Noi
siamo il segreto
Un
mese e dodici
giorni, tanto era il tempo passato dalla battaglia di Shingashina. Eren
aveva
iniziato a tenerne il conto spontaneamente, come se fosse stato
naturale
impostare un nuovo calendario facendolo iniziare nel momento in cui la
verità
sul suo mondo era stata rivelata. In quei quarantadue giorni non aveva
smesso
di rimuginare su suo padre e sui ricordi che gli aveva tramandato.
Leggendo
quei tre diari, sua unica eredità, aveva progressivamente
sbloccato nuove
memorie, una più dolorosa dell'altra. Ricordi che saltavano
fuori
all'improvviso, mentre sedeva a mensa o si metteva a letto. La notte
era il
momento peggiore: gli era capitato svariate volte di svegliarsi nel
buio,
madido di sudore e con il cuore a mille, mentre gli vorticavano davanti
agli occhi
immagini vivide di un mondo che non conosceva e di persone che non
aveva mai
visto in vita sua.
All'inizio quei flash
luminosi gli erano sembrati senza senso, come migliaia di pezzi di un
puzzle da
riordinare. Un giorno aveva sentito la testa così pesante di
pensieri confusi
da chiedere ad Armin della carta su cui poterli appuntare, nel vano
tentativo
di capire cosa diamine ci fosse di sbagliato in lui, nella sua famiglia
e in
generale nella sua vita. Il risultato finale? Un numero imprecisato di
fogli
strappati e un peggioramento della sua emicrania.
«Dovresti farti
aiutare da Historia», gli disse Armin un pomeriggio. Era
stato colpito
dall'ennesima crisi conseguente il risveglio di un ricordo e aveva
urlato
contro la parete del dormitorio, frustrato.
«Historia? Perché?»
L'amico sospirò: «Mesi
fa hai detto che dopo essere stato toccato da lei sono riaffiorate le
ultime
memorie di tuo padre. Quelle del giorno della caduta di
Shingashina».
«È vero, ma cosa c’entra,
adesso?»
«Se il sangue di
Historia ha il potere di farti recuperare dei ricordi, potrebbe anche
chiarire
i nuovi. Magari il suo intervento riuscirebbe a far riallineare i pezzi
che hai
sbloccato in queste settimane».
L'intuizione di Armin
era così semplice eppure logica che Eren si diede
dell'idiota per non esserci
arrivato prima. Quel ragionamento non faceva una piega; valeva davvero
la pena
mettersi in contatto con lei. Chissà se avrebbe potuto
vederla nel corso della
sua prossima visita a Trost? D'altronde Historia continuava a occuparsi
degli
orfanotrofi che aveva ordinato di allestire, recandovisi di persona
ogni due
settimane, e probabilmente non avrebbe mancato di restare qualche
giorno di più
in città per salutare i suoi amici.
Così avvenne. La
sovrana fu accolta dalla popolazione con un'ovazione di applausi e
grida
inneggianti alla sua buona salute, poi, assicuratasi che i suoi bambini
– così
chiamava i piccoli abbandonati – stessero bene, raggiunse il
palazzo municipale
di Trost per incontrare il Comandante Pyxis e la nuova guida del Corpo
di
Ricognizione, Hanji Zoe. La riunione non si protrasse a lungo: appena
trenta
minuti. Non che ci fosse molto da dire, dato che non avevano ancora
stabilito
se e come muoversi contro i nemici dell'umanità.
Perciò, congedatasi dai leader
militari, passò a salutare le sue vecchie conoscenze, che si
inchinarono
vedendola entrare nella sala dove si erano riunite.
«Maestà», dissero in
coro i superstiti del 104° Reggimento. Il loro tono solenne
rimbalzò contro i
muri spogli e l'eco conferì ancor più
formalità a quel saluto.
