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Autore: _Woodhouse_    25/06/2019    4 recensioni
❝Lo osservò dormire, sfiorando di tanto in tanto le linee insidiose delle sue costole, incastrata negli occhi di un altro, nel ricordo del suo respiro, affogata, vittima masochista del piacere che le procurava il ricordo della tensione che si librava fra i loro corpi e della complicità che aveva avvertito, mentendo insieme a lui, due volte e senza ragioni.❞
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Da leggere ascoltando When the party's over di Billie Eilish!



Di fronte a me le loro schiene, quelle di Robb e James, entrambe larghe ma profondamene diverse: rassicuranti le prime, avvolte da un cardigan blu dai contorni sfilacciati di proposito; spaventose le seconde, sotto l'imperiosa giacca borgogna intenso. Impossibile sostenerle insieme con un solo sguardo.
Ci sediamo tutti e quattro intorno ad un tavolino, io e Polly sul lato dei divanetti, gli altri due di fronte a noi, su delle sedie. James si guarda intorno picchiettando le dita sul tavolino probabilmente a tempo di musica, perfettamente rilassato, le gambe accavallate, la camicia scura appena sbottonata che gli lascia il collo così dolorosamente curvo e teso lateralmente, completamente esposto. I capelli sono leggermente più scarmigliati rispetto a questa mattina, ma non minano in nessun modo l'immagine impeccabile che emana, anzi. E' di un'eleganza talmente naturale da risultare paradossalmente innaturale, impossibile da sopportare, al punto che ho bisogno di distogliere lo sguardo.

- Ordiniamo? - Robb si rivolge a me e Polly porgendoci delle piccole brochures recuperate dal tavolo accanto.
- Io so già cosa prendere, grazie. - gli rispondo sorridendogli, allungando una mano sul tavolino affinché lui la raggiunga.
- Ovviamente. - risponde lui, roteando gli occhi mentre mi sfiora le dita.
Non guardo James, ma voglio farlo.
- Ti piace questo posto?- gli chiede Robb, giocando con le mie dita.
- Carino. - risponde l'altro, degnandoci della sua preziosa attenzione. Mi concedo di osservarlo per un attimo e vedo i suoi occhi scoccare un'occhiata fugace sulle nostre dita, per poi tornare  - non posso crederci - a sorridere ad un ragazza che lo osserva da un tavolo poco distante dal nostro. Il sorriso che lui le rivolge è diverso da qualsiasi altro sorriso gli abbia mai visto rivolgermi.
Ecco. E' questo, allora. E' questo che fa.
E' così che ci riesce, è così che appare al resto del mondo: seducente, irraggiungibile, irresistib-
- Scusa?
Una cameriera mi sfila accanto ed io la blocco, istintivamente.
La ragazza si ferma e tira fuori il taccuino.
- Ci siamo tutti? - chiedo, schiarendomi la voce.
- Sì, credo di sì. - fa Polly, un po' confusa, rimanendo ancora attaccata al suo menu come se aspettasse di ricevere un'illuminazione improvvisa.
- Credo che opterò per la solita birra. - dice buffando.
- Ti ho messo fretta? - le chiedo un po' a disagio.
- Ma che, non avrei saputo scegliere nemmeno se avessi studiato il menu tutta la notte. E' una cosa che non riesco proprio a fare.
Mi scappa un sorriso: che buffa.
- Tranquilla. - fa Robb liberandosi del menu come se scottasse. - Ti capisco, fosse per me prenderei tutto.
- Alcolizzato. - irrompe la voce di James. - Un bourbon, grazie. - dice rivolgendosi alla ragazza.
- Noioso. - ribatte Robb scuotendo la testa divertito. - Una rossa, per me, grazie.
Robb ci guarda come invitandoci ad ordinare.
- Un martini ed una guinness, per favore. - ordino anche per Polly, mettendo fine alla sua agonia.
- Torno subito! - esclama la ragazza col taccuino, per poi allontanarsi immediatamente.

- Qui per affari, dunque? - escordisce Polly rivolgendosi a James, sorprendendomi.
Robb nel frattempo torna a giocare con le mie dita o forse non ha mai smesso: in questo momento non lo so. James la guarda, finalmente completamente rivolto a noi. In contrasto col borgogna della giacca, i suoi occhi scuri sembrano ancora più conturbanti. E' decisamente il suo colore. Ma non è il genere di pensiero da fare. Cerco di mettere a tacere le mie inopportune considerazioni.

