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Autore: Yanez76    20/06/2019    1 recensioni
In questa storia ho immaginato alcuni flash della vita di Elsa Schneider sia prima che dopo gli eventi narrati in "Indiana Jones e l'ultima crociata". La storia si ricollega alla mia precedente "L'ultima impresa del cavaliere del Graal" e ne costituisce un'espansione ma è di fatto una storia indipendente.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa Schneider, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr.
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Ferndale, New York, 1949.
 
L’acquazzone non accennava a smettere, picchiettando incessante le folte chiome degli alberi di Pine Road.
“Che tempaccio!”, borbottò Henry Jones Senior, affacciandosi alla finestra. I suoi reumatismi si stavano facendo sentire, rammentandogli il passaggio inesorabile degli anni. Ormai aveva passato la settantina, pensò malinconicamente, era vecchio e solo. Junior non veniva a trovarlo che per le feste comandate e, anche in quelle occasioni, sembrava sempre impaziente di andarsene; mentre Marcus Brody, l’unico vero amico che avesse mai avuto, risentiva anche lui degli acciacchi dell’età e, come lui, ormai si muoveva di rado da casa.
Dopo una vita intera dedicata alla ricerca del Graal, dopo che, seppur per pochi istanti, aveva potuto posare le sue labbra sulla sacra coppa, dopo aver ritrovato anche la mitica Lancia di Longino, la sua vita sembrava ormai essersi esaurita. Se ne era andato in pensione carico di gloria e riconoscimenti; ma aveva dovuto rassegnarsi all’idea: era ormai diventato un vecchio.
Ripensò al cavaliere crociato che, per pochi istanti, aveva intravisto nel tempio del Graal: quel vegliardo lo aveva guardato, alzando la mano in un gesto misterioso, forse un cenno di richiamo. Allora lui si era sentito debole e indegno, gli era mancato il coraggio di restare al suo fianco come eterno custode del luogo ove era conservata sacra coppa; ma adesso, a volte, gli capitava di rimpiangere quella scelta.
Si avvicinò ad uno scaffale e prese in mano un grosso volume polveroso che non apriva da anni. Dalle pagine leggermente ingiallite, cadde in terra un piccolo cartoncino rettangolare; Senior, posato il librone sulla sua scrivania ingombra di volumi, tornò sui suoi passi e, non senza lamentarsi per qualche doloretto, si piegò a raccoglierlo. Lo girò e vide che si trattava di una fotografia scattata a Venezia, in piazza San Marco. Era una delle solite foto ricordo che si fanno scattare i turisti, circondati da uno stormo di piccioni svolazzanti e becchettanti; lui vi compariva assieme ad Elsa Schneider, sorridevano felici e divertiti con nelle mani qualche chicco di riso da dare ai volatili. Il vecchio professore sospirò profondamente mentre, con un tuffo al cuore, ripensava a quei tempi: com’era bella Elsa, così giovane e piena di vita, come sprizzavano entrambi entusiasmo per la loro ricerca e com’era felice lui, a qual tempo, quando bastava un sorriso di lei per farlo sentire ringiovanito di vent’anni…
Così bella e così bugiarda: il suo amore non era che un inganno! pensò con rabbia e amarezza, riscuotendosi bruscamente dal suo sogno ad occhi aperti. Quella che aveva creduto una creatura celestiale lo aveva usato nel modo più subdolo, giocando con i suoi sentimenti, spezzandogli il cuore. Si era illuso, si era fatto abbindolare da lei come un allocco; ma in fondo cosa si aspettava? Come aveva potuto credere che una come lei potesse davvero provare qualcosa per un vecchio? Senior chiuse gli occhi, una lacrima gli rigò la guancia.
Quando l’aveva vista cadere nel crepaccio, aveva avuto per lei parole dure, severe, parole di rabbia che solo un amore deluso e ferito sa pronunciare: aveva detto che lei non aveva mai creduto nel Graal, che era solo una persona avida a caccia di un bottino, una strega cattiva accecata dalla brama di fama e ricchezza. Eppure, quella stessa notte, nel deserto, quando Junior, Sallah e Marcus si furono addormentati, Senior, sicuro che nessuno potesse vederlo o udirlo, si era lasciato andare: aveva pianto calde lacrime, singhiozzando come un ragazzino. Anche se non voleva ammetterlo neppure con se stesso, lui quella strega, quella perfida Kundry, l’aveva amata.