«Ragazzi, sono sempre
io», sorrise Historia, avvicinandosi a ciascun compagno per
costringerlo a
rialzarsi. «Va tutto bene? Hanji mi ha detto che la nuova
macchina per eliminare
i Titani funziona benissimo».
La conversazione fu
incentrata su quell'argomento. Connie ne era entusiasta,
così come Sasha, Jean
e Armin. Mikasa convenne che in effetti quell'invenzione risparmiava
chiunque
da un incontro ravvicinato con la morte e Historia se ne compiacque.
L'unico a
rimanere in silenzio fu Eren, concentrato ad ascoltare gli altri. Un
atteggiamento non da lui che la giovane regina notò subito.
«Tu che ne pensi?»
Historia gli si rivolse direttamente. «Credevo che questa
fosse l'arma dei tuoi
sogni, invece non sembri per niente soddisfatto. Sbaglio,
forse?»
Sul gruppo calò un
silenzio insolitamente ansioso, come se dalla risposta di Eren fosse
dipeso il
destino di tutti loro. Mikasa lo guardò apprensiva e a lei
si unì Armin, mentre
Jean, Sasha e Connie soppesarono con curiosità l'attenzione
di Historia nei
confronti dell'amico.
«Non è questo»,
mormorò lui. Poi, alzando la voce, aggiunse:
«Mikasa ha ragione, ci permetterà
di ridurre al minimo le perdite e lo sforzo. Stavo solo
pensando».
«A cosa?» lo incalzò
Historia.
«Ecco... Preferirei
parlarne solo con te. In privato».
Quell'ultima
precisazione fece ridacchiare Sasha e Connie, mentre Mikasa si
rabbuiò di
colpo. La regina invece, pur sorpresa dalla richiesta, non
mostrò segni di
vacillamento, anzi: la sua espressione si indurì e
acconsentì con un cenno
della testa. «Sarà meglio spostarci altrove,
allora», suggerì.
«Non ce ne sarà
bisogno. Ragazzi, vi dispiacerebbe uscire? Solo per qualche minuto,
davvero».
I compagni si
guardarono a vicenda e infine lasciarono la stanza. L'ultima fu Mikasa,
ma Eren
non prestò attenzione al suo sguardo incupito: tenne gli
occhi fissi su
Historia, che a sua volta non smise di osservarlo. Quando la porta
della sala
si chiuse alle spalle dei compagni, Eren le si avvicinò.
«Ti ricordi cosa è
successo nella caverna sotterranea?»
Lei annuì. «Vorrei
poterlo dimenticare, in realtà».
«Ti capisco. Ma ascolta:
ho bisogno del tuo aiuto».
Historia spalancò gli
occhi, stupefatta: «Il mio aiuto? Per cosa?»
«Per capire cosa è
successo in passato».
La regina sospirò. «Eren,
cosa posso fare? Io non possiedo le memorie del mondo, sono tutte
conservate
dentro di te attraverso il Potere del Titano Originario...»
«Esattamente. E solo
un membro della famiglia reale può attivarlo».
Historia continuò a
fissarlo, sempre più confusa. «Quindi?»
«Quindi è probabile
che attraverso di te io riesca a riordinare i ricordi che mi sono stati
trasmessi. Forse potrei risalire perfino a quelli del primo Titano, con
un po’
di impegno».
«Ma cosa intendi dire
con “attraverso di me”?»
«Mi basterà prenderti
per mano», le disse in un soffio. «Il Titano
Originario reagisce al contatto
con il sangue reale, perciò non c'era e non c'è
alcun bisogno che tu mi divori
o cose simili. Hai capito, adesso?»
Historia tentennò. «Prendermi
per mano? Non devo essere io a toccarti come mio padre mi ha costretto
a fare
in quella caverna?»
«Non dovrebbero
esserci differenze, o almeno credo. Posso fare una prova?»
«Ora?»
