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Autore: ellephedre    17/06/2019    4 recensioni
1. Minako al settimo giorno di vita del suo bambino.
2. Ami al secondo mese di vita del suo bambino.
3. Ami e Rei (prima della nascita). Una chiacchierata a quattro con Usagi e Makoto.
4. Minako al settimo mese di gravidanza. È un pochino giù, ma sa come consolarsi.
5. Usagi e Mamoru, al sesto mese di Chibiusa, a Natale.
6. Yuichiro e Rei (alla nascita di Iria).
....
18. Gen babysitter (con Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi)
19 - Profetessa (Iria, 7 mesi)
20 - Nato per essere padre (Iria, 2 mesi)
21 - Rei e l'istinto materno (7 mesi)
22 - Halloween (Adam, 1 mese - Rei incinta di otto mesi)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Maternità 18

Maternità/Paternità

 

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


 

18 - GEN BABYSITTER (per Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi)

  

Quel sabato, in teoria, Gen non avrebbe potuto passare la giornata con Makoto: si era prenotato per un lavoro di ristrutturazione, per dare una mano alla ditta per cui erano andati a lavorare i vecchi dipendenti di suo padre. Ogni tanto sostituiva qualcuno di loro, quando c'era di mezzo una malattia o un impegno. Gli piaceva racimolare qualche extra, per non continuare a tirare fuori soldi dalla quota del rimborso assicurativo che sua madre gli aveva destinato. 

I piani per il lavoro erano saltati quel giorno stesso: la moglie di Sato si era ammalata e così, invece di andare in gita in famiglia, Sato aveva la giornata libera. 

Gen gli aveva ceduto volentieri il posto. Con due bambini e un solo stipendio, Sato aveva sempre bisogno di qualche entrata in più.

Invece di chiamare Makoto, per avvertirla, Gen pensò di andare da lei senza dire nulla, per farle una sorpresa. Makoto gli aveva detto che avrebbe passato la giornata in casa, a rassettare e stirare, magari guardando qualche film romantico. Lui non avrebbe scombinato troppo i suoi piani. L'avrebbe aiutata a pulire e avrebbe guardato volentieri quello che andava a lei: dopotutto, non era quello che faceva un buon futuro marito? Suonò al citofono di casa sua.

«Sì?»

«Mako, sono io.»

«Gen?»

«Già.» Non udì più risposta.. «Non mi apri?»

«Oh, certo! Sali, sali!»

Divertito, lui percorse gli scalini due a due, arrivando rapidamente a destinazione. Quando Makoto tirò a sé la porta, lo salutò con un sorriso nervoso. «Non ti aspettavo.»

Gen si chinò a baciarla, entrando. «Che c'è? Ti ho beccato con l'amante?»

«Ghu.»

Il gorgoglio era uscito da un esserino alto meno di un metro che si teneva in piedi contro il divano. Adam Foster lo scrutava da sotto la frangia azzurro scuro. 

Makoto serrò la porta, cercando di non ridacchiare per il senso di colpa. «Ho un paio di ospiti in casa.»

Gen si tranquillizzò subito. «C'è Ami?» Guardò in direzione del bagno.

«Uhm, no. Iria è là sul letto che dorme.»

Cavolo. Makoto si era messa a fare da babysitter a entrambi i figli dei suoi amici. «E così hai realizzato il tuo sogno.»

Ridacchiando, lei si diresse dal piccolo Adam, prendendolo in braccio. «Mi sto divertendo un sacco. Avevo offerto ad Ami di tenere il bambino quando voleva nel weekend. Me lo ha portato oggi, perciò ho provato a chiedere a Rei se per caso volesse un pomeriggio libero da Iria...»

«Te l'avranno lasciata in un baleno.»

«Non essere cattivo! Vieni a guardarla, su. Hai visto com'è tenera mentre dorme?»

Ai piedi del letto, Gen offrì a Makoto il sorriso di rito, quello che lei si aspettava di vedergli in faccia.

Makoto mise su il broncio. «Come fai a non trovarla bellissima?»

