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Autore: _Frame_    28/06/2019    2 recensioni
Un amaro e rabbioso inno d’odio nei confronti dell’estate, la bestia nera con cui ogni anno devo fare i conti.
Un inno d’odio perché siamo a fine giugno e già non ne posso più.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Canto d'estate, di lacrime e d'odio

 

 

 

 

Bevi, ti strozzi, gocce tiepide che sbrodolano fino al mento, che ti colano fra le dita, che non distingui più dalla tua saliva, e hai ancora più sete

Gola che stride, bocca riarsa, labbra di carta, lingua di spugna

Bottiglia dell’acqua ghiacciata che diventa calda non appena tocca la lingua che succhia come una spugna, la plastica rivestita di condensa che ti fai rotolare sul viso e sul collo, sotto il mento, con cui spalmi e stendi la pelle che si rimodella come argilla fresca

Il ghiaccio si è sciolto

Datemi ancora ghiaccio, voglio altro ghiaccio, più ghiaccio

Ghiaccio nella tazza di caffè, ghiaccio fra le bollicine della coca-cola che anche annacquata va bene, ghiaccio nel tè freddo, ghiaccio nel succo di frutta e nella limonata che sa di detersivo

Abbraccia il bicchiere, abbraccia la bottiglia appena tolta dal frigo, abbraccia la terrina di riso freddo, dell’insalata greca, schiaccia quella botta di gelo sul tuo petto e gemi, ridona battiti all’anima, scosse di vita al cuore che soffre e che ansima più di te, premi sulla guancia rossa, sul sudore che gocciola, e datti tregua

Sudore che gocciola, tessuto che s’incolla

Vestiti fradici che prudono e con cui non puoi coprirti, la pancia che sborda, le maniche che si sollevano, i calzoncini che tirano sulle cosce, i peli delle gambe che luccicano d’oro, distesa di grano maturo puntellata da papaveri, sangue sgorgato della depilazione che non volevi nemmeno farti

I jeans che non entrano, pelle di serpente al contrario, che torna su invece che scrostarsi, che ti rinchiude nel suo guscio soffocante che vorresti solo strapparti di dosso

Abiti di sudore, odore acre sotto le ascelle e all’altezza dell’inguine, stoffa fradicia che pesa sulla pelle, corazza di piombo che blocca il fiato

Fiato che inala vapore, risucchia raggi di sole, odore di ferro, sapore metallico di quella lava che ti si scioglie giù per la gola, fino allo stomaco dove rimane ferma in un nodo di nausea

Vuoi solo morire

Esci, cammini fuori, ti abbraccia un alito di morte, ti soffoca, mani di ferro rovente allacciate al tuo collo

Piedi che pesano, le scarpe che non entrano e i calzini leggeri che diventano subito neri, le strisce delle infradito che ti solcano la pelle, il rossore delle ciabatte, vesciche esplose che gridano, bocche scarlatte e agonizzanti come la tua, come le labbra che spalanchi per assorbire aria, acqua spurgata dal corpo gonfio che ti pare la palla gocciolante di un gavettone, le impronte dei bracciali attorno ai polsi dove non vedi più le vene, mani gonfie e tozze, l’anello che non riesci più a toglierti

Orecchie che fischiano, la testa che gira, zucca vuota, pesante, che ti cade sulla spalla e che si spezza, rotola via rimbalzando come una palla gonfiabile

Che l’estate se la tenga, si tenga la mia testa, non so più che farmene, non so farla ripartire, non ingrano la marcia, il suo motore singhiozza come quello di un tagliaerba stanco

Il sole che ti picchia addosso, vista chiazzata di nero che lampeggia, ogni passo è una mazzata sulle spalle, i muscoli non reggono, i piedi si trascinano, le cosce sfregano, grattugiano sudore, pelle morta che si scolla dal tuo corpo di fuoco e dolore

Fuoco sulla faccia, il sudore sfrigolante sulle guance, burro sulla piastra rovente, goccioline d’olio che scoppiettano, vapore acido che galleggia e non se ne va, le energie succhiate che risalgono il cielo, ti mangiano il cervello

I raggi ti accoltellano, martello di Efesto che picchia sull’incudine, forgia saette bianche che Apollo ti sputa addosso come giavellotti

Bastonate sulle tempie, nuca stritolata, il cranio che pulsa, capelli incollati al collo bruciato

Rapati, ti ripeti, rapati a zero, l’estate non si merita i tuoi capelli, denudati di tutto quello che puoi, i vestiti non ti serviranno nella bara

Cammini, suole di scarpe che si rammolliscono e che sciolgono, colla nera sull’asfalto fumante

Il cane riverso sul fianco, la lingua di fuori che tocca la ghiaia vicino alla ciotola d’acqua, i suoi occhi rovesciati, gli affanni che sono disperati come i tuoi, gli uccellini che si rotolano nella sabbia a un soffio dalle sue zampe, condor che gracchiano nel deserto, ombre di rapaci che volano attorno a una carcassa, niente caccia oggi, oggi il sole ha vinto ed è lui che ci spolpa mentre esaliamo gli ultimi affanni d’agonia

Entri in auto e muori, ti lasci crepare come il cane, la lingua secca di fuori, la testa rovesciata sul sedile, la cintura che scotta e che ti brucia sulla gola, il volante come un pezzo di ferro rovente che non puoi impugnare, le onde di calore che salgono dal cruscotto, la puzza di benzina e dell’Arbre Magique che si è incendiato come un vero alberello dei boschi in fiamme della California

