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Autore: blinka    25/07/2009    4 recensioni
Quell’Animale era ovunque. Quando guardavano un film c’era il gatto beatamente disteso sullo stomaco di Brian. Quando stavano per baciarsi il gatto iniziava improvvisamente a miagolare e Brian si allontanava dicendo con uno stupido accento francese: «Fraçois, mon amour, ce qui se passe?»
Brian/Stef terribilmente idiota.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Brian Molko, Stefan Osdal, Steve Forrest
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: ahimè non conosco i Placebo, tutto quello che ho scritto è frutto della mia testolina e non ci ricavo un soldo bucato.


Era solo un gatto!

Riempì un altro bicchiere d’acqua e lo bevve in un sorso. Continuava a sbirciare Brian dalla cucina che coccolava quello stupido animale. François. Come diavolo si può chiamare un gatto François? Era lì da almeno due ore e mezza che gli grattava le orecchie, il muso e la pancia e non accennava a volersi fermare. E quel gattaccio godeva. Godeva ad avere tutte le sue attenzioni per sé. Stupido Gatto. Maledetto il giorno in cui Steve l’aveva portato a casa loro.
«E’ un gattino tenero, tenero che la gatta della mia vicina ha partorito e non sa a chi darlo. Perché non lo prendete voi? Un po’ di compagnia vi farà bene, almeno fino a quando non siamo in tour. E poi, credo che abbia delle tendenze omosessuali.» Quasi sussurrò l’ultima frase, come se non si volesse far sentire dal gatto che aveva in braccio per non offenderlo. Ma che diavolo era preso a tutti? Era solo un gatto, santo cielo!
Ma, purtroppo, doveva ammettere che Steve aveva ragione. Quel gatto era gay. Già il nome parlava chiaro – François. Rendo bene l’idea? - in oltre quando Brian sfiorava per sbaglio i suoi attributi o gli dava un bacino sulla testa, quello faceva delle fusa che potevano essere benissimo paragonate ad un orgasmo umano.
Tutto ciò era insopportabile e indecente.
Il suo fidanzato aveva completamente dato di matto per quel gatto. Appena si svegliava, non restava più con lui ad abbracciarlo, a dargli baci e a dirgli “ti amo” a un millimetro dalle sue labbra, certo che no. Brian saltava giù dal letto e andava da François ad accarezzarlo e a riempirlo di cibo per gatti. Quell’Animale era ovunque.
Quando guardavano un film c’era il gatto beatamente disteso sullo stomaco di Brian. Quando stavano per baciarsi il gatto iniziava improvvisamente a miagolare e Brian si allontanava dicendo con uno stupido accento francese: «Fraçois, mon amour, ce qui se passe?» - il fatto poi che parlasse in francese con un gatto inglese, poi, non lo avrebbe mai capito. Quando si sdraiavano sul lettone matrimoniale per... Beh, per farlo, quello saltava sul letto e inizia a rotolarsi in mezzo ai cuscini, rendendo la missione impossibile.
Ogni volta che Brian gironzolava per casa per andare in bagno o in cucina, quello gli trotterellava dietro e lui si emozionava tutto gridando per la casa «Ma quanto sei dolce, mon petit chat!» a squarcia gola, neanche fosse ad un concerto.
Stupido, stupido gatto. E stupido Brian che gli andava dietro. Non si sarebbe sorpreso se da un momento all’altro gli avesse urlato «Oddio, Stef, mi ha chiamato papà!».
