelle cucine a tagliare le cipolle?”
Mentre Joffrey ridacchiava della propria battuta, Varys e Baelish indietreggiarono e nessun altro osò intervenire. La morte di Ned Stark era troppo recente per non ricordare bene cosa succedeva nel tentare di salvare la testa a qualcuno: esattamente niente.
Tuttavia, prima che fossero stabiliti i termini della decapitazione, una voce si levò, calma e decisa. Non dalla schiera dei consiglieri stavolta, ma dalla destra del re.
“Riportate Ser Davos nelle segrete. Intanto qualcuno scriva a Stannis!”
“Ma madre...”
"Questa volta si fa a modo mio. Dobbiamo già affrontare una guerra con il Nord per colpa delle tue decisioni avventate... Cerchiamo di valutare bene ogni possibilità”
Davos alzò lo sguardo verso il trono. Mentre le guardie lo riafferravano per eseguire gli ordini, riuscì a incrociare per la prima volta lo sguardo dell'unica donna presente nella sala, la donna che aveva imparato a considerare il simbolo del male.
Perfida.
Ambiziosa.
Imprevedibile.
Promiscua.
Il sorriso di sfida che gli rivolse sembrava confermare tutte quelle voci e Davos per un momento desiderò essere morto nell'Alto fuoco piuttosto che dovere la propria salvezza a una donna come Cersei Lannister.

 
**
 
Non passò molto tempo prima che Davos vide di nuovo la regina. Solo due giorni dopo se la ritrovò nella sua cella: lunghi capelli biondi, un abito rosso cremisi e un'espressione di malcelato disgusto sul viso mentre lanciava occhiate all'ambiente poco regale in cui aveva messo piede. Decisamente una prigione non era il suo ambiente e se si era spinta ad una simile visita doveva esserci una ragione precisa dietro.
Specialmente perché si era portata dietro del vino e ora gliene stava offrendo un calice.
“Potete berlo, Ser Davos. Non è avvelenato.”
“Purtroppo direi” commentò lui con voce debole, ma di cui era ben percepibile il tono sarcastico.
Senza opporre resistenza, accettò il vino e se lo portò alle labbra, aspettando di scoprire a cosa quella mossa sarebbe servita. Come previsto, aveva appena preso un sorso, che Cersei iniziò a parlare, fissando le dita - o quel che ne rimaneva - dell'uomo, ora esposte nel reggere il calice.
“Stannis vi ha davvero tagliato le dita allora. Mi chiedo come mai vi abbia poi scelto addirittura come Primo Cavaliere dopo una simile punizione... E come mai voi abbiate accettato.”
Davos sorseggiò con calma il vino, nascondendo dietro il calice il sorriso ironico che si andava inevitabilmente formando sulle sue labbra. Una chiacchierata casuale, era davvero questo il metodo che sceglieva la regina per tentare di estrapolargli informazioni? Bene, l'avrebbe accontentata, e già che c'era avrebbe approfittato del vino, dato che, a quanto sembrava, per davvero non era avvelenato.
“Stannis è un uomo retto e onesto. Credo sarebbe un ottimo re - è un ottimo re” rispose alla fine, cercando di restare calmo, ma tradendosi già in quelle semplici parole.
Un lampo di divertimento comparve negli occhi della regina a quell'involontaria indecisione nella scelta di parole, notando allo stesso tempo un altro particolare.
“Non mi state guardando. Avete forse paura di me?”
Davos esitò solo per un istante, prima di alzare gli occhi di scatto.
“Vedete, se potessi fare qualcosa per salvarmi la vita lo farei, ma sappiamo entrambi che mi tenete prigioniero non per qualcosa che ho fatto ma per quello che sono. Avete nelle mani il potere di uccidermi. Certo che ho paura di voi, non sono uno stupido!”
Tanta era stata l'incertezza dell'uomo prima, tanta appariva la sua sicurezza adesso. Cersei alzò un sopracciglio, sorpresa da quella ammissione così sincera e sfrontata.
“No, non lo siete” assentì, piano. “Ma vi sbagliate a dire che non c'è modo di salvarvi. Rinnegate Stannis e proclamate la vostra fedeltà a Joffrey! Sarebbe un ottimo messaggio.”
L'uomo non finse neanche di valutare la proposta; nei suoi occhi - ora piantati forzatamente su di lei - c'era tutta l'amarezza nel dover rifiutare.
“Perché?” chiese lei, interpretando chiaramente la muta risposta. “È così importante per voi il rispetto della linea dinastica? Un uomo intelligente sfrutterebbe le sue opportunità.”
Quella domanda in qualche modo sembrò risvegliare una reazione più naturale nel cavaliere. L'allusione ai dettagli tecnici del potere gli provocò un moto di stizza e allo stesso tempo di disgusto.
“Non credo in nessuna stupida dinastia. Ero un contrabbandiere, il figlio di un venditore di granchi... Cosa me ne dovrebbe importare dei diritti dinastici?" le fece eco, dimostrandosi quasi offeso per quella che percepiva come una terribile accusa. "Non ho più una famiglia, non ho più uno scopo, non credo neanche negli dei... Però voglio credere negli uomini e nel combattere per avere un re giusto... E per ora non vedo migliore opzione di Stannis.”
Cersei restò a scrutarlo in silenzio. Difficilmente si era imbattuta in qualcuno che parlasse così apertamente e a cuore aperto senza passare per uno stupido. Nel giro di una breve conversazione, quell'uomo era riuscita a impressionarla in un modo che non aveva previsto. Sembrava il curioso anello di congiunzione tra Lord Varys e il defunto Lord Stark - la lungimiranza e l'acutezza intellettuale prestati al servizio dell'onestà e dell'onore. Che strano modo di giocare al gioco del trono. Il paragone più vicino che le venne in mente fu quello con suo fratello - quello che odiava - la cui innegabile mente acuta assumeva ora tramite Ser Davos una forma materiale più tollerabile.
Alla fine si alzò, in fretta, sottraendogli rapidamente il calice e bussando alla porta per richiamare le guardie.
“Vi consiglio di pensarci o tra le tante altre cose che non avete più, dovrete aggiungere anche la testa” sussurrò, lanciandogli un'ultima occhiata che voleva essere minacciosa.
Invece era più vicina a comunicare una strana forma di simpatia. Quel cavaliere senza dita le piaceva e non poté evitare di pensare che fosse uno spreco lasciarlo nelle mani di Ilyn Payne.

