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Autore: Sam27    20/06/2019    1 recensioni
Rosella si sente vecchia, ha 50 anni e le pesano uno ad uno sulle spalle. Roberto ha perso il lavoro e si sente irrealizzato, inutile. Sono sposati da tanti, troppi anni e vivono il matrimonio come una routine utile; dimentichi di che cosa vuol dire amarsi.
Alberto è il piccolo di casa e divora la vita così come ingugrita cibo dal mattino alla sera: senza pensarci, di getto, con voracità.
Cristina è consapevole di essere un disastro, non sa cosa fare della propria vita o come farlo. Si vede grassa, brutta, un essere flaccido che non trova il proprio posto nel mondo.
Irene è la figlia perfetta: bella, gentile, solare, studiosa, intelligente, con la laurea a portata di mano. Una ragazza giovane che sta per realizzare tutti i sogni. I sogni di chi?
Tutti uniti da un sottile filo, una leggera linea di sangue, un'assurda successione di domeniche.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. Prologo

Il termine 'apocalisse' è composto dalle parole greche apò e kalypto, indica un disvelamento e letteralmente significa: "gettar via ciò che copre".
Nel caso della famiglia Rossi consisteva nel signor Rossi che prendeva la tovaglia e la gettava di lato con tutte le stoviglie e i resti del pranzo, scoprendo così il tavolo lucido e immacolato, fatta eccezione per un disegnino all'angolo destro, opera del piccolo di casa.
Quel gesto così inaspettato mise fine alle urla della signora Rossi, o forse fu il silenzio del lutto per il suo servizio da tavola migliore. La causa scatenante di quell'apocalisse -nonchè l'autore del disegnino- rimase a bocca così spalancata che la figlia mezzana, dall'altra parte del tavolo, avrebbe potuto fargli un'accurata visita dentistica e odontoiatrica ma, dal canto proprio, si limitò a restare in silenzio: non che parlare, fino a quel momento, avesse risolto qualcosa.
Il silenzio fu rotto dalla figlia maggiore che, senza dire nulla, si diresse a grandi passi verso la porta di casa, la spalancò ed in un attimo fu fuori, sbattendola con forza alle proprie spalle.
-Fa qualcosa, e che cazzo! - esclamò la signora Rossi, rivolta al marito.
-Direi che papà ha fatto abbastanza, per oggi- disse il piccolo ridacchiando e pensando che, se sua madre poteva violare la legge non scritta sulle parolacce, lui poteva violare quella che vietava di prendere in giro il genitore.
La madre dovette pensarla diversamente perchè gli lanciò un'occhiataccia che costrinse il ragazzino a chiudere immediatamente la bocca ed abbassare lo sguardo.
-Cosa dovrei fare? Urlarle addosso come hai fatto tu? - rispose invece il marito con la voce così carica di sarcasmo che gli astanti faticarono a credere che avesse davvero parlato lui.
-Se ne è andata di casa, cazzo! 
-Tornerà.
-Dio Santo, tira fuori le palle e comportati da uomo una buona volta! La tua figlia maggiore se ne è andata e tu ti limiti a dire: "tornerà"? Ma che cazzo!
La figlia rimasta sgranò gli occhi nell'udire la terza parolaccia: erano decisamente più di quante sua madre ne avesse mai dette, probabilmente il triplo. Quindi decise che era ora per lei di svignarsela, si diresse verso le scale con passo felino, sperando di mimetizzarsi con la mobilia ma sfortuna volle che i sensi della madre, acuiti dalla rabbia, la individuassero in pochi secondi.
-Dove pensi di andare, signorina?
-In camera mia?
-Oh no: tu e tuo fratello ora pulirete il casino combinato da vostro padre.
-E perchè mai dovremmo pulire noi? - chiese sbighiottita.
-Perchè ho deciso così.
Forse fu il tono o forse lo sguardo omicida, comunque sia non indagò oltre e si avviò a grandi passi verso la scopa. Il fratello, invece, ancora non aveva imparato come provvedere alla propria sopravvivenza: - Ma se è stato papà a combinare questo casino!
-Ascolta tua madre, ragazzo. O vogliamo tornare a parlare di quell'altro discorso? - intervenne il padre, rinsavendo dal proprio stato di apatia.