Prese tutto il coraggio che aveva in corpo e uscì dalla cucina. «Brian» disse debolmente. Il suo fidanzato neanche lo sentì, e continuò a coccolare l’Animale facendo i versi che si fanno ad un bambino appena nato – in questo caso, un bambino francese. «Brian, è f-finito il caffè. Andiamo a comprarlo?»
Quello si girò con uno sguardo omicida e parlò con voce sprezzante. «E secondo te chi bada a François mentre noi siamo fuori?»
«Beh, se sta mezz’oretta a casa da solo mica muore.» osservò.
Brian lo ignorò, facendo finta di non averlo sentito, e riprese a grattare il gatto sulla pancia.
«Insomma, è da un po’ di tempo che io e te non stiamo un po’ soli.» Mormorò un po’ più forte. Il suo fidanzato continuò ad ignorarlo – «Che bonbon il mio piccolo gattino”»
«Diavolo, BRIAN! Non può andare avanti così, te ne rendi conto? Stai sempre addosso a quel coso, ne ho le scatole piene!» urlò parandosi di fronte a lui.
Il suo ragazzo rimase immobile, smettendo di coccolare il gatto, ma sempre con la testa china verso esso. Poi, con una paurosa lentezza, alzò lo sguardo glaciale e lo puntò negli occhi di Stef. Rimasero fermi in quella posizione per qualche istante, Brian con dentro una furia assassina che si rispecchiava negli occhi e Stef con la paura che quel piccolo uomo potesse saltargli da un momento all’altro addosso e staccargli da testa a morsi per poi ritornare dal gatto. Vedeva già i titoli sui giornali: Bassista dei Placebo ucciso dal suo cantante e fidanzato a causa di un gatto.
Quando Brian si alzò, fece un involontario ma impercettibile passo indietro. Ma quello, molto lentamente, si girò dall’altra parte, e con François in braccio andò in camera da letto sbattendo violentemente la porta.
Stef sospirò sconsolato – e un po’ sollevato - e si buttò sul divano accendendo la tv senza veramente guardarla.
Dopo un’ora si era appisolato davanti a un film di seconda mano, in cui un bambino moriva di leucemia e la madre non faceva altro che piangere, con la bocca semi aperta e ogni tanto cadeva qualche goccia si saliva sul tessuto bianco del divano. Si svegliò di soprassalto quando Brian lo stava chiamando entrando in salotto.
Si dette velocemente una sistemata asciugandosi la bava sul mento con la manica della felpa.
«Stef, Stef avevi ragione, mi dispiace! Ti ho troppo trascurato in questi giorni!» il suo tono di voce era più gaio del solito. Si sedette sul divano accanto a lui, e mise la sua testa sul suo petto.
«Ti prego, perdonami! Però è così carino quel gattino, capisci? Non ho mai avuto un gatto in tutta la mia vita, ed è così dolce! Per favore, per favore…» cominciò a mugolare qualcosa in francese troppo stretto perché lui capisse.
«Brian? Brian» gli fece alzare la testa per guardarlo negli occhi. «Cosa stai dicendo?»
Lui abbassò un attimo lo sguardo e senza rispondere alla domanda lo baciò.
Male. Molto male. Quando Brian Molko non risponde a una domanda vuol dire guai.
Si staccò – di malavoglia, in verità. «Brian, cos’è successo?» disse cercando di assumere il tono di voce più autoritario che aveva nel suo non molto vasto repertorio.
«Facciamo l’amore?» chiese con gli occhioni da Bambi.
Malissimo.
Stef era combattuto tra cercare di scoprire che diavolo nascondeva quel nanerottolo o saltargli direttamente addosso, ma Brian gli facilitò la scelta.