- Sì, a Londra ci sono diverse biblioteche interessate ad una nostra collana di grandi classici internazionali. Veri pezzi d'artigianato, se posso dirlo senza apparire autocelebrativo. - accenna un sorriso.

Autocelebrativo è un eufemismo, se si parla di lui.

- Che bello! Io e Jo siamo delle assidue frequentatrici di biblioteche. Conosci quella del nostro quartiere? E' grandissima e antichissima!
Nel frattempo arrivano i nostri drink. Io nascondo immediatamente il viso nella coppa del mio martini. Gli altri, attenti alla conversazione, si rigirano i rispettivi bicchieri tra le dita.
- Certo. Ci sono stato oggi.
Si porta il bourbon alle labbra e mi rivolge un'occhiata impercettibile. Lo stesso faccio io, ma mi sforzo di dirottare immediatamente lo sguardo su Polly.
- Allora vi sarete incontrati. - dice Robb indicandomi. - Anche Jo era lì stamane.
Fa oscillare lo sguardo da me a James, in attesa di una risposta.
Ci osserviamo per un breve istante, entrambi sorseggiando il nostro drink.
- No. - mentiamo insieme, tornando a guardarci, serissimi.
Non so nemmeno perché l'ho fatto, ma immagino perché lo abbia fatto lui: è ovvio che non voglia avere niente a che fare con me, nemmeno nei suoi stessi ricordi.


 
***
 
No.

E' la sua voce che mente insieme alla mia, sorprendendomi. Cos'è, si vergogna persino di avermi incontrato? La solita bambinetta, Josephine.
O la solita glaciale bugiarda. Le sue labbra rosso carminio sfiorano i bordi del bicchiere, mi guarda, allunga di nuovo la mano verso quella di Robb. Si sfiorano. Bugiarda.
Il suo vestito da bambolina non mi inganna. E nemmeno i capelli così sapientemente raccolti in uno chignon basso e morbido. Non sembra semplicemente più adulta, ma anche più...
- Ho rischiato grosso, quindi.
Voglio divertirmi. Lei lo capisce immediatamente e solleva un sopracciglio. Robb scuote la testa. Polly è incantata ad osservarci.
- Anch'io. La qualità della mia giornata sarebbe rovinosamente precipitata. - commenta quasi tra sé e sé.
- Addirittura. - sogghigno e torno subito serio. - Increndibile avere una tale influenza sulla vita delle persone.
- Non la metterei proprio così. Ma del resto, ti diverti in questo modo...
Sbuffa con ovvietà, roteando persino gli occhi. Impunita.
Robb le stringe più forte la mano, lei ricambia la stretta ma poi spezza l'intreccio, nascondendo la mano sotto il tavolo.
Sta stringendo i lembi del suo vestito, lo so. Perfetto.
Accenno un sorriso derisorio che sono certo le dia fastidio, forse più delle mie provocazioni dirette.
- Proprio non ci riuscite, eh?- ci ammonisce Robb. - Scusali, Polly, sono probabilmente le persone meno affini sulla faccia della terra. - ridacchia divertito.
E' il solo a divertirsi di questa constatazione. Josephine ha l'aria scocciata ed anche io.
- Lo vedo. - risponde la ragazza con un sorrisino nervoso. - Sono sicura diventeranno grandi amici un giorno.
- Come no. - commenta Josephine e mi piace da morire come lo fa.

 Mi alzo in piedi e porgo la mano a Polly, ignorando loro e me stesso.

- Mi concede questo ballo? - le faccio l'occhiolino. - Lasciamo un po' soli questi piccioncini.
- AH! - esclama Robb. - Vedrete che storia...
- Certo, cioè... Non è che io sia proprio una ballerina, eh.

Polly è in  imbarazzo ma si alza in piedi, posando una mano sulla spalla dell'amica che non ci guarda nemmeno, impegnata com'è a fissare un punto nel vuoto. Lo fa apposta?

- Che storia... - continua a commentare divertito Robb. - James Draper è il più inaspettato, impareggiabile ballerino della fottuttissima contea!
- Inaspettato? - mi fingo indicibilmente offeso. - Tsk!
Prendo a braccetto Polly. La carinissima Polly, mi tocca ammettere. La carinissima Polly e i suoi pantaloni scuri aderenti.
La conduco leggermente più in là del nostro tavolo, dove altre persone ballano una ballata romantica. La guardo, ma non riesco a scorgere il suo viso, dato che Robb le si è seduto accanto coprendo parzialmente la visuale. Sento una stretta al petto.
Inizio a ballare con Polly, mi concentro sui suoi occhi verdi, timidi. Non sono sicuro voglia davvero ballare con me, ma è troppo educata per rifiutarsi ed io sono troppo egoista per preoccuparmene adesso, adesso che vorrei soltanto...