Il ragazzino fece per ribattere ancora ma la sorella fu rapida a passargli accanto e tirargli una gomitata nelle costole per cercare di salvargli la vita. Finalmente il quattordicenne dovette afferrare il concetto perchè prese una ciotola ed iniziò a gettarvi i pezzi di vetro che punteggiavano il pavimento della cucina.
-Penso che andrò a farmi una dormita! - disse infine il signor Rossi superando la moglie e dirigendosi al piano di sopra.
-Tu cosa? Spero tu stia scherzando! Perchè stai scherzando, vero?
Le grida dei genitori si allontanarono su per le scale e poi di stanza in stanza.
-Porca puttana, che casino...- disse il ragazzino scuotendo la testa e succhiandosi il dito medio, sul quale si era appena procurato un piccolo taglietto.
-Il fatto che tutti abbiano dato di matto non ti autorizza a parlare in questo modo- lo rimproverò la sorella.
Lui fece per ribatterè ma lei lo anticipò: -E fumare non ti rende più grande, ti fa sembrare solo idiota, così come il tuo modo di fare il ribelle. Avere sulla testa un cartello enorme con su scritto: "Sono un adolescente incazzato con il mondo e in particolar modo con la mia famiglia" non ti dà il permesso di rovinarci la domenica. E, sopratutto, ogni tanto potresti provare a pensare che non sei l'unico ad avere dei problemi e che magari quelli degli altri sono sette volte più grandi dei tuoi.
Il ragazzino abbassò lo sguado, non riuscendo a reggere il confronto con quello di lei che, dal canto proprio, si zittì di scatto, sentendo di aver parlato troppo.
-Tanto la odiano tutti, la domenica - si limitò a borbottare infine lui, gettando sonoramente i resti del pranzo nel bidone del vetro sulla piccola veranda.
Il signor Rossi, al piano di sopra, appoggiò la testa al vetro della doccia, lasciando che l'acqua ghiacciata gli scorresse sulla schiena: non capiva quando aveva sbagliato. Perchè il dove e il come erano palesi, era il "quando" che non gli tornava. I suoi pensieri corsero indietro, fino al giorno in cui tutto pareva essere precipitato e poi ancora oltre, alla nascita della loro primogenita, il matrimonio, il primo appuntamento, la scelta di non finire la scuola... Non lo sapeva, per quanto ci pensasse non riusciva a capirlo.
La signora Rossi scoppiò in lacrime, seppellendo il viso nel cuscino per ridurre al minimo i rumori molesti. La sua famiglia era sull'orlo di un burrone e lei non riusciva a credere che tutti i componenti le assestassero un calcio dopo l'altro, in attesa che cadesse per guardarla sfracellarsi al sole. Chissà dov'era Irene? Stava bene? La odiava così tanto? I singhiozzi si fecero più forti e le lacrime le annebbiarono presto la vista, cancellando tutto il resto.

Irene sorseggiò il boccale di birra, seduta al bancone del bar che aveva iniziato a frequentare negli ultimi mesi e sperò vivamente che l'alcool combattesse la voglia di piangere: fino a quel momento aveva fallito e gli mancavano poche dita per finire quella che...
-Uhh, ecco il nostro Orologio - disse un ragazzo alto e ben piazzato sedendosi al suo fianco.
Irene si voltò verso di lui mostrandogli il volto sfatto tra occhiaie, capelli spettinati, pigiama e birra.
-Che è successo? Puoi dirmelo anche se pensi che io sia un idiota, sai..
Irene non lo lasciò terminare la frase, semplicemente si sporse verso di lui e lo baciò con trasporto. Il ragazzo spalancò gli occhi per alcuni istanti prima di realizzare ciò che stava finalmente avvenendo; quando il povero criceto nella sua testa iniziò a correre rispose al bacio, stringendo Irene a sè.

Sei mesi prima: 
Casa Rossi - 8:30 a.m.
Roberto Rossi andava ripetendosi fino alla nausa il discorso che si era preparato. Beh, lo avrebbe fatto, se solo fosse riuscito a ricordarselo: com'è già che doveva iniziare? Con il farle un complimento? No, troppo mellifluo, troppo ruffiano, troppo troppo. Doveva solo comunicarle la notizia, nuda e cruda, in fondo non era stata colpa sua, no? No, ma lo sarebbe stato se sua moglie avesse avuto un infarto: sarebbe stato meglio usare un po' di tatto.
