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Autore: SilenceWriter    18/06/2019    1 recensioni
2554. L’essere umano, nel corso dei secoli, si evolse eccessivamente, soprattutto nel campo tecnologico, compiendo azioni inimmaginabili; ma fece un unico errore: entrò in contatto con altre forme di vita, attirando la loro attenzione.
Arrivarono sulla terra, presentandosi come gli antichi dei che si venerava in passato. Ma l’uomo non era più fatto per sottostare: era capace di creare la vita, di generare l’impensabile, di sovrastare la natura stessa. Ed il conflitto arrivò.
L’umanità perse, costringendosi ad una rapida regressione.
Il mondo era dilaniato, distrutto. La tecnologia dimenticata, così come il passato, ed i tanto amati quanto odiati “dei”, se n’erano andati, risparmiando i loro nemici.
Alcuni si erano adeguati a quell’umiliante esistenza, ritirandosi ad una miserabile e povera vita, scontrandosi tra loro per la sopravvivenza; ma parte dell’umanità non aveva ancora chinato il capo: rimembrando i loro gloriosi tempi, altro non bramavano se non vendetta.
Erano convinti che sarebbero
risorti assieme ad una nuova alba, o con le buone, o con le cattive.
L’essere umano poteva perdere tutto, tranne la sua ambizione: avrebbero preso “la divinità agli dei”, dimostrando loro chi era superiore; oppure avrebbero fallito miseramente.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ibrido


 

Il misterioso cantastorie se ne stava seduto su un barile vuoto, con le mani allungate verso il fuoco, così da riscaldarle dal freddo della notte. Il suo volto era coperto da un casco integrale, che sembrava essere quello di una moto, di colore nero, decorato da numerose scritte, e la visiera, anche essa scura, era abbassata, così da nascondere lo sguardo; inoltre, indossava delle vesti logore e malandate. Più che un cantastorie, sembrava un bandito, o un folle vagabondo; ma a nessuno dei presenti importava, volevano solo sentire una narrazione.

L’uomo si schiarì la gola, per poi iniziare. -Non è successo molti anni fa. Non è una leggenda, non è un mito. È solo una storia- 

La sua voce era talmente profonda e calma, da sembrare irreale.

-Parla di guerra, dolore, disperazione, perdite e sconfitte...- 

-Ne abbiamo già abbastanza!- fu interrotto bruscamente da una giovane donna, che in grembo portava un bambino eccessivamente magro per la sua età, col volto solcato da due profondi occhiaie. L’uomo misterioso le lanciò un’occhiata divertita, accompagnata da un sorriso indecifrabile, nascosto dal casco. -Dicevo...- riprese, ignorandola. -Che è una storia, e non una favola. È una storia reale, e come il nostro mondo è piena di sofferenze, e gioie-

La giovane madre, nel sentire l’ultima parola, parve calmarsi, ed assunse un’espressione più tranquilla, tornando ad accarezzare gli sporchi capelli di suo figlio, il quale fissava con curiosità il cantastorie. 

-Ci saranno anche vittorie, sorrisi, amicizie ed amori. Ma...- si fermò, alzando l’indice in aria, così da attirare maggior attenzione. -Ma non vi assicuro un lieto fine-

Altri si sedettero attorno a lui per sentire la narrazione, incuriositi da quella strana figura, e dalla sua particolare voce.

-Il tutto cominciò quella notte...-

 

-Sei sicuro che funzionerà?- 

Lo scienziato lanciò un’occhiata indignata al suo aiutante, per poi roteare il suo unico occhio, sospirando. -È tutta la vita che ci lavoro- iniziò, fissando l’ago della siringa che reggeva delicatamente in mano. -Non posso fallire. I nostri antenati riuscivano a creare la vita tramite il loro ingegno-

Afferrò il candido braccio della cavia, che stava sdraiata ed inerme sul lettino del laboratorio, e puntò l’ago verso la sua vena; ma si bloccò quando venne nuovamente interrotto. -Ma, signore, gli antichi utilizzavano le loro menti per procreare la vita-

Lo scienziato scoppiò in una fragorosa risata. -Sì, così come stiamo facendo noi. Usiamo la mente per pensare, e mettiamo in pratica le mani per formare- disse con tono secco e sgarbato, per poi concentrarsi nuovamente sulla bianca pelle, che lasciava intravedere una striscia blu. 

Avvicinò la punta dell’ago alla vena, trattenendo il tremore della mano: era emozionato, impaziente di dare la vita alla sua creazione; d’altra parte, il suo aiutante non la pensava nella stessa maniera. -Signore...-

Lo scienziato lo ignorò, concentrandosi sull’iniezione. Lasciava che il liquido blu scorresse lentamente nel sangue dell’esperimento,  e più la siringa si svuotava, più la sua eccitazione cresceva; nel mentre, il giovane ragazzo che lo affiancava si guardava nervosamente intorno, seppur fossero soli, consapevole di star assistendo ad un errore. 

