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Autore: AriCalipso    22/06/2019    1 recensioni
Logan sta assaporando cosa significa la parola "FINE".
Ormai, anche per lui, è giunto quel tanto agognato momento che, da troppo tempo, stava aspettando.
Proprio quando decide di abbandonarsi al suo destino, gli riaffiorano nella mente molti, tanti ricordi, in particolare uno legato ad una persona davvero speciale.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Ciao Logan»

 

Gli tornarono in mente quelle due parole, quella voce che tanto avrebbe voluto riascoltare per l’ultima volta.

La vista si stava lentamente annebbiando, a mala pena riusciva a distinguere i grandi e possenti alberi che padroneggiavano quel bosco selvatico.

Quel ramo spezzato si faceva sempre più spazio nella carne, ormai invecchiata, del mutante; le viscere cercavano di dimenarsi a quella violenza, provando in tutti i modi di rallentare quella corsa infernale, di concedergli un’ultima opportunità.

Il sangue non smetteva un secondo di sgorgare; fuoriusciva dai suoi vasi copiosamente, andando ad imbrattare la bianca canotta, colorandola di un rosso sempre più scuro.

Il respiro si faceva di volta in volta più lento e pesante; riempire i polmoni di ossigeno, gonfiarli per garantirgli un ricambio di aria fresca e pulita, era diventato così difficile a tal punto da non ricordare più come si inspirava.

Poteva percepirlo benissimo: il suo spirito cercava di liberarsi da quel corpo, volendo finalmente raggiungere tutte le persone che, in silenzio, lo stavano aspettando dall’altra parte.

Avrebbe potuto riabbracciare tutti quanti: Charles, morto tra le sue braccia, l’unico uomo che era riuscito a vedere un essere umano oltre quella macchina animalesca. Il Professore era bravo in queste cose, in particolare non ebbe difficoltà a capire i grandi turbamenti che affliggevano l’animo di Wolverine; avrebbe potuto, senza indugio, entrare prepotentemente nella sua mente e sviscerare ogni segreto più recondito, invece volle rispettarlo e lasciargli la porta del suo ufficio sempre aperta, libero di attraversarla ogni qualvolta avesse bisogno.

Avrebbe rivisto perfino Stryker, al quale non vedeva l’ora di mollargli un altro bel ceffone in faccia. Se era diventato la bestia che tutti temevano, era solo colpa sua. Nonostante il suo stato morente, poteva ancora sentire la rabbia nei confronti del colonnello; gli aveva sconvolto la vita, reso la macchina da guerra che tanto desiderava, “l’arma X” l’aveva definito.

Lui gli aveva iniettato questa nuova lega metallica in corpo; poteva ancora sentire come l’adamantio andava ad insinuarsi nel suo corpo, sostituendosi al normale apparato scheletrico. Lo aveva reso indubbiamente più forte, ma a quale prezzo? Molte volte quel nuovo componente gli aveva salvato la vita, permettendogli così di uscire vittorioso anche nelle situazioni più ardue e pericolose. In altre occasioni, ahimè, si era rivelato la sua peggiore condanna, l’Inferno che tanto avrebbe potuto evitare.

Del resto, il veleno che stava man a mano intossicando il suo corpo, veniva proprio rilasciato da quel metallo. A poco a poco gli stava corrodendo ogni viscere, le cellule cadevano una ad una a contatto con quella tossina, i tessuti si laceravano al solo tocco.

Forse avrebbe dovuto ringraziare Stryker per questo? No, non lo avrebbe fatto, neppure adesso che si trovava sul punto di morte.

Jean, già, avrebbe incontrato anche lei; la bella fenice che era riuscito a fargli battere quel cuore di adamantio, andando a scovare nei cassetti più reconditi del suo animo e sfiorare i suoi punti più sensibili, senza nemmeno accorgersene. Sapeva che non sarebbe mai stata sua, eppure nel vederla era riuscito a comprendere, di nuovo, cosa volesse dire innamorarsi di qualcuno ed essere pronto a rischiare tutto, pur di proteggerla. Malgrado la rossa dottoressa avesse scelto di restare al fianco di Scott, Logan non aveva mai smesso un secondo di amarla e guardarla con ammirazione in tutto quello che faceva. Ricordava ancora quando la potente entità, che coesisteva nel corpo di Jean, aveva deciso di prendere pieno possesso del corpo della ragazza. Poteva avvertire le labbra della donna premere violentemente sulle sue, investigare con audacia sul suo corpo, pizzicando ed accarezzando ogni singolo centimetro di pelle. Difficilmente ricordava in che momento quel barlume di lucidità decise di palesarsi nella sua mente, ma per fortuna arrivò; il punto è che avrebbe tanto voluta farla sua, ma quella non era affatto la sua Jean.

