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Autore: Lucky_May    27/06/2019    1 recensioni
"A Marine, la sua vita stava bene.
Tutto questo, ovviamente, finchè un giorno un uomo in camice bianco con un sorriso perfetto e smagliante, la fronte libera dai capelli pettinati accuratamente all'indietro con del gel e un paio di occhiali attaccati ad un cordino al collo, entrò in casa sua, il viso di sua madre coperto dalle sue stesse mani in un tentativo di nascondere le lacrime, la prese per mano dicendole: «Vieni tesoro, ti porterò in un posto migliore.»"
Oppure
Dove una ragazza con la reputazione di quella "facile" con i ragazzi finisce per incontrare nel posto peggiore del mondo Alex, la ragazza che le cambiò la vita.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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♥ ♥ ♥ ♥ ♥

 

L'uomo in camice bianco, lo stesso che l'aveva portata via da casa sua -strappata dalla sua normale e comune vita- la trovò rannicchiata su sè stessa sul grigio e polveroso pavimento marmoreo del bagno della sua camera, con le dita tra i capelli, tirandoli cercando sollievo nel gesto, piangente fino a sentire le pulsazioni del suo cuore direttamente all'interno del suo cervello e la circolazione sanguigna passare per le vene che si trovavano attorno alle tempie. I suoi jeans chiari, a vita alta ma che le arrivavano poco più sopra della caviglia mostrando così le due sottili righe, una rossa e una verde smeraldo, dei calzini bianchi che stava indossando con un paio di scarpe da ginnastica, di una tonalità di rosso sbiadito per il troppo utilizzo, avevano una larga chiazza di lacrime più scura rispetto al tessuto del pantalone dove Marine aveva appoggiato la testa.

 

«Marine Jones?»

 

Strinse la presa attorno alle sue magre braccia, perchè non era quello il cognome con cui voleva essere riconosciuta.

 

«Non sono una Jones, non più.» Pensò Marine, senza muoversi dal punto in cui era rannicchiata. Ma il fatto che le sue nocche stessero diventando bianche per la forza che stava applicando nello stringersi -per evitare di cadere a pezzi- fece capire all'uomo, anche senza dire una parola, che in effetti, Marine Jones, fosse proprio lei.

 

«In piedi, signorina Marine, non sarà una lunga chiaccherata, te lo prometto, voglio solo sapere come va e come ti trovi qui dentro.»

 

La ragazza dai capelli rosa rilasciò la presa sulle proprie braccia alla realizzazione della sua stupidità. Se si fosse mostrata normale, quale era, il dottore avrebbe notato che non soffriva di nessuna malattia e l'avrebbe fatta tornare a casa. Improvvisamente Marine voleva alzarsi in piedi e raccontare tutto all'uomo in camice, che sembrava essere la sua unica ancora di salvezza, ma cercò di trattenere l'adrenalina e si asciugò le lacrime con le maniche della sua camicia a quadri rossa e blu, si alzò lentamente, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. L'uomo le sorrise dolcemente, occhi chiari e labbra carnose, i capelli sempre gli stessi, accuratamente pettinati indietro lasciando la fronte libera, con forse troppo gel. Marine doveva solo utilizzare le sue armi da ragazza carina per riuscire a convincere il dottore a lasciarla tornare a casa, non che ci fosse qualche effettiva malattia che la trattenesse lì, in ogni caso, non doveva nemmeno fingere. L'uomo le porse la mano, che Marine contemplò se prendere o meno-il gesto era poco necessario, secondo la ragazza- ma poi la afferrò titubante: «Carina e innocente, carina e innocente.» pensava.

 

Si sedettero uno di fronte all'altro, con una larga scrivania di legno di ciliegio lucido a dividerli, alle spalle una parete bianca con scaffali mezzi pieni di libri e altri scompartimenti con sportelli in vetro trasparente. La stanza non era accogliente, non lo era per niente. Marine odiava quell'azzurrino pallido, sbiadito e vecchio delle sedie con le rotelle su cui erano seduti. Odiava il grigio del telefono a cornetta impolverato per il poco utilizzo, posto ad un lato della scrivania. Odiava ogni piccolo dettaglio nella stanza, dal merletto bianco sopra il tavolino basso, con infinite scartoffie inutili poggiatevi sopra, alla tenda a bande verticali bianca che filtrava la già fioca luce naturale del cielo piovoso, eppure non riusciva a distorgliere lo sguardo da quelli, per non incontrare gli occhi dell'uomo.

 

«Allora, signorina Jones-»

«Mi chiami pure Marine.» Lo interruppe, cercando di risultare il meno acida ed odiosa possibile, nonostante il suo cognome fosse ciò che più ripudiava al momento.

Il dottore sembrò sorpreso dalla sua reazione, forse non era abituato a sostenere una conversazione con pazienti effettivamente sani di mente, in quel luogo.

«Va bene, Marine, come sono andati questi giorni in struttura?»