*


Quando Stef si svegliò sul divano, completamente nudo e affamato, Brian non c’era. Si guardò intorno ancora rimbambito dal sonno, e sbadigliando si rivestì.
«Bri?» chiamò. Ma nessuno rispose. Andò in cucina, ma non c’era neanche lì. Prese un paio di biscotti dalla madia, se li ficcò in bocca, e continuò a gironzolare per casa. «Brian?»
Forse era andato a dormire in camera – si disse mentre finiva di ingoiare quei disgustosi biscotti che avevano comprato chissà quanto tempo prima. Era quasi davanti alla porta quando il suo uomo uscì, preoccupandosi di chiudere la porta alle spalle all’istante, cosa insolita per lui.
«Oh,ciaoamore!Tiseisvegliatoadesso?» gli prese la mano e lo trascinò lontano dalla loro stanza. «Ho fame. Mangiamo una pizza? Adesso telefono alla pizzeria e ne ordino due, ok tesoro? Per te va bene salsiccia e patate, vero? La preferita del mio tesorone! Dov’è il telefono? L’avevo visto qui da qualche parte, ma potrei essermi anche sbagliato, sai com’è… Oh, eccolo.» Erano finiti del salotto, Stef sempre più preoccupato mentre Brian continuava a blaterare sulla pizzeria.
«Brian, cos’è successo in camera?» chiese ad alta voce.
Il suo ragazzo smise di parlare della pizzeria per un attimo. «Niente!Cosavuoichesiasuccesso? Dicevo, quella pizzerai fa le migliori pizze di Londra, eppure nessuno la conosce…»
Stef si alzò deciso ad entrare nella camera.
«Dovestaiandando?» chiese preoccupato Brian alzandosi a sua volta. «Resta qui con meee!» Trotterellò dietro di lui. Continuando. A. Parlare.
Era arrivato davanti alla Porta, quando il nanerottolo le si parò davanti mettendo le braccia davanti al suo petto.
«Davvero, amore, non c’è niente, niente di cui preoccuparsi! Andiamo a ordinare le pizze, dai!» Fece di nuovo gli occhioni da Bambi, ma questa volta Stef seppe resistere.
«Se non c’è niente allora posso entrare senza problemi. Voglio cambiarmi le mutande, vai tu a ordinare le pizze.»
«Le tue mutande sono favolose, tu vieni con me.»
Rimasero immobili a guardarsi negli occhi per qualche secondo. Poi, con una finta, Stef riuscì ad aprire la porta.
La puzza che uscì da quella stanza era quasi insopportabile. Vi entrò e vide sul suo cuscino una grande chiazza di vomito e l’Animale che dormiva su tutti, TUTTI i suoi vestiti puliti.
Rimase paralizzato.
«Nonèniente, Stef, NONE’NIENTE! Ho già chiamato Lola, verrà qui fra poco a sistemare tutto, NON TI DEVI PREOCCUPARE!» urlò Brian entrando a sua volta nella stanza e parandosi di fronte al gatto, come se avesse paura che il suo ragazzo si potesse trasformare in Jack Nicholson e cercare di fare a pezzettini l’Animale con un’accetta.
Stef non erano ancora in grado di dire una frase completa se non qualche mormorio come «Tu…Tu… Gatto… Schifo… Oddio… Tu…»