Non si era ancora dato pace per ciò che accadde quel giorno; seppure Jean stessa lo aveva supplicato di porre fine a tutta quella catastrofe, quegli artigli nella carne della donna erano ancora i padroni supremi dei suoi incubi. Magari, una volta raggiunta, avrebbe potuto chiederle scusa un’altra volta.

Si sarebbe potuto riscattare di tanti crimini commessi, poteva finalmente redimersi.

Tante volte aveva sperato che il suo fattore rigenerante smettesse di svolgere il proprio compito, lasciandogli provare quello che stava vivendo ora. Per troppo tempo era stato costretto a continuare quel vagabondare per questa Terra, vedendo cadere persone innocenti, in maniera del tutto ingiusta. Si sarebbe sacrificato volentieri al loro posto.

 

Laura, la giovane mutante, nonché sua figlia, non aveva smesso un attimo di piangere.

Stringeva forte la mano callosa di Logan e poteva percepire come la presa dell’uomo stava diventando sempre più fievole. Tra i singhiozzi lo supplicava di non morire, di non lasciarla sola in quell’Universo così corrotto ed ipocrita. Benché adesso fosse libera, aveva ancora bisogno di lui come guida, di qualcuno che le insegnasse come viverlo quel Mondo sconosciuto.

Lo scuoteva con nervosismo, poggiando la minuscola mano sulla spalla graffiata di Wolverine. Cercava in tutti i modi di non fargli chiudere gli occhi, non adesso.

L’uomo, a fatica, girò gli occhi verso la ragazzina ed accennò ad un lieve sorriso, mascherato da quella barba grigiastra, insanguinata ed incolta.

«Non devi più combattere» sibilò in un sussurro, schiarendosi la voce per permettere alla ragazzina di udirlo.

«Non essere ciò per cui ti hanno creato» aveva proseguito, a stento, respirando affannosamente tra una parola e l’altra. Sperava con tutto il cuore di essere arrivato alle orecchie della sua bambina, conosciuta ormai troppo tardi.

X-23 sussultò a quelle parole, non poteva andarsene, non così.

Iniziò ad urlare, a piangere come una disperata, implorandolo di restare, solo per un po’ ancora. Aveva ancora tanto da chiedergli, tanto da dover scoprire.

I suoni cominciarono ad ovattarsi, a mala pena riusciva a distinguere le grida disperate di Laura ed il fruscio dei rami, i quali danzavano al ritmo dettato dal vento di un nuovo avvenire.

Ormai la sua dipartita era prossima; si sarebbe di sicuro sentito più leggero, finalmente poteva abbandonare quell’esistenza che gli era costata troppe vite ed altrettante sofferenze.

Forse, per la prima volta, aveva la possibilità di assaporare cosa fosse la pace, la serenità tanto agognata. Non doveva più lottare, non doveva più condannare se stesso per quella vita immortale; dopo tanto tempo la sua ora era giunta ed andava bene così.

Laura era ormai al sicuro perciò, seppur con l’amaro in bocca mischiato al sapore metallico del sangue, poteva partire senza troppi rimpianti.

 

Almeno così credeva.

 

Fu proprio in quell’istante, quando era riuscito ad accettare la sua tanto desiderata sconfitta, che risuonò nelle orecchie il suono di quella voce, talmente familiare da fargli increspare la pelle al solo pensiero.

«Rogue» pronunciò con quel poco fiato che gli restava, scandendo bene ogni lettera del suo nome.

Dopo quella estenuante battaglia contro le sentinelle, dove tutti loro stavano rischiando di passare all’altro Mondo, non aveva più avuto sue notizie.

Del resto era stato lui a scomparire dalla circolazione, senza lasciare alcuna traccia, troppo ossessionato dall’idea di essere la causa di sofferenza di chiunque gli stesse pericolosamente accanto.

Tante volte Marie lo aveva supplicato di portarla con sé, ma Logan l’aveva respinta in maniera categorica, per paura di farla soffrire, di farle del male.

Eppure, adesso, desiderava con tutto il cuore di poterla stringere tra le braccia, per l’ultima volta.