-Tesoro - provò a dire al sè stesso che gli restituiva lo specchio -l'azienda ha dovuto fare dei tagli sul personale... quindi sono stato licenziato-
No, non andava bene: era palese che stesse mettendo le mani avanti ed invece se lo era già detto: non era stata colpa sua. Sbuffò e il suo riflesso gli restituì l'immagine di un cinquantenne stanco, con delle occhiaie sotto gli occhi che facevano invidia a Dracula. Prese un bel respiro e riprovò: - Tesoro, sai che venerdì scadeva il contratto e che avevano detto che me lo avrebbero rinnovato. Beh, ecco, non è successo.
Ecco, sì, così andava meglio.
Prese un bel respiro e si diresse in cucina, dalla quale veniva un delizioso profumo di caffè: ah, l'odore del caffè casalingo, uno dei piaceri della domenica mattina.
-Buongiorno, papà! Io vado a correre! - esclamò Irene dirigendosi a grandi passi verso la porta aperta mentre la madre vi entrava, portando le ultime buste cariche di spesa. Per una manciata di secondi Roberto rimase immobile a contemplarle: la figlia, giovane, pimpante, sveglia di propria iniziativa alle otto e mezza del mattino per mantenersi in forma e la moglie, già stanca, i vestiti pieni di pelo di gatto, barcollante sotto il peso della spesa.
-Hai intenzione di aiutarmi?
L'uomo si riscosse e corse incontro alla moglie per darle una mano.
-Dobbiamo parlare- le disse mentre, carico come un mulo, entrava in cucina.
-Mh- rispose lei, sovrappensiero -I biscotti mettili sopra il frigo, non affianco al fornomicronde, okay?-
-Sì, va bene, è che è successa una cosa venerdì.
-Che cosa è successo? Hanno licenziato il tuo collega? Quel Carlo? Sapevamo che sarebbe successo, sarà un duro colpo per la sua famiglia.
Roberto aprì la bocca per ribattere e togliersi definitivamente quel peso dallo stomaco quando la moglie lo precedette: - Il latte non è necessario tenerlo in frigo, lo sai: mettici piuttosto quell'insalata prima di doverla buttare.
Roberto annuì e provò nuovamente a finire quello che ormai aveva iniziato ma in quel momento Cristina, la seconda figlia, fece il proprio ingresso ed entrambi i genitori si voltarono perplessi a guardarla: mai Cristina si era alzata prima delle dieci, men che mai la domenica. 
-Buongiorno tesoro! - esclamò Rosella che, nonostante tutto, quella mattina era di ottimo umore: Monica le aveva comunicato che avevano aperto un nuovo corso di pilates nella scuola di danza proprio dietro l'angolo e, dopo alcuni intensi pomeriggi, era riuscita a trasmettere all'amica tutto il suo entusiasmo.
-Mh- mugugnò Cristina in risposta, lasciandosi andare su una sedia.
-Cosa vuoi per colazione? - le chiese il padre, cercando di ricordarsi dove andavano le zucchine e dove l'insalata.
-Colazione?! - la ragazza sgranò occhi e bocca e il suo sguardo corse all'orologio: le otto. Ecco spiegata la presenza dei genitori in cucina, del sole in cielo e di tutto quel sonno che le appesantiva i pensieri. 
-Sì, tesoro, quella cosa che si fa di prima mattina, sai? - domandò Rosella, mettendo un po' d'acqua a bollire -Io penso che mi farò un te-
Cristina annuì, poi biascicò qualcosa sul fatto che sarebbe tornata a dormire.
-E no, signorina: ormai il danno è fatto. Visto che sei sveglia mi aiuterai a pulire casa!
Cristina, se solo ne avesse avuto le forze, avrebbe protestato ma la sua energia già solitamente minima al mattino era ancora più bassa, reduce dalla notte tormentata.
-Tè e fette biscottate, grazie - ebbe infine la forza di biascicare.
-Arrivano! - esclamò Rosella, poi, rivolta al marito: -Stavi dicendo?
