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Autore: Corydona    20/06/2019    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Era una sera scura e senza stelle, quella che vegliava sul viaggio della Millenaria. Flora era appena uscita da sottocoperta, quando vide Arturo e Claudio destreggiarsi con le spade. Li osservò per qualche momento: il mercenario cercava di istruire il contadino sulle tecniche di base, ma il compito si stava rivelando più arduo del previsto. Al giovane di Defi continuava a scivolare l’impugnatura della spada dalla mano, aveva un equilibrio precario e ogni volta in cui provava ad attaccare era molto più che prevedibile, tanto che il soldato parava ogni suo colpo con estrema facilità e con aria quasi annoiata.

La principessa sospirò e alzò lo sguardo verso la poppa, dove Virgilio stava manovrando il timone. Decise di raggiungere il capitano della nave: la sua compagnia sarebbe stata più piacevole dello spettacolo che i due duellanti le offrivano. Percorse la breve scalinata continuando a lanciare occhiate ai giovani sul pontile: Claudio non si faceva affatto valere, notò la fanciulla con disappunto. Era un ragazzo di buon cuore, un amico sincero e leale, ma in quanto a destreggiarsi con le armi era sempre stato un disastro.

Flora si appoggiò alla balaustra, ripensando a quel fresco pomeriggio d’autunno in cui Franco aveva provato a istruirlo almeno sui rudimenti della spada… inutilmente. La nobile ricordava con un sorriso che lui riusciva a maneggiare con difficoltà i vari attrezzi che sua madre gli dava per lavorare nell’orto: nonostante anni e anni di tentativi, la zappa continuava a finirgli sui piedi. Tuttavia, lui ci metteva tutta la buona volontà che possedeva e tentava di fare del proprio meglio, anche se la sua goffaggine non lo aiutava. Certo, Claudio era una delle persone più fedeli che conoscesse, ma stava iniziando a riflettere se la decisione di Giampiero di inviarlo lì come sua scorta non fosse stata presa con leggerezza; d’altronde, il marchesino lo conosceva appena e lei, in quel mattino, era stata sorpresa dalle continue novità per riuscire a radunare i pensieri e prendere la decisione giusta.

- C’è qualcosa che vi turba?

La voce di Virgilio la colse impreparata e la sua domanda la fece voltare. Il capitano mostrava uno dei suoi consueti sorrisi, che avevano avuto la capacità, sin dal primo momento, di attirare le simpatie della principessa. Il volto era disteso, come in attesa di una sua risposta, che prevedeva come affermativa.

- C'è molto più di qualcosa che mi turba - rispose semplicemente, con un sospiro. Nonostante l'istintiva fiducia provata all'istante per quel giovane dalle spalle larghe e la pelle di bronzo, era restia a rivelargli quali pensieri le si affacciassero alla mente.

- Ho salvato vostro fratello, pochi giorni fa - disse Virgilio.

- Come "salvato"? - esclamò lei. Cosa ci faceva Erik nel mar Litil? Non doveva essere nello Cmune, insieme a Nicola?

- La nave su cui lui viaggiava aveva subito un attacco... l'ho raccolto da una scialuppa.

- Mi sembra strano... - commentò lei. - I pirati non sono soltanto a ovest?

- Non si trattava di pirati - obiettò il capitano della nave. - Era un mostro marino.

Flora lo guardò sbalordita. Un mostro marino? Non erano tutti intrappolati nelle gelide acque del nord, vicino alle isole del Lancobe? Che il marinaio le avesse mentito?

- Questo non è possibile - disse soltanto, glaciale.

- Non ho intenzione di convincervi, potrà dirvelo lui non appena lo incontrerete.

Nella voce di Virgilio non era presente il minimo turbamento, e questo colpì Flora, che si aspettava che lui insistesse. Negli ultimissimi tempi, era sempre stata contraddetta da Arturo e lei aveva sopportato tutti i battibecchi con disappunto, convinta di essere nella ragione; al contrario, il capitano si mostrava pacato e persino accondiscendente, come se le volesse mostrare che si potesse avere ragione senza pretenderla a priori.

- Ce l'ho fatta!

L'esclamazione trionfale di Claudio arrivò fin lì e distolse i due dalla mancata discussione. Flora si voltò verso il pontile della nave, dove vide Arturo disarmato, con la spada a terra, e il suo amico che saltellava trionfante con le braccia al cielo.

- TI ho lasciato vincere - disse il mercenario, raccogliendo la sua arma.

- Ah, ah! Di' pure quello che vuoi, ma intanto io ho vinto!