Sapeva che sarebbe stato rischioso, dato il potere della sua ragazzina, ma poco gli importava; sentiva nelle viscere più profonde la necessità di provare ancora una volta il contatto di quella pelle liscia e setosa sul suo corpo, un tocco capace di ridestare anche i sensi più assopiti, ridestandoli con quel buon profumo di pesca e cannella.

Gli tornò alla mente il loro primo incontro, quando dopo aver esitato per un po’, decise di prenderla con sé e farla salire sul suo camper. Rogue cercava in tutti modi di creare un contatto, a fatica data l’invalicabile corazza che vestiva Wolverine, necessaria affinché non si affezionasse a nessun altro essere umano.

Eppure, dopo un lungo insistere, era riuscita a strappargli qualche parola; gli aveva raccontato della sua mutazione, o meglio della sua maledizione, come lei la definiva.

«Quando qualcuno mi tocca gli capita qualcosa… Si fa male» gli aveva confessato con voce sottile, quasi rotta da un pianto che di lì a poco sarebbe sfociato copiosamente, bagnando le pallide gote della castana.

Da quelle parole Logan capì di aver trovato, dopo tanto tempo, qualcuno simile a lui; i suoi artigli avevano massacrato persone, affrontato guerre e combattuto estenuanti battaglie. Avrebbe tanto voluto smetterla di causare continue sofferenze, ma in un certo senso cercava di vivere, di sopravvivere e Marie era proprio come lui. Entrambi erano stati condannati a mutazioni ingiuste ed assassine e la convivenza con quest’ultime si rivelava ogni istante più ardua e pericolosa; lui poteva capirla però, lui poteva insegnarle a non commettere quegli infiniti sbagli compiuti ed essere migliore.

Le sorrise di rimando, cercando di farle capire che con lui poteva sentirsi al sicuro.

«Ti fa male quando escono?» gli aveva domandato, curiosa ed allo stesso tempo preoccupata.

Logan, in quel momento, si sentì pervaso da uno strano calore che, a man a mano, gli riscaldò quell’animo glaciale e burbero; mai prima di all’ora qualcuno gli aveva chiesto cosa provasse, cosa sentisse nel momento in cui quelle lame mortali perforavano quel piccolo strato di pelle compreso tra le dita e le nocche.

Sì che gli faceva male, eccome se gli faceva male. Era un dolore lancinante che, fortunatamente per lui durava pochi istanti, ma era di una magnitudo tale da poter spaccare il terreno, creando una crepa profonda a tal punto da essere quasi irreversibile.

Fu proprio quella ragazzina, una perfetta sconosciuta, a mostrarsi apprensiva per ciò che gli accadeva in quel fulmineo frangente.

«Tutte le volte» le aveva risposto, con la voce quasi spezzata, tagliando corto.

Avrebbe voluto raccontarle di più, molto di più, ma la sua mente cercava in tutti i modi di frenare quel suo volersi espandersi, quel desiderio di confidarsi e raccontare qualcosa di sé. Avrebbe tanto voluto raccontargli i suoi incubi, quel sogno ricorrente che lo faceva sussultare nel cuore della notte, madido di sudore; voleva sfogarsi con lei per tutti i crimini commessi, confessargli i suoi peccati, ma aveva giurato che non avrebbe più fatto del male a nessuno ed attaccarsi a quella mutante implicava esporla a troppi pericoli.

Decise allora di mantenere il silenzio, rivelandogli solo il suo nome, in un mezzo sorriso; in realtà già sapeva che nel profondo del suo cuore, si era affezionato a quella ragazzina, cadendoci con tutte le scarpe.

Gli ritornò alla mente il momento in cui giunsero alla Scuola per Giovani Dotati, diretta dal Professor Xavier; lì furono accolti benevolmente, messi al sicuro dall’ossessione di Magneto, il quale organizzò loro un agguato con l’intento di prendere uno dei due in ostaggio.

Lì Rogue cominciò ad ambientarsi, a stringere nuove amicizie; adesso poteva sentirsi una ragazza normale, circondata da persone della sua età, proprio come lei. Non veniva più giudicata pericolosa, nonostante lei si definisse ancora a quel modo. Poteva essere, per una buona volta, se stessa, togliendo tutte quelle placche di ferro che componevano la sua armatura, mettendosi a nudo dinanzi ai suoi nuovi compagni. Ovviamente i guanti neri, in seta, dovevano restare al loro posto, ricoprendo le esili dita.

