Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    24/06/2019    0 recensioni
Fanfic ambientata in seguito agli eventi raccontati nell'oav "Message". Ryo e i nakama si sono ritrovati e capiscono che non possono più separarsi e che il senso della loro esistenza lo troveranno solo nello stare insieme. Ma Realizzare tale sogno potrebbe non rivelarsi così semplice.
Dinamiche polyamorose. Non si trova tra la opzioni così lo diciamo nell'introduzione: possiamo definirla una fivesome più che threesome :P
Questa fanfic andrebbe letta dopo la nostra "Owari no mae ni owari".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Threesome
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CAPITOLO 13
 
Alla fine Shin si era dedicato alla cucina, giustificandosi con la scusa che non poteva vedere una simile indecenza davanti ai propri occhi; un modo come un altro per lasciarlo ad organizzare i propri bagagli - anche se temeva che avrebbe dovuto mettere un proprio grande tocco per ridare una parvenza… appunto decente… a quel caos primordiale.
Una cucina in balia di Touma era condannata al disastro: non si era limitato a lasciarla in disordine, non aveva neanche lavato l’ultimo piatto usato, una confezione di latte finita era rimasta in bella mostra accanto al lavello, la tovaglietta sulla quale aveva mangiato era malamente buttata in un angolo sul tavolo e il pavimento dava l’idea di non essere spazzato... non da giorni... da mesi.
Con una sorta di timoroso presentimento, Shin andò ad aprire la porta del frigorifero: un sacco di cibarie erano accatastate in ordine illogico. La prima confezione che prese in mano risultò scaduta da più di un mese.
Arricciò il naso in un’espressione sdegnata.
“E magari o lui o suo padre erano anche capaci di mangiarlo senza controllare” borbottò.
Il trillo del telefono attirò la sua attenzione e corse nell’altra stanza per avvisare Touma: temeva che, dal piano di sopra, non l’avrebbe udito.
“Toumaaaaaa, telefonoooooo!”.
La sua vocina riusciva ad essere più acuta di ogni trillo del telefono.
Touma si liberò con una certa velocità da libri, vestiti, tantissimi calzini spaiati e scarpe seminate a casaccio, ruzzolando quasi nel corridoio, ma riuscendo a sollevare la cornetta del telefono prima che smettesse di suonare.
“P-PRONTO?!”.
“Touma? Sono Seiji...”.
Seiji?! Lui era...
“S-Seiji, ciao... v-va tutto bene...?”.
Posta la domanda, seppe già la risposta.
Infatti, dall’altra parte del filo, ci fu un attimo di silenzio, mentre Shin, che stava per tornare in cucina al proprio lavoro, si bloccò sulla soglia nell’udire il nome del compagno; si voltò verso Touma, cercando di carpire, dal suo volto e dal suo tono, la piega della conversazione.
Finalmente Seiji si fece udire:
“Sì... bene... avevo bisogno di sentire qualcuno di voi...”.
Ma il viso di Touma si era già sciolto, la mano libera era andata a stringere un angolo della propria maglia.
“Seiji...”. Voleva stringerlo a sé, non voleva parlare. “Vengo a prenderti...?”.
Shin fece qualche passetto ansioso verso Touma, mentre dall’altra parte giungeva la risposta.
“No, no” si affrettò a dire Seiji, anche se lo avrebbe desiderato... tantissimo. “Avevo bisogno di sentire una voce amica...”.
Finalmente riusciva ad essere sincero fino in fondo.
Touma strinse la cornetta tra le mani.
“Va... io...” si bloccò per un attimo, tentò di evitare quel lato pedante che snervava Seiji. “L-lo sai che... ci siamo...”.
“Sì... sì che lo so... Shin è lì con te? Cosa fate?”.
“È qui con me! Stiamo facendo i bagagli... Shin mi aiuta con tutto e...”.
Voleva... voleva andare da lui, subito. Anche usando la yoroi, per non dover attendere... perché Seiji non dovesse stare così... da solo...
“Salutamelo... ci vedremo presto... forse mi troverete a Tokyo, perché...”.
Perché? Pensava di partire subito? Forse... non ci aveva ancora pensato realmente, ma...
“Parto adesso... quindi sarò a Tokyo prima di voi... preparo subito le mie cose e parto. Credo che lascerò una lettera qui a casa”.
“U-una lettera?”. Touma trasalì sbiancando in un istante. “S-Seiji...”.
No, non doveva avere quella voce odiosa... non doveva avere nemmeno il pianto nel tono... ma come...
Shin ormai era letteralmente appiccicato a Touma, non poteva non sentire nell’aria, nell’atteggiamento del compagno, il turbamento che permeava quella telefonata.
Gli mise una mano sulla spalla, ma tacque, restando pazientemente in attesa, discreto, pronto a carpire ogni segnale di allarme.
“Sì... sì, è meglio così... non voglio che cerchino di trattenermi... almeno... con una lettera, sarà tutto finito in fretta e non dovrò più discutere”.
Finito in fretta... l'aveva detto che non c'erano sicurezze.
Perché la sua famiglia, loro... loro non potevano capire.
Non potevano comprendere... quanto gli stessero facendo male.
A cosa lo stessero costringendo.
“Torna presto...”.
“Subito… mi troverete a Tokyo… farò un giro al parco di Ueno mentre vi attendo, ci diamo appuntamento lì?”.
“Ueno...? Ma tu... ora...?”.
“Sì... io parto in nottata, ma voi fate con calma, partite quando potete. Io mi porterò da leggere”.
“Saremo lì! Non dovrai aspettare!”. Touma non si era nemmeno reso conto di aver alzato la voce, mentre stringeva la cornetta con estrema forza. “Noi ci saremo...”.