Arturo sorrise, ma non aggiunse altro. Alzò lo sguardo e incontrò quello della principessa, che lo scrutava con attenzione. Nonostante i suoi buoni propositi, Flora non riusciva a fidarsi di lui, non del tutto: c’era qualcosa, nell’animo dello spadaccino, che lo preoccupava terribilmente e che ogni tanto gli donava un’aria cupa, che lui cercava in ogni modo di scacciare. La fanciulla intravedeva questa agitazione interiore e, se da un lato ne era incuriosita, dall’altro l’istinto le suggeriva la prudenza.

Distolse lo sguardo, puntandolo sull’orizzonte, dove si aspettava di veder comparire le luci di Zichi, la capitale del regno dell’Estate.

- Quanto manca? - domandò al capitano, con dolcezza.

- Non molto… dovremmo intravedere la città tra alcuni minuti - gli rispose lui, affatto scosso da quel cambio di atteggiamento.

Flora si perse a osservare incantata le onde del mare che circondavano il vascello, illuminate a malapena dalle luci accese sulla Millenaria. Il clangore delle spade di Arturo e Claudio la attirò nuovamente verso i due, che avevano ricominciato a duellare.

- La scorsa volta ci siamo divertiti di più - sentì commentare un marinaio che si avvicinava a Virgilio.

- La scorsa volta c’erano due abili duellanti - gli rispose il capitano.

- Di cosa parlate? - si intromise Flora, voltandosi verso l’uomo al timone e verso quello che aveva tutta l’aria di essere il suo secondo.

- Non so quanto sia il caso di parlarne… - mormorò quello, abbattuto.

Virgilio sospirò. - Angelo, vai a svegliare i ragazzi, tra poco dovremmo arrivare a Zichi.

Il secondo si mosse all’istante, con un piccolo inchino rivolto alla principessa, che osservò con disappunto il capitano.

- Quando abbiamo ospitato vostro fratello, c’è stata una piccola dimostrazione su come si duella in un corpo a corpo - le spiegò quello, con un sorriso. Riteneva che la fanciulla dovesse sapere cosa era accaduto durante la precedente traversata, ma non era incline a parlarne davanti ad altri per non turbarla, nonostante la fiducia che lui aveva in Angelo.

- Eravate voi l’altro? - domandò lei.

Il capitano scosse la testa. - Un ragazzo di Nilerusa - le rispose soltanto.

A quelle parole, il cuore di Flora le sobbalzò nel petto: Claudio le aveva detto che anche Franco era diretto a sud, nel Pecama, e se avesse viaggiato con quella stessa nave? Stando a quanto il suo amico le aveva raccontato, doveva viaggiare inosservato, e allora quale migliore mezzo della Millenaria?

- Potresti dirmi altro sull’altro? - chiese ancora, cercando di sembrare interessata a chi avesse osato mettersi contro suo fratello.

- Non so… - disse Virgilio, guardando l’orizzonte davanti a sé. Aveva parlato con Franco il minimo, giusto il necessario per capire che fosse una persona di cui potersi fidare e per tutto ciò che era stato strettamente collegato alla navigazione, che quel poveretto aveva sofferto terribilmente. - Credo che sia un borghese benestante… ma l’ho dedotto dal suo modo di comportarsi, non me l’ha detto lui. Se fosse stato un nobile, avrebbe guardato tutti dall’alto in basso, invece si è mostrato molto gentile… ci ha persino fatto le sue scuse per essersi sentito male durante la traversata, come se fosse stata colpa sua!

- Stai dicendo che io vi guardo dall’alto in basso? - domandò lei, inquisitoria. Qualsiasi risposta per Flora sarebbe stata quella sbagliata: lei trattava tutti coloro che erano estranei alla sua cerchia di legami allo stesso modo; non riusciva a trovare delle differenze in chi non conosceva.

- Noi non siamo pirati - disse soltanto lui. - Non facciamo nulla di illegale: viaggiamo con la bandiera delle acque libere perché siamo indipendenti, ma non troviamo alcun interesse nell’assaltare le altre navi. Commerciamo tra il Pecama e il continente, nient’altro.

Virgilio tacque, attendendo una reazione della principessa: aveva notato i suoi modi altezzosi con gli altri membri dell’equipaggio, ma che, stranamente, non riservava a lui. Gli era sembrato che la giovane donna lo avesse scelto come persona degna della sua presenza e lui aveva a cuore l’umore dei suoi uomini, che, nonostante non si fossero mostrati insofferenti, avevano dato al capitano alcuni impercettibili segnali che lo preoccupavano. Quella difesa della sua attività era necessaria, anche se, Virgilio lo sapeva, non era tutta la verità.