Si rammentò del modo in cui la osservava scoprire quel nuovo Mondo, di come indifesa e schiva muoveva quei passi incerti e si immergeva in quelle nuove acque, dove però, per fortuna, era circondata da pesci della sua stessa specie.

Poteva ancora sentire quel formicolio alle mani quando vide Bobby, l’uomo ghiaccio, gironzolarle intorno, facendole il filo. Gli dava tremendamente fastidio lo sguardo languido che il biondino le rivolgeva, cercando in tutti modi di apparir bello agli occhi della sua Marie; senza troppo dare nell’occhio, ma centrando, in maniera accurata e precisa, l’obiettivo da raggiungere, riusciva ad interrompere quel contatto, rovinando la festa al bell’imbusto.

Lo percepiva ancora il sorrisino beffardo e compiaciuto, che si dipingeva su quel volto adornato da lunghe e folte basette brune; nessuno doveva toccare Rogue, né tantomeno farle del male o spezzarle il cuore, se la sarebbe vista con lui.

Tante memorie si palesarono nella sua mente, facendosi strada tra quel groviglio intrecciato, composto di ombre sfuocate ed amnesie.

Seppur non vedesse l’ora di lasciare quel corpo, desiderava con tutto il cuore avere ancora tempo per rivedere il viso della sua ragazzina.

Lo rammentava come se fosse successo di recente: quella notte stava avendo uno dei suoi soliti incubi, dove senza ombra di dubbio la guerra o gli esperimenti di Stryker erano i protagonisti indiscussi dell’opera messa in atto. Si dimenava nel letto, ancora con gli occhi chiusi, cercando in tutti i modi di scacciare quei demoni che da tanto, troppo tempo, si insinuavano con prepotenza e superbia nella sua testa.

Le lenzuola gli si erano attorcigliate alle gambe, sembravano due giganteschi boa, pronti a compromettere la circolazione sanguigna negli arti inferiori, impedendogli così qualsiasi fuga. La fronte era imperlata di sudore, mentre dei lamentosi mugolii fuoriuscivano inconsapevolmente dalla sua bocca.

Ogni qualvolta andasse a dormire, le subdole arpie del suo subconscio si divertivano a fargli rivivere quei flashback infernali, compromettendogli il sonno. Non solo gli mostravano immagini sfuocate ed indecifrabili, erano perfino brave a distorcere tutto quel passato, troppo confuso ed inesplorato. Logan riusciva solo a vederci tanta rabbia e altrettanta sofferenza, sentiva solo un atroce dolore generarsi a livello della spina dorsale, fino ad ascendere, soffermandosi all’altezza delle tempie; lì le vene erano talmente rigonfie, tanto violento era il loro pulsare che sarebbero esplose da un momento all’altro, non portando a nulla…si sarebbero rigenerate nel giro di poco.

Era una lotta continua la sua: una lotta che avrebbe tanto voluto perdere per aver un po’ di serenità, una lotta che si sarebbe conclusa solo quando quel muscolo frenetico, situato al centro del petto, avesse deciso di arrestare la sua corsa, infine.

 

Sentì all’improvviso una flebile voce pronunciare il suo nome; lo intimava di svegliarsi, di uscire da quel vortice di angherie e paure, cercava di salvarlo da quell’oblio spaventoso.

Ma più quel richiamo insisteva, più quelle megere infernali proiettavano immagini sempre più subdole e meschine; fu proprio in quel momento che vide se stesso disteso in una vasca ricolma di acqua, con una maschera sulla bocca per poter ispirare nuove boccate di ossigeno. Era circondato da siringhe ogni dove, pronte a perforargli la carne e renderlo l’animale che era, purtroppo, diventato.

Doveva ribellarsi, il suo spirito di sopravvivenza glielo imponeva prepotentemente. Non poteva di certo permettere che quei macchinari lo rendessero l’attuale “Arma X”.

 

Si svegliò di soprassalto, ruggendo come una bestia in gabbia, estraendo con violenza gli artigli, che affondarono contro qualcosa… o meglio, qualcuno.

Gli ci volle un attimo per riprendere conoscenza e mettere a fuoco chi avesse di fronte.

«Marie» disse in un sussurro, gli occhi strabuzzati e fissi su quell’esile corpo, perforato dalle sue lame taglienti.