 
**
 
Rinchiuso per settimane e settimane in una cella, Davos riuscì comunque a fare delle conoscenze. Sia Varys che Ditocorto erano scesi a parlargli senza che manifestassero chiaramente il motivo della visita. Tuttavia, la persona più significativa, era il piccolo Tommen che si era ritrovato un giorno nelle celle rincorrendo la sua gatta e aveva poi preso la strana abitudine di andarlo a trovare quasi ogni pomeriggio. Era iniziata con una chiacchierata generica sugli animali e poi, già il giorno dopo, il principe si era offerto di aiutarlo a migliorare la scrittura e la lettura - abilità di cui suo figlio si era limitato a dargli solo una piccola infarinatura. Tommen era un bambino dolce, curioso e soprattutto buono; non ci volle molto per l'uomo ad affezionarsi a lui e a volergli offrire a suo modo la compagnia di cui era evidentemente carente, nonostante un intero castello disposto a servire la sua famiglia.
Gli ricordava la piccola Shireen, e sopratutto non gli ricordava per niente il fratello Joffrey.
Fu proprio al termine di una di quelle lezioni improvvisate che la regina comparve per la seconda volta nella sua cella. Con un cenno significativo del capo, mandò via il figlio, ma senza formulare un rimprovero.
“Vedo che siete riuscito a catturare l'attenzione di Tommen” gli disse, una volta entrata nella stanza. Stavolta sedendosi, non senza un'occhiata di disgusto, su una sedia malandata.
“Già. Mi meraviglio del fatto che non ha catturato l'attenzione di tutti voi, piuttosto. È eccezionale e non merita di essere trascurato” ribatté il prigioniero con convinzione.
A differenza della scorsa visita, sembrava aver acquisito più sicurezza. Infatti, la guardava ora dritto negli occhi. Quelle parole erano un'accusa chiara e normalmente l'avrebbero irritata, però stava parlando bene di Tommen con un calore che aveva visto raramente. Per di più, sembrava quasi volerla sfidare in nome del giovane principe senza la prospettiva di ottenere nulla in cambio. Doveva tenere davvero a suo figlio e la cosa le scaldava il cuore. I figli erano stati sempre il suo punto debole. Tutti. Anche Tommen che era quello che amava leggermente meno, forse perché era quello che le era uscito meglio.
“Ho saputo che vi ha insegnato a leggere e scrivere” disse dopo lunghi momenti di silenzio, optando per ignorare la provocazione. Solo per offrirne una a sua volta, sottoforma di una pergamena e una piuma. “Perché non mettete a frutto gli insegnamenti ricevuti e firmate questa dichiarazione?”
A Davos bastò una semplice occhiata per capire di cosa si trattava: una dichiarazione di riconoscere Joffrey come legittimo re. Un nuovo tentativo di estorcergli una sottomissione e che ovviamente doveva essere ancora rifiutato.
“Stannis vi ha abbandonato qui! Ha ignorato la nostra missiva in merito alla vostra prigionia! E voi vi ostinate ancora a difenderlo? Eppure non eravate un uomo stupido, o mi sbaglio?”
“Non è per Stannis. È per Joffrey” rispose lui, tranquillamente. Esitò leggermente, quasi come se non trovasse le parole adeguate, e poi fece un piccolo sorriso amaro. “È che Joffrey proprio non va bene.”
Cersei riprese in fretta foglio e piuma - un dejavu del precedente incontro quando invece di quegli oggetti c'era il vino. Era già pronta a bussare alla porta quando una nuova domanda del cavaliere la fece voltare di nuovo verso di lui.
“Allora, verrò giustiziato presto?”
La donna scrutò il suo viso segnato dalla rassegnazione e gli concesse un sorriso quasi divertito.
“Siete inutile adesso. Non avete informazioni e Stannis non vi vuole indietro. Siete talmente inutile che la vostra morte sarebbe superflua. La vostra unica risorsa è intrattenere Tommen, devo ammettere che lo fate bene.”
Con quella piccola concessione, picchiò finalmente alla porta. Uscì senza guardarlo indietro e interamente si complimentò con sé stessa per come aveva gestito la cosa. Aveva mascherato in una formula velenosa quello che a tutti gli effetti, nella sua mente, voleva essere un ringraziamento.