-Ne parliamo dopo- disse in fretta Roberto, colto di sorpresa.
-Marmellata? - chiese allora Rosella alla figlia.
Cristina abbassò la testa e arrossì, scuotendola piano.
Nessuno parve farci troppo caso perchè in quel momento un giovane ragazzo allampanato fece irruzione nella quiete familiare: -Giorno soci.
-Alby, ti prego, potresti evitare di parlare in quel modo?
-Perchè zio? - chiese il ragazzo sedendosi sul tavolo ed addentando un biscotto.
-Alberto scendi immediatamente da quel tavolo e comportati come ti abbiano insegnato, per piacere! - esclamò Rosella mentre il suo buon umore andava lentamente a farsi benedire.
-Stai tranquilla, mamma, stavo solo scherzando! - si schernì subito il quattordicenne mettendosi a sedere composto e divorando altri tre biscotti.
-Mh - boffonchiò ancora Cristina che era ripiombata nel proprio mutismo selettivo.
- Buongiorno anche a te, sorellona - rispose Alberto sporgendosi per darle un bacio appiccicoso sulla guancia.
Lei si sarebbe volentieri scansata, se solo ne avesse avuto voglia, invece si limitò a continuare a fissare il vuoto, immergendo la fetta biscottata nel tè appena zuccherato.
-Io vado su a studiare - disse Alberto sottolineando con vigore l'ultima parola.
-Sì - disse Cristina seguendolo a ruota.
-Oh no, avevamo un patto noi due, ricordi? 
Bastarono quelle poche semplici parole a ghiacciarli entrambi.
-Un patto? - risposero i due all'unisono.
-Sì, Cristina: avevi detto che mi avresti aiutato con le pulizie?
-Ma quando? - rispose la ragazza perplessa mentre Alberto si affrettava a svignasela prima che potesse rimanere incastrato a propria volta.
-Poco fa, ricordi? 
Cristina fece un vigoroso cenno di diniego con la testa ma Rosella parve non vederlo e, tempo zero, le mise tra le mani lo Swiffer.
-Ma sono ancora in pigiama - tentò ancora di protestare debolmente la ragazza.
-Di solito vivi in pigiama - le fece notare il padre.
-Ecco, grazie Roby - disse Rosella lanciando un'occhiata riconoscente al marito.
-Ma papà, anche tu! - esclamò la ragazza.
"Mi dispiace figlia, in guerra e in amore tutto è lecito" pensò l'uomo scrollando le spalle.
- Però... - Cristina cercò le parole giuste, chiedendo aiuto al proprio cervello ancora addormentato. 
Il rumore della porta di casa che sbatteva li distrasse tutti: - Io faccio una doccia! - esclamò Irene trascinandosi al piano di sopra.
- Vuoi il latte con i cereali per colazione? - le urlò Rosella in risposta.
-Pensavo di fare dei Puncake! - esclamò Roberto.
-E lei non deve pulire casa? - protestò Cristina indignata.
-Lei ha già un sacco di cose a cui pensare.
La diciottenne cercò di trovare qualcosa da ribattere ma non le venne altro che un versaccio osceno, si diresse quindi a grandi passi verso la sala, trascinandosi dietro lo Swiffer e un sacco pieno di frustrazione.
-Qualcuno ha detto Puncake? - esclamò Alberto affacciandosi in cima alle scale.
-Ti sei già divorato una confezione intera di biscotti! - esclamò Roberto.
- Poi non mangi più a pranzo.
-Mangio, mangio - li tranquillizzò il ragazzo accaparrandosi il proprio posto sulla sedia, in attesa.
-E io pago... - mormorò Roberto mentre avvertiva un'insolita stretta allo stomaco.

Ancora casa Rossi, 13:00
Solo due parole parevano capaci di mettere d'accordo tutti in famiglia, interrompere ogni attività alternativa e accomunare tutti gli abitanti della casa e fu proprio il signor Rossi ad urlarle: -E' pronto!
Neanche il tempo di tornare alla propria postazione, ai fornelli, che la sua prole era già seduta a tavola, le posate in mano.
-Ma non è vero, non è pronto: devi ancora scolare la pasta! - protestò Alberto, lagnandosi.