Guardami.

 
 ***

Non riesco a sentirlo. Non riesco a controllare i miei sensi. Sono in una bolla in cui la voce di Robb non arriva, se non a tratti. Sono costretta a fingere o a fingermi morta. Cosa dovrei dirgli? Non ti sento perché tutti i miei sensi sono succubi della sua energia? Voglio guardarlo e mi detesto per questo. Come sono arrivata a questo?
Robb, d'un tratto si lascia andare sullo schienale e i miei occhi lo trovano immediatamente. Mi si spezza il fiato. Non posso essere davvero a questo punto, al punto di desiderare di essere al posto di Polly. Non può essere che io voglia così disperatamente sentire la sua mano sul fianco, il suo sguardo nel mio, il mio respiro infrangersi sul suo petto.


Guardami.


E' un pensiero così potente che ho paura mi sia sfuggito dalle labbra, anche perché i suoi occhi mi raggiungono in quell'esatto istante.
Cerco la spalla di Robb e vi lascio ricadere il capo, stringendogli la mano, fortissimo. James continua a guardarmi, avvicina Polly al suo petto e sono sicura, irrimediabilmente sicura, di vedere la presa sul fianco di lei farsi più stretta. Spezzo il contatto visivo nello stesso momento.
Non ce la faccio.
Lui non mi vede in quel modo. Probabilmente per lui non sono nemmeno una donna degna di questo appellativo. Ai suoi occhi qualsiasi altra creatura sembra apparire nettamente più interessante di me.

Ed è così che deve essere, spregevole stupida.

Voglio andarmene da qui, più precisamente voglio andarmene da me stessa, da questa nuova me  debole e languida. Io amo Robb, forse non incondizionatamente come dovrei, ma questo non dipende da lui. Dipende da me, perché io sono rotta, spezzata in testa. Il mio cuore non funziona come dovrebbe, al punto che anche lui prima o poi se ne accorgerà e si sbarazzerà di me. James aveva ragione: non merito l'amore di quest'uomo, perché oltre ad essere una persona insignificante e gelida, sono anche spietata e crudele. Come altro potrei definirmi dopo questa sera? Come altro potrei definirmi, in generale? Come posso pensarmi giusta e degna d'amore se trascuro un uomo perfetto come Robb per rotolarmi nei miei bassi istinti nei confronti di un uomo inqualificabile come James?
Il quale, per inciso, è suo fratello.

Mi alzo di scatto.

- Vado in bagno. - annuncio sbrigativa a Robb, il quale mi rivolge una strana smorfia che non mi trattengo a decifrare.
Mi divincolo dall'incastro di sedie e mi dirigo verso il bagno, ma per farlo devo necessariamente passar loro accanto. Mi muovo con lo sguardo basso, finché Polly mi intercetta con lo sguardo e mi rivolge un sorriso, ma lui non mi guarda nemmeno, forse non ha neanche notato la mia presenza. Gli sfilo alle spalle, avvertendo il baricentro del mio corpo sospingersi naturalmente verso di lui, ma riesco ad evitare di inciampare o perdere in qualche modo l'equilibrio, come accade sempre quando sono sui tacchi e per giunta in imbarazzo.
Raggiungo velocemente il bagno e più che appoggiarmi, mi riverso completamente sul lavandino, evitando appositamente di guardarmi allo specchio. Mi disprezzo troppo, adesso.
Lascio che il getto d'acqua scorra sui miei polsi e chiudo gli occhi, abbandonando la testa all'indietro.

- Cos'è, una pratica esoterica?

Non può essere.

Apro gli occhi di scatto e li punto sullo specchio, dove trovo disegnato il suo riflesso.

- Non ti ha insegnato nessuno a bussare? - gli chiedo cercando di manternere la calma, aggrappandomi alla manopola dell'acqua senza nemmeno riuscire a chiuderla.
- E' lo spazio comune, se non te ne fossi accorta.

Si sta avvicinando e nel giro di qualche secondo percepisco il calore del suo petto rovinosamente vicino alla mia schiena. Il suo sguardo, attraverso lo specchio, però, non cambia. James sembra imperturbabile, con le mani in tasca e l'aria di chi preferirebbe essere ovunque, fuorché qui. Dalla porta chiusa, filtra diluita la musica, mentre il mio udito percepisce nitidamente ogni scricchiolìo, ogni goccia d'acqua che precipita nelle tubature.