Gli veniva rabbia solo a pensarci, l’aveva tanto pianta e poi l’ennesima beffa: aveva ricevuto una sua lettera in cui lei spiegava di essere riuscita ad uscirne completamente illesa. Bah forse è sul serio una specie di strega…
Il campanello suonò. Accidenti, chi mai può essere con questo tempo? si chiese il professore, tirando su col naso, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano ed avviandosi ad aprire.
Ciò che si trovò davanti lo lasciò a bocca aperta: la giovane della foto, ormai trasformata in una splendida donna, se ne stava lì, alla sua porta, sgranando due occhioni azzurri da cerbiatta.
“Elsa! Tu?! Tu qui?!!”
“Ehm, ciao Henry, quanto tempo, eh? Come va? È un po’ umido qua fuori… Non… non mi faresti entrare?”
Senior si diede un pizzicotto per essere certo che non si trattasse di un sogno e rimase a fissarla per qualche secondo indeciso sul da farsi. Una parte di lui avrebbe voluto semplicemente sbatterle la porta in faccia; ma non fu la parte che prevalse.
Non posso mica lasciarla sotto la pioggia: rischia di buscarsi un malanno, povera piccola, mi porterei il peso sulla coscienza …
“Ehm, sì, certo. Entra, vieni ad asciugarti.”
“Oh, grazie, Henry, sei così gentile, tu sì che sei un vero cavaliere…”, disse Elsa, entrando con un sorriso radioso e gli occhi che le brillavano.
“Figurati. Stavo per farmi un tè, ne vuoi un po’?”, rispose l’attempato professore.
“Grazie, accetto volentieri. È proprio quello che ci vuole con questo tempaccio.”
Lui l’aiutò galantemente a togliersi l’impermeabile e la fece accomodare su una poltrona del salotto; poi, dopo aver armeggiato un poco in cucina, tornò portando un vassoio con due tazze fumanti e un piatto con dei pasticcini.
“Oh, che bello”, squittì Elsa, aspirando beatamente il profumino invitante della bevanda. “E quei dolcetti sembrano proprio appetitosi.”
“Sono i tuoi preferiti, se non sbaglio.”
“Oh, Henry, come sei caro, te ne sei ricordato…”
Ma cosa diavolo sto facendo? Non posso cascarci così, non di nuovo! Devo stare in guardia: lei è Kundry, la maliarda. Certo è qui per uno dei suoi inganni… si disse l’uomo, riscuotendosi, mentre il suo volto si faceva serio.
“Uhm, non mi sembra che io ti fossi poi così caro quando mi hai ingannato e tradito…” le disse freddamente, risentito.
Elsa sospirò, facendo del suo meglio per assumere un’aria contrita.
“Ascolta, Henry: lo so che in passato non mi sono sempre comportata benissimo; però adesso ho capito i miei errori, non sono più dalla parte sbagliata e…”
“Già, già, come Von Braun… Adesso, con il Progetto Paperclip[1] voialtri ex nazisti siete diventati tutti santerellini…”
“Oh, adesso sei ingiusto, Henry… Io avevo chiuso con i nazisti già dal ’38, in tempi non sospetti, e collaboro con i servizi alleati dal ’42… Non sono una nazista, non lo sono mai stata davvero. Loro mi minacciavano, avevano il coltello dalla parte del manico e io… beh, credevo di riuscire a mantenere il controllo della situazione, credevo di riuscire ad usarli. Lo so che ho sbagliato; ma in fondo è acqua passata…”
“Credevi di riuscire ad usarli… già, è proprio questo che fai tu di solito: usi le persone, come hai usato me! Anche…  anche quella notte, a Venezia: era tutta una finzione!”
“Oh, Henry, questo non è affatto vero! Quello non me l’avevano ordinato i nazisti, non faceva parte del piano: è successo perché lo volevo ed è stato bellissimo!”