«E quando,
altrimenti? Non so quando potrò rivederti e ho un estremo
bisogno del tuo
aiuto. Ho continui mal di testa causati da nuovi ricordi che emergono
ogni
giorno, ma sono tutti confusi e in disordine. Non ho idea di cosa sia
avvenuto
prima o dopo... Perciò spero che tu possa chiarire alcune
incognite, proprio
come è successo mesi fa».
L'espressione
disperata eppure fiduciosa di Eren la convinse e tese verso di lui la
mano
destra. Per parte sua, il ragazzo si avvicinò ancora e le
sfiorò le dita. Prima
che potesse stringerle tutto il palmo, una scarica elettrica gli
trapassò il
cervello, illuminando uno scenario di aperta campagna con suo padre che
correva
come un forsennato. All'orizzonte, stagliate contro un cielo limpido,
le Mura.
Malgrado il
momentaneo dolore, così intenso da fargli temere che la
testa gli si sarebbe
spaccata in due, Eren prese la mano di Historia, stringendola tra le
proprie e
chiudendo gli occhi per visualizzare altri dettagli del ricordo. Ma
proprio
quando stava per vedere cosa era accaduto a suo padre, la memoria
svanì in una
nuvola di vapore. Continuò a tenerle la mano nella speranza
di riattivare
quella visione, ma non ci fu nulla da fare e quindi lasciò
scivolare via le sue
dita bianche e sottili.
«Tutto bene? Come ti
senti?» domandò preoccupata Historia, vedendolo
sorreggersi una tempia e andare
a sedersi.
«Il ricordo si è
spento», sussurrò, ancora dolorante.
«Cosa?»
«All'inizio sembrava
funzionare, ma poi... Qualcosa è andato storto».
Non aggiunse altro,
troppo preso dalla fitta che ancora gli lampeggiava nel cervello.
Historia
rimase a osservarlo con sguardo clinico, indecisa sul da farsi.
«E adesso?»
Eren fece spallucce. «Ci
riproverò. Sempre che tu sia d'accordo,
però».
«Se posso esserti
d'aiuto, lo faccio con piacere. Ma se ogni volta che ci vedremo ti
sentirai
così male...»
«Non è nulla, non
preoccuparti», abbozzò un sorriso di circostanza
per rassicurarla. «Ho passato
di peggio. Dovrò solo farci l'abitudine e imparare a
controllare questo
maledetto potere. Continuerai a darmi una mano?»
Historia assentì. «Ci
vedremo tra due mesi, allora».
«Cosa?!»
Eren scattò in piedi,
sebbene attraversato da una fitta che lo fece quasi barcollare.
«Come sarebbe a
dire?»
«La mia prossima
visita a Trost è fissata per maggio. Devo proseguire il giro
degli orfanotrofi,
lo sai bene. Non credo che potremmo incontrarci prima. Abbiamo entrambi
degli
impegni e sono tutti importanti, non possiamo...»
«Chiederò un permesso
speciale ad Hanji», la bloccò. «Le
dirò che per il bene dell'umanità ho bisogno
di collaborare con te. Vedrai che questo la convincerà. Se
riuscissi a vederti almeno
una volta a settimana...»
«Ma Eren, sei sicuro
che ne vada davvero del futuro dell'umanità? Non vuoi
conoscere la verità su
tuo padre solo per egoismo?»
Quell'insinuazione,
non completamente campata in aria, in qualche modo lo ferì,
ma scosse la testa
e le assicurò che il suo unico interesse era salvare le
persone delle Mura. A
quel punto Historia, riflettuto per qualche istante, lo
salutò con la promessa
di rivederlo il prima possibile, augurandogli di ottenere da Hanji il
consenso
di farle visita a seconda del suo bisogno.
Fortunatamente per
Eren, la Comandante non oppose resistenza. Anzi, si dimostrò
piuttosto
interessata al modo in cui quegli incontri avrebbero potuto giovare
all'umanità. Eren fu alquanto evasivo in proposito: temeva
che dire la verità
avrebbe significato trasformare anche Historia in una cavia da
esperimenti,
proprio come era capitato a lui. Perciò Hanji si dovette
accontentare a sua
insaputa di una mezza verità e il permesso fu accordato,
sancito da
un'autorizzazione che Eren dovette mostrare alla Gendarmeria Centrale
una volta
giunto a Mitras per il primo incontro con la regina.
