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Autore: Nana_13    26/06/2019    0 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa si è spezzato (Parte 2)

In principio non fu facile per Claire rendersi conto di dove si trovasse. Aveva appena aperto gli occhi e ancora non riusciva a focalizzare i dettagli dell’ambiente intorno a sé. A giudicare dal caldo, doveva essere mattina inoltrata. Sentiva tutti i muscoli indolenziti e, quando cercò di tirarsi su a sedere, represse un gemito di dolore. Allora le tornarono in mente i fatti del giorno prima e maledisse di nuovo Najat per averla ridotta in quello stato.

Si accorse di essere nuda solo quando il lenzuolo le ricadde sulle gambe, così si affrettò a coprirsi. Nel farlo, però, si voltò d’istinto alla sua sinistra, scoprendo un Jamaal ancora profondamente addormentato, coperto solo da un lembo del lenzuolo dalla schiena in giù.
A quel punto il ricordo di quanto era successo le balzò alla mente, che iniziò a lavorare come una macchina per ricostruire gli eventi della sera prima.

Avrebbe dormito ovunque, anche all’addiaccio, pur di non tornare da Laurenne e vedere di nuovo Rachel. Così, dopo aver vagato senza meta per il villaggio, si era diretta verso casa di Jamaal, l’unica che conosceva.
Quando lui le aveva aperto, erano rimasti a guardarsi per un po’, entrambi spaesati. Non si vedevano dalla sera del plenilunio, da quel fatidico bacio che l’aveva mandata in confusione, ma soprattutto da quando era scappata via senza dargli spiegazioni. Da quel momento, aveva fatto di tutto pur di evitarlo.

Era visibilmente disorientato nel ritrovarsela davanti. “Va tutto bene?”

No. Per niente. Ma non le andava di metterlo in croce con i suoi problemi. Non sapeva nemmeno per quale motivo fosse lì. “Scusami, io…Non volevo disturbarti. Magari stavi dormendo…” aveva risposto titubante, strofinandosi un braccio con la mano in un gesto nervoso. Poi, senza che riuscisse a controllarle, le lacrime avevano riempito i suoi occhi. “Scusa.” aveva ripetuto, cercando di asciugarle. “Non so cosa mi prende…”

“Claire.” l’aveva interrotta a quel punto, rivolgendole un sorriso. “Dai, entra.” Quindi si era spostato per lasciarla passare.

Una volta dentro, l’aveva invitata a sedersi, per poi sparire chissà dove. Si era sentita un’idiota per essere scoppiata a piangere e tuttora non era convinta di voler restare, ma il bisogno di confidarsi con qualcuno che la stesse a sentire senza giudicarla era troppo forte. Così si era seduta, approfittando dell’attesa per dare un’occhiata in giro. Era la prima volta che entrava in casa di Jamaal, ma non l’aveva trovata tanto diversa da quella di Laurenne. Per essere l’abitazione del capo tribù era piuttosto spoglia e anonima. Del resto, almeno da quel poco che lo conosceva le era sembrato una persona umile e alla mano.   

Jamaal era tornato poco dopo con una caraffa d’acqua, offrendogliene un bicchiere.

“Non hai qualcosa di più forte?” gli aveva chiesto. In quel momento ne sentiva il bisogno.

Senza alcuna replica, si era allontanato di nuovo, per tornare con una bottiglia dello stesso liquore ai datteri che aveva assaggiato alla festa.
Claire si era lasciata riempire il bicchiere, per poi vuotarlo tutto d’un fiato, lasciandolo interdetto. Nonostante dovesse aver intuito che qualcosa non andava, le si era seduto accanto per bere insieme, senza chiederle niente, aspettando che fosse lei a parlare.

“Scusa se ti sono piombata in casa in questo modo.” aveva esordito infatti qualche minuto dopo. “Ma non sapevo dove altro andare.”

“Puoi anche smettere di scusarti. Non fai altro da quando sei arrivata.” le aveva detto ridacchiando divertito, mentre riempiva di nuovo i bicchieri.