Lui tenne bassa la voce. «Certo che è una bella bambina. A spaventarmi sono i suoi pianti.»

«I bambini piangono. Non sempre poi, guarda Adam. È tranquillissimo.»

Il piccolo Foster osservava la figura dormiente della giovane Iria Kumada con un luccicchio di sfida negli occhi. 

«Non dovremmo parlare più piano?»

«Iria-chan ha il sonno pesante, nessun problema. Comunque, che ci fai qui?»

«Oggi alla fine non lavoro, Sato si è liberato.»

Makoto lanciò un'occhiata al piccolo Foster, che la osservò pensieroso di rimando.

«Se vuoi rimanere sei il benvenuto, ma l'ultima volta, con Iria...»

Gen ricordava bene cos'era successo: la figlia di Rei e Yuichiro aveva pianto a squarciagola per mezz'ora di fila. Non c'era stato verso di calmarla, pareva che la stessero torturando. Era un miracolo che i vicini non avessero chiamato i servizi sociali.  «Era la prima volta che stava da te. Magari oggi farà meno storie.» Pur rischiando l'incolumità delle sue orecchie, voleva essere ottimista.

Makoto apprezzò la sua buona disposizione. «Sicuramente andrà così. Ehi, non ti ho nemmeno salutato come si deve.» Si avvicinò per baciarlo sapientemente sulla bocca. Quando si staccò, una minuscola mano rimase aggrappata alla felpa di lui.

«Oh, ti vuole. Lo prendi in braccio?»

«Massì.» Ricevette il bambino contro il petto. Col figlio di Golden Boy non si trovava male, era un piccolo che non faceva storie e soprattutto non piangeva quasi mai. Lo sistemò nell'incavo del gomito, guardandolo nei profondi occhi blu. «Tu sei un piccolo adulto in miniatura.»

Il bambino gli batté lo sterno col palmo. «En!»

«Sì, io sono Gen. Tu sei Adam?»

Goldie esplose in un sorriso, guardando da lui a Makoto. 

Che bravo, conosce il mio nome!

Gen cercò di non ridere troppo forte.

A Makoto brillarono gli occhi. «Gli piaci.»

«È un bambino sveglio.» E soprattutto calmo. «Se avessi un figlio, vorrei che fosse come lui.»

Il sorriso di Makoto morì per un attimo al ricordo dei figli biologici che non avrebbero potuto avere insieme.  «Un giorno sarai un bravo papà per qualunque bambino.» Lo aveva affermato con un pizzico di tristezza.

Lui non voleva più vedere quell'espressione sulla sua faccia. «Ti è passata, vero? Ora hai capito che non mi dispiacerà adottare.»

Lei annuì più volte. 

Per lui era importante farla stare meglio. «Mi basta solo che passino un po' di anni.» 

Makoto si intenerì. «Anche io non sono ancora pronta a diventare mamma. Sfogo i miei istinti materni con questi nipotini onorari.»

«Che cosa stavi facendo fare ad Adam? Esercizio di camminata per la casa?»

«In realtà me l'hanno lasciato solo venti minuti fa. Quando hai suonato, credevo che Ami e Alex fossero tornati indietro perché avevano dimenticato qualcosa. Volevo mettermi a cucinare con lui.»

«Cucinare?»

«Sì, sul tavolo basso. Lo avrei fatto divertire con l'impasto, come col pongo.»

Era un'idea. 

«Mi stavo disperando perché mi manca la farina. Ti rendi conto? Ne compro talmente tanta per il negozio che la dimentico per casa mia.»

«Vuoi che vada a prenderla io?»

Makoto si illuminò. «Lo faresti? In realtà mi mancano un po' di cose, dovrei farti una lista.»  Scalpitando, lei girò per la stanza in cerca di un foglio e quando lo trovò faticò a recuperare una penna. «Perché da qualche tempo non trovo mai niente?» Era in difficoltà e mentre scriveva cercava di darsi una mossa. Probabilmente quel giorno avrebbe dovuto fare la spesa, ma si era lasciata conquistare dall'idea di gestire Adam e Iria insieme.