*


Da quel terribile pomeriggio, a François non era più permesso di entrare nella loro camera da letto, sotto precisi ordini di Stef e Lola – la signora delle pulizie messicana che ci mise ore e ore per lavare il cuscino e tutti i vestiti che ormai sguazzavano nei peli del gatto.
Brian continuava a chiedere scusa al sua fidanzato, ma lui, ostinato com’era, continuava ad andarsene in qualche altra stanza quando gli si avvicinava, accusandolo di alto tradimento.
Erano passati tre giorni, e finalmente la puzza nella stanza era quasi del tutto scomparsa, così Brian poté ritornare al suo comodo letto invece di dormire nella vasca da bagno mentre Stef occupava il divano. Ovviamente Stef continuò a dormire sul divano – fino al nuovo ordine, diceva lui – ma in compenso trovò un nuovo hobby: far paura a François.
Si nascondeva ovunque, nei luoghi più strani e nascosti dell’enorme casa, e sbucava fuori urlando a più non posso quando sentiva il gatto avvicinarsi. Una volta rimase tutto il giorno nascosto dietro la porta del bagno, in piedi ed immobile. Neanche Brian lo vide quando vi entrò per pisciare, lasciando ovviamente la porta aperta come suo solito, e a Stef di certo non dispiaque: ma quando tutto fu rimesso a posto, saltò fuori dal suo nascondiglio e Brian scivolò sul tappeto, cadendo di sedere. Stef si fece delle grandi risate mentre il suo ragazzo gli impreca contro qualcosa come «Guarda che la salute del mio sedere importa a me quanto dovrebbe importare a te, stronzo!»
Il giorno dopo qualcuno suonò alla porta, e Stef uscì da sotto il tavolino di frassino per andare ad aprire la porta.
Steve Forrest lo stava guardando quasi con le lacrime agli occhi.
«OOOOOOH!» gli saltò addosso abbracciandolo più forte che poté «ZIO STEEEEEEEF, MI DISPIACEEEEEEE!»
Brian sbucò dalla cucina e guardò incuriosito la scena. Quando Steve lo vide lasciò Stef e andò addosso a lui. «ZIO BRIIIIIIIIIIIIIIII! Io non voleeeevooooo, pensavo, pensavo…»
I capelli biondi erano tutti arruffati e quando Brian lo spinse via per poter tornare a respirare si passò una mano tra quelli, peggiorando ancora di più la situazione.
«Che è successo, Steve?» chiese con calma Stef lanciando un’occhiataccia al suo ragazzo che tossicchiava reggendosi al tavolino di frassino.
«La…La…La m-mia vicina…Quella vecchiaccia impertinente! Insomma, gli è morta la gatta, la mamma di François e… E… E…» disse con voce tremante e guardando il pavimento.
«E…?» chiese Stef con un barlume di speranza così palese nella voce che Brian sbuffò e lo incenerì con lo sguardo.
«E… Insomma, adesso che si sente sola… Ecco…R- Rivorrebbe ind-dietro… Fraçois.» Sussurrò pianissimo.
Un urlo di gioia liberatorio uscì a pieni polmoni da Stef. Steve lo guardo sbalordito mentre si tuffava su di lui per abbracciarlo e stringerlo come non aveva mai fatto, mentre Brian divenne pallido e guardò Steve come se avesse appena visto un fantasma. «C-Come?» mormorò solamente.
Nella mezz’ora seguente Brian dovette essere trascinato a forza da Steve sul divano, altrimenti sarebbe rimasto in piedi nell’ingresso fino alla notte dei tempi, immobile. Non diceva una parola, solo qualche mormorio che sembrava vagamente a «Cosa? Perché? François…» e il povero batterista si stava davvero preoccupando, soprattutto quando Stef gli salto in braccio con una bottiglia di vodka alla pesca in mano urlando «STEEEEVEEEEE, IO TI AAAAMOOOOOO!»
Respinse più volte i suoi tentativi di baci, fino a quando non si addormentò placido sulle sue ginocchia, iniziando vagamente a russare.
Quando François sbucò da chissà dove nel salotto iniziò a miagolare e a strusciarsi sulle gambe di Brian, che scoppiò inesorabilmente in un pianto senza lacrime. Prese per la pancia il micio e se lo mise in grembo. Steve si immobilizzò quando iniziò a sussurrargli nelle orecchie «Je suis désolé, mon amour. Je ne veux pas…»