-Bene, così potete darmi una mano a finire di apparecchiare, invece che aspettare di essere serviti.
-Tanto questa mattina non avevo ancora fatto nulla - sbuffò Cristina a mezza voce, cercando di non farsi sentire dalla madre.
-Questa casa non è un albergo! - esclamò ancora Rosella in risposta.
Irene, dal canto proprio, non aveva sentito mezza parola: la sua testa era tutta concentrata nel tentativo di programmare lo studio delle prossime ore.
-Irene mi passi l'acqua? - le chiese Alberto quando finalmente potè tornare a sedersi.
Okay, allora, se riusciva a studiare trenta pagine in un'ora sarebbe riuscita a finire prima di cena.
-Perfavore? - insistette Alberto.
Così quella sera poteva dedicarsi poi al ripasso sugli appunti e riuscire anche ad andare a dormire presto.
-Irene? 
Lunedì mattina poteva andare a correre e poi recarsi all'uni con tutta calma, riascoltandosi le registrazioni sul treno e...
-Irene?! - urlò Alberto mettendo le mani a coppa davanti alla bocca.
La ragazza sobbalzò: - Che c'è?
-Mi passi l'acqua, per favore? - continuò il ragazzo senza smettere di urlare.
-Okay okay ma abbassa la voce, non sono mica sorda.
Dall'altra parte del tavolo Cristina ridacchio.
-Ecco qua! - esclamò Roberto mentre Rosella serviva l'amatriciana nei piatti.
Presto sulla tavola calò il silenzio, ognuno era perso nei propri pensieri ed Alberto nel piatto di bucatini.
-Devo dirvi una cosa - dissero Roberto e Rosella in contemporanea, all'improvviso.
-Dai, prima tu - disse subito Roberto alla moglie, quasi sollevato che il fatidico momento venisse rimandatoa ancora.
-Okay, allora: voglio iscrivermi al corso di Pilates con Monica.
-E' riuscita a convincerti? - le chiese Irene sorpresa.
-Sì, alla fine sarà divertente.
-Non vai già in palestra? - le chiese Cristina.
-Quando ci va... - borbottò Alberto.
La madre gli lanciò un'occhiataccia prima di rispondere: -Fare solo esercizi mi annoia invece giovedì sono andata alla lezione di prova di questo corso ed è stato davvero divertente: potresti venire con me, Cri!
Cristina arrossì per la seconda volta da quando era iniziata quell'odiosa domenica: -Perchè io?
-Vai Cri, vai a fare la ginnastica per signore - la prese in giro Alberto mentre si riempiva di nuovo il piatto.
-Non è ginnastica per signore - si giustificò Rosella, punta sul vivo - è una disciplina molto faticosa, sai? -
Alberto nascose la faccia nel sugo per evitare di ridere, Cristina si morse il labbro, Irene cercò di calcolare quando avrebbe dovuto iniziare ad ascoltare le registrazioni per averle sentite tutte almeno due volte all'arrivo in università.
-Non penso sia una buona idea, comunque - disse cauto Roberto.
-E perchè no? - domandò sorpresa la moglie.
-Ecco, noi... dovremmo cercare di risparmiare.
-Ah, certo: tanto quella che ne fa le spese e risparmia sono sempre io! - esclamò Rosella alzandosi di scatto e bloccandosi a metà del movimento, dimentica di quello che avrebbe voluto fare.
-A proposito - disse Alberto, consapevole del fatto che non c'entrasse nulla - questo pomeriggio posso uscire? -
-Con chi?
-Con Matte.
-E dove andate?
-A fare un giro per Torino.
-Hai studiato?
-Sì.
Cristina venne colta da un improvviso finto attacco di tosse.
-Ho studiato! - esclamò Alberto avvampando e scoccando un'occhiataccia alla sorella.
-Mh... - rispose lei -e hai detto anche a mamma di quell'altra cosa?-
-Quale cosa? - domandò in fretta Rosella, che stava proprio iniziando a perdere la pazienza.
-Hopresoquattrodiscienze - disse Alberto in fretta, abbassando lo sguardo
-Eh? - chiese Rosella, sperando di aver capito male.