La ragazza tossì, muovendosi a scatti e cercando un appiglio per poter sopravvivere; il suo sguardo cercava aiuto, aveva bisogno di essere salvata e pregava in cuor suo che Logan potesse fare qualcosa.

«Aiuto!» urlò disperato il mutante, le labbra tremanti e gli occhi lucidi.

Non sapeva nemmeno lui cosa stesse provando in quel momento, era pervaso da mille emozioni contrastanti ed indefinite.

Si sentiva uno schifo, ancora una volta era riuscito a far del male alla sola unica persona che si era mostrata apprensiva e cordiale nei suoi confronti; quella piccola ragazza sconosciuta che in poco tempo era riuscito a non farlo sentire la bestia assassina che era stato costretto a diventare, regalandogli la sensazione di riconoscersi come un essere umano, di sicuro particolare, ma pur sempre tale.

Il cuore gli si era infranto in mille pezzi, ma nonostante tutto continuava a mandare incessantemente sangue a tutti i vari distretti corporei.

Non sapeva davvero cosa fare, avrebbe tanto voluto essere lui al posto della sua Marie.

Fu proprio in quell’attimo che le esili dita della piccola fanciulla sfiorarono la guancia ispida di Logan, adagiandovi in modo delicato i polpastrelli.

Wolverine sentì una sensazione strana pervadergli l’intero corpo in adamantio: poteva avvertire la sua energia vitale fuoriuscire dal corpo, lasciandolo a poco a poco privo di sensi. Percepì come il suo vigore si stava riducendo al minimo, di questo passo sarebbe morto davvero.

Sul suo volto, delle lunghe striature lividi si palesarono all’altezza degli zigomi, facendo increspare la pelle, come se fosse sul punto di rompersi in mille pezzi.

Non avevano smesso un attimo di fissarsi: gli occhi bruni di Rogue erano fissi in quelli nocciola di Logan ed in quel interminabile scrutarsi, avevano capito quanto l’uno avesse maledettamente bisogno dell’altra.

Logan comprese in quell’istante le parole che le aveva confessato Marie durante il viaggio a bordo del suo Camper; solo all’ora era giunto, dopo un po’, a conoscenza del suo potere e di quanto quella ragazzina avesse un incessante bisogno di essere compresa ed ascoltata.

Di sicuro restando nella scuola di Xavier sarebbe riuscita a controllare quell’immane entità che governava il suo corpo, ma lei aveva bisogno di altro: di qualcuno che non la etichettasse come un mostro, che la vedesse per la ragazza che era e non per l’assassina in grado di uccidere al solo tocco; necessitava la presenza di qualcheduno che sapesse cosa significasse essere reputato come un’arma letale e che le insegnasse a convivere con tale fardello, facendola sentire l’essere umano che realmente era… aveva bisogno di Wolverine, ora più che mai.

Logan, in quel maledetto istante, giurò a se stesso che, qualora la sua vita non si fosse conclusa a causa di quel tocco, l’avrebbe protetta per tutta la vita.

 

 

Il sangue deposto sulla bianca canotta aveva assunto un colore ormai marrone, simile al terreno su cui giacevano stanche le sue muscolose gambe.

Cominciò a sentir freddo, per la prima volta in vita sua.

La presa di Laura si faceva sempre meno percettibile, a stento riusciva a vedere le copiose lacrime che bagnavano il viso non più corrugato della piccola mutante.

Non si sarebbe mai aspettato che anche morire potesse essere un processo così lento, un lungo peregrinare verso una meta remota e sconosciuta; ne aveva visti di uomini e donne soccombere sotto i suoi occhi e molti di loro erano trapassati in un attimo, senza alcuna fatica. Ma lui era pur sempre un mutante e, come tale, doveva scontare questa croce che da quasi centocinquant’anni si portava appresso.

La verità era che mai sarebbe stato in grado di convivere con questa maledizione; in un tempo assai lontano, qualcuno di cui non rammentava né volto né nome, gli aveva detto che quello che possedeva era un grande dono e Logan, per tutta risposta, aveva sentenziato facendo notare che un dono si poteva comunque restituire, mentre lui era stato condannato.

Non seppe mai convivere appieno con quei suoi sensi iper sviluppati; riusciva a percepire l’odore di qualsiasi essere vivente, uomo o animale che sia, a chilometri e chilometri di distanza, come poteva allo stesso modo udire e contraddistinguere i versi di ogni fiera.