*


Stef si svegliò con un gran mal di testa e un saporaccio di pesca ammuffita in bocca – chissà da quanto tempo c’era quella vodka, in casa. Il salotto era deserto e la casa silenziosa. Si alzò e andò in bagno per lavarsi i denti e pisciare. Finito tutto ciò, andò in cucina per bere un bel bicchierone d’acqua.
«Brian?» chiamò quando svuotò il bicchiere. Decise di optare per andare a vedere subito com’era la situazione in camera da letto – quella situazione era terribilmente famigliare.
Prendendo un bel respiro abbassò la maniglia a aprì la porta. Nessun odoraccio colpì Stef: questo era già un buon segno.
Entrò dentro la stanza e vide Brian accoccolato sotto le coperte del lettone in posizione fetale: gli si vedevano a mala pena i capelli.
Un enorme peso sullo stomaco, che non aveva niente a che fare con il dopo sbronza, lo assalì. Si avvicinò al letto e si sedette sul lato del suo ragazzo, ma quando questo lo sentì si voltò dall’altra parte.
«Brian, mi dispiace» mormorò Stef accarezzandogli la schiena.
«Vattene via, stronzo.» Disse secco quello.
«Dai, ti prego, non fare l’incazzato. Ne… Ne compreremo un altro, di gattino.»
«MA VAFFANCULO!» urlò Brian sbucando da sotto le coperte blu mare e mettendosi seduto. «Non te ne è mai fregato niente di François, lo hai sempre trattato male e adesso mi vieni a dire che ne vuoi un altro! STAI ZITTO, che fai una migliore figura!»
«Non pensavo che fosse così importante per te!» Enorme cazzata.
«AH, NON PENSAVI! Che gran bella novità! Beh, visto che ora stai magicamente pensando, prova a capire come mi sento io in questo momento! Prova a capire quanto mi devo trattenere per non darti un pugno in faccia e sbatterti fuori casa!»
«Brian, non fare l’isterico, era solo un gatto…» sussurrò pianissimo.
Gravissimo errore Olsdal.
«ERA SOLO UN GATTO??» Brian si alzò in piedi sul letto, in tutta la sua misera statura, e Stef fece lo stesso avvicinandosi, però, all’armadio. «SEI UN EGOISTA DI MERDA! NON TI VOGLIO PIU’ VEDERE!» balzò giù dal letto e si avvicinò pericolosamente a Stef, il dito indice puntato contro di lui.
«Adesso esci da questa stanza e non farti più vedere fino al nuovo ordine.» Lo scimmiottò. Si girò con fare altezzoso e risparì sotto le coperte.
Stef, pur sapendo che stava rischiando una morte dolorosa e prematura ogni secondo che restava in quella stanza, non mollò e si risedette sul letto.
«No. Adesso facciamo pace, perché è quello che vuoi anche tu.»
Di tutta risposta ricevette un potente calcio sul fianco.
«Ti do tre secondi per uscire.» Sentì provenire minacciosamente da qualche parte del letto. «Uno.»
Stef si stava ancora contorcendo dal dolore per il calcio.
«Due.»
Stef rimase immobile, troppo impaurito per scappare.
«Tre.»
Brian balzò di nuovo fuori dalle coperte e gli saltò addosso con una furia nanesca. Iniziò a morderlo ovunque e a tirare micidiali pugnetti.
«Brian… Brian fermati! Ahi, mi FAI MALE!» cercò di dire Stef, ma questo fece solo intensificare la scarica di schiaffi che stava subendo dal suo presunto fidanzato.
Con tutta la forza che gli rimaneva, riuscì incredibilmente a scambiare le parti e riuscì a bloccare Brian sotto di lui. Il suo sguardo era il più cattivo che avesse mai ricevuto.
«ASCOLTAMI» iniziò «Lo so che mi sono comportato da grande stronzo, e che la tua vendetta sarà terribile e centellinata in ogni momento che mi vedrai felice, però MI DISPIACE! Mi ero reso conto che tenevi davvero a quel gatto, ma ero geloso, OK? Ero geloso perché tu stavi sempre a coccolarlo e passavi sempre meno tempo con me!» Ammise diventando rosso come un peperone.
Brian rimase spiazzato per qualche istante, poi il suo sguardo si addolcì. Sorrise, perfino.
«Eri geloso… Di un gatto?» Si tratteneva a stento da una risata.
«B-Beh, sì.» Stef mollò la presa e si rimise seduto, lo sguardo basso e vergognoso.
Brian, rimase disteso e scoppiò in una fragorosa risata. Si puntellò sui gomiti per guardare il suo ragazzo negli occhi.
«La prossima volta che esprimerò il desiderio di scoparmi un gatto» sussurrò vicinissimo al suo viso. «Per favore, svegliami.»



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Ok, ok. Prima di tutto scusate l'infinita idiozia di questa mia prima shot sui Pla. Non volevo. T_T
Avevo già scritto l'inizio chissà quanto tempo fa, e oggi dopo un colpo di genio (?) ho deciso di terminare il lavoro. Ripeto, mi dispiace. T_T
Andate in pace e amando quell'inguaribile checca isterica di Brian Molko. <3
*Torna a spupazzolare i suoi gatti*
  
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