I soldati della
capitale si mostrarono scettici davanti allo scritto, ma lasciarono
comunque
passare il ragazzo, scortandolo nel Palazzo Reale e conducendolo in una
grande
stanza dove di solito i sovrani accoglievano gli ospiti. O almeno
questo è ciò
che Eren suppose una volta entrato.
Dopo interminabili
minuti di attesa, Historia fece a sua volta ingresso nella sala,
seguita da due
guardie che congedò con un cenno della mano. Rimasti soli,
Eren le sorrise.
«Te l'avevo detto che
Hanji avrebbe acconsentito», le ricordò.
«Certo, sono passate tre settimane, ma
almeno adesso potrò vederti senza alcun problema ogni volta
che sarà necessario».
Historia annuì, ma a
Eren non parve molto convinta. «Dunque, vuoi riprovare? Hai
avuto altre...
Visioni del passato?»
«Non più chiare
dell'ultima volta che ci siamo incontrati».
«Capisco. Vogliamo
sederci?»
Presero posto a un
lungo tavolo che Eren immaginò venisse usato nelle riunioni
di Stato. Entrambi
si accomodarono, lei a capotavola, lui alla sua destra.
«Allora... Vuoi
prendermi di nuovo per mano?» domandò la sovrana.
Per la prima volta da
quando aveva considerato l'idea di farsi aiutare da Historia, il
ragazzo si
sentì in imbarazzo. Era un sentimento sciocco che lo
sconvolse per la sua
improvvisa apparizione, eppure si sentiva esattamente così
in quel momento.
Forse perché tutto appariva asettico e formale in quella
stanza. O forse perché
Historia sembrava molto diversa dall'ultima volta che si erano visti,
quasi si
sentisse costretta a collaborare con lui.
«Be’, ecco... Sì,
credo che dovrei ricominciare da lì», le rispose,
la voce un po' vacillante.
Senza replicare,
Historia poggiò le braccia sul tavolo e tese la mano destra
verso di lui. Eren
fissò le sue dita come in trance e poi, preso ancora
dall'imbarazzo che lo
aveva scosso, gliele sfiorò.
I ricordi iniziarono
a invadergli la mente, affiorando come un pesce strattonato da un
pescatore, e
allo stesso modo lottarono per tornare a immergersi negli antri
più bui della
sua testa. Presto furono di nuovo nascosti ed Eren meccanicamente
strinse il
palmo di Historia. Tenendo gli occhi chiusi, le memorie di suo padre si
schiarirono, pur continuando a vorticare. Allora, senza neanche
accorgersene,
Eren intrecciò le proprie dita a quelle della regina e come
per magia quel
turbinio si acquietò, mostrando un giovane Grisha che
incontrava l'istruttore
Shadis fuori dalle Mura. La visione, nitida come non mai,
durò solo un minuto.
Poi si diradò come nebbia di fronte al sole.
Quando riaprì gli
occhi, Eren sentì dolere le tempie, ma
l'intensità non era maggiore rispetto a
un comune mal di testa. Rassicurato, il suo sguardo cadde su Historia.
Le
sorrise, ma la ragazza sembrava agitata. Solo allora si rese conto
della
posizione delle proprie dita e, soprattutto, della forza con cui erano
ancora
intrecciate alle sue.
«Oh!» esclamò,
ritirando la mano e sentendosi avvampare. Dio, ma cosa gli prendeva?
«Scusami,
spero di non averti fatto male».
«No».
«Sicura? Io... Non me
ne sono nemmeno accorto, devo aver stretto troppo...»
«Va bene così».
