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Autore: FilippoA    25/06/2019    1 recensioni
Scoprite i lati più oscuri e tormentati che si celano dietro la maschera del miglior cacciatore di taglie della galassia.
Nell'antologia "Boba's Jobs" potrete leggere Fett in uno stile adulto ed introspettivo, con toni cupi e noir che racconteranno le sue missioni in una raccolta di racconti brevi in stili narrativi differenti, senza un preciso ordine cronologico, che vi permetterà di assaporare il vostro cacciatore di taglie preferito e di avventurarvi assieme a lui sino ai confini più ostici della galassia.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Merce che scotta

parte I


 


 

Cominci a distinguere i singoli asteroidi che compongono la corona del gigante gassoso, li vedi mentre si rincorrono in una giostra senza fine, rimanendo apparentemente immobili; non puoi fare a meno di paragonarti ad uno di quei sassi, ingaggiato per l’ennesimo lavoretto sicuro – strano termine sicuro, lo usi quando la paga non è a rischio, ma se lo fosse il lavoro sapresti che non chiamerebbero te – senza alcuna percepibile progressione nella tua carriera. Carriera?

Proprio così – ti dici – nel tuo mestiere più che in altri la si fa, un lavoretto alla volta, un rischio alla volta fino a guadagnarsi il rispetto e la fama dalla galassia. Ti senti sprofondare sullo schienale consunto mentre il riflesso solare sul gigante gassoso fa oscurare a poco a poco lo schermo fotosensibile dell’abitacolo, così come i tuoi pensieri. Non ti sei arrogato il rispetto nel tuo ambiente per merito di piccoli passi, lo hai conquistato compiendo lavori che altri non avrebbero mai intrapreso. Ed ora? Cosa ti sei ridotto a fare?

Da quando hai accettato il lavoro ed eseguito il salto per l’Orlo Esterno ti porti un passeggero tedioso ed inopportuno, alimenta i tuoi dubbi e lascia affiorare perplessità che sino a poco tempo fa non erano mai state contemplate. Stai andando a recuperare i cimeli di una famiglia Neymodiana, più o meno legittimamente – non ha alcuna importanza quest’ultimo dettaglio, non ce l’ha mai avuta – presso questi “prestacrediti ambulanti” - così sono stati definiti dal committente – che fanno la cresta sulle difficoltà nelle altrui vite.

Non ti sono mai piaciuti i banchieri, né tanto meno questi banchi dei pegni, che prestano crediti in cambio di tesori, oggetti e cimeli che una volta ceduti si trascinano con sé memorie, affetti e ricordi i quali non torneranno più indietro. Ti guardi attorno, nel tuo abitacolo pieno di visori, pannelli e spie intermittenti; senti il rumore della pelle dello schienale che si piega contro la corazza mandaloriana, senti l’odore che permea l’aria della cabina di pilotaggio e ti ricordi la prima volta che lo percepisti, intrisa dell’umidità della pioggia. Ingaggeresti uno spietato cacciatore di taglie, non ti faresti scrupoli pur di riprenderti non un vecchio catorcio, ma una nave che traghetta dolci ricordi velati di un’amara nostalgia, da cui non riusciresti a separarti.

Forse stai cercando di darti una giustificazione, stai inconsapevolmente caricando d’importanza uno squallido lavoretto di routine per non sentirti immobile come un gelido, stupido asteroide che gira in tondo. Con frustrazione ti sporgi in avanti, il cuoio dei guanti scricchiola mentre serri la presa sul manubrio e la recalcitrante Slave I accelera in direzione del lato oscuro del pianeta permettendoti di seminare quello scocciatore che insediava i tuoi pensieri.

Il dispositivo di camuffamento stealth è attivo, non farai lampeggiare alcun puntino sul monitor di un pigro addetto alla strumentazione radar di questa banda di prestacrediti – continui ad usare quel termine sempre con un compiaciuto tono di disprezzo – ma sai anche che ci sono metodi per amplificare l’occhio nudo e scorgerti comunque. Non ci riusciranno. Lo Slave I spegne i motori, e l’abitacolo smette di tremare in assenza di quel ronzio. Lo schermo diviene più chiaro una volta entrato nel lato oscuro del pianeta; il disco di asteroidi sembra nettamente spezzato dalle tenebre, non s’indovina nessun proseguimento di quella corona presso il lato buio del pianeta e così come quegli asteroidi anche tu ti eclissi e ti avvicini inesorabile all’atmosfera.

