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Autore: Graznapoli    20/06/2019    2 recensioni
Si può decidere di odiare? Si può decidere di aiutare chi non vuole essere salvato? Si può decidere chi amare?
Trama:
Severus Piton viene sottratto alla morte contro la sua volontà.
Ciò lo porterà ad odiare i suoi salvatori ed a volersi vendicare.
Hermione diviene il suo principale caprio espiatorio.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Febbraio...

Panico.
Un abisso oscuro in cui stavo cadendo senza paracadute.

È così che mi sentivo.

L'aria mi mancava.
I polmoni sembravano sull'orlo del collasso.
Il cuore impazzito pompava sangue ad un ritmo accelerato.
Le tempie sembravano esplodermi.
Gli arti molli, senza forza.
Le ginocchia cedevoli.
Il nulla sotto i piedi.

La consapevolezza mi era piombata addosso.
Senza pietà.

Ottobre.

Era da ottobre che i miei incubi avevano ripreso a tormentami.

Precisamente da dopo quella notte.
L'ultima insieme.

Quella in cui dimentico di me stesso, ero stato uomo.
Quella in cui l'avevo stretta a me, lunghe ore, per l'ultima volta.
Quella in cui lei mi aveva sussurrato, per la prima volta, timida, ma sicura, il suo: ti amo.

"Ora spiegami cos'è questa pagliacciata!"
Lo so che è arrabbiata con me.
E non certo per questa ridicola farsa della cena a cui mi sono imposto di cedere.
A cui l'ho costretta a partecipare.
La scusa: trovare sostenitori alla richiesta, fatta al ministero, di ulteriori galeoni da farci stanziare per Hogwarts.

Il suo sguardo mi arde sulla nuca.
Mi attraversa come lama ghiacciata.

Incamero quanta più aria possibile.
Stabilizzo l'equilibrio.

È uno sforzo sovrumano.
Sono stato abituato a resistere alle Cruciatus.
Ce la farò a girarmi senza sgretolarmi.

Con due dita stringo il setto nasale.
Strizzo gli occhi.
Focalizzo i miei pensieri su di un'immagine che mi calmi.

L'unica cosa che vedo sono due occhi d'ambra
Addolorati.
Umidi di pioggia non caduta.

Le costole e lo stomaco mi si stringono in una morsa.
Le budella si ribellano.
Ingoio senza fiatare il fetido me che vuole uscire.

Divarico le gambe per riappropiarmi del baricentro.

Raddrizzo le spalle.
Stabilizzato l'equilibrio piantando i piedi ben saldi sul terreno.

Maledetto terreno che non vuol smettete di dissolversi.

Sbando, ma non crollo.
Ce la faccio a non cadere.

Mi sforzo di tornare ad essere la maschera che tutti conoscono.
Di tornare ad essere il freddo, altero e impenetrabile uomo che sono dovuto diventare.
Sono e sarò sempre il miglior millantatore di me stesso.

Non è questo il momento di cedere sotto le macerie della mia anima.
Non ora con la casa piena di uomini e donne la cui maggior parte gode del mio più sentito disprezzo.

Ci sarà tempo per franare.
Ma quel tempo non è ora.

Mi volto.
La guardo sprezzante.
Un sopracciglio alzato a mo' di domanda.

"Con me questi giochetti di supremazia non attaccano"
Mi parla con quel suo sorrisetto da gatta sulle labbra.

So di poter ingannare la maggioranza delle persone.
Ma lei non è: le persone.

Lei è la mia seconda madre.

Colei che, anche se non era a capo della mia casata, mi aveva accolto sotto la sua ala protettrice.

Colei che si prendeva cura di me.
In silenzio, ma con il fuoco negli occhi.
Quando tornavo a scuola da casa dopo giorni o ore passate in famiglia.
Vergognoso nell'esporre la mia miserabilità.
Ferite sanguinanti sul corpo e sul cuore.