“Andiamo, Elsa, basta con le bugie! Non sono ancora del tutto rimbambito: mi ricordo bene di Brunwald! Quando hai detto che era stato meraviglioso, che non lo avresti mai dimenticato, io credevo che tu parlassi con me e per un attimo mi ero illuso che… Invece tu parlavi a Junior! Magari con lui non hai finto perché è più giovane! Ti sei solo presa gioco di me: sei stata crudele, mi hai spezzato il cuore!”
“Aspetta, Henry, non saltare alle conclusioni, pensaci bene, non è come credi. Eravate legati schiena contro schiena, Indy aveva l’orecchio accanto al tuo e ha pensato che dicessi a lui; ma era a te che parlavo in realtà…”
“E allora si può sapere perché hai baciato solo lui?!”, fece Senior con aria offesa.
“Henry, cerca di capire… Vogel lo aveva appena catturato, io gli avevo sottratto il diario, tu gli avevi detto che ero una nazista e lui aveva capito quello che c’era stato tra di noi… Non me la sono sentita di dirgli la verità, sarebbe stato il colpo di grazia per lui…”
“Ma si può sapere di che diavolo vai farneticando, Elsa? Quale verità non potevi dirgli?”
“Beh, vedi, immagino che per un uomo come lui sia molto dura da accettare che il proprio padre sia più bravo in certe cose…”, disse Elsa, sorridendo ammiccante, “Andiamo, Henry, lo sai com’è tuo figlio: superficiale, affrettato, sempre troppo impaziente di iniziare e rapido nel concludere. Diciamocelo: è un vero troglodita che crede che i preliminari consistano nel togliermi di dosso la biancheria intima!”, fece Elsa, addentando poi un pasticcino.
“Beh, sì, in effetti devo dire che Junior non ha mai imparato a comportarsi in modo appropriato… Ehm… cioè staresti dicendo che… che veramente con me è stato più…”, bofonchiò Henry, tossicchiando ed arrossendo di malcelato orgoglio, prima di mandar giù una gustosa sorsata di tè.
“Oh, Henry… Con te è stato molto diverso: tu sei un vero gentiluomo, tu sai come trattare una donna, come farla felice…”
Non abbassare la guardia! Ti sta lusingando perché trama qualcosa! Lo ammonì una vocina dentro di lui.
“Oh, adesso basta, Elsa! Non mi fanno più effetto le tue moine…”, mentì spudoratamente, “Lo so che sei venuta per chiedermi qualcosa.”
“Sì, Henry, è così. Ed è qualcosa che posso chiedere solo a te.”, fece Elsa, ritornando seria ed estraendo dalla valigetta che aveva con sé un plico di carte, accuratamente avvolto perché non si bagnasse.
“Cos’è quello?”, chiese il professore, incuriosito.
“Sono degli appunti che ho preso nel Tempio del Graal. C’è anche la trascrizione completa del codice manoscritto che il cavaliere teneva su un leggio. Si tratta di un testo del tutto sconosciuto che fa luce su molti aspetti misteriosi della materia del Graal.”
“Elsa! Sta…stai dicendo sul serio? Un testo inedito sul Graal! Ma è… è una scoperta straordinaria!” disse Senior, in brodo di giuggiole, “Beh, che aspettiamo? Mettiamoci al lavoro!”
I due si misero alla scrivania, iniziando subito a studiare quegli appunti. Henry, più esperto, le illustrava i punti più difficili, interpretando le espressioni più astruse. Elsa era una studiosa e fare luce sulla materia del Graal costituiva per lei una ragione di vita; gettarsi in quella nuova scoperta, esaminare quel testo affascinante e misterioso assieme all’uomo che considerava il suo maestro, sui cui libri si era formata, la rendeva emozionata come una scolaretta. Totalmente assorbiti da quello studio, persero la nozione del tempo e quando guardarono l’orologio era ormai mezzanotte passata. Fuori il tempo non era migliorato: continuava a piovere a dirotto e si era alzato anche un forte vento che sibilava scuotendo le fronde degli alberi.
“Oh, povera me, com’è tardi! Sarà dura tornare a casa adesso…”, fece Elsa.
“Oh, non se ne parla proprio, Elsa: è pericoloso uscire con questo tempo. Non temere, puoi restare qui stanotte, io mi accomoderò sul divano.”