 
**
 
Si rincontrarono qualche mese dopo, in una sala del castello diversa da una cella. Tyrion Lannister era appena stato rinchiuso nelle segrete; Davos Seaworth ne era appena uscito.
“Cosa ci fate qui?”
Un sussurro di sorpresa in mezzo ad una valle di lacrime.
Davos avanzò nella stanza, fermandosi a pochi passi da lei, per rispetto piuttosto che per paura.
“Tommen mi ha fatto rilasciare ieri sera” disse semplicemente come spiegazione.
Cersei fece una smorfia e poi un sorriso quasi animalesco.
“Bene, che furbo siete stato a sfruttare la sua dolcezza. Ora siete libero di tornarvene dal vostro prezioso Stannis.”
Il suo tono era furioso e il suo sguardo lo era ancora di più. Lo fissava ma quasi non vedeva davvero chi aveva di fronte. Un pretesto per sfogare tutta la sua rabbia repressa, tutto il suo dolore.
“No, il mio re è qui” sussurrò lui, inaspettatamente. Sollevò una mano, quella buona, e le mostrò una pergamena con una firma in fondo. Era lo stesso foglio che gli aveva presentato lei - era identica, salvo per il nome del re. Da Joffrey a Tommen. “Penso che lui potrebbe essere un ottimo re e voglio credere in lui. Non mi interessa se è un Baratheon o un Lannister.”
Improvvisamente la rabbia della donna era svanita. Non sembrava neanche sorpresa, continuava semplicemente a guardarlo, il viso privo di qualsiasi espressione. Se prima non lo vedeva, adesso era come se non riuscisse a capirlo.
Davos attese per qualche istante, poi si schiarì la voce, sentendosi in dovere di rompere il silenzio.
“Mi dispiace molto per la vostra perdita”
Occhi bassi e un tono che voleva essere gentile.
Una risata amara uscì adesso dalle labbra di Cersei. Di nuovo, riemergeva l'irritazione.
"Vi dispiace? Non avevate molta simpatia per Joffrey o mi sbaglio? Siete libero perché lui è morto! Nessuno aveva simpatia per lui, state tutti gongolando per la sua morte!"
“È vero, non piaceva a nessuno” ammise lui, in tono incerto. Di sicuro quelle parole gli stavano richiedendo una buona dose di coraggio. “Però questo non importa. Era vostro figlio e voi state soffrendo.”
Cersei sbatté le palpebre un paio di volte, sentendo gli occhi di nuovo lucidi. Tra tutte le vuote frasi di circostanza dei sudditi e degli altri Lord e le pragmatiche operazioni di suo padre per sistemare la vicenda, nessuno si era mostrato comprensivo verso di lei. Perfino Jaime, l'uomo che considerava la sua ancora di salvezza e l'amore della sua vita, non aveva offerto nessuna autentica consolazione; l'aveva semplicemente presa contro la sua volontà davanti alla tomba del loro figlio.
E ora quest'uomo, che non era nessuno e che era stato imprigionato per mesi per colpa sua, le offriva la compassione di cui non sapeva di avere bisogno fino a quel momento.
Chiuse gli occhi per un attimo, tentando di ricacciare indietro le lacrime. Sentiva di stare per piangere e per evitare quell'impulso, si mosse verso il tavolo in modo da afferrare il suo calice di vino. Prima che potesse raggiungerlo però, il corpo le venne meno e il dolore la fece quasi ripiegare su se stessa. Non cadde a terra tuttavia: Davos fu pronto a sostenerla. In qualsiasi altra situazione, lei si sarebbe infuriata per un simile contatto e lui l'avrebbe lasciata andare immediatamente dopo.
Ma in quel preciso istante, lui non era un nemico ma l'unico insperato supporto che le veniva concesso.
E lei non era una donna perfida e abietta, ma solo una madre che aveva perso un figlio. Solo una donna distrutta.
Fu per questo che Cersei si gettò ancora di più tra le sue braccia e lui la tenne stretta per tutto il tempo mentre piangeva.
Non parlarono mai più di quello che era successo quella mattina.
Ma, dopo quella mattina, parlarono molto di tante altre cose.