 

E come avrebbe dovuto rispondere? Avrebbe dovuto confidarsi con il dottore, dicendogli che gli mancava la sua vecchia vita, che sua madre l'aveva tradita, l'aveva abbandonata in un manicomio per motivi a lei sconosciuti, se non il puro odio che provava quando le scrutava il viso e disgustata le diceva quanto somigliasse al padre? Lo stesso padre che aveva abbandonato la propria famiglia, per un amore vero ed un po' di stabilità che non era riuscito a trovare nella donna con cui aveva concepito la piccola Marine diciassette anni prima? Ma adesso lei era sotto la custodia della madre ed il padre probabilmente non sarebbe mai venuto a sapere della condizione della sua piccola "streghetta", come la chiamava quando da bambina la prendeva in braccio e la faceva volare nel cielo prima di riprenderla tra le braccia. Marine non aveva mai biasimato il padre per essere scappato via da quella vita che lo opprimeva, da un lato per il suo lavoro, dall'altro per la situazione familiare in cui tutto ciò che la donna chiedeva ed esigeva da lui era il denaro. Si accorse di essersi persa nel suo flusso di pensieri solo quando il dottore la richiamò, lei alzò il suo sguardo azzurrino per incotrare gli occhi dell'uomo.

 

«Marine?»

«Si, mi scusi. Stavo solo pensando alle settimane passate qui.»

«Si? E' successo qualcosa in particolare?»

 

E Marine pensò di raccontargli di come il sorriso di Alex fosse più brillante di quello del sole, di come i suoi capelli sembrassero così soffici al tocco, di come il suo corpo fosse scolpito dagli dei in persona. Tutto di lei le ricordava l'oro. Ma non poteva raccontarglielo, non poteva. Tutto quello che provava nei confronti di Alex era pura ammirazione, ed in questo momento non voleva sembrare capace di provare sentimenti agli occhi del dottore. Carina ed innocente.

 

«Ho fatto amicizia! Si chiama Ileen, dipinge molto bene.»

«Oh! Molto bene, Marine. Quindi frequenti il corso di pittura?»

 

La ragazza annuì mentre con gli occhi seguiva il tratto dell'inchiostro della biro sulla carta bianca a righe. «La solita scrittura di un dottore» pensò Marine, che non sapeva nemmeno se stesse realmente scrivendo. Le sue dita cominciarono a giocherellare nervosamente con l'elastico nero che aveva trovato al bordo del lavandino quella mattina, probabilmente di Alex.

 

«Ne sono felice, Ileen è una brava ragazza. Allora, passando alle questioni serie, se non erro, non hai mai assunto farmaci, non te ne abbiamo ancora prescritti, correggimi se sbaglio.»

 

Le dita di Marine si fermarono di scatto, stirando il più possibile l'elastico con due dita, facendo ingiallire la pelle per la forza applicata. Aveva paura che l'avrebbero sottoposta ad una cura di cui non aveva bisogno, sapeva bene che effetti potevano avere dei medicinali assunti senza un'effettiva necessità. La sua salute era abbastanza in pericolo e per la seconda volta da quando era arrivata in quel luogo, aveva paura per la sua vita. Si chiese se alcune persone rinchiuse in quel manicomio come lei non fossero diventate pazze a causa delle medicine a cui erano sottoposte. Adesso Marine non voleva solo scappare da quel luogo per il senso di soffocamento o perchè semplicemente non apparteneva a quel mondo, ma perchè se non fosse riuscita a scappare e l'avessero costretta ad assumere dei farmaci, sarebbe probabilmente diventata pazza come tutti gli altri.

Se fosse rimasta in vita abbastanza da diventarlo.

Un brivido percorse l'intera figura dell'innocente ragazza davanti gli occhi del dottore.

 

«No, non ne ho mai presi.»

«E non ti abbiamo mai fissato un appuntamento con il nostro psicologo.»

«No.»

«Allora te ne fisso uno per domani, mi assicurerò che la tua infermiera venga a chiamarti domani mattina.»

 

Il dottore si alzò dalla sua sedia e Marine lo seguì con i suoi occhioni azzurri ed un battito cardiaco così rumoroso che era sicura potesse sentirsi in tutta la stanza. Prima che potesse capire il motivo per cui l'uomo si fosse alzato, pronunciò la frase che più Marine gradì del loro intero incontro.

 

«Signorina Marine, la visita è finita, può tornare nella sua camera. Spero di rivederla presto.»

 

«Io no.» Pensò istintivamente la ragazza, ma ogni parola cessò di esistere nella sua mente nel momento in cui sentì una mano in basso alla sua schiena, spingerla verso l'uscita.

Era davvero necessario quel tocco?

Il peso di quel palmo si triplicò non appena tra i pensieri di Marine si insidiarono spiacevoli memorie di indesiderate mani appartenenti a fantasmi della sua passata vita, scendere e scendere verso il suo appetitoso fondoschiena.

Il disgusto si trasformò sul suo corpo sotto forma di pelle d'oca, ritrovandosi ancora una volta in mezzo ad un incubo ad occhi aperti e ben cosciente, incapace di uscirne da sola.