- E' simpatica, la tua amica.
Un angolo delle sue labbra si solleva brevemente, come in uno spasmo.
- Lasciami indovinare: stai per dirti colpito da come una come lei possa essere amica di una come me. - asserisco con ironica consapevolezza.
- Che acume.- commenta piegando la testa, fingendosi scettico.
Sto per replicare, ma sorprendentemente lui prosegue.
- Pensavo ne fossi sprovvista, considerato il numero di cose che sembri non capire.
Il suo sguardo si fa terribilmente serio, impercettibilmente cattivo, prima di proseguire.
- Insomma, mi sarei aspettato che me lo facessi recapitare a casa, magari con una bambola woodoo in mezzo alla pagine.
Il respiro mi si mozza in gola. Ho paura di aver capito, ma non può essere come penso. Che senso avrebbe?
- Di che parli? - domando con lo sguardo incastonato nel suo, mentre il suo profumo si espande intorno a me, imprigionandomi.
- Poco sveglia. - risponde - O molto bugiarda. - aggiunge inaspettatamente severo.
Vedo i miei occhi sgranarsi e i suoi annientarmi. Non posso abbassare la guardia con lui, devo modularmi, rimanere granitica. Mi schiarisco la voce.
- Qual era il tuo scopo? - domando ostentando una spavalderia che non mi appartiene.
- Ecco. Bugiarda, ovviamente. - ribatte, sprezzante. Vedo le sue spalle sollevarsi, i bassorilievi delle sue nocche palesarsi attraverso le tasche dei pantaloni. Mi toglie il respiro, soprattutto nei dettagli e non lo sopporto. Ma dopotutto, il diavolo è lì, nei dettagli. Nei suoi.

Rimango in attesa di una risposta, immobile.

- Josephine. - La sua voce è un soffio e assomiglia al velluto. - Secondo me lo sai.
Cerco di trattenere il respiro perché ho paura che anche il movimento più ingenuo azzeri la distanza che ci separa.
- No... - La mia voce si modula sul tono della sua, senza che io possa controllarlo. - ...non lo so.
- Smettila con questi giochetti. - mi ammonisce.
- Smettila tu! - ribatto voltandomi istintivamente di profilo, ma me ne pento. Lo sento sussultare o forse lo sto solo immaginando. Perché dovrebbe?

Lascio che il miei occhi tornino dai suoi, attraverso lo specchio. Vedere la sua figura stagliata dietro la mia e quel borgogna intenso sullo sfondo della mia schiena, mi procura un piacere indicibile quanto nauseante. Mi appare immenso, più alto che mai. Riempie la stanza, la assorbe e non esistono più nemmeno le pareti.

- Come non detto.
E sembra davvero che se lo aspettasse. Vedo una delle sue mani sgusciare fuori dalla tasca, sento il suo respiro riempirmi le orecchie e il suo petto sfiorarmi i capelli. Il suo sguardo non abbandona il mio nemmeno per un istante, consumandolo in un'ipnosi impossibile.
- Un giorno forse crescerai e smetterai di essere tanto bugiarda, cognata.

Cognata.
Perché sembra tanto un insulto?

- Ma senti chi parla. Se io sono bugiarda, lo sei anche tu, allora. Hai mentito anche tu, lì fuori, riguardo a stamattina.
Scelgo di attaccare, perché non sono capace di difendermi, non adesso.
E voglio sapere perché, nonostante sia sicura di conoscere perfettametne la risposta.
Lo vedo bloccarsi un attimo e distendere le labbra in un sorriso diabolico, ma tremendamente...
- Non è questo il genere di bugie di cui parlo. - sentenzia. - In ogni caso, sì: ho mentito, ma anche tu. Come sempre.
Ci scrutiamo in un duello di sguardi sfibrante.
- Non asseconderò i discorsi enigmatici con cui ti diverti a tormentarmi.
- Ti tormento? - mi domanda insinuante.
Da morire.
- Non cavillare. - ribatto perentoria, soffocando i miei stessi pensieri. - Piuttosto, perché non mi dici perché avresti mentito?
- E tu perché? - m'incalza svelto, col solito sogghigno obliquo stampato sul volto.
- Perché sono bugiarda, non lo sai? - rispondo piccata. - E tu?- ribadisco, approfittando del vantaggio che sembra io mi sia guadagnata.
Nel suo solito sogghigno, adesso, scorgo una punta di divertimento.
- Forse perché io e te... - la sua voce si abbassa di un tono e il suo respiro mi sembra più pesante, il volto improvvisamente deformato in un'espressione durissima. Rimango col fiato sospeso.