Gen sapeva che si sarebbe pentito dell'offerta, ma non poteva vederla così nervosa. «Vuoi andare tu al supermercato? Rimango qui io.»

Makoto si lasciò sfuggire un enorme sospiro di sollievo. «Davvero? Vado e torno subito.» Si diresse come un fulmine verso l'ingresso.

«Prendi quello che ti serve, non correre. Cioè, non correre, ma cerca di tornare prima che...»

«Prima che Iria-chan si svegli» terminò per lui Makoto. Si immobilizzò. «Se si sveglia, cosa fai?»

Gen puntava su un'arma segreta. «La distraggo con questo ometto qui. Insieme sono due terremoti, no?»

Makoto rise. «Infatti.» Aveva già indossato la borsa. «Ah, se piange troppo, controllale il pannolino.»

Chiuse la porta dietro di sé, non lasciandogli modo di rispondere alla minaccia.

Nel silenzio della casa, Goldie girò la testa verso di lui, in cerca di risposte.

Gen però aveva a sua volta una domanda. «Adesso che si fa?»

Il figlio di Alexander si guardò intorno e si gettò d'improvviso in avanti, incurante dell'altezza. Gen afferrò il suo peso con la mano libera, comprendendo le sue intenzioni. «Vuoi scendere? Vai.» Lo depositò sulla moquette, rimanendo a osservare cosa faceva. Aveva sentito che il piccolo Adam, che si avvicinava all'anno di età, aveva iniziato a camminare da due settimane. A quanto pareva, per quante volte cadesse, si stava esercitando con determinazione a procedere sulle sue sole gambe, lontano da qualunque supporto. Lo vide deambulare a braccia aperte verso uno zainetto colorato depositato accanto al divano.

«È roba tua?»

Adam la indicò col dito. «Muu!»

Mu?

Gen si chinò per aprirgli la cerniera, per agevolarlo in qualunque cosa volesse prendere. 

Il bambino tirò fuori un orsetto di peluche. Senza degnarlo di un'occhiata, lo gettò a terra. Poi afferrò da dentro lo zaino, con entrambe le mani, una specie di pianola per bambini, strattonando con così tanta forza da ricadere sul sedere. Non si lamentò: lo aveva protetto il pannolino e aveva il suo trofeo. «Muu!»

Gen capì cosa intendeva dire solo quando Adam sollevò la mano per premere un tasto col disegno di una mucca. La scena avvenne come al rallentatore, con lui che si sporgeva per bloccarlo.

«MUUU!»

Il suono elettronico, squillante, riempì l'intero appartamento.

«Ueehhh....»

Oh, no, no.

«UehhheeeeeeeeeAAAAAAAHHHHH!»

Maledizione.

Si voltò verso l'esserino che agitava mani e gambe sul letto.

«Ehi, calma....»

Nell'udire la sua voce, Iria Kumada lo individuò e gridò più forte.

Gen sollevò Adam da terra, in fretta. «Guarda chi ho qui.»

Glielo appoggiò sul letto, accanto, sperando che la vicinanza sortisse qualche effetto. Quello che successe fu che, quando Iria vide il suo amico, si voltò di lato con tutto il corpo, con incredibile energia, per sfuggirgli, rotolando verso il bordo del materasso. 

«Merd-!» Gen saltò in avanti, afferrandola all'ultimo momento con la mano. Per un istante Iria dondolò con metà corpo per aria.

Lui riuscì a tirarla a sé. «Non ti suicidare!»

«UAHHHHHHHHHH!»

Lo spavento l'aveva traumatizzata. Non sapendo che fare di lei, per un momento la lasciò sdraiata, ma vedendo che la piccola cercava di tirarsi su, la aiutò con una mano dietro la schiena. Toh, era cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista: era più stabile - meno neonata e più bambina. Il suo amico Adam si avvicinò per consolarla.

«Ecco, fa' qualcosa.»

Ma il giovane Foster diede alla sua compagna piangente una spintarella sul petto, che la zittì di colpo.