“Scus…” stava per dire, per poi zittirsi davanti al suo sguardo eloquente “Ops…”

“Comunque non c’è problema. È sempre piacevole bere in compagnia.” Detto ciò, aveva sollevato il bicchiere a mo’ di brindisi, scolandoselo anche lui in un colpo solo.

Claire l’aveva imitato. Il liquore era molto forte, ma ormai non poteva più farne a meno. Era assuefatta da quel retrogusto aromatico. Talmente tanto che non si era accorta di aver esagerato finché la bottiglia non fu quasi vuota. Allora si era sentita intorpidita e la testa aveva iniziato a girarle. “Forse dovrei andare…” Aveva tentato di alzarsi, ma sentiva le gambe pesanti come piombo ed era ricaduta sulla panca.

“Claire, ehi.” Jamaal a quel punto le aveva preso la mano, guardandola intensamente negli occhi. Così tanto da inchiodarla a sé come una calamita. “Se sei venuta per dirmi che ti senti in colpa per quello che c’è stato tra noi e vuoi chiuderla qui…”

Lei aveva cercato di fermarlo, prima che arrivasse a conclusioni sbagliate. “No. N-non è per questo…” Si sentiva il cervello annebbiato dall’alcol e a malapena era riuscita a spiccicare qualcosa di sensato.

“Perché io non mi pento di averti baciata.” aveva continuato, ignorandola. “Era quello che volevo ed è quello che voglio anche adesso.”

Non avrebbe saputo a cosa dare la colpa, se ai bicchieri di troppo o a quegli occhi così neri e profondi, ma i suoi freni inibitori erano andati presto a farsi benedire e ora si era risvegliata in quel letto. Per di più con addosso la tremenda sensazione che le cose fossero andate divinamente.

Cercando di pensare con lucidità, decise che avrebbe continuato a maledirsi più tardi. Ora doveva assolutamente andarsene da lì. Il primo passo era recuperare i suoi vestiti, sparsi un po’ ovunque nella stanza. Quando però fece per alzarsi, una fitta al fianco la costrinse a restare seduta sul bordo. Sentiva dolore dappertutto. Sollevò le braccia e si accorse che erano piene di lividi, come sicuramente anche le gambe. Non poteva vederli perché erano ancora coperte dal lenzuolo, ma era certa che ci fossero. Dannata Najat.

Mentre dentro di sé meditava vendetta, provò di nuovo ad alzarsi, continuando a coprirsi il seno con il lenzuolo. Tutto quel movimento, però, non provocò altro risultato se non quello di svegliare Jamaal.
Claire trasalì, imprecando sottovoce.

“Ehi.” esordì lui, aprendo gli occhi e rivolgendole subito un meraviglioso sorriso.

Mutando espressione, si voltò e gli sorrise a sua volta. “Ehi.”

Jamaal prese a studiarla poggiato su un gomito, bello come non mai, e per un attimo Claire perse di nuovo la lucidità. Ma non durò a lungo. I sensi di colpa tornarono di lì a poco, convincendola a riprendere la ricerca dei suoi vestiti.

“Dove stai andando?” le chiese, vedendola affaccendarsi. “Non vuoi fare colazione?”

“Grazie, ma dovrei essere già al campo. Sono in super ritardo e so che Najat me ne farà pentire.” rispose in tono frettoloso, mentre si infilava al volo la casacca.

Prima che potesse passare ai pantaloni, però, Jamaal la prese per un braccio, invitandola a guardarlo.

“Rilassati. Nessuno ti dirà niente. Najat è in missione e anche se oggi dovessi saltare l’allenamento, viste le botte che hai preso, sarebbe più che comprensibile.”

Claire arricciò il naso. “È così evidente?”

“Beh, sarebbe stato un po’ difficile per me non notare quei lividi stanotte.” scherzò, sfiorandole la schiena con la mano. “Spero solo di non aver peggiorato le cose.”