- Avete finito qui?

La voce di Polly spezza l'aria ed io vorrei tanto ucciderla.

La  mano di James, nel frattempo, raggiunge la manopola dell'acqua e interrompe definitivamente ogni rumore.
Chiudo gli occhi, vinta e avvilita, smarrita completamente nella sua nube oscura, finché finalmente torno a sentire il respiro defluire dalla mia gola.
- Sì, certo. - le rispondo frettolosa, ancora stordita.
-  La  signorina prima o poi smetterà di occupare il mio spazio vitale.
- Stavate forse litigando per il lavandino?
Polly ci scruta con aria canzonatoria ma divertita.
- Già. - diciamo insieme, di nuovo, con aria scocciata, non riuscendo ad evitare di incrociare i nostri sguardi sulla soglia della porta.

Bugiardi.





 

***

Quella notte Josephine non dormì. Aveva bisogno di Robb, di guardarlo, di immaginare l'amore, i suoi baci, il suo respiro. Aveva bisogno di sentire che ne aveva bisogno, che fossero insostituibili, il centro di tutti i suoi desideri. Lo osservò dormire, sfiorando di tanto in tanto le linee insidiose delle sue costole, incastrata negli occhi di un altro, nel ricordo del suo respiro, affogata, vittima masochista del piacere che le procurava il ricordo della tensione che si librava fra i loro corpi e della complicità che aveva avvertito, mentendo insieme a lui, due volte e senza ragione.
Era impantanata nelle sue parole, finalmente consapevole del fatto che lui aveva voluto farle avere quel libro di poesie, ma confinata - di conseguenza - in un cunicolo lastricato di interrogativi ancora più grandi. Non riusciva a capirci niente, specie in considerazione del fatto che lui si aspettava che lei capisse. Ma cosa avrebbe dovuto capire?
Josephine non si sentiva una bugiarda, mentre lui credeva lo fosse con una convinzione tale da farle perdere ogni certezza. Era una situazione incomprensbile nella stessa misura in cui era impensabile avere una coversazione decente con lui. Era già la seconda volta che si ritrovavano intrappolati in una conversazione impossibile da districare, simile al canto incrociato di due ubriachi. E come se non bastasse, quella sera, era arrivata Polly a privarla dell'unica risposta che avrebbe mai ricevuto da lui.
Ad ossessionarla più di tutto, però, era la questione del libro di poesie.
E se Neruda fosse l'ennesimo mezzo per insultarla? Forse dedicandosi con attenzione ad ogni pagina avrebbe capito. In fondo, James era un uomo peculiare e contorto e probabilmente stava utilizzando un metodo altrettanto peculiare e contorto per prendersi gioco di lei.
Questo pensiero la ridusse in un prisma di emozioni, in cui la rabbia, il fastidio, l'astio, e l'impotenza precipitarono in un abisso di infinito, incommensurabile piacere.
A quell'idea strinse con vigore la maglietta di Robb rischiando di svegliarlo, mentre una lacrima solitaria solcò le sue labbra distese in un sorriso incontrollabile.

A pochi isolati da Josephine, nel suo sterile appartamento londinese, James aveva trascorso la notte appoggiato alla testiera del letto, come in apnea. Si sentitva desolato, nauseato e al tempo stesso inspiegabilmente elettrizzato. Un mix così potente ed improbabile da rendere il sonno una dimensione irraggiungibile per chiunque, figurarsi per lui, che non aveva mai conosciuto un tale disequilibrio. Ed era tutta colpa sua, dei suoi occhi neri di strega, immancabilmente ipnotici e sfibranti; era colpa della sua voce così ultraterrena e al tempo stesso inspiegabilmente sinuosa, in grado di pronunciare l'offesa più bassa procurandogli un piacere altissimo; era colpa del suo profumo così freddo e scottante, inafferabile e del piacere tutto nuovo di mentire insieme a lei.
Eppure, lei non era quello, non soltanto: era soprattutto profondamente bugiarda, impossibile, sbagliata, fredda, il fantasma di una donna sognata.
Proprio per questo, per questa avversione sincera nei suoi confronti, non c'era una spiegazione al desiderio di averla intorno o di saperla da sola nella sua stanza, affamata di poesia, dedita a saziarsi delle stesse parole che affamavano e saziavano anche lui.

Una follia indecente che lo tramortiva, intossicandolo di sensi di colpa e di insopportabile piacere.
   
 
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