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Autore: Department of Illusion    26/06/2019    0 recensioni
Sei brevi capitoli su qualcuno che pensava di morire e invece gli succede qualcosa di appena migliore.
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“Ti prego, ti prego, apri” aveva sentito ancora prima dello scatto della maniglia, la voce affannata e rotta dalla corsa, e poi aveva visto il ragazzo, voltarsi frenetico a guardare la strada.
“Per favore, cazzo, quelli mi ammazzano, ti prego” aveva detto facendosi più vicino, talmente veloce che le parole si erano accavallate l’una sull'altra in un bisbiglio disperato.
Claude si era fatto indietro e l’altro non aveva esitato un momento, neanche nella sorpresa di quella strana concessione senza domande, si era infilato nella casa spingendolo di lato, si era sbattuto la porta alle spalle e si era accasciato per terra.
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Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                          V O U S   Ê T E S


Alex se ne va la mattina dopo, appena prima che il quartiere si svegli, raccoglie i suoi vestiti accanto al letto e scompare fuori dalla stanza. Claude lo sa prima di aprire gli occhi, che la casa è vuota, che Alex è corso via il prima possibile, ma stavolta non per paura, è uscito con un po’ più di coraggio, un po’ più di fiducia nello scorrere fortunato delle cose. E Claude si siede sul bordo del letto e sa anche lui che ora bisogna rimboccarsi le maniche e tornare a ciò che importa di giorno, che bisogna ricostruirsi addosso delle priorità ordinarie, e sorride quando si accorge che è un po’ più facile del previsto. Tutto quello che pesa sembra cedere nella leggerezza che lascia il pensiero di essere stati capiti, anche se per poco, così poco che potrebbe non essere mai successo, ma è una leggerezza salda, che rende l’agitarsi di tutto il resto quasi credibile, quasi innocuo.
    Così Claude si alza e lascia scorrere l’acqua della doccia sul suo corpo, pensa che ha finito il pane, che ha finito il tè, che praticamente manca tutto, che è assurdo lavorare in un supermercato e non avere mai niente, allora si veste e scende le scale, vede le poche dita di vino rimaste nella bottiglia sul tavolo mentre passa nel corridoio ed esce.
    Compra tantissime cose che non gli servono, spende trentasei dollari in tutto e torna a casa. Vede il cane dei vicini e la figlia più piccola rincorrersi per la strada mentre infila le chiavi nella serratura e saluta il padre affacciato alla finestra.
Entra in casa, posa la spesa sul tavolo e guarda la cucina luminosa di sole, silenziosa e ignara, quasi ridicola. La guarda fino a che non sente bussare alla porta e il suo respiro si ferma per un istante. Torna lento in corridoio e apre la porta.
Non è chi pensava che fosse e non è neanche qualcuno che conosce. Non è qualcuno che conosce fino a che uno dei tre uomini non scosta l’impermeabile e tira fuori una pistola dalla tasca interna, la tiene puntata contro di lui, nascosta alla strada dalla stoffa marrone. Claude si guarda intorno impercettibilmente, il cane e la bambina sono scomparsi, come ogni altro segno di vita circostante.
“Spostati.”
E Claude cerca di pensare svelto ad un’opzione diversa, ma la pistola si avvicina al suo corpo e lui si sposta, gli uomini entrano con passo pesante nella casa, la porta viene chiusa con violenza dall’ultimo che prende Claude per un polso e lo trascina verso le stanze. Il più alto indica al secondo le tazze sul tavolino, l’uomo annuisce e guarda la sala con più sospetto.
“Non è qui” dice Claude.
Si voltano tutti verso di lui, quello che gli stringe i polsi li stringe con appena più forza nella sorpresa. L’uomo alto si avvicina a lui fino a che non deve abbassare lo sguardo per sorridergli.
“Lo so” dice lentamente con un tono di voce così basso che sembra quasi sussurrare.
Si allontana ed entra in cucina, sposta gli oggetti che intralciano la sua ricerca ed esce veloce come era entrato. Sale le scale con il secondo uomo e Claude si sente violato per la prima volta da quando sono entrati, li vede salire i gradini che ha salito la notte prima, in modo così diverso da come li ha saliti lui, in modo così irrispettoso e sporco che agita i polsi e si libera con uno strattone dalle mani che lo tenevano fermo. L’uomo grida e lo afferra di nuovo, poco prima che Claude arrivi alla porta, poco prima che gli altri due scendano le scale di corsa e li raggiungano pieni di una rabbia che cresce. Lo spingono a terra, con la faccia contro il tappeto spinoso e ruvido e Claude sente di nuovo la voce del primo uomo.
“L’ha lasciato qui?” La figura si china per guardarlo negli occhi.
“Hey. Lo ha lasciato qui?” ripete posandogli la canna della pistola contro la tempia.
Passano sei secondi, il metallo si stacca dalla sua pelle e l’uomo si rialza, Claude sente lo sparo prima del bruciore alla gamba sinistra, del dolore pulsante e sempre più bagnato che gli invade i muscoli. È una sensazione così strana che non riesce nemmeno ad urlare.
“Lo ha lasciato qui?”
Sente le parole ma non le capisce più bene come la prima volta, sembrano suoni lontani e lui non ha la risposta che cercano. È quasi contento di non averla.
    Questi uomini sono l’emblema di ciò che conta per tutti. Questi uomini fanno parte del paradosso che li rende i meno egoisti, i più attaccati a quello che la collettività ha deciso importante.
Sono così poco che a malapena esistono. Meglio morti che così poco reali, pensa Claude mentre li guarda, con il dolore che si espande dalle gambe alla testa e rende le loro sagome nebulose ai suoi occhi, ancora più vaghe.
“Vous êtes rien” dice dopo un silenzio di cui non capisce la durata, non sa neanche se l’ha detto davvero, sa di sicuro che lo pensa e, di sicuro, pochissime altre cose. Spera che Alex sia lontano abbastanza. Spera che non l’abbiano trovato.
    Pensa a Chad Bennet, al primo anno di liceo, che gli dice di voler morire con una pallottola in testa, pieno di una convinzione sfacciata e adolescenziale, e lui che gli risponde Chad non dire stronzate, meglio morire nel sonno o sotto anestesia, e Chad che dice che non si muore nel sonno, che il corpo che muore si sveglia, appena prima di morire, mentre una pallottola in testa non la senti, è tutto troppo veloce. E Claude vorrebbe potersi dire una persona coerente, ma quello che sente è così fulmineo che ha appena il tempo di pensare che dopotutto Chad Bennet non aveva tutti i torti. Ma che magari essere coerenti non ha niente a che fare con il restare della stessa opinione, ha più a che fare con l’agire senza alcuno strappo tra quello che si crede e quello che si fa, e morire per qualcosa gli sembra far par parte di una coerenza superiore, conclusiva. Degna. E poi di colpo diventa troppo buio per pensare.
  
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