 
**
 
La presenza di Ser Davos si rivelò fondamentale per Tommen, specialmente dopo la morte di Tywin, quando ebbe modo di far sentire di più la propria voce e assecondare la naturale bontà del giovane re. Nel giro di poco tutte le personalità più influenti a corte  - Tyrion, Ditocorto, Varys, Pycelle - erano spariti dalla circolazione e il cavaliere delle Cipolle, diventato a poco a poco consigliere non ufficiale, era tutto ciò che riusciva a strappare Tommen dalla doppia morsa della madre e della moglie. E, cosa ancor più strabiliante, riusciva a infondere quell'influenza mitigatrice senza risultare sgradito alle due donne.
Margaery lo trovava affabile e simpatico.
E Cersei... Era ancora ambigua verso di lui, a volte era scostaste e non gli lesinava le sue frecciatine velenose, però sempre più spesso lo invitava a bere un po' di vino, chiacchierare e chiedere consiglio su determinati argomenti. Che poi la maggior parte delle volte non li seguisse era un altro discorso, ma intanto era evidente che fosse pronta a considerare le sue opinioni. Non erano d'accordo su molte cose, ma di fronte all'Alto Passero - un altro ciarlatano con un dio in mente - si erano subito mostrati alleati.
Non aveva potuto impedire l'incarceramento di Cersei, però era riuscito a liberare Tommen dall'influenza della setta.
Non era stato lui ad accogliere con un mantello la regina madre dopo la camminata della vergogna, però l'aveva raggiunta poco dopo per offrirle un piano di fuga.
“Voglio bruciarli tutti. Tyrell compresi. Dirò a Qyburn di preparare tutte le scorte di Alto Fuoco.”
Nonostante le parole fossero terribili, stavolta la voce era ridotta a un sibilo calmo. Era furiosa, ma più di tutto era umiliata. Mentre lo guardava, i suoi occhi verdi brillarono come un fuoco - il verde di quel fuoco artificiale in cui Davos stava per morire già una volta.
“C'è un'altra via” le disse l'uomo, non nascondendo un brivido nel sentir parlare di quell'arma. “Bisogna eliminare questa maledetta setta e giustiziare l'Alto Passero. Ma senza altre coinvolgere altre persone, i Tyrell e gli innocenti, e soprattutto senza l'Alto fuoco!”
“Non mi interessa, Ser Davos, scelgo la violenza...”
Lui la scrutó per un po'. Non ricordava più quando aveva smesso esattamente di avere paura di quella donna, forse da quando aveva imparato a leggere nelle sue espressione la disperazione - o da quando lei glielo aveva stranamente permesso.
E quella era una scelta di disperazione.
“No” disse. A bassa voce ma con tono deciso. “Si può fare meglio di così. Non posso permettere che Tommen si macchi di questa cosa... Bisogna salvare tutto il buono che c'è in lui e il buono che è rimasto in voi!”
Cersei spalancò gli occhi e poi scoppiò in una risata amara.
“In me?”
Scosse la testa divertita e si portò il vino alle labbra
Davvero lui riusciva a vedere del buono in lei che era marcia fino al midollo e che si era macchiata di ogni crimine possibile?
Assurdo.
Eppure l'idea le piaceva. E le fece venire davvero la voglia di essere buona, almeno per una volta.
Così non diede mai l'ordine di far esplodere il Tempio.
 