Un brivido la percorse dalla testa ai piedi, ma cercò di ignorarlo. Deglutì, per fare in modo che le uscisse un tono fermo. “No…Tranquillo.” Niente. Era riuscita comunque a balbettare.

Ora più che mai era imperativo che se ne andasse, o non si sarebbe più trattenuta dal prendersi a schiaffi. Nonostante fosse ormai convinta della sorte toccata a Cedric, non poteva fare a meno di pensare che quanto successo quella notte fosse sbagliato.

“Jamaal, ascolta…” mormorò incerta. “Grazie per essermi stato vicino, davvero. Ne avevo un gran bisogno. Adesso però devo proprio andare. Ieri sera sono scappata via senza dire niente e a quest’ora Laurenne sarà preoccupata.”

In risposta lui annuì comprensivo. “Capisco, ma prendi almeno un caffè. Ti farà bene.”

A quel punto, anche per non risultare scortese, Claire decise di accettare. Un caffè non aveva mai fatto male a nessuno. Anzi, le sarebbe stato utile per smaltire la sbornia della sera prima. Lei e il suo maledetto vizio di ubriacarsi. Ogni volta perdeva completamente la percezione della realtà e si ritrovava in situazioni che da sobria avrebbe trovato inconcepibili.

Felice di averla convinta, Jamaal si sollevò sulle braccia, per poi lasciarle un bacio veloce sulla guancia e dirigersi completamente nudo in cucina.

D’istinto, Claire rivolse lo sguardo altrove, alquanto imbarazzata. Aveva dimenticato che tra gli Jurhaysh c’era molto meno senso del pudore che da loro in America.

Qualche minuto dopo, mentre beveva il suo caffè, fu grata che si fosse messo qualcosa addosso. “Comunque, mi dispiace per ieri sera.” esordì. “Ti ho costretto ad assistere a quella scena patetica…”

“Quale scena?” la interruppe lui, mettendosi a ridere subito dopo. Gradualmente poi tornò serio. “Adesso che ti sei calmata, te la senti di raccontarmi cos’è successo?”

Claire però non se la sentiva. Era sicura che confidarsi le avrebbe fatto bene, ma non le andava di coinvolgere anche lui in quella storia. “Sarebbe troppo lungo da spiegare…” sospirò.

Jamaal parve intuire il suo stato d’animo, così cambiò argomento. “E a proposito di stanotte? Non vuoi parlare neanche di questo?”

“Perché? Che è successo stanotte?” scherzò, fingendo anche lei di non ricordare. Non poteva certo dirgli che si era trattato di uno sbaglio, per quanto piacevole, causato solo dal suo bisogno di compagnia.

Preso in contropiede, Jamaal le sorrise, scuotendo la testa. “D’accordo, tutto chiaro.” disse, alzando le mani in segno di resa.

Finiti i loro caffè, Claire si decise una volta per tutte ad alzarsi da quel letto e togliere il disturbo. “Sarà meglio che vada ora. Grazie per il caff…”

Non fece in tempo a finire la frase, che Jamaal si era alzato con lei, trattenendola per una mano. “Non c’è nulla che io possa fare per farti cambiare idea, vero?” le chiese, sfoderando un ghigno malizioso.

Colta l’allusione, Claire gli rivolse un sorriso e scosse la testa, riflettendo su quanto fosse testardo.
In un gesto inaspettato, Jamaal si chinò per lasciarle un leggero bacio sulla mano, prima che lei la facesse scivolare via dalla sua presa.

Malgrado non volesse, aveva ancora le farfalle nello stomaco mentre percorreva la strada di casa. Aveva pensato che fosse il caso di passare prima da Laurenne per darsi una ripulita e poi andare all’allenamento, anche se la tentazione di saltarlo era molto forte, visto che era piena di dolori.
Lungo il tragitto, mille pensieri le frullavano per la testa e sentiva il disperato bisogno di confidarsi con qualcuno. Sarebbe stata disposta perfino a ingoiare il rospo con Rachel e passare sopra allo schiaffo, pur di liberarsi di quel peso. Certo, in una situazione simile avrebbe preferito parlarne con Juliet, perché non l’avrebbe giudicata come di sicuro avrebbe fatto lei, o almeno avrebbe cercato di capire. In mancanza d’altro, però, Rachel era l’unica amica a cui poteva rivolgersi.

