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Autore: Department of Illusion    24/06/2019    0 recensioni
Sei brevi capitoli su qualcuno che pensava di morire e invece gli succede qualcosa di appena migliore.
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“Ti prego, ti prego, apri” aveva sentito ancora prima dello scatto della maniglia, la voce affannata e rotta dalla corsa, e poi aveva visto il ragazzo, voltarsi frenetico a guardare la strada.
“Per favore, cazzo, quelli mi ammazzano, ti prego” aveva detto facendosi più vicino, talmente veloce che le parole si erano accavallate l’una sull'altra in un bisbiglio disperato.
Claude si era fatto indietro e l’altro non aveva esitato un momento, neanche nella sorpresa di quella strana concessione senza domande, si era infilato nella casa spingendolo di lato, si era sbattuto la porta alle spalle e si era accasciato per terra.
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Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                             N O U S   S O M M E S


Lo riconosce subito. Quando lo vede con i capelli bagnati e le mani nelle tasche, riconosce lo sguardo nei suoi occhi, e non è la pioggia o il fatto che sia tardi, che gli ricordano una disposizione passata delle cose, così simile alla presente, ma l’unica cosa che distingue le due serate gemelle, il fatto che stasera Alex lo guarda, e gli chiede con tutte le parole che non pronuncia di non farlo entrare. E Claude riconosce subito quella consapevolezza tetra nei suoi occhi, la stessa che lo ha portato alla sua porta la prima volta, con una domanda disperata e il respiro corto. Riconosce subito Alex, l’Alex segreto, che ha conosciuto solo una volta, e che gli ha detto il suo nome con la speranza di essere ricordato da qualcuno.
E riconosce se stesso. La stessa esitazione, lo stesso timore che lo ha portato a chiedergli di andarsene la prima volta. Lo stesso buonsenso.
Tiene stretta la maniglia della porta e guarda il ragazzo di fronte a lui che stasera non implora e non ha voce.
Lo hanno trovato. Forse lo stanno cercando, forse sono a un passo da lui, allo svoltare della strada, forse sono ancora lontani, forse ancora non sanno dove cercare. O forse sono già qui. Proprio dietro le macchine che Claude conosce a memoria, dietro le finestre che non lo hanno mai spaventato.
Ma nello sguardo di Alex non c’è fretta, solo abbandono di ogni pretesa, di vita o di morte, di accoglienza o rifiuto. E Claude lo riconosce. Il motivo per cui ha aperto la prima volta, quel buio così accecante e violento, la presenza di una realtà altra da quella patina di senso che avvolge le cose mondane, un improvviso grido di paura pura, di paura ultima, una paura tragica e finale che gli ricorda il motivo per cui ha un lavoro, una ragazza e una tv, perché questa verità insostenibile va coperta, sempre, e il più a lungo possibile.
E ora Alex è pieno di questa verità, solo e pieno e Claude lascia andare la maniglia e gli prende la mano, trascinandolo dentro e chiudendo la porta con tutte le mandate possibili.
Lo tiene stretto, nel buio del corridoio, e sente il corpo del ragazzo teso e ghiacciato, rompersi in singhiozzi liquidi, e lo lascia piangere, per tutto il tempo necessario. Sente il nylon bagnato della giacca contro le braccia, uno sfregare freddo e finto, e lo stringe più forte.
Alex appoggia la fronte sulla sua spalla e respira a lungo l’odore della casa silenziosa. Quando Claude lo lascia andare restano uno di fronte all’altro ancora per un po’. Poi Claude sospira e Alex si allontana lentamente, cammina verso la stanza quadrata, e la luce che viene dalla cucina illumina poche cose, ma cose che gli bastano per riconoscere i contorni degli oggetti e per camminare fino a toccare il divano di tela. Si toglie la giacca e la lascia sul tavolo, guarda la pioggia bagnare il vetro pulito e le gocce sul piano unirsi in piccoli specchi d’acqua che riflettono la luce dei lampioni dalle finestre.
    Claude lo guarda dall’entrata della stanza, ascolta i suoni della strada e decide che il pericolo non è vicino. Che c’è tempo ancora per un paio di cose. Entra in cucina e sale in piedi su una sedia, sposta gli oggetti arroccati sulla mensola più alta e trova quello che stava cercando. Scende e rimette la sedia accanto al tavolo, rovista tra le posate e raggiunge Alex sul divano. Appoggia la bottiglia sul vetro e tira fuori il cavatappi dalla tasca.
“Questo vino costa duecentocinquantaquattro dollari.”
Infilza il tappo col la punta di metallo e avvita la spirale nel sughero.
“Fortuna che stai per morire.”
Il tappo scocca fuori dalla bottiglia con un suono basso e limpido che riempie la stanza. Claude sorride.
“Lascialo respirare” dice puntandogli il dito contro mentre si allontana di nuovo. Torna pochi istanti dopo con due tazze colorate e le riempie a metà di liquido chiaro e profumato. Alex immagina che la sala di un ristorante di lusso abbia più o meno lo stesso odore.
Appoggia le labbra al bordo della tazza e manda giù il vino lentamente.
“Cazzo.”
Sorride appena. Non è come bere, è come se stesse mangiando qualcosa. Qualcosa di denso e morbido allo stesso tempo.
