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Autore: Incenso    20/06/2019    4 recensioni
Gli occhi di una madre
"Così proseguiva quella piccola parentesi di vita. Come i binari di un treno, che non si toccano mai ma rimangono vicini.
Tra una mezza verità ed una storia mai raccontata. Tra i dettagli da cui si tenevano alla larga ed una lacrima silenziosa.
Lontano, ma vicino. Mikoto guardava suo figlio, e sapeva di amarlo più della sua stessa vita".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fugaku Uchiha, Mikoto Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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LE COSE CHE NON SI DICONO

Gli occhi di una madre

Di Incenso, 20/06/2019


Mikoto Uchiha aveva gli occhi grandi.
Non era la prima volta in cui, persa a guardare la televisione senza guardarla per davvero, si ritrovava a pensare ai suoi errori.
Perché Mikoto non era perfetta, e di errori ne faceva tanti. Sì, quando lasciava che i fantasmi nella sua testa le gridassero nelle orecchie, si ritrovava spesso a stringersi le braccia sullo stomaco, con violenza, in un vano tentativo di chiudersi alla realtà.
Sasuke aveva i suoi stessi occhi, ma erano più freddi.
Gli occhi di chi faticava a portare avanti i passi di giorno in giorno. Gli occhi di chi, nonostante l’età, non aveva ormai più voglia di guardare con speranza al nuovo giorno.
A Mikoto piaceva guardare suo figlio, ma lo faceva solo quando lui non se ne accorgeva. Altrimenti lui scappava, perché Sasuke era fatto così. Le raccontava con molta selettività solo alcune delle cose che faceva, il minimo indispensabile per la quiete di ogni giorno. Con astuzia, metteva le mani avanti, perché voleva esser lasciato stare, perché non aveva più voglia di essere giudicato.
Mikoto allora lo guardava e basta, e non apriva bocca.
Certo, lei non era sempre felice guardando suo figlio. Ma le bastava sapere che la distanza tra loro era più piccola di quanto non fosse resistente il loro già sottile legame.
Lo guardava dalla finestra, fingendosi assorta, mentre lui sgattaiolava fuori a fumare una sigaretta. Perché fumava? Era una cosa stupida, tanti soldi e tanta salute da buttar via. Chissà chi gliel’aveva attaccato quel vizio? Lei lo aveva educato perché si tenesse alla larga da certe stupidaggini.
Aspirava, chiudeva gli occhi con delicatezza, soffiava via il fumo. In quella piccola nuvola di monossido di carbonio, che assumeva strane forme contorte mentre saliva in cielo, Mikoto vedeva i fantasmi di Sasuke volar via, urlando.
Fugaku non sapeva che Sasuke fumava. Non ne avevano mai parlato, ovviamente, Fugaku non ascoltava mai nessuno. La camera da letto di Sasuke aveva un vago seto di sigaretta, i vestiti puzzavano. Fugaku faceva finta di niente, perché aprire bocca e intavolare un litigio era probabilmente troppo faticoso, troppo impegnativo.
Sasuke non gli diceva mai niente. Suo padre era un’ombra che strisciava per i corridoi di quella casa silenziosa.
Mikoto guardava suo figlio quando usciva per strada, per incontrare quell’altro ragazzo.
Uzumaki aveva i capelli chiari e gli occhi luminosi, gli occhi più felici che lei avesse mai visto. Era un ragazzo strano, un ragazzo solo, fastidiosamente rumoroso. Dicevano in giro che era orfano, che viveva da solo in un appartamentino più che modesto, che non aveva un’automobile, che aveva abbandonato gli studi.
Mikoto non fu felice quando vide suo figlio in atteggiamenti intimi con quel ragazzo. Non se lo spiegava, perché di senso non ne aveva.
Sasuke era un ragazzo particolare, non apprezzava le stravaganze. Ciò che faceva con quel tipo non avrebbe che tirato gli occhi delle persone sulla sua figura.
Fugaku non era felice. Di nuovo, cercava di far finta di niente, perché nessun’interferenza potesse guastare la sua routine. Ma la freddezza del suo sguardo lo tradiva, così come i bicchieri di troppo. Quando la vita di suo figlio toccava con più forza del necessario la sua, allora partiva la rabbia.
Mikoto rabbrividiva quando pensava alle sue mani, con le nocche gonfie. C’erano state notti che sembravano non voler finire, notti in cui una madre aveva tirato le braccia verso il cielo, urlando, pregando Dio perché l’alba giungesse per tutti il più presto possibile. Il viso di suo figlio non si sarebbe mai dovuto macchiare di quelle angosce. Mai più.
Eppure Sasuke, quando guardava quel suo compagno di racconti notturni da cui correva ogni sera, non poteva che sembrare sereno. I suoi occhi freddi si accendevano e la sua posa era più rilassata. Quando guardava verso di lui, la casa alle sue spalle sembrava un ricordo lontano.
E’ per questo che, dall’alto della balconata, Mikoto piangeva in silenzio. Suo figlio non poteva vedere le sue lacrime, perché non le avrebbe meritate. Lui si meritava quei sorrisi, e chi se ne importava se non andava bene?
Chi sarebbero stati gli altri per giudicare?
Mikoto piangeva, ma dentro era felice. Una volta Sasuke l’aveva vista mentre sbirciava dalla finestra, intenta a guardare suo figlio nelle mani di un altro uomo.
Lei gli aveva sorriso, gli aveva indicato l’ora. Il suo gesto distratto diceva: “E’ tardi ‘Suke, devi rientrare”. Lui aveva fatto di sì con la testa, ed era rimasto comunque fuori fino alle prime luci dell’alba. Mikoto si era addormentata sulla sedia, vicino al balcone, una sentinella stanca. Al mattino aveva trovato una coperta sulle spalle esili a ripararla dal freddo.
Così proseguiva quella piccola parentesi di vita. Come i binari di un treno, che non si toccano mai ma rimangono vicini.
Tra una mezza verità ed una storia mai raccontata. Tra i dettagli da cui si tenevano alla larga ed una lacrima silenziosa.
Lontano, ma vicino. Mikoto guardava suo figlio, e sapeva di amarlo più della sua stessa vita.

 

Angolo autore.
E come l'araba fenice risorge dalle ceneri, Incenso è tornato.
Certo, ci è voluto parecchio. Ma si torna sempre dove si è stati bene.
Vi ho portato il mio sdegno di fronte ad un'estate che inizia e a cui non sono affatto pronto con una fanfiction triste. Chi l'avrebbe mai detto?
Ci tengo a questa storia. Questo sono io, qua c'è mia madre e c'è mio padre, qua c'è chi mi ha autato quando ne avevo bisogno.  Alla fine serve a questo scrivere: liberarsi, sfogarsi, poter raccontare qualcosa a chi non può giudicare. No?
Grazie a chi leggerà e a chi commenterà questa piccola pagina a cui tengo infinitamente.
Amichi di EFP mi siete mancati. Stavolta non sparirò così facilmente.
Incenso

  
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