Entrata in casa, stranamente la trovò ancora lì, che assestava colpi ai cuscini dove sedevano per mangiare per ridare loro la forma. Entrambe non riuscirono a nascondere una certa sorpresa nel vedersi.

“Ah, eccoti.” esordì Rachel per prima, lasciando cadere il cuscino in malo modo. “Si può sapere che fine avevi fatto? Ieri sera ero convinta che prima o poi saresti tornata, invece quando mi sono svegliata ancora non c’eri. Mi è preso un colpo!”

Aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata e Claire lo capiva. Probabilmente al suo posto avrebbe reagito nello stesso modo. Inoltre, se voleva che l’ascoltasse, doveva rinunciare a tenere il punto sul loro litigio e provare a riconciliarsi con lei.

“Anche Laurenne era preoccupata. Dovresti scusarti.” continuò, mantenendo un tono stizzito.

Claire annuì. “Lo farò, promesso.” In effetti, ora che ci faceva caso né la sciamana né Cordelia erano in casa.
“Tu invece? Non dovresti essere al campo a quest’ora?” le chiese, cambiando discorso. Non si sentiva ancora pronta a confessare quello che aveva fatto.

“Ci sono stata al campo, se proprio vuoi saperlo, ma Najat non c’era. Kira mi ha detto che è andata in missione, quindi possiamo concederci un giorno di riposo.”

Solo allora Claire si ricordò di saperlo già. Dunque Jamaal aveva detto la verità, non era solo una scusa per trattenerla. “Ah, giusto.”

Rachel la guardò con sospetto, ma prima che potesse farle qualsiasi domanda, Claire disse di aver bisogno di un bagno e si defilò sul retro.
Rientrò che ormai Laurenne e Cordelia erano tornate. Dal mercato, a giudicare dalle ceste piene di cibo e generi di prima necessità.

Non appena la vide, il volto della sciamana si illuminò. “Dov’eri finita? Non va bene che tu sia sparita così. Ricorda che siete sotto la mia responsabilità e se dovesse accadervi qualcosa…”

“Hai ragione. Mi dispiace di averti fatta preoccupare.” la interruppe Claire contrita. In realtà, pensò che mai come quella notte avrebbe potuto essere più al sicuro, ma si guardò bene dal dirlo. “Non capiterà più.”

Laurenne la studiò diffidente per qualche secondo, prima di annuire e chinarsi sulle ceste. “Sarà meglio.” mormorò, mentre iniziava a tirare fuori i viveri, aiutata da Cordelia. Dopo un po’, la sua espressione mutò da severa ad amorevole, come quella di una madre che perdona il proprio figlio dopo una ragazzata. “Forza, siediti. Ti preparo un infuso per rilassare i muscoli.”

Claire obbedì e prese posto a fatica su uno dei cuscini. Eccome se ne aveva bisogno. Sentiva la schiena a pezzi e ogni piccolo movimento era una tortura.
Mentre beveva, Laurenne le informò dei suoi progressi sulla questione Juliet, ma Claire la ascoltava a malapena. Doveva assolutamente parlare a Rachel di quello che era successo, o sarebbe esplosa. Quindi, una volta finito il suo infuso e certa che Laurenne fosse a debita distanza, la prese da parte e la convinse a seguirla di sopra. Lì almeno sarebbero rimaste sole e tranquille.

Una volta in camera loro, Rachel si sedette sulla sua branda e incrociò le braccia, aspettando che si decidesse a parlare. Forse voleva chiederle scusa.

Claire si domandò se dopo la sua rivelazione avrebbe continuato ad essere così ben disposta. “Devo confessarti una cosa. Non ce la faccio più a tenermelo dentro.” iniziò, mentre la sua testa lavorava in cerca delle parole adatte.