La schiena viene percorsa da piacevoli vibrazioni mentre la visuale si annebbia ed in poco tempo ti immergi in una indistinta coltre di fumi e vapori indaco. Scorgi dei cicloni imponenti poco distanti, turbinii di gas che sembrano trivellare i cumuli di nuvole in scoppiettanti scintille di saette scarlatte che si ramificano arrampicandosi sulle anse del mulinello; durano solo brevi istanti, proiettano le ombre delle nubi più compatte ed illuminano i vapori che permeano l’atmosfera rifrangendo la luce elettrica. Prende a lampeggiare rumorosamente la spia del radar e così ti volti verso il monitor circolare, notando un punto piuttosto spesso presso il quadrante ad ore due. Il motore è ancora spento, ma ti basta orientare le derive a repulsione per correggere la traiettoria dello Slave I e così ti dirigi dritto alla meta.

Ti ritrovi sul limitare dello strato più spesso dell’atmosfera, oltre cui il cielo appare limpido, sereno, del colore del vespro e scorgi ad occhio nudo l’anello di asteroidi, il quale pare un curvo e frastagliato sentiero in mezzo ad un prato di piccole e timide stelle, la cui luce è ancora ottenebrata dal sole appena tramontato. Sospesa a miglia di altezza da quel mare di nubi in cui veleggi, si palesa quella che un tempo doveva essere una fregata del Clan Bancario: massicciamente modificata per ospitare più equipaggio, le derive sono appesantite da argani magnetici e l’hangar all’aperto per i droidi avvoltoi sembra esser diventata una stazione di atterraggio. Il tuo incedere è lento, stai planando sulla soffice superficie del mare di nubi ed ormai lo Slave I si trova sotto la fregata; tiri il manubrio e le derive si flettono e così la nave ruota, facendoti sdraiare sul sedile. Al tuo tocco sui comandi, il fondo della conchiglia della navicella si illumina dei motori che stabilizzano la quota, mischiando i gas di scarico incandescenti con quelli della superficie del mare.

Un fischio seguito da uno sbuffo accompagnano l’apertura dell’abitacolo e tolte le cinture prendi a camminare sul duracciaio scalfito ed arrugginito della tua nave, percorrendone il naso culminante coi cannoni laser. L’aria scuote la mantella logora che ti porti scoprendo più volte il tuo zaino a razzo su cui troneggia la testa di un missile. A tracolla penzola il tuo fido fucile blaster EE-3 ed oscilla nel vuoto quando raggiungi la sommità di quel trampolino che si affaccia su un mare di nubi spesso, agitate da lontani rombi di tempesta. Ti chini ad osservare quei lontani riflessi, luci e scoppi lontani che riecheggiano rifrangendosi nel gigante gassoso; una battaglia interiore nascosta agli occhi di chi può solo specchiarsi sull’impenetrabile coltre, eppure gli echi di quelle folgori ed i minacciosi rombi giungono sin lassù. Con soddisfazione ti paragoni a quell’atmosfera tormentata, affascinante ed inaccessibile a chi può solo osservare la tua imperscrutabile maschera e testimoniare la tua fredda violenza, lasciandoli del tutto ignari dei tuoi conflitti più intimi.

Improvvisamente tiri su il capo e sulla “t” della tua lucida visiera si specchia la scura sagoma stracciatellata di fanali e luci di segnalazione della fregata al limitare dell’atmosfera. Lo Slave I sotto ai tuoi piedi sembra affondare lentamente assieme ai dubbi, sepolti a poco a poco nella fumosa cortina. < A lavoro > La voce metallica e roca distorta dal casco agisce come una spintarella, come se non aspettassi altro prima di balzare dall’orlo della nave. In un bagliore scoppiettante lo zaino a razzo si accende e schizzi in alto. Una scia di fumo scintillante sale sottile, come se fosse un prolungamento del gigante gassoso che con un adunco dito volesse toccare la fregata. L’assordante ruggito degli ugelli che eruttano fiamme ti accompagna assieme al fischio del vento che si abbatte sulla tua visiera. In breve tempo superi in altezza la fu nave dei banchieri sfiorandone la prua e la potenza dello zaino a razzo si affievolisce permettendoti di atterrare sullo scafo della fregata, proprio sul bordo che si affaccia sull’hangar aperto. Atterri con un piede, un ginocchio ed una mano, attutendo la caduta. Lo zaino si è spento, l’orlo degli ugelli è ancora incandescente ed in un sospiro ti tiri su dritto con la schiena scossa dal mantello, imbracci il fucile e lo fai con calma, con la consapevolezza di essere piombato dal nulla nella vita di quella gente, segnandone la fine.

   
 
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