Elsa sorrise, le cose si stavano mettendo nel migliore dei modi: una volta decifrato quel testo misterioso insieme ad Henry, la scoperta le avrebbe certo spalancato le porte di Princeton. Come collaboratrice del celebre professore, con il suo appoggio, non avrebbe certo avuto problemi ad ottenere una cattedra di ruolo. Sì, la giornata era stata veramente grandiosa, perché la notte non poteva esserlo altrettanto?
“Vuoi veramente dormire sul divano? Magari, se ci stringiamo un po’, entriamo tutti e due nel letto…”, fece lei, strizzandogli l’occhiolino.
Senior era interdetto, stordito, in pochissimo tempo, erano successe talmente tante cose: l’arrivo inaspettato di Elsa, la scoperta di quel testo sconosciuto e, adesso, quelle sensazioni che lo assalivano, sensazioni che ormai pensava di non dover provare mai più in vita sua.
La donna si avvicinò ad un palmo da lui; ora Henry sentiva nuovamente il suo calore, percepiva nuovamente il suo profumo e ricordi che credeva ormai sepolti si risvegliarono, affollandosi all’improvviso nella sua mente.
Beh, in fondo non sono poi ancora così vecchio… pensò con un certo compiacimento, avvertendo che il proprio corpo aveva iniziato a reagire per conto proprio alla prossimità di Elsa.
Cosa stai facendo Henry! Non puoi cedere adesso! Lei è Kundry, devi stare in guardia!
“A…Aspetta, Elsa… io, io… noi… non possiamo…”
“Uhm…e perché?”, chiese lei maliziosa, avvicinandoglisi sempre di più.
“È… è peccato!”
“Ci confesseremo…”
“Tu sei Kundry, la strega!”
“Può, darsi… Ma Kundry è anche la messaggera del Graal, no? E poi, in fondo, non è così cattiva: alla fine si redime, o almeno credo…”
“Ma…ma Parsifal ha sputo resistere alle sue tentazioni!”
“Già, ma tu sei Lancillotto…”
Lui l’afferrò, stringendola tra le braccia. Si baciarono appassionatamente.
Poi Henry si staccò da lei, in un estremo tentativo di resistenza.
“Non… non posso…”
Elsa si fermò, abbassando lo sguardo.
“Oh, è vero. Scusami, Henry, capisco… avrei dovuto immaginarlo, sono passati tanti anni e…”
“Elsa! Ma che cavolo stai dicendo? Che cosa c’entrano gli anni, adesso?”
“Beh, voglio dire… penso sia normale dopo una certa età… non devi vergognarti se non…non ce la fai più a…”
“Cosa?! Vorresti forse insinuare che io…?”
“Quel che è troppo e troppo. Adesso ti faccio vedere io!” disse, prendendola in braccio e sollevandola per portarla in camera, deciso a farle rimangiare quell’oltraggiosa insinuazione.
Kundry o non Kundry, un fiero figlio delle Highlands scozzesi non può certo permettere che si metta in dubbio il suo valore…
E fu così che, dopo un’epica tenzone a corpo a corpo, la bella Kundry, trafitta dal prode Lancillotto, giacque finalmente spossata.
“Allora, calunniatrice di una Kundry, chi sarebbe il vecchietto che non ce la fa più?”, la canzonò lui.
Alla faccia del vecchietto… mi ha fatto arrivare al dunque per tre volte! Pensò lei compiaciuta.
“Oh, ser Lancillotto, perdonatemi, come mi ero ingannata…”, ansimò Elsa, “Vi siete fatto tanto onore in questa impresa, che si dovrebbe eternarla in un poema.”
“Uhm, un nuovo poema, dici? Sì, penso che l’evento lo meriti.”, disse Henry sorridendo e, dopo qualche attimo, assumendo un’aria scherzosamente ispirata, iniziò a declamare.
 
Fuori il nembo tuona e rugna
Lampa e piover fa a dirotto
E s’accese l’alta pugna
Tra la strega e Lancillotto
Lui dice affannosamente
“Or ti ho presa Kundy mia!”
Poi l’afferra saldamente
“Non ti lascio scappar via!