Nonostante fosse arrabbiata, Rachel la conosceva troppo bene per non capire che le era successo qualcosa. Era nervosa e si torceva le mani, come faceva sempre quando aveva dei segreti da confessare. “Claire, dove sei stata stanotte?” le domandò, cominciando ad allarmarsi.

I loro sguardi si incrociarono nello stesso momento e Claire si rese conto di dover arrivare al sodo. Ormai era inutile tergiversare. “Sono andata…da Jamaal.” ammise infine, esitante.

Per qualcun altro quella frase non avrebbe significato niente di particolare, ma per Rachel fu chiarissima. Un po’ la sua notevole perspicacia, un po’ l’esperienza di anni che aveva con lei, la portarono subito alla conclusione giusta. “Tu cosa?”

“Lo so! So cosa stai pensando e hai ragione. Ma dopo aver saputo del plenilunio, dopo quello che ci siamo dette…Ero sconvolta e avevo bisogno di qualcuno che non mi giudicasse…” balbettò, tentando disperatamente di giustificarsi, prima che le sue accuse le piombassero addosso.

“E quindi hai pensato bene di andare a letto col primo che capita!” esclamò infatti Rachel di lì a poco,
fulminandola con lo sguardo. Era talmente sconcertata che si alzò istintivamente dalla branda, avvicinandosi a Claire.

“Non è il primo che capita, lui…” provò a dire, ma rinunciò quasi subito perché non voleva parlare del suo rapporto con Jamaal. Non era quello il punto. “E poi pensi che ci sia andata apposta per questo? Non volevo tornare qui e non avevo nessun altro posto. Abbiamo bevuto un paio di bicchieri e poi…poi è successo.”

“O mio Dio…” continuava a mormorare Rachel intanto, senza nemmeno ascoltarla. La mano sulla fronte e gli occhi fissi sul pavimento. Poco dopo, li sollevò di nuovo e la guardò, scuotendo lentamente la testa. Non l’avrebbe mai ritenuta capace di una simile superficialità. “Io non so che dire. Non so davvero cosa dire…”

Claire non pretendeva parole di conforto, sapeva di non meritarle, ma ormai il danno era fatto. Non c’era modo di tornare indietro. “Sto malissimo, Ray. So di aver commesso un errore…”

“E meno male che lo sai!” la aggredì. “Capisco che passato il plenilunio tu abbia pensato al peggio, ma da qui a cercare consolazione nel letto di un altro...E non venirmi a raccontare la scusa dell’alcol, perché non può giustificare ogni tua uscita di testa!”

“Sì, beh…” tentennò Claire. “Non sto usando l’alcol come scusa, però lo sai anche tu che quando bevo perdo il controllo.”

Rachel alzò gli occhi al cielo esasperata. “Appunto! Non dovresti farlo! Solo che ogni volta ci ricaschi e…” Poi si interruppe e la sua espressione cambiò, divenendo un misto tra rassegnazione e malinconia. “Ascolta, fai come vuoi. Va bene? Io sono stanca di sistemare i tuoi casini, d’ora in avanti sono affari tuoi.”

Quella reazione lasciò Claire alquanto sorpresa. Sapeva fin dall’inizio che Rachel si sarebbe infuriata e che l’avrebbe biasimata fino alla morte per quello che aveva fatto, ma poi era sicura che l’avrebbe anche consolata, che da buona amica avrebbe cercato di capire la situazione.

“A questo punto, però, penso che Cedric non avesse tutti i torti quella sera, nella stalla.” sputò di lì a poco velenosa.

Claire non aveva certo bisogno di una gran memoria per ricordare a cosa si stesse riferendo. Mai prima di allora si era sentita tanto umiliata e offesa. Mai fino a quel momento. “Se è questo che pensi di me, non abbiamo più niente da dirci.” concluse, prima di uscire dalla stanza.

Voleva andarsene da quella casa, non vedere più nessuno. Restare sola. Anche se ora sentiva di esserlo più che mai.
   
 
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