Sentire Historia
rispondere praticamente a monosillabi non lo tranquillizzò
affatto. Seppur
esitando, provò ad afferrarle di nuovo la mano per
rassicurarla, ma fu lei a
scostarsi, alzandosi e distanziandosi dal tavolo. Gli voltò
le spalle e parlò
dopo un lungo silenzio.
«Spero che l'incontro
ti sia stato utile», gli disse freddamente.
Incerto, Eren annuì. «Ho
visto poco, in realtà, ma le immagini non erano mai state
tanto nitide, a parte
quel giorno nella caverna».
«Cosa c’era di
chiaro?»
Glielo spiegò e nel
farlo si alzò, raggiungendola. Mentre le parlava, Historia
appariva assente. Un
atteggiamento che lo fece quasi sentire in colpa.
«Credo che tu debba
andare», lo congedò lei poco dopo.
«Ma...»
«Ho degli impegni
gravosi, Eren. Scrivimi per farmi sapere se e quando vorrai incontrarmi
di
nuovo».
Detto questo, la
regina uscì dalla stanza, seguita dalle guardie che
l'avevano aspettata
all'esterno, e lui tornò a Trost, rimuginando su quanto
accaduto e,
soprattutto, sul comportamento di Historia.
L'appuntamento che
avrebbe voluto richiederle per la settimana successiva saltò
a causa di
esercitazioni extra e di una breve spedizione fuori dalle Mura.
Riuscì a
scriverle solo al ritorno, scusandosi per non essersi fatto sentire e
domandandole la cortesia di fissare un nuovo incontro. La risposta
affermativa –
che Eren non aveva dato affatto per scontata – giunse quatto
giorni dopo e di
lì a poco si ripresentò a Palazzo. La visita non
fu molto diversa dalla
precedente, proprio come lo strano atteggiamento di Historia.
Le cose andarono
avanti così per un mese. Negli incontri successivi Eren non
si spinse oltre il
tenerla per mano, nella speranza che il suo comportamento tornasse
disteso come
prima. Si guardò bene dallo stringerle le dita in quel modo
così... intimo,
nonostante la tentazione fosse
grande. Ma cosa accidenti gli prendeva?
Sebbene al termine di
ogni visita si macerasse chiedendosi perché Historia fosse
così distante, fece
enormi progressi nel recupero dei ricordi di suo padre. Finalmente
aveva una
nitida visione del suo arrivo alle Mura e dei primi anni a Shingashina.
Eren si
domandò più volte se avrebbe rivissuto il primo
incontro tra i suoi genitori,
ma quelle memorie erano ancora inaccessibili e lo sarebbero rimaste
fino al suo
ottavo appuntamento con la sovrana.
Quel giorno, in
realtà, i ricordi apparvero sfocati come lo erano stati fino
a due mesi prima.
Frustrato, Eren chiuse gli occhi e strinse i denti per evitare di
aumentare la
presa sulla mano di Historia, che a un certo punto cercò
spontaneamente le dita
del ragazzo. Sorpreso, la lasciò fare, ma non ottenne alcun
miglioramento.
«Grazie per l'aiuto»,
le disse. Era già pronto ad andarsene, deluso dal viaggio a
vuoto.
«Mi dispiace che oggi
non sia andata bene», rispose lei. «La prossima
volta sono sicura che andrà
meglio».
Eren fu colpito da
quelle parole, le prime di vero incoraggiamento che Historia gli avesse
rivolto
da quando avevano cominciato a vedersi. Così, impulsivo come
solo lui sapeva
essere, tornò verso di lei e l'abbracciò. Le sue
mani le scivolarono lungo la
schiena e risalirono fin sulle spalle, lasciate scoperte dal vestito
estivo che
indossava. Bastò questo: una scarica elettrica lo
attraversò da capo a piedi e
la sua mente si riempì del vivido ricordo di Grisha Jaeger
che metteva l'anello
al dito di una Carla raggiante.