-Signore, è sbagliato tutto questo! Non sapremo nemmeno se riuscirà a sopravvivere. Una creatura simile non può esistere! Stiamo andando contro la natura stessa! Stiamo ricommettendo gli errori dei nostri avi, e sa benissimo che...- si bloccò improvvisamente: il suo sguardo era incollato sulla cavia, che aveva aperto gli occhi di scatto, appena lo scienziato le aveva tolto l’ago dalla vena. Contemplava quelle iridi gialle, pigmentate da delle sfumature rosse, e quella pelle, che lentamente stava assumendo un colorito più acceso, pur rimanendo eccessivamente bianca. Spostò l’attenzione sulle particolari righe rosse situate nei suoi zigomi orizzontalmente, e sulla sua fronte verticalmente, che iniziarono a brillare. I suoi occhi percorsero il corpo nudo della creatura, dalla punta dei piedi ai capelli, che erano di un blu innaturale: se non fosse per le altre insolite caratteristiche, aveva le strutture fisiche di un essere umano. 

Ci fu un lungo momento di silenzio, finché il ragazzo non ebbe il coraggio di parlare. -Ed ora?- chiese, cercando di rimanere impassibile dinnanzi all’ibrido che avevano creato, ma lo scienziato lo ignorò; quest’ultimo era concentrato ad analizzare ogni particolare della creatura, che ancora non aveva sbattuto ciglio. 

-Sì, sì. È tutto come avevo architettato... Hm, per quanto riguarda la dentatura- tacque per un istante, avvicinando le dita alla bocca della cavia, per poi sollevarle parte del labbro. -Curioso... è identica a quella umana, se non fosse per l’esistenza di quattro canini eccessivamente lunghi- osservò, per poi ridacchiare. -Fa quasi paura!-

L’aiutante deglutì, cercando di ignorare la follia di quell’uomo. Strinse i pugni, trattenendo la frustrazione che gli stava aumentando, ma non fu capace di tenere a freno la lingua. -Allora?! Che vogliamo fare, adesso?!-

Lentamente, lo scienziato si volse verso di lui, inarcando l’unico sopracciglio. -Attediamo che il suo corpo smetta di essere in questa specie di coma, e...- 

Le sue parole vennero improvvisamente interrotte da uno scoppio: entrambi si voltarono di scatto verso l’entrata, e videro che la porta di ferro era esplosa, lasciando libero il passaggio. Dietro la nube di fumo, apparvero delle misteriose figure, che in fretta i due riconobbero: erano uomini ben armati, vestiti completamente di nero da una specie di armatura ed un elmo.

Il Governo.

 I loro fucili erano puntati verso lo scienziato, ma non in direzione del suo aiutante, che aveva appena assunto un’aria pacata e serena, cambiando completamente atteggiamento. Sorrideva compiaciuto, fissando con la coda dell’occhio l’anziano al suo fianco. -Grazie per il tuo contributo. Il Governo ti ringrazia, e ti concede un prezioso dono- annunciò con tutt’altro tono, mostrandosi sicuro ed autorevole. Schioccò le dita, ed i soldati si precipitarono verso lo scienziato, che pareva scioccato, immobilizzandolo; costui fu trascinato via dalla stanza, incapace di ribellarsi, seppur riuscì a trovare le parole per maledire il suo traditore. -Che tu sia maledetto! Me la pagherai! Arriverà il giorno in cui verrete distrutti, tutti quanti! Dannati mostri!-

Le parole del vecchio si fecero sempre più incomprensibili e distanti, mentre veniva portato via. Il giovane rimase impassibile, mantenendo il suo spietato ghigno sul volto. -O con le buone, o con le cattive-

Alzò le spalle con noncuranza, per poi voltarsi verso l’esperimento, ammirandolo con la stessa brama che abitava lo sguardo dello scienziato. Avvicinò una mano alla chioma bluastra, accarezzandola amorevolmente. -Vedranno di cosa siamo capaci. Ci hanno preso alla sprovvista, quel giorno, ma la ruota gira- sibilò con odio, assumendo un’espressione indecifrabile, mista tra la rabbia ed il dolore. -Quel folle ha dato lustro all’intera umanità, ma il suo obiettivo era errato- continuò, parlando con più determinazione. -Non sei destinata ad altro se non ad essere un’arma- concluse, allontanando di scatto la mano, e portandosela dietro la schiena, insieme all’altra. -Badate al mostro- ordinò agli uomini armati, voltandosi verso di loro; questi non attesero altro: accorsero verso l’ibrido, ma si fermarono quando videro i suoi occhi aperti. Il loro superiore sbuffò, passandosi una mano sui capelli corvini, come a volersi sbarazzare della tensione. -Non è cosciente, ma presto lo sarà, se non vi sbrigate, ed il suo risveglio non sarà piacevole-

Dopo il suo avvertimento, i soldati, prima esitanti, agirono, usufruendo dell’attrezzatura che si erano portati appresso per catturare l’esperimento; mentre loro procedevano, il ragazzo continuava a contemplare la creatura con un’insolita luce negli occhi.

Quella sarebbe stata la svolta per il destino dell’essere umano, la dimostrazione che loro erano capaci di qualsiasi cosa. Avrebbero ottenuto la loro tanto attesa quanto bramata vendetta, e quello era solo un passo per attuare il loro piano.

Era l’inizio di una nuova era.

Era la loro alba.

Lanciò un’ultima occhiata all’ibrido, prima che lo portassero via dal laboratorio, e rimase per alcuni istanti lì, fermo dinnanzi al lettino. Analizzò una goccia bluastra, situata sul giaciglio dell’esperimento, e vi avvicinò l’indice, coperto dal guanto di gomma. Sfiorò il liquido, per poi avvicinare il dito al suo volto, contemplandolo per un lungo istante. -Si chiamerà Sahar-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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