«Ehi, sii gentil-»

Prima che fosse riuscito a finire, Adam aveva spinto Iria all'indietro con entrambe le mani, mandandola a gambe all'aria.

«UAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!»

Gen afferrò Adam e lo esiliò sul pavimento. «Eccheccavolo!» Si torturò da solo prendendo Iria tra le braccia, con le sue urla a pochi centimetri dalle orecchie.

«Su, dài. Non è successo nulla!» 

Dondolò come un deficiente.

«UAHHHHHHHHHHHHHHH!»

Per l'esperienza accumulata la volta precedente, si sedette per terra e mise Iria seduta davanti a lui, maneggandola con la delicatezza di un pacco bomba.

«È stato cattivo, lo so!»

«UAHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!»

Recuperò uno dei giochini di Adam - il peluche. «Ecco, tieni questo. Glielo rubiamo.»

Iria passò dal pianto al singhiozzo.

«Bello, hm?»

Cercò un fazzoletto da passarle sulla faccia bagnata mentre lei rigirava tra le mani l'orso.

Adam osservava la scena indignato. «Uah!»

Zitto, tu. Per evitare una seconda catastrofe, non sgridò Goldie. Si sporse a prendere la sua pianola e la mise tra i due contendenti, per evitare che Adam raggiungesse la sua nemica.

«Sotto sotto sei dispettoso. Come tuo padre.»

Adam crollò a terra sul pannolino e si dedicò a digitare sulla pianola.

«MUUU!»

«BEEHH!»

«MIAO!»

Gen cercò disperatamente i tasti del volume, ma quando si accorse che Iria aveva smesso di piangere, affascinata, abbassò il suono di una singola tacca. Intravide il prossimo problema nel momento in cui lei mollò l'orso di peluche, per dirigersi gattonando verso la pianola.

Adam vi si gettò sopra con tutto il corpo, per impedirle l'accesso. «NAHH!» Nell'aria si diffusero i versi di tre animali contemporaneamente.

Il viso della piccola Kumada si deformò in una smorfia disperata.

Gen dovette imprimere forza per tirare via dal giocattolo il suo proprietario. «Non sai condividere, hm? Facciamo così.» Con una mano premette quella di Adam su un tasto nuovo, quello che emetteva il verso del cavallo.

«IH-HIIII!»

«Ih-hiii!»

Sentendolo ripetere il verso, i bambini voltarono entrambi la testa nella sua direzione.

Gen non si era mai sentito più cretino in vita sua. 

Afferrò una mano di Iria e la posò sulla figura di un maiale.

«OINK-OINK!»

Deglutì la propria dignità e imitò il suono. «Oink oink.»

Il piccolo Foster applaudì i suoi sforzi, battendo scordinatamente le mani. Gen sperò che la sua performance fosse stata sufficiente. «Visto come si fa? Uno alla volta.»

Tenendo i polsi di entrambi, usò prima la mano di Adam per far partire di nuovo il verso della pecora e poi permise a Iria di liberare il miagolio del gatto. Sul faccino della piccola Kumada spuntò un primo sorriso.

«Okay. Riuscite a gestirvi da soli ora?»

Quando li lasciò andare, si buttarono entrambi sulla pianola.

«No!» Con estrema pazienza, annoiandosi a morte, stette a coordinarli mentre pigiavano a turno sui tasti. Ancora non aveva asciugato la faccia di Iria.

«Se mi alzo, scatenate l'inferno?»

Adam non lo ascoltava più. Dopo aver premuto per l'ennesima volta il verso del gatto, provò infruttuosamente a imitare il suono. «Mii! Mii-!»

Gen comprese. «Tu hai un gatto, vero? Lo hai sentito fare miao?»

Adam ripeté il vocalizzo, sentendosi intelligentissimo.

La piccola Kumada si era appropriata della pianola, schiacciando in libertà tutti i tasti.

Fidandosi del maggiore autocontrollo del figlio di Ami e Alexander, Gen lo sollevò da terra. «Lasciala giocare un attimo, io e te dobbiamo cercare dei fazzoletti.»