“Davvero… non c’è fretta… prenditi tutto il tempo che ti serve con tuo padre…”.
Ecco... ecco, quello era il modo migliore per fargli morire le parole in bocca.
Non voleva sembrargli un ingrato, ma... non è che sentisse di dover dire lo stesso arrivederci dei ragazzi.
Per lui tutto era diverso.
Per lui non era uscire dalla famiglia, ma entrarci per la prima volta.
“Allora ti faremo tenere compagnia ai panda dello zoo per un po’...”.
Che stupida battuta. Ma non aveva molto altro in mente.
Eppure quella battuta strappò una risatina, un po’ malinconica, non troppo convinta, ma sincera, era facile, ormai, capire quando Seiji non fingeva.
“Gli farò tante foto… ah… Touma… senti…”.
Un su e giù di emozioni. Timore, tristezza, rimorso e ora ansia.
“Certo, dimmi!”.
“Dì a Shin… che va tutto bene…”.
La cornetta venne strappata dalle mani di Touma; Shin aveva teso le orecchie a tal punto che aveva udito le ultime parole di Seiji, così si mise letteralmente a strillare:
“Non provare a dire a Touma che mi deve mentire! guarda che ho capito che sei giù di morale e siccome da adesso in poi dovremo essere tutti una famiglia, tu dividerai con noi tutto e con tutto intendo tutto, è chiaro?!”.
Touma guardò allibito Shin e, in un'altra occasione, avrebbe ridacchiato di un atteggiamento simile, ma...
“Shin...” lo chiamò mettendo una mano sulla cornetta. “... non devi mangiartelo...”.
La mano di Shin tremò, i suoi occhi si sgranarono, poi rimise la cornetta nella mano di Touma e si allontanò a grandi passi, nascondendo il volto, ma tirando su col naso.
“Touma… Shin…” si sentì dall’altra parte.
Touma poggiò intento lo sguardo sulla schiena di Shin, la cornetta alla guancia. “Shin è... tornato in cucina...”.
“Scusatemi… mi dispiace che si sia innervosito… digli che sto bene, d’accordo? A domani, Touma”.
CLICK.
Seiji aveva ributtato giù… così, senza neanche attendere il saluto.
E così Touma rimase ad ascoltare il segnale di assente, in sottofondo il rumore di bicchieri che venivano spostati.
L'avrebbe visto l'indomani... presto... niente più giorni, settimane, mesi.
Ma come l'avrebbe ritrovato?
Quella telefonata era solo un assaggio di quello che sarebbe stato.
Lasciò andare il cordless nella base ed entrò in cucina: Shin stava lavando i piatti, la cucina era un ambiente ora gradevole, con un pizzico di profumo di limone.
E Shin stava piangendo, lo sapeva. Gli si avvicinò alle spalle e gli circondò il busto con le braccia.
“Pesciolino...”.
Un braccio di Shin si sollevò e raggiunse il proprio viso, strofinandolo con energia; il naso tirò su rumorosamente.
“Baka-Seiji” pigolò.
Touma strinse la propria guancia contro quella del compagno.
“Lo sa... ma per oggi... cerca di scusarlo... cercheremo di non nasconderci più nulla, davvero...”.
Shin si voltò di scatto e soffocò un singhiozzo contro il suo petto, dandogli anche un piccolo pugnetto nervoso.
“Sempre problemi, accidenti…”, un pugnetto un po’ più forte, “maledizione!”
Un bacio tra i capelli, un abbraccio più stretto.
“Ma ora siamo assieme... per sempre...”.
Un altro pugno e uno strattone alla maglia di Touma.
“E c’è sempre qualcosa da pagare per poterlo fare... non è giusto, non è giusto!”.
Lo strattone si fece più deciso, mentre un altro pugno veniva dato dall’altra mano di Shin.
Touma sospirò, accarezzò i capelli fino alla nuca.
“Mi spiace...”.
Si sentiva una mosca bianca.
Un altro pugno, il piede di Shin pestò a terra.
“Sono così arrabbiato, accidenti!”.
Si staccò da Touma, diede un calcio alla gamba di una sedia.
“Merda!” singhiozzò furiosamente.
Era raro vedere Shin in quello stato... ma Touma non ne sentiva la mancanza. Per quanto bizzarra.
“Shin, mi aiuti?”.
Era meglio distrarlo, perché le parole non sarebbero bastate per nessuno.
Suiko si bloccò, i pugni stretti lungo i fianchi, lo sguardo basso e i denti stretti. Arricciò il naso e tirò su per l’ennesima volta.
“Scusami” mormorò.
Touma lo carezzò sulla guancia:
“Non devi scusarti... va tutto bene...”.
Shin continuò a tenere lo sguardo a terra.
“Vorrei solo che una volta… una volta sola nella nostra vita… potessimo essere felici tutti… tutti quanti… essere insieme anche in quello… ma almeno uno di noi deve avere sempre un problema…”.
Si morse le labbra e soffocò un singhiozzo.
Touma non poteva negare che quel pensiero scuotesse anche lui, trapassandolo da parte a parte, ma... era stufo della tristezza. L'avrebbero avuta quella felicità, davvero.
“Lo saremo...”.
In qualunque modo.
Shin annuì, mesto, non osando ancora guardarlo; si sforzava di crederci, doveva crederci, perché Touma aveva bisogno che lui ci credesse. Sperava solo una cosa: che suo padre arrivasse presto, perché aveva fretta di partire… non poteva immaginare Seiji tutto solo durante il viaggio e poi al parco, immerso nella sua tristezza.
Al pensiero il suo cuore si spezzava.
  
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