Eren non seppe mai
quantificare per quanto tempo era rimasto avviluppato a Historia. Fu
però certo
che fosse stato abbastanza lungo da far irrigidire la ragazza, colta
così di
sorpresa da restare senza parole.
Imbarazzato, Eren si
scusò e congedò in tutta fretta, senza darle la
possibilità di chiedergli
spiegazioni o di commentare ciò che era successo.
Scappò via, lontano dal
Palazzo, e soltanto nella carrozza che lo riportò a Trost
trovò la pace che
cercava.
Nelle tre settimane
seguenti si astenne dallo scriverle. Era tormentato dal pensiero che
Historia
si fosse fatta un'idea sbagliata di lui, che fosse arrabbiata per
quell'abbraccio.
Ma perché rimuginarci tanto? Insomma, che diamine gli stava
succedendo così
all'improvviso?
Quanto accaduto,
però, lo indusse a riflettere. All'inizio era bastato solo
sfiorarla per
risvegliare dei ricordi, ma poi era stato necessario prenderla per mano
e
addirittura intrecciare le dita come due... Amanti?
No, doveva togliersi dalla testa quell'idea. Guarda tu cosa andava a
pensare...
Successivamente neanche quello era stato sufficiente, mentre un
abbraccio
genuino e sentito dal profondo del cuore gli aveva restituito delle
immagini
chiare come se le avesse vissute in prima persona. Cosa significava?
Che
avrebbe dovuto abbracciarla ancora? E quando nemmeno questo sarebbe
bastato?
Nel dormitorio buio,
Eren si sentì andare a fuoco. Un pensiero nuovo,
così non da lui, gli
solleticò il cuore, precipitato in fondo allo
stomaco. Fece di tutto per scacciare dai pensieri la fantasia di se
stesso che
stringeva al petto Historia, di lei che alzava i suoi occhi chiari su
di lui e
poi...
Non gli fu affatto
facile prendere sonno e per molti giorni ancora evitò di
scriverle. Questo
finché Armin e Hanji non lo incitarono a tornare a Palazzo
Reale per scoprire
altre informazioni sul passato di Grisha.
Eren si sentì allo
stesso tempo ansioso e tremendamente felice di rivedere Historia. Era
come se
in quel mese lontano da lei avesse sentito la sua mancanza. Possibile?
Non gli
era mai capitato niente di simile prima di allora. Eppure le cose
dovevano
stare così, altrimenti perché fantasticare?
Perché pensare costantemente a lei?
Giunto a Mitras,
venne introdotto nella solita sala. La regina arrivò dopo
una lunga attesa e
quando Eren se la ritrovò davanti perse un battito.
«Bentornato», lo
salutò, mentre le guardie chiudevano la porta e li
lasciavano soli. «Credevo che
non volessi più incontrarmi».
Avrebbe voluto
gridarle che si era sbagliata, ma si limitò ad abbassare gli
occhi e a dirle
che aveva avuto dei contrattempi.
«Ma certo, capisco.
Solo... Prima di iniziare, vorrei delle risposte, Eren. Per esempio,
cosa hai
visto l'ultima volta che sei stato qui. Se abbracciarmi
in quel modo faceva parte della nostra seduta o se era qualcosa di
spontaneo.
Perché, vedi, in entrambi i casi non ero affatto pronta e il
modo in cui sei
fuggito mi ha lasciato parecchio perplessa».
Il ragazzo sgranò gli
occhi, sicuro di essere arrossito per l'imbarazzo. Perciò,
deglutito un grumo
di panico che gli si era addensato in gola, le parlò del
contenuto del ricordo.
«Per quanto riguarda l'abbraccio... L'ho fatto per
gratitudine. Mi hai
incoraggiato e nulla, ho sentito il bisogno di ringraziarti.
È stato... Naturale,
ecco. Non era programmato, se
è questo che intendi», aggiunse, non senza un
briciolo di disagio.
«Da come lo descrivi,
sembra che sia stato più utile del tenermi per
mano».