A quell'urlo Irene sobbalzò, accorgendosi che il suo piatto era ancora pieno.
-Ho preso quattro di scienze - ripetè Alberto più lentamente.
-Bene! - esclamò Rosella, poi, rivolta al marito: - E tu non gli dici nulla?
-Veramente stavo tentando di dirvi una cosa...
-Mi sembra ci siano cose più importanti qui! - insistette la moglie.
-Era difficile, okay? Ho studiato ma non ci capisco, nulla!
-E non potevi chiedere aiuto a Irene?
-A me? Io ho già abbastanza da studiare.
-Ah certo, allora chiamiamo qualcuno a fargli ripetizioni, tanto sono gratis - intervenne Roberto per la somma soddisfazione della moglie.
-Cristina allora! - insistette Rosella.
Cristina alzò gli occhi dalla forchetta con cui stava torturando il piatto di pasta.
-Io faccio schifo in scienze, non a caso ho scelto il liceo classico.
-L'hai scelto solo perchè l'ha scelto Irene - disse Alberto con una smorfia ironica.
-Ma tu che vuoi?
-Avete finito di litigare sempre? Possibile non si possa parlare tranquillamente in questa casa? - esclamò Rosella sull'orlo dell'esasperazione.
-Ha iniziato lui! - esclamò Cristina incrociando le braccia al petto.
-E tu si può sapere perchè non mangi?
Cristina arrossì ancora.
-Qualcuno vuole mettersi a dieta - mormorò Alberto.
-Sì, e allora? Da oggi sono ufficialmente a dieta.
-CriCri ma che dici? - le chiese la sorella, sorpresa.
-E tu smettila di chiamarmi così!
-Non pensare che inizieremo a comprarti tutti quei prodotti strani e integrali, eh! Costano un sacco di soldi! - esclamò Roberto.
-Sempre che pensi ai soldi - lo rimproverò la moglie.
-Quindi posso uscire? - chiese ancora Alberto.
-Ci sono cose più importanti dei soldi magari - disse ancora Rosella fissando intensamente il marito.
-Sono stato licenziato, okay? - esclamò infine Roberto senza riuscire a guardare nessuno.
Cristina alzò gli occhi dal piatto, Irene deglutì e Alberto smise di mangiare.
-Roby... - mormorò Rosella avvicinandosi al marito.
-Me l'hanno detto venerdì, non sapevo come dirvelo.
-Roby.. - ripetè Rosella mettendogli le mani sulle spalle.
L'uomo si nascose la testa tra le mani.
-Cri la mangi o no quella pasta? - domandò Alberto rompendo il silenzio.
-Alby! - esclamò Irene lanciandogli un'occhiataccia.
-Che c'è? Ho fame! E' meglio che qualcuno la mangi prima che si freddi.
Roberto, contrariamente alle aspettative generali, scoppiò a ridere: -Mio Dio, devi avere proprio un buco nero al posto dello stomaco.
Presto tutti lo seguirono a ruota, le risate parvero sciogliere ogni tensione.
-Posso rinunciare al corso di Pilates, alla fine non ero davvero così convinta: sono tutte vecchie! - esclamò Rosella tornando a sedersi.
-Ma Ella... - mormorò Roberto.
-Posso iniziare ad andare a camminare: dicono che funzioni molto più di qualsiasi corso- ribatté la donna, in un tono che non ametteva repliche.
-E io posso finalmente accettare di dare le lezioni di piano a quella peste del fratello di Leonardo - disse Cristina scrollando le spalle e porgendo il piatto ad Alberto.
-Ora che ci penso il nonno mi aveva proposto di andare a tagliare l'erba ogni weekend: sono sicuro che mi pagherà bene e la nonna mi allungherà qualcos'altro; guardate che faccia angelica!
-Angelica e sporca di sugo - lo prese in giro Irene.
Alberto le fece la linguaccia mentre altre risate si alzavano dalla tavola.
-Ed io posso cercare un lavoretto: la maggior parte dei miei compagni lavora mentre studia. Posso farcela.
Roberto li guardò uno ad uno mentre cercava di cacciare indietro le lacrime: quella era la sua famiglia.
-Quindi posso uscire? - chiese debolmente Alberto.
Rosella alzò gli occhi al cielo.

  
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