 Calda siete a sufficienza
Ed al rogo non vi mando
Altra ho per voi sentenza
Assaggiar vi fo il mio brando.”
Lei ridacchia e dice allora
“Il solletico non vale!”
Quando la gran barba sfiora
Il suo punto più sensuale
I capelli d’oro fino
Or qua e là Kundry dimena
Ormai cotta è a puntino
Grida già di piacer piena
Come andò quel dolce gioco
A dir la sarebbe lunga
A capir ci vuole poco
E l’autor non si dilunga
Poi sentendo un po’ fatica
Lancillotto il labbro bagna
Beve assieme alla nemica
Una coppa di sciampagna
Fumata una sigaretta
Giace Kundry sulla pancia
Ma non sa cosa l’aspetta
Se torna in resta la lancia
Mentre se ne sta distesa
Con le membra soddisfatte
Lui la prende di sorpresa
Lì dove il sole non batte
Chiede lui: “Vi spiace forse
Finire così infilzata?”
Lei s’inarca e il labbro morse
“Me lo sono meritata”
E così la bella maga
Furba al pari d’una volpe
Nel modo che più le aggrada
Pagò il fio delle sue colpe.
 
“Ah, ah, ah, Henry, sei un vero Minnesänger[2]”, ridacchiò Elsa, rannicchiandosi contro di lui, e appoggiando la bionda testa al suo petto. 
“Posso chiederti una cosa, Elsa?”, chiese poi Jones.
“Certamente.”
“Hai tenuto per te quegli appunti per più di dieci anni, perché non hai mai detto niente a nessuno di questa scoperta fondamentale?”
 “Beh, vedi, si tratta di un testo molto complesso e non so se riuscirei a capirlo completamente da sola, così volevo prima studiarlo assieme a te. Ho sempre sognato di diventare la tua assistente, di lavorare assieme a te… Ma purtroppo temo sia impossibile: a Princeton hanno molti pregiudizi e non assumerebbero mai una donna…”, disse con un’aria avvilita e sconsolata.
“Ma cosa dici, Elsa, tu sei bravissima! I tuoi studi sono eccezionali. Ormai sono in pensione, ma lasciami solo fare una telefonata al Rettore e ti assicuro che tutto si sistemerà.”
“Oh, Henry, lo faresti davvero…”, disse Elsa con gli occhi che le brillavano di gioia.
Lui le passò un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé e le accarezzò dolcemente i capelli.
“Lo sai che non posso resisterti, streghetta mia…”
Elsa sorrise; per un attimo, aveva temuto che finisse come con Indy, e che, passato il momento della passione, lui la cacciasse in malo modo.
Le piaceva il modo come Henry la riempiva di tenerezze. In fondo, dentro quella donna così determinata, caparbia e spregiudicata si celava una bambina bisognosa di coccole. Forse per questo era sempre stata così attratta da quelli più grandi di lei, quasi figure paterne per lei che il padre l’aveva perduto davvero troppo presto.
Elsa chiuse gli occhi e sospirò, pensò ad Henry ed a quello che c’era stato tra loro e non poté evitare di sentirsi un poco in colpa. Lo stava di nuovo ingannando? Ancora una volta lei stava usando i suoi sentimenti per ottenere ciò che voleva; ma, si diceva tentando di giustificarsi, stavolta non voleva nulla di sbagliato. Dopo tutti quegli anni passati a combattere per ottenere la posizione che le spettava non aveva alcuna intenzione di farsi fare le scarpe da qualche collega maschio che avrebbe dato la scalata all’accademia dopo averle soffiato la sua scoperta. Era successo troppe volte e non voleva correre rischi, così ne aveva parlato ad Henry perché era l’unico di cui si fidava, l’unico da cui non temeva di essere tradita. In fondo che male c’era a dargli una piccola motivazione in più per aiutarla? Certo, dopo la delusione patita con Isaac, nessun altro uomo era riuscito a farla innamorare a parte forse il misterioso cavaliere che l’aveva salvata; ma si può restare fedeli a qualcuno chiuso in eterno nel suo mondo senza tempo? Elsa aprì gli occhi e si volse verso Senior; lo vide sorridere beato e si tranquillizzò: lo aveva reso felice, quindi come strega non era poi così cattiva. Magari non era proprio amore ma era bello lo stesso. Richiuse gli occhi, sì era così bello lasciarsi andare, sognare dolcemente tra le sue braccia…
Il leggero respiro di Elsa si fece più lento e regolare e Senior seppe che si era addormentata. La guardò e sospirò profondamente: era bastato così poco per mandare i fumo tutti suoi buoni propositi: si era nuovamente lasciato dominare dai desideri della carne, era stato ancora debole, aveva ceduto, aveva peccato eppure… eppure non riusciva a sentirsi in colpa.