Eren mise le mani
avanti, scuotendole energicamente. «No, io... È
difficile da spiegare».
«Quale sarà la
prossima cosa che mi chiederai?» lo interruppe lei con fare
brusco. «Di baciarmi,
magari?»
Andò in tilt. Si
stava liquefacendo sotto ai suoi occhi e non aveva la forza di
ribattere.
«Potresti provare»,
continuò Historia. «Funzionerebbe? Chi
può dirlo».
Più la sentiva parlare,
più il panico lo stringeva in una morsa. «...Non
me lo permetteresti mai»,
esalò, senza il coraggio di guardarla in viso. «E
comunque non lo farei»,
precisò.
«È quello che ti sto
dicendo, invece. Sei autorizzato a farlo. Solo per stavolta. Solo per
il bene dell'umanità,
come ripeti sempre».
Lentamente, Eren
rialzò lo sguardo e la fissò. I suoi occhi
risplendevano alla luce del sole che
filtrava dalla finestra, determinati come quando aveva abbattuto il
padre
trasformatosi in Titano.
«Non puoi essere
seria».
«Certo che lo sono.
Avanti. Prova».
Eren esitò ancora
prima di avvicinarsi. Guadagnò pochi centimetri per volta,
finché la propria
fronte non sfiorò la sua. Poi, socchiudendo le palpebre, la
baciò. Un tocco
leggero, come due bambini che iniziano a scoprirsi e temono di farsi
male.
Lo vide. Suo padre
era in piedi, proprio come lui in quel momento, e osservava una bella
ragazza
bionda. Le si avvicinava, le cingeva la vita con le braccia e poi,
colmo di
desiderio, la faceva voltare, baciandola appassionatamente. L'impeto
era così
violento che anche Eren, nella realtà, lo trasmise a
Historia. Il contatto
delle loro labbra si intensificò e quando non ebbero
più fiato si allontanarono
dolcemente l'uno dall'altra.
«Eren», lo chiamò
lei. Le sue gote erano arrossate e gli occhi languidi.
Il ragazzo ammutolì.
Il bacio lo aveva stravolto tanto da annebbiargli la mente. Aveva visto
Grisha
e Dina. Un comune rivoluzionario innamorato dell'erede al trono. Come
lui
amava...
«Devo andare.
Perdonami».
Per la seconda volta,
Eren scappò nel tentativo di sottrarsi ai suoi stessi
sentimenti. Ma era
inutile: avrebbe dovuto farci i conti, proprio come avvenne nei
successivi
incontri, quando non ci fu alcun bisogno che Historia lo incoraggiasse
a
baciarla.
Furono settimane e
mesi intensi, che cambiarono la sua visione del mondo. Lui era... No, si stava innamorando di lei. E la
regina? Non aveva detto una parola su ciò che era successo,
ma nemmeno si era
sottratta ai baci che avevano seguito il primo. In più, i
ricordi sembravano
diventare sempre più lunghi e nitidi, come se ad alimentarli
non fosse tanto il
contatto con lei, quanto il sentimento che cresceva nel suo petto.
Alla fine glielo
chiese. Le domandò se avesse mai baciato qualcun altro prima
di lui. Historia
avvampò, annuendo timidamente.
«Con Ymir era diverso»,
sussurrò. Aveva gli occhi abbassati e fissava il pavimento.
«Ci siamo baciate
solo una volta, di sfuggita, dietro la baracca al campo di
addestramento. È
stato... Speciale».
Eren non avrebbe
saputo definire cosa si stava agitando dentro di lui. Sentiva un vuoto
all'altezza dello stomaco, irraggiante un calore che si espandeva verso
i
polmoni e da lì fino al cuore, i cui battiti rimbombavano
nelle vene del collo
e nelle tempie. Probabilmente anche le orecchie gli stavano andando a
fuoco,
perché aveva l'impressione che ardessero come tizzoni
incandescenti.
«Con te, invece...