Sopprimendo il bisogno di urlare fino a perdere il fiato, Marine non si rese nemmeno conto di non avere avuto la possibilità di spiegare al dottore come tutto fosse un malinteso e della sua integra, forse ancora per poco, sanità mentale. I suoi occhi urlavano urgenza non appena incontrarono quelli dell'uomo, ma non fece in tempo ad aprire la bocca che con un sorriso di cortesia, Marine si trovò una porta in faccia, con tanto di piccola folata di vento che le scompigliò le uniche due ciocche ai lati del suo viso che non appartenevano ai suoi buns.

 

«Signorina Marine?» sentì d'improvviso una voce alle sue spalle.

 

Quella che Marine cominciava a pensare fosse la sua personale infermiera, la aspettava al centro del corridoio con una cartella bianca stretta tra le mani.

 

«Si?» si voltò lentamente verso la donna, pugni stretti e labbro inferiore tra i denti, come a trattere delle urla o delle lacrime. Non poteva mica pretendere di ritornare alla sua camera da sola, magari schiarirsi un po' i pensieri, prendere una boccata d'aria, pianificare il prossimo passo da fare. No, forse non avrebbe mai potuto farlo. Forse mai più.

 

«La accompagno nella sua stanza.» il tono dell'infermiera sembrava quasi dispiaciuto. O forse provava solo pena per la ragazza ad un passo da un crollo mentale. Ma Marine doveva farsi forza e resistere: non poteva spogliarsi delle sue barriere davanti all'infermiera. Ancora qualche passo e sarebbe arrivata in stanza, doveva rimanere impassibile ancora per qualche futile secondo.

 

Poi le pesanti porte color menta sbiadito dal tempo alla fine del corridoio si aprirono, mostrando così due alte e robuste figure portare una sedia a rotelle. L'indiscutibile capello riccio di Alex le copriva il viso, rivolto verso il basso, quasi come se la ragazza stesse dormendo, ma Marine la riconobbe immediatamente. Con quel capello castano che brillava alla luce del sole come oro colato, o con la grazia delle sue forme, l'avrebbe riconosciuta anche in mezzo ad una folla di persone.

 

Spalancò la bocca, come per urlare il suo nome, per svegliarla da quel sonno sicuramente forzato da chissà quali farmaci, ma si fermò appena un attimo prima. Anche quello sarebbe stato mostrare emozioni e forse gridare non sarebbe stata la migliore scelta.

 

«I pazzi urlano, non tu, Marine.» pensò tra sè e sè, mentre sentiva lo sguardo dell'infermiera bruciare su un lato del suo viso.

 

Mantenne un passo lento fino alla porta della sua stanza, al contrario del suo veloce battito cardiaco che la implorava di controllare lo stato di salute della sua compagna. La pazienza era una delle sue migliori doti e riuscì a mantenere il controllo nonostante la vista dell corpo della ragazza gettato incerimoniosamente sul lettino, quasi fosse stato un cadavere.

 

Marine tremò al pensiero.

 

Non appena i due uomini furono fuori dalla stanza insieme all'infermiera, Marine scese dal suo lettino causando un inquietante scricchiolio a cui si era ormai abituata e scosse il braccio della ragazza leggermente.

 

«Alex?»

 

Si morse il labbro inferiore e la sua compagna non sembrava dare segni di vita, oltre al delicato respiro che Marine a volte ascoltava durante la notte, fino a far combaciare il proprio per riaddormentarsi dopo che un brutto sogno le avesse disturbato il sonno.

 

«Alex ma che ti hanno fatto?» chiese con voce lamentosa, sentendo ogni secondo di più le lacrime bruciare dietro gli occhi.

 

Marine la stava ancora scuotendo delicatamente, ma dopo un altro paio di volte si arrese, carezzando l'intero braccio della riccia, fino ad arrivare alle sue lunghe dita.

 

Poggiò la mano su quella, sospirando amareggiata con un nodo allo stomaco, portando gli occhi al cielo grigio di quella giornata, distratta dal movimento danzante delle scure foglie mosse dal vento, ma non abbastanza dal non accorgersi delle dita che si stavano naturalmente intrecciando a quelle della ragazza dai capelli rosa.

 

Il suo respiro si fermò per un attimo, ma quando si permise di lanciare uno sguardo alle loro mani lo rilasciò, e con quello, anche il nodo al suo stomaco si sciolse.

 

E forse le sue ginocchia erano doloranti in quella posizione e il collo le avrebbe fatto male dopo solo qualche ora, forse Marine aveva ancora paura dell'effetto delle medicine che avrebbe dovuto assumere il giorno dopo e si chiese se anche lei sarebbe prima o poi stata sottoposta a qualsiasi tipo di sonnifero stessero dando ad Alex, ma in quel momento...

 

A Marine stava bene così.



Angolo scrittrice-

A volte ritornano.
Ci vuole un certo mood per scrivere questa storia e... PER FORTUNA non sono stata nel mood per circa un anno, tranne che per quelle poche volte in cui ho scritto per appunto completare questo capitolo lol
CHISSA' COSA ACCADRA' NEL PROSSIMO CAPITOLO EH EH EH
Baci baci, sempre vostra
Lucky_May

 

  
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