Claude alza la tazza e tocca quella di Alex con un piccolo tintinnio.
“Grazie all’Alsazia” dice guardando l’etichetta scura della bottiglia.
Alex annuisce e alza la tazza anche lui. Bevono in silenzio. L’alcol fruttato gli riempie il corpo e Alex si ricorda di qualcosa a cui non pensava da anni. Delle notti d’estate in Ohio, di quando tutti andavano a dormire e lui usciva dalla sua stanza facendo attenzione a non far cigolare la porta, scendeva al buio le scale morbide di moquette e usciva sulla veranda, con i calzini che sfregavano contro il legno grezzo e umido, fino a che non vedeva suo nonno sul divano a dondolo e si avvicinava, lui gli faceva spazio sui cuscini logori e gli copriva le gambe con la coperta di lana. E non si dicevano mai una parola. Guardavano il lago e gli alberi a punta contro il cielo, mai nero come l’acqua, sempre luminoso di una qualche sfumatura di arancione, e suo nonno gli passava il bicchiere di whisky, lui ci intingeva la lingua e faceva una smorfia divertita. Non dirlo a tua madre, era la sola frase che diceva, e Alex rideva, il più piano possibile, e gli ridava il bicchiere. E una sensazione di avventura lo pervadeva tutto, il vento gli passava tra le braccia e guardava lo spazio intorno alla casa come qualcosa di nuovo e speciale, qualcosa che potevano vedere solo loro, esposti ma al sicuro, audaci osservatori della notte, protetti sotto il tessuto spesso della coperta.
    E ora la luce sul vetro, i lampioni e questo silenzio, il vino dolce e tiepido, lo riempiono di una calma sciocca e quasi serena, e pensa a chi lo cerca, pensa che stanotte non lo troveranno, forse domani, magari domani, ma adesso gli sembra appena meno importante, adesso è un po’ come essere su quella veranda, seduti al sicuro, per pochissimo, a guardare qualcosa di proibito, qualcosa come la precarietà del suo respiro, di questa notte, questa casa, queste finestre, e di Claude, che sulla strada gli ha preso la mano e l’ha chiuso in uno spazio segreto.
    Alex lo guarda e si chiede a cosa stia pensando, se pensi al pericolo in cui sono ormai immersi entrambi, o al vino, o all’Alsazia.
Alex non sa neanche dov’è l’Alsazia.
“Sei francese?” chiede posando la tazza.
“No. Mio padre è francese.”
Claude teme per qualche istante che gli chieda di parlare francese, ma non succede.
“L’hai comprato lì?” indica la bottiglia.
“L’ha comprato Françoise. Ha insistito per fare una gita di due giorni in un’enorme azienda agricola per turisti. Non sono riuscito a farla andare via senza che spendesse tutti i suoi risparmi.”
“Stiamo bevendo il suo vino?”
“Ho paura di sì.”
“Fortuna che sto per morire.”
Claude ride piano e pensa a Françoise. All’Alsazia e all’azienda agricola. Agli amici di lei e ai soldi che le piace spendere. Al fatto che dovrà spiegarle tutto questo. Non del vino, ma del fatto che ha accolto qualcuno che non conosce, qualcuno che non lavora da Little Market e che ha fatto qualcosa di pericoloso, che questo qualcosa probabilmente lascia tracce e lui ha lasciato che macchiasse tutto quello che li circonda. Dovrà spiegarglielo lentamente, molte volte, e lei non capirà se non forse alla fine, dovrà spiegarle che ha avuto tra le mani la vita di qualcuno, che ha visto la differenza tra qualcosa di vero e tutto il resto, che la differenza è così grande che quasi brucia, e che questo ha poco a che fare con il pericolo, la prudenza e la logica, ma ha molto a che fare con l’accecante e improvvisa voglia di esistere, di essere qui, di provare ad essere qui per davvero, chiedersi se si è stati, anche se per poco. Forse dovrà spiegarglielo in francese, di modo che si appiccichi alle parole un po’ di quella sonorità poetica che piace tanto a chi dice di amare la letteratura, di modo che lei possa ascoltarlo attenta, così da poter almeno raccontare di aver amato qualcuno di sensibile.
    Ma lentamente tutto sfuma, Françoise, l’Alsazia, la veranda e il lago, diluiti tra il resto delle cose che importano meno del previsto, e restano Alex, il divano, al massimo l’estensione di questa stanza, al massimo Claude che lo prende per mano di nuovo, lo porta in una parte della casa che non era mai esistita, ancora più segreta, quasi sotterranea, anche se salgono otto gradini prima di entrare in una seconda stanza quadrata, una stanza ovattata di poca luce celeste, quasi impalpabile.

Claude si era quasi scordato di questo Alex. Questo Alex che vuole vivere, questo Alex straordinariamente reale, che lo guarda a lungo e poi si avvicina, gli passa le dita sul cavallo dei pantaloni, traccia lunghe linee intorno alle cuciture della zip, fino a che non si scioglie ogni cosa, ogni gesto sembra cadere al suo posto, da dove aveva senso fin dall’inizio che fosse, e Claude decide che la nostra fine non ci rende tutti uguali, ma ci rende tutti diversamente egoisti, ci spinge verso le cose che ci fanno sentire presenti, mentre il riguardo per l’altro muore contro il desiderio di essere ancora. Claude pensa, appena prima che Alex lo baci, che i loro egoismi probabilmente coincidono e gli sembra di essere immerso in qualcosa di estremamente raro, qualcosa per cui sentirsi fortunati.

 
  
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