"Non volevo deludere un'altra persona.
Ne ho deluse già troppe.
Tutto qua."
Decido di essere, quasi, sincero.

"Volevo provare a me stesso di poter essere diverso da quello che tutti pensano di me"
Dico con l'amaro in bocca.

"Di essere capace di non lasciare solo macerie dietro e attorno a me"
I ricordi più dolorosi impressi negli occhi.

"Tutti, chi?"
Acuta.

"A te non è mai interessato del giudizio di nessuno."
Troppo acuta,

"E non venirmi a raccontare la favoletta che ti importa a tal punto della Signorina Strohmaier o della raccolta fondi da sottoporti, sottoporci..."
Fa un gesto con la mano che ci racchiude in un cerchio.

"A questa tortura"
E nel dirlo indica con il capo la casa.
Casa da cui provengono suoni e voci allegre.
Voci finalmente rilassate per l'assenza della mia ingombrante presenza.

"Voglio la verità, mi sembra di meritarmela"
Diritta al punto.

"Ti ho lasciato abbastanza tempo per rifletterci su"
Sagace.
Come suo solito.

So che sarebbe inutile tergiversare.
Si merita la verità.
Mi merito la verità.
Non è più il momento di mentire né a me, né a lei.

La testa pulsa.
Ciò che avevo chiuso a doppia mandata dietro la porta della mia vigliaccheria.
Il mio rifiutare la realtà.
Il mio non accettare di essere di nuovo vulnerabile.
Esposto alla sofferenza dell'anima.
Di essere dilaniato dall'esplodere del cuore, ancora una volta.
Trova la via della libertà e mi inonda con la sua ineluttabilità.

"Lei è venuta da me a Gennaio"
È inutile che specifichi di chi sto parlando.

Sa bene a chi mi riferisco.
Non ne abbiamo mai parlato apertamente.
Ma ho sentito sulla mia pelle il suo sguardo di timore.
All'inizio di tutto.

Di speranza.
Nel mezzo.

Di disapprovazione e delusione.
Alla fine.

Appoggio la schiena al palo del gazebo sotto cui mi ero rifugiato.
Le braccia incrociate al petto.
La testa declinata indietro.
Gli occhi chiusi.

Ricordo quel giorno...

Cosa strana il cielo era sereno e azzurro.
Dei timidi raggi solari scaldavano il viso e le mani.
Era il primo pomeriggio di un sabato qualunque.

Stavo lavorando nel mio orto di erbe curative.
Le mani e la camicia sporche di terra.

Gli occhi stanchi a causa delle notti insonni.

La rabbia serpeggiante sotto pelle per un appostamento, a un mangiamorte fuggiasco, andato male.

I nervi a pezzi per il dover insegnare a un gruppo di mocciosi ignoranti.

Mi era arrivata vicino senza che, quasi, me ne accorgessi.

Ancora non avevo alzato le barriere intorno alla casa per lei.
Sapevo che prima o poi sarebbe venuta.

Troppo grifona per lasciar perdere.
Troppo coraggiosa per rinunciare al confronto.
Troppo coinvolta per non tentare.

"Ti aspettavo"
Dissi alzandomi dalla mia posizione accovacciata e girandomi verso di lei.

Angolo di Danaida:

Prima di tutto voglio scusarmi con voi per la lunga attesa, ho scritto, ho tentato di scrivere, in queste settimane un capitolo degno di una vera scrittrice, con descrizioni, dialoghi, azione e pathos, in tutto ne ho scritti tre, uno più lontano da me e dai miei personaggi dell'altro, inutile dirvi che sono stati tutti cestinani.

Ieri sera, come suo solito la penna si è mossa sul foglio animata da vita propria bisognosa solo della mia guida e in due ore ne è uscito fuori ciò che avete letto.

Spero di non avervi deluso troppo e spero, un giorno, di riuscire a scrivere qualcosa che segua i canoni classici di un racconto.

Grazie sempre a chi legge, commenta, vota e mi aiuta a scovare le imperfezioni.

💖

   
 
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