**

 
“Avvicinatevi, non mordo mica” esordì Cersei non appena vide il cavaliere delle Cipolle attraversare la porta.
C'era qualcosa di strano in quell'incontro, anzi almeno due: il fatto che la donna lo avesse convocato per la prima volta nella sua camera privata e poi il sorriso innegabilmente malizioso che aveva sulle labbra.
Davos esitò. Non mordeva, forse. Però i leoni erano noti per graffiare. Adesso sì che si sentiva spaventato, in qualche modo lo atterriva molto più l'idea di essere suo amico che suo nemico.
“Avete giurato di servire questo regno e anche la Regina giusto, Ser Davos?” lo incalzò ancora, muovendo qualche passo felino verso di lui.
Aveva giurato di servire Tommen e non lei. Che poi tecnicamente non era più neanche la regina.
Però evitò tutte quelle obiezioni inutili e le andò incontro a sua volta.
Senza preavviso, lei lo baciò e, per quanto la cosa era razionalmente incredibile e anche insensata, a livello impulsivo rispondere a quel bacio era la cosa più giusta da fare.
Quando era stato imprigionato nella Fortezza Rossa, Davos non aveva mai immaginato di diventare il nuovo amante di Cersei Lannister ma ora sembrava l'unico epilogo possibile.
L'unico modo per poter salvare la sua bontà era sottrarne un po' da lui stesso.
L'unico modo in cui lei avrebbe accettato di perdere un po' della sua cattiveria era corrompere di malizia anche lui.
Parchè il confine tra bene e male era davvero sottile.
E per mantenere l'equilibrio, era necessario che i due estremi si mescolassero.
 
**

 
La dolcezza di Tommen e l'influenza mitigatrice di Davos non furono sufficienti a mostrare al mondo un'immagine diversa: il re era ancora un usurpatore e la madre una donna spregevole. Una guerra era destinata a giocarsi e non vi era modo di sottrarvisi. In pubblico, Cersei contattava possibili alleati e architettava nuovi stratagemmi per assicurarsi la vittoria, ma nel suo letto quando rimaneva solo con Davos mostrava tutto il suo disfattismo.
Una donna più giovane e bella di me verrà a prendere il mio posto - gli diceva, citando le parole che tanti anni prima le erano state predette - Tre figli e moriranno tutti prima di me.
Sciocchezze - ribatteva lui, che nelle profezie non ci aveva mai creduto. E riportava puntualmente il caso della Donna Rossa che aveva visto in Stannis il principe destinato a grandi cose, ma che con le sue parole lo aveva solo condannato all'ossessione fanatica e alla disfatta.
Cersei annuiva e si lasciava abbracciare da lui, in silenzio, fingendo di credergli. Di credere di non dover credere.
Però la regina più giovane giunse lo stesso, portando con sè due grossi draghi che nessun’arma poteva sconfiggere.
E così tutto finì esattamente come era iniziato, come se quello fosse l'unico modo in cui la storia poteva concludersi.
Nel fuoco.









NDA: Salve a tutti! Credo che questa sia la fanfiction più difficile che mi sia mai ritrovata a scrivere - adoro questi due personaggi, ma metterli insieme è stata una vera sfida. Il contest richiedeva di trattare una coppia crack: per chi mi conosce, sa che Davos e Melisandre sono praticamente canon, così come Cersei e Qyburn... Quindi la mia definizione di crack doveva spingersi un po' oltre xD
Fun fact: in un'intervista al cast in cui veniva chiesto con quale personaggio gli attori shippavano il proprio, Liam Cunningham ha risposto: "Cersei!" e poi ha aggiunto "O magari anche Melisandre, con una terapia di coppia". Che dire? Grazie a Liam è nato l'input di questa storia, ma aspettatevene presto un'altra sulla terapia di coppia con Melisandre! 
Spero questa storia improbabile vi sia piaciuta! Alla prossima storia!
   
 
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