Per non parlare poi del suo fattore rigenerante, la sua tortura più grande.

Senza dubbio il fatto di poter curare ogni singola ferita gli garantiva massimo vantaggio nella lotta contro i suoi nemici, ma il prezzo da pagare era assai caro; lo spasimo che avvertiva ogni qualvolta la sua pelle veniva lacerata o attraversata da svariati proiettili, era un qualcosa di assolutamente inimmaginabile e nessun essere umano sarebbe mai sopravvissuto a ciò.

Il calore della pelle viva, il fluire del sangue che alimentava i nuovi tessuti e la cute, che man a mano si depositava sopra le varie cicatrici, le quali sarebbero scomparse poco dopo, senza lasciare più alcuna traccia.

Era lì che si chiedeva se valesse davvero la pena avere questo “privilegio” una vita dipinta a quel modo, del perché non poteva andarsene come avevano fatto in tanti.

Fu, di nuovo, in quell’istante in cui stava abbracciando la sua fine, che lei si palesò davanti ai suoi occhi.

La sua Marie.

La ragazza a cui aveva giurato protezione, promettendole che mai nessuno sarebbe stato in grado di farle del male.

Si rammentò di quando, per colpa di quel vigliacco di Magneto, il quale aveva ordinato a Mystica di escogitare un piano per allontanare Rogue dalla scuola di Xavier, non rischiava di perderla per sempre.

Aveva corso come un dannato per riuscire ad arrivare al treno, appena in tempo prima che quest’ultimo partisse, non dopo aver comunque bisticciato con il controllore.

Si era seduto accanto a lei e, con una calma assurda, l’aveva rassicurata dicendole che alla Scuola per Giovani Dotati avrebbe trovato un luogo sicuro in cui rifugiarsi, che non aveva nulla da temere finché c’erano gli X-Men, finché c’era lui, pronto a proteggerla a qualunque costo.

«Mi prenderò cura io di te» le aveva sussurrato, con un tono dolce e rassicurante, di cui si stupì egli stesso, stringendola forte a sé e poggiando le sue dita callose sopra il cappuccio della verde felpa, che ricopriva i folti capelli bruni della mutante.

Mai aveva mostrato così tanta sensibilità e premura, o almeno così ricordava. La realtà era che Marie era in grado di toccare sentimenti talmente reconditi ed assopiti che nemmeno Logan si aspettava di poter provare; non era possibile che uno come lui potesse davvero affezionarsi e dedicarsi ad una persona a quel modo, insomma lui era pur sempre un animale, come poteva sentire certe sensazioni?

Lo avvertiva perfino adesso: il rumore sordo del suo cuore, che si frantumava in tantissime schegge taglienti, alla vista del corpo esanime di Rogue, dopo la lunga ed estenuante lotta contro Magneto.

Si era precipitato sulla cima della Statua della Libertà e, con un colpo ben assestato dei suoi artigli, aveva liberato la ragazza da quelle manette che l’ancoravano alla macchina infernale.

«Coraggio, riprenditi» l’aveva scossa, intrecciando un dito alla ciocca bianca, la quale ricadeva morbida sul viso dormiente della mutante.

Non poteva crederci, non doveva accadere.

Sentì un vortice diffondersi in tutto il suo corpo, spazzando via tutto, anche quei pochi ricordi che la sua mente conservava. Il buio si impossessò del suo animo, facendolo sprofondare in un fitto groviglio di rovi dal quale non sarebbe mai più risalito se Marie non avesse più riaperto gli occhi.

Gli occhi si inumidirono e la cosa lo scosse parecchio. Non ricordava l’ultima volta che avesse pianto e neppure riusciva a rammentare cosa muovesse le persone a rispondere con tale gesto.

Poteva percepire le rime palpebrali umettarsi, cercando di trattenere quelle copiose lacrime, fino a che quest’ultime non riuscirono a valicare gli argini contenitivi.

Le gocce di pianto rigarono le sue guance irsute, raggiungendo la punta del mento, dove discesero per poi andare a toccare il volto della sua ragazzina.

Non poteva perderla, non sarebbe più stato lo stesso senza di lei, eppure quel pensiero così subdolo non aveva intenzione di togliersi dalla sua mente; era riuscito ad insinuarsi nelle parti più profonde del suo sistema nervoso, raggiungendo il sistema limbico e distorcendolo a suo piacimento, potendo così creare ansie e paure che non tardarono a manifestarsi.