Flora non rispose: aveva compreso cosa quelle parole volevano comunicarle. Era questo, dunque, che suscitava nelle persone: la sensazione di essere sbagliati perché socialmente inferiori a lei, anche se la principessa non lo pensava affatto. Aveva la ferma convinzione di poter vedere gli animi, per distinguere quelli nobili da quelli che non lo erano: era in quel modo che si era fidata di Claudio, Menta, il marchesino… e Franco. Perciò stentava a fidarsi completamente del mercenario: c’è qualcosa di nebuloso che lo circondava, nonostante una folgorante luce interiore.

Sospirò, appoggiandosi al bordo della nave, pensando che forse erano quelle le sue capacità magiche di cui parlava la profezia. Tuttavia, non riusciva a comprendere come potessero esserle di aiuto per contrastare Raissa: Flora individuava l’indole degli altri, non poteva prevenire le loro future mosse in guerra, in battaglia o in un combattimento corpo a corpo.

- Non preoccupatevi, non siete la sola a credere che io faccia il contrabbandiere - disse lui, come confidandole un suo segreto.

- Dovete perdonarmi, invece - disse Flora. - Non volevo insinuare niente di male, né su di voi, né sul vostro equipaggio.

- Ora mi date del “voi”? - le domandò Virgilio con un sorriso.

- Mi sono ricordata di una cosa - gli rispose lei, puntando i suoi occhi azzurri in quelli scuri di lui. - I Gredasu erano una famiglia nobile del Defi, parecchi secoli fa. E, dal momento che voi ne fate parte, per me siete un aristocratico a tutti gli effetti.

- Altezza, io non appartengo alla mia famiglia da quasi dieci anni - obiettò il capitano. - Mantengo il mio cognome solo per presentarmi ai mercanti nei porti. Non sono un vero Gredasu, non sono un aristocratico. Sono meno di niente.

Flora si stupì a quelle parole: mai in vita sua aveva udito un nobile rinnegare le proprie origini, neanche se decaduto; d’altra parte, il Tirfusama era l’esempio vivente di come si potesse riguadagnare un rango che gli apparteneva solo formalmente.

- Non voglio un titolo, - proseguì Virgilio, - voglio fare qualcosa che mi renda davvero utile a questo mondo, a coloro che più ne hanno bisogno. Non importa possedere terre o denaro, non c’è solo questo che possa rendere un uomo realizzato.

La principessa era colpita da ogni singolo suono emesso da quel giovane dalle spalle larghe e abbronzate: comprendeva perché l’istinto, o la magia, l’avesse spinta a fidarsi di lui. Virgilio Gredasu possedeva molto più di un animo nobile.

- Non fraintendetemi - continuò lui. - Non c’è nulla di male in ciò che hanno o fanno i nobili… Ma la vita può offrire diverse alternative.

- Non a tutti - commentò lei, con una punta di amarezza.

- Non sono d’accordo - le sorrise Virgilio. Flora lo guardò, dubbiosa: non poteva evitare quello che era il suo destino; sarebbe diventata regina, avrebbe governato sulla Primavera, e forse anche sul Defi, e avrebbe avuto un matrimonio che l’avrebbe resa infelice, se non fosse riuscita a sposare l’uomo che amava.

- Se foste nei miei panni, non direste così… mormorò la principessa.

- Ora voi non dovreste essere qui, eppure eccovi - le spiegò il capitano. - Certo, avete già segnato il vostro destino, ma sta a voi decidere come percorrerlo. Se scegliere di prendere una carrozza o un cavallo, se compiere tutto il tragitto a piedi. Potete viaggiare sola, o scegliere dei compagni.

- Vorrei poter scegliere… - disse lei, avvicinandosi alla ruota del timone. - Purtroppo, non tutto è nelle mie mani.

- Altezza, io non ho una soluzione per ogni problema - mise le mani avanti Virgilio. - Non sono la persona più adatta per consigliarvi.

- Decido io chi è adatto o no - gli sorrise Flora, splendida alla luce delle torce, come se la penombra potesse renderla ancora più bella. - E voi lo siete.

Il capitano della Millenaria sospirò, ma non aggiunse nulla e lasciò cadere la conversazione, mentre la principessa si rivolse a guardare i suoi compagni di viaggio ancora intenti a maneggiare delle lame non affilate. Nessuno sulla nave parlò per diversi minuti, fino a quando una vedetta annunciò l’arrivo a Zichi, la capitale del regno dell’Estate.

   
 
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