Non lo so, è strano», continuò lei.
«All'inizio non provavo niente. Forse solo
un po' di imbarazzo».
«E poi?» le domandò,
mentre la fiamma nel suo animo si alzava sempre di più.
Historia arrossì,
continuando a guardare in terra.
«Ecco... Non saprei.
Te l'ho detto, è strano».
Quella risposta gli
si riversò sulla testa come acqua gelata. Con il tempo
avrebbe imparato che
quella sensazione si chiamava delusione. Se solo avesse detto
qualcos’altro...
E come se Historia
avesse potuto leggergli il pensiero, aggiunse:
«Però qualche volta, dopo che
abbiamo finito, è come se ne avessi ancora voglia».
A Eren non servirono
altre conferme. Le sue parole erano un invito che accettò
prontamente: la
strinse tra le braccia e la baciò con trasporto, come mai si
era spinto a fare
a causa delle sue tante, troppe paure. Paura di essere frainteso e
cacciato
via, paura di perderla come amica e confidente, paura di restare
coinvolto in
una storia che mai avrebbe immaginato potesse nascere tra loro. Per
quanto
tempo si era continuato a ripetere che tutto ciò che stava
facendo era solo per
il presunto bene dell'umanità e non per un amore che era
lentamente sbocciato
con la stessa forza di un fiore selvatico nella terra arida?
Per un anno si
frequentarono così, nascondendosi sotto gli occhi di tutti.
Forse Armin intuì
qualcosa, ma non gliene parlò mai né Eren gli
svelò la verità. Poi il mare si
dispiegò davanti a lui e in quel colore rivide gli occhi
della ragazza che
amava, rimasta nella capitale per precauzione. Quando tornò
da lei, le
descrisse ciò che aveva visto e le parlò della
nuova missione che lo aspettava
oltre l'orizzonte.
«Ora che so la
verità, che tutti i ricordi sono al loro posto, devo
compiere la volontà di mio
padre».
«Cosa ne sarà di noi,
allora?» gli domandò Historia, poggiata contro il
suo torace. «Quando potremo
stare insieme, senza avere più paura del mondo?»
Eren scosse la testa.
«Questo non lo so ancora. Ma ti giuro che tornerò
da te, qualunque cosa accada.
Perché noi siamo il segreto, l'unico che importa, quello che
dobbiamo custodire
a costo della vita. Sono tuo, Historia. E il mio amore per te vale
quanto il
bene dell'umanità».
Si salutarono con un
ultimo bacio. La sovrana non pianse, sicura della veridicità
di quelle parole;
lui non si commosse, come invece sarebbe accaduto solo un anno prima.
Il
segreto era al sicuro nei loro cuori e nessuno avrebbe mai potuto
distruggerlo.
Note
dell’Autrice
Mai
mi sarei sognata
di scrivere una Eren/Historia, dato che non solo non li ho mai
considerati
insieme, ma nemmeno mi fanno impazzire presi singolarmente. E allora?
Cos’è
questo papiro improbabile?
È un vero e proprio
esperimento di cui potete dare il merito (o la colpa XD) al Contest
citato nell’introduzione.
Un festival delle coppie impossibili o quasi a cui sono stata
felicissima di
partecipare.
La storia prende
spunto da una frase praticamente buttata lì da Jean sia nel
manga sia nell’anime,
a metà della terza stagione: “Non fai altro che tenere
per mano Historia,
con la scusa dei ricordi”. E niente, sono stata folgorata
dall’osservazione del
mio figlio prediletto. A quel punto non potevo non ricollegare tutto
agli
ultimi episodi usciti, in particolare alle puntate 3x20 e 3x21.
Spero che, per quanto
improbabile, la storia risulti comunque credibile e in linea con il
canone, da
cui odio discostarmi per principio.
Un sentito grazie a
chiunque abbia avuto il coraggio di aprire la fiction e, soprattutto,
di
arrivare qui in fondo.