Adam però si sporgeva verso il pavimento, col braccio allungato. «Ahhhh....»

Gen non ci stette. «No.» Gli parlò da uomo a uomo. «Prima hai fatto male a buttare Iria giù. Capito? Non si buttano giù le bambine.» Aveva reso la voce dura mentre lo diceva e Adam non rispose, fissandolo con un misto di senso di colpa e risentimento. A Gen non importava che non capisse quello che diceva, era convinto che il succo del messaggio stesse passando. 

Riuscì ad avere qualche secondo di pace mentre rovistava nei cassetti di Makoto. Trovò i fazzoletti, ma prima di tornare da Iria depositò Adam accanto al proprio zaino. Lo svuotò del contenuto davanti a lui, per distrarlo. «Ecco a te.»

Il piccolo Foster ispezionò con attenzione i vari giochi.

Da due metri di distanza, Iria si era accorta della profusione di nuovi giocattoli. Mise da parte la pianola e gattonò in avanti, decisa, verso il suo obiettivo. Gen fermò anche lei. «Aspetta.»

Le passò il fazzoletto su tutta la faccia, con Iria che si agitava per allontanarsi.

«Un po' di pazienza.»

Sentì che la bambina spingeva via la sua mano per abbattersi sui giocattoli, senza alcun rispetto, e capì che era il momento di un po' di disciplina anche per lei. «No.» La afferrò con un braccio e si sedette a gambe incrociate sul pavimento, mentre Iria già ricominciava a piangere. «No» ripeté, manovrandola per averla davanti. «Si gioca bene o non si gioca, è chiaro?»

Il tono perentorio aveva incatenato gli occhi viola della piccola Kumada ai suoi. Le tremavano le labbra. Gen la mise a terra, tenendola sul petto con una mano. «Puoi giocare senza avere per te tutte le cose.» Afferrò un mazzo di chiavi di plastica colorate e gliele mise in mano. «Ecco, prova.»

Iria girò le chiavi tra le piccole dita, poi le reputò troppo noiose per attirare la sua attenzione. Le buttò via.

Gen pescò un altro dei giochi che Adam stava ignorando, selezionando questa volta delle ciambelle che andavano infilate su un palo, per comporre una piramide. «Questo ti piace, no?»

Iria vi si intrattenne solo per dieci secondi, poi buttò via una delle ciambelle, lontano.

Gen comprese. «Sei pretenziosa!» 

Ridendo la girò tra le mani, per guardarla di nuovo in faccia, e nella sua espressione scocciata, nel suo modo di essere, vide in toto Rei Hino. «Io so a chi somigli, sai?»

Iria sembrò cogliere un pizzico dello scherzo, sollevando un angolo della bocca. Quando non piangeva e non urlava era davvero carina.

«Somigli alla mamma!» terminò lui e strofinò il naso contro la sua pancia, senza riuscire a fermarsi.

«Alla mamma!» continuò a ripetere Gen mentre la tormentava, causandole un cumulo di risa.

Distratto dal silenzio, guardò oltre le spalle di Iria.

Adam Foster li fissava da seduto, con in mano una macchinina, convinto di trovarsi davanti due idioti.

Gen si schiarì la voce. «Ora capisco perché non andate d'accordo.» Liberò Iria nelle vicinanze dell'amico assieme a cui sarebbe cresciuta. «Il tuo papà e la sua mamma non si sono mai piaciuti troppo, non sono compatibili. Ma loro si sono conosciuti da adulti, voi siete praticamente nati insieme. Fate vincere le metà migliori di voi, okay? Tu la mamma» indicò Adam. «E tu il papà» disse ad Iria, che lo ignorò bellamente andando a strappare l'automobilina di mano ad Adam.

Il figlio di Alexander non gridò, non ne aveva bisogno. Con la sua maggior forza trattenne la macchinina e allontanò le dita della sua rivale con una manata.

Iria ricominciò a piagnucolare. Gen sollevò gli occhi al cielo, rassegnandosi all'inevitabilità del suo intervento.