Logan era pietrificato, reggeva quel corpo esile, guardandosi attorno e sperando, con tutto il cuore, che una soluzione potesse apparirgli di lì a breve.

Voleva rivedere quegli occhi bruni, quel sorriso speciale che Rogue aveva creato e regalato solo a lui e nessun altro; sentiva il bisogno di vivere quella ragazzina che riuscì, per la prima volta, a farlo sentire un essere umano, a fargli comprendere che in questa misera vita esisteva qualcuno in grado di apprezzarlo ed amarlo così come era.

Marie non aveva mai visto in lui l’animale che tanto credeva di essere, non era quell’arma con cui si era etichettato; per Marie era Logan, Logan e basta ed andava bene così.

Ripensare a tutte le volte in cui gli si era scaldato il cuore nel vederla fare capolino da un angolo nascosto della scuola e trascorrere l’intero pomeriggio libero assieme; Rogue cercava in tutti i modi di ritagliarsi del tempo per fargli certe sorprese, perché la compagnia di Wolverine la faceva star bene ed era comunque un modo per ringraziarlo ancora ed ancora una volta.

Doveva assolutamente fare qualcosa, lui voleva viverla, lei doveva vivere.

Decise che, qualunque cosa fosse successa, Marie meritava di continuare a muovere dei passi su questo Mondo, perché quest’ultimo aveva bisogno di persone pure come la sua ragazzina.

Portò le labbra a contatto con la fronte della giovane mutante, depositandovi un candido bacio, anche se avrebbe di gran lunga preferito assaggiare quella bocca rosea e leggermente socchiusa, ma non così.

Fece aderire il volto pallido e gelido di Rogue contro il suo mento, stringendola ancora di più. In quell’istante, Logan spalancò la bocca e grandi venature nere si palesarono sul suo viso; Marie stava prendendo la sua energia, quanta ne bastava per poter riprendere conoscenza e riaprire gli occhi, strabuzzandoli.

Grandi lacerazioni si palesarono sugli zigomi di Wolverine, altrettanti sul mento e sulle sopracciglia, ma andava bene così; una gioia immensa colorò il suo animo spento e rassegnato, tanto che non voleva per nessun motivo staccarsi dal corpo di quella ragazza.

Per una volta, in tutta la sua vita, era riuscito a salvare qualcuno, a ridare vigore alla persona che amava, sacrificando tutto se stesso pur di riportarla sulla Terra.

Rogue era finalmente salva ed il merito era suo.

 

 

 

 

Ma allora perché, seppur consapevole di ciò che provasse per quella ragazzina, ora non c’era lei al suo fianco? Perché da quella volta in cui Marie accompagnò la sua mente indietro nel passato, non ebbe più sue notizie?

Anche in punto di morte si maledì per la scelta fatta, ma in cuor suo sapeva che era la cosa giusta da fare.

La realtà era che per quanto la volesse al suo fianco, ciò comportava esporla a pericoli troppo grandi. I fantasmi e demoni del suo passato non erano come quelli di tutti gli altri, no, i suoi erano subdoli e meschini, in grado di martoriarlo e lesionarlo, addirittura nel sonno.

Non poteva rischiare di farle male, non se lo sarebbe mai perdonato; Marie era troppo importante e doveva proteggerla a tutti i costi.

C’erano stati parecchi momenti in cui entrambi erano arrivati al punto di consolidare i loro sentimenti, di poter espletare tutto quel turbinio di emozioni che li coinvolgeva in una maniera tale da renderli completamente dipendenti l’uno dall’altra. Sapevano benissimo quanto fosse importante la loro presenza e l’assoluta consapevolezza che avrebbero superato qualsiasi ostacolo, nonostante tutto e tutti; Logan moriva dalla voglia di poter sentire quel corpo, di rischiare la vita pur di lambire quelle tanto bramate labbra, ma ahimè non poteva.

Per quanto la testardaggine di Rogue fosse alquanto convincente, a tal punto da farlo desistere, riuscì a mantenere sempre i piedi per terra e la mente abbastanza lucida.

Marie era ciò che di più bello gli fosse capitato in vita sua, la donna che era riuscito a fargli capire cosa davvero fosse la serenità, perfino più di Jean.

Con i suoi innocenti gesti, gli aveva permesso di poter ritrovare dei piccoli momenti di pace, prendendosi una pausa da quel calvario che, da troppi anni a questa parte, era costretto a vivere.