Solo poche ora prima, si sentiva un uomo finito. Era scoraggiato, amareggiato, senza più uno scopo che lo tenesse attaccato ad una vita che sembrava non avere più nulla da dargli e poi, in un attimo, Elsa gli aveva restituito tutto il suo entusiasmo. Adesso era di nuovo lanciato in una ricerca appassionante, di nuovo curioso di nuove scoperte. Si sentiva di nuovo utile, di nuovo importante: Elsa contava su di lui e lui non l’avrebbe delusa. Lei gli aveva dimostrato che non era affatto un vecchio pronto per l’ospizio, in nessun senso.
Aveva letto accuratamente tutte gli articoli e i libri che lei aveva pubblicato e doveva ammettere che era davvero una studiosa di prim’ordine, la cattedra di ruolo se la meritava.
 
Adesso, più che Kundry, Elsa gli ricordava Viviana che sedusse Merlino per apprendere la sua sapienza e poi lo ammaliò con i suoi incantesimi, tenendolo prigioniero di un dolce sogno nella foresta di Brocéliande.  Henry pensò che anche a lui come al saggio mago sarebbe piaciuto farsi incantare per sempre.
Elsa si mosse leggermente nel sonno e socchiuse le labbra; sorrideva come stesse facendo un bel sogno. Senior trattenne il fiato; con un brivido, si ricordò dell’altra volta, quando, proprio in quel modo, aveva scoperto l’inganno di quella donna e, in cuor suo, pregò che la storia non si ripetesse: stavolta era certo che la delusione sarebbe stata troppo grande e gli avrebbe spezzato il cuore.
Oh, Mein Ritter, ich liebe dich...” mormorò la donna nella sua lingua madre.
Mio cavaliere ti amo… pensò Senior, grattandosi la testa. Ma certo: era lui, Lancillotto! Ma… ma allora voleva dire che…
“Oh, micetta mia, perdonami se ho dubitato di te…”, le disse, abbracciandola teneramente. Elsa sospirò dolcemente e continuò a dormire.
Fuori, il vento sferzava ancora le cime degli alberi e la pioggia batteva insistente contro le finestre.  Un tuono rimbombò in lontananza, mentre la luce si spegneva nella stanza.

Il mattino seguente, il temporale era finito ed Elsa si svegliò con l’allegro cinguettio degli uccellini che popolavano le ampie fronde dagli alberi di Pine Road. La bionda si stiracchiò pigramente e cercò inutilmente Henry nel letto vuoto accanto a sé. Poi la porta si aprì e il professore entrò reggendo un vassoio pieno di leccornie e con due tazze fumanti.
“Wow, la colazione a letto! Vuoi proprio viziarmi, Henry…”
“Oh, ti prego, Elsa, perdona questo vecchio orso sospettoso: sono stato troppo duro con te ieri sera…”
“Uhm, troppo duro dici? Forse… ma non mi è dispiaciuto affatto!”, ridacchiò maliziosa.
“Mi perdoni, micetta mia?”
“Solo se continui a portarmi la colazione a letto, orsacchiotto mio…”, mormorò la donna dandogli un bacetto.
Accipicchia, se va avanti così tra un po’ chiederà la mia mano. Uhm, diventerei la matrigna di Indy, sarebbe divertente… pensò tra sé Elsa, addentando una frittella.
 
[1] Operazione gestita nel dopoguerra dai servizi segreti americani di reclutamento di scienziati dell’ex Germania nazista.
[2] Letteralmente: «cantori d’amore», poeti lirici tedeschi del 12° e del 13° secolo.
 
   
 
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