Mettendosi in mezzo ai due bambini, direzionò i loro giochi, evitando altri spargimenti di sangue.

Venti minuti dopo, Makoto tornava trafelata a casa. Si precipitò all'interno dell'appartamento con le chiavi. «Com'è andata, tutto bene?!»

Gen era sdraiato a terra, come morto, con Iria sopra di lui che gli tirava le labbra.

Makoto scoppiò a ridere. «Cosa ti sta facendo?»

«Mi uccide» bofonchiò lui a occhi chiusi. 

Adam girava attorno al tavolo con un aereoplanino in mano, tentando di non cadere mentre camminava. Makoto andò a salvare Iria da Gen - o viceversa.

«Si è svegliata? Ha pianto tanto?» Udì un lamento dalla bambina proprio mentre la prendeva in braccio.

«Ha pianto poco. L'ho distratta.»

«Davvero?» Ma Iria-chan stava cambiando idea proprio in quel momento.

«No, tesoro, non essere triste! Guarda cos'ho qui per te!» Makoto andò al frigorifero e le fece vedere uno yogurt per bambini. La figlia di Rei smise subito di lamentarsi.

«Hai visto? Lo so che ti piace! È buonissimo, vero? Adesso cerchiamo un cucchiaino...»

Adam aveva visto cosa teneva in mano. «Ah! Ah!» Ne voleva a sua volta e per il cibo retrocesse a vocalizzi adatti a un bambino della sua età.

Gen si mise seduto. «Perché non mi hai detto di questo trucco?»

«Mi è venuto in mente adesso. Puoi prendere Adam in braccio? Li nutriamo insieme, così non piangono.»

Lui non poté far altro che osservare la felicità con cui Makoto si apprestava a far mangiare i bambini. Per Adam gli passò un bavaglino, perché a quanto pare il piccolo Foster già pretendeva di mangiare da solo.

«Mako?»

«Hm?» Lei si era sistemata accanto al tavolo con Iria in braccio, imboccandola estatica. 

«Ho tenuto questi due per un quarto d'ora e volevo spararmi.»

Makoto non gli credette neppure per un istante. «Ti stavi facendo fare di tutto da Iria! Ti aveva sottomesso.»

«Sì, ma... avere a che fare con un bambino è come dover imparare una nuova lingua. Alla fine non è così divertente.»

«Mi stupirei se ti piacesse fare il babysitter, ma di che ti preoccupi? Sarà una cosa che succederà al massimo una volta al mese e non devi venire ad aiutarmi.»

«Lo dicevo perché... Magari ti veniva in mente di adottare tra due o tre anni.»

Lei diventò seria mentre dava da mangiare alla figlia della sua amica, che accoglieva vorace ogni boccata. «Non credo, è troppo presto. Non avremo tempo per un bambino. Inoltre, quando diventeremo genitori, dovremo volerlo entrambi. Aspetteremo fino a che non sarai pronto. Anche se secondo me non ci metterai tutto il tempo che credi.»

Gen sapeva che sarebbe finita così. «Perché?»

«Perché stavi ridendo mentre Iria ti stropicciava la faccia. E da fuori la porta ti ho sentito fare dei versi, per farla ridere.»

Gen si dedicò a pulire la bocca di Adam, senza ingannare Makoto. 

Lei iniziò a parlare ad Iria. «Cosa ti ha fatto lo zio Gen? Ha giocato con te? Ti ha coccolato? Ti vuole un mondo di bene, lo sai?» Strofinò la faccia contro quella di Iria, riempiendola di baci.

L'immagine intenerì talmente tanto Gen che per un momento pensò che, forse, non gli sarebbe dispiaciuto se...

Ma per fortuna, per loro, mancava tanto tempo.

 

18 - GEN BABYSITTER (per Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi) - FINE

 


 

NdA: DEVO sapere cosa pensate di Gen in queste vesti :P Ditemelo! :D

 

Elle

 

 

P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato alle mie storie: Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

 

 

   
 
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