Il loro incontro era stato un toccasana, una boccata d’aria fresca per entrambi.

“Si dice che quando si nasce, nel mignolo della nostra mano sinistra vi è legato un filo rosso immaginario che ci unisce alla persona destinata a vivere con noi per il resto della vita”, beh Logan non ci credeva più di tanto a queste dicerie, ma semmai fosse stato vero, era convinto all’altro capo di quel filo ci fosse, senza ombra di dubbio, la sua Marie; ma non era quello il loro tempo.

Troppi enigmi il mutante doveva ancora risolvere, troppe intemperie dovevano passare sul suo corpo prima di potersi sentire finalmente in pace e permettere a Rogue di vivere degna della persona che era. Voleva davvero poter cominciare quella relazione, lo bramava dal più profondo del suo cuore; non vedeva l’ora di poter sentire quanto fosse liscia e delicata quella pelle, che sapore avessero i suoi umori, insomma la voleva più che mai.

Ma non adesso, ahimè no.

 

 

 

Passarono i giorni, i mesi, perfino gli anni e adesso, seppur in quelle condizioni, la voglia di poterla vivere non gli era ancora passata e mai gli passerà.

Sapeva di averla delusa, sì, ne era consapevole al cento per cento ed aveva tutto il diritto di odiarlo e covare un rancore spropositato nei suoi confronti.

Del resto se le meritava eccome.

Nonostante adempì in maniera meticolosa alla promessa fattale quella sera, ciò che ne restava era solo un’amara consolazione.

Avrebbe davvero voluto stringerla forte a sé, per un’ultima volta, di sentirsi solo per un istante l’uomo che solo lei era in grado vedere.

Non aveva idea di dove fosse e, anche se lo avesse saputo, sarebbe stato troppo tardi.

Sperò con tutto il cuore che stesse bene e che, alla fine, avesse scoperto ed assaporato quell’amore che tanto desiderava da lui, ma che ahimè non aveva mai potuto sperimentare.

Non poteva negare che tutto quello gli faceva una gran rabbia, il solo pensiero che qualcun altro potesse toccare quel corpo perfetto, lo istigava ad estrarre gli artigli, anche quando era ormai giunta la fine.

Però, forse, c’era la remota possibilità che con quel gesto, con quelle premure mostrate nei confronti di Rogue e quell’ardua decisione presa a malincuore, potesse bastare per espiare tutti i suoi peccati e poter, così, chiudere gli occhi con il sorriso sulle labbra.

Magari l’avrebbe rivista, magari no, ma di una cosa era indubbiamente sicuro: l’amava, eccome se l’amava e avrebbe continuato a farlo anche dopo la morte.

Con solo l’illusione della morbidezza delle labbra di Marie sulle sue, Logan chiuse pian piano gli occhi, tirando un sospiro di sollievo.

 

 

«Ciao Logan» furono le ultime parole che riuscì a sentire e poi, il silenzio.

 

 

 

 

FINE.

 

 

 

Spazio Autrice:

Bentornati e Benvenuti carissimi Lettori!

Oggi ho voluto proporvi questa shot, dove vediamo il tanto amato e altrettanto conosciuto Wolverine.

Perché proprio lui?

Beh la risposta è semplice: Logan è stato il primo personaggio con cui sono entrata in contatto all’interno dell’Universo Marvel, colui che mi ha fatta appassionare a questo mondo e ho ritenuto doveroso dedicargli qualcosa.

Come avrete potuto leggere, ho scelto di scrivere un momento molto importante e particolare e sfido chi non sia sfociato in un mare di lacrime quando è arrivato alla fine del film “Logan-The Wolverine” (andiamo, non prendiamoci in giro!!).

È stata dura descrivere la vicenda, lo ammetto, ma è da un po’ che mi chiedevo cosa frullasse nella testa del mutante nel momento in cui affrontava la sua dipartita.

Ci ho messo del mio, ne sono consapevole, ma è da quando ho visto “X-Men 1” che sogno la coppia Rogue/Wolverine e dunque ho immaginato che, proprio in quell’istante, lui le dedicasse i suoi ultimi pensieri.

Beh direi che ho chiacchierato abbastanza.

Attendo vostri riscontri (stelline, commenti, critiche, tutto insomma).

Spero che il racconto vi sia piaciuto!

A Presto!

 

 

AriCalipso

 

p.s: come sempre, grazie alla mia coinquilina per la copertina!

 

 

  
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