Cala la sera, giungi le mani e invochi una tregua

Cicale che gridano, echi delle loro voci che sono tanti artigli che ti stridono nei timpani, ronzio del climatizzatore rotto, pale di ventilatore scassato, schiaffi d’aria stagnante in faccia, soffi ritmici come il tempo che non scorre mai, lento e agonizzante come la bava di una lumaca che si sposta sotto il sole

Zanzare che ti ronzano nell’orecchio, succhiano sangue e sudore, dolce e crudele nettare distillato dai tuoi pori spalancati, cera da una candela che piange di dolore e che vuol lasciarsi sciogliere

Ti rigiri sul materasso umido, lato fresco del letto che diventa subito bollente, calci la coperta, cade sul pavimento, non importa, le lanci addosso anche il cuscino, pancia all’aria, braccia e gambe aperte, inchiodato, il soldato che si arrende e che crepa sotto la mitragliata di raggi di sole, sudore che vien giù come sangue, la vita che se ne va, che scorre attorno al tuo corpo abbandonato, si allarga scura e inesorabile come una chiazza d’olio

La mano sbatte sul comodino, gira la sveglia

Uccelli che cantano prima dell’alba, passeri che ti rompono i coglioni già alle quattro di notte e tu non ti sei nemmeno addormentato, le palpebre si tengono incollate solo col sudore

Rinuncia, ormai non dormire, è inutile che ci provi, che fissi il soffitto, che conti i respiri che si spezzano sul palato e che ti battono in fondo alla gola

Fai cadere il braccio, urti la pila di libri che apri solo per farci colare sopra cervello e sudore

Libri aperti, penna che pende dalle dita come un fiore avvizzito, la mente bianca, linea dritta senza battito, pagine lucide che s’incollano alla fronte, impronte di sudore agli angoli, tracce di evidenziatore e grafite sbavati fra le frasi stampate, le tende ondeggiano, il vento dà una manata alle pagine, fogli sfuggiti alle graffette scrosciano sul pavimento, vortice di parole che si scioglie come sciroppo sulla granita, grumo di cristalli che non sai più riassemblare, la testa è un rumore bianco a cui non puoi sottrarti

Cadi, ti trascini alla finestra, le braccia nude incrociate sul davanzale di marmo fresco, cerchi aria, ma anche la notte non ha respiro, l’umido ti assale, ti sbatte in faccia quel filo di venticello pietoso che ti fa lacrimare di sconforto

A che ti serve l’estate?

Odii il mare, odii il caos, odii la sabbia che s’incolla ai piedi e che entra sotto le unghie, odii la gente, odii le loro voci affollate, le loro risate da galline, odii il ghiacciolo che ti si appiccica alle dita, le palle gonfiabili che rimbalzano sulla spiaggia, la crema solare che macchia il telo di spugna, le alghe che ti s’incollano alle caviglie, odii la musica sparata dal night club, odii i balli di gruppo, odii le risate dei ragazzi che si divertono mentre tu non sai farlo, odii i loro sorrisi bianchi e spensierati che brillano come mezzelune sui visi abbronzati, odii i parei al vento, il profumo di salsedine, dell’olio con cui condisci il cous-cous freddo, e dell’anguria appena affettata

Tre mesi di questo, tre mesi che dovrebbero essere illegali, incatenate l’estate, inutile e irritante stagione da fancazzisti, dei Mojito e degli Spritz, di branchi di oche e di bufali che riempiono le strade con le loro zoccolate e piedi palmati, di lucertole al sole da cui l’abbronzatura si squama e cade finendo dimenticata come queste giornate inutili, crema spalmata sulla pelle levigata che tanto mostrerai solo per un paio di settimane, pesci beoti che si scontrano fra onde di fango e schiuma, paguri che affogano nel mare liquoroso del Nord Italia, mare di lido, di laguna, di puzza di marcio

Ci vorrebbe un po’ di azzurro

L’azzurro che ritrovi sul fondo della piscina, onde di luce che oscillano e che t’ipnotizzano, dita raggrinzite che scivolano sulle pareti troppo lisce, foglie secche che galleggiano contro i filtri, odore di cloro nelle narici, acqua pesante e vomitevole in bocca, occhi che vuoi tenere aperti sott’acqua e che poi lacrimano, rossi e gonfi come bolle

Anche loro non vogliono più vedere questa miseria, questa vacanza triste, questa piscina da campeggio attorniata dai bungalow affittati dagli austriaci, queste verande tappezzate dagli aghi caduti dalla pineta circostante, questo mare di fanghiglia tiepida che serve solo a bighellonare, a sguazzarci fino alle ginocchia mentre canticchi gli ultimi ritornelli dell’estate che ora ti tormentano e che a settembre avrai già dimenticato

Canti che parlano di notti lunghe un’intera giovinezza, di amori che durano solo una stagione, di sogni e desideri lasciati cadere sulla spiaggia come mozziconi di sigarette, come comete, come stelle morte che lasciano buchi neri nei quali vorresti gettarti, canti che parlano di piedi nudi che danzano, di gonne vaporose che svolazzano, di luci colorate che si specchiano fra le onde, di baci strofinati da lingue al sapore di alcol e sale, succhiati su pelle che profuma di cocco, bracciali di conchiglie che rimbalzano attorno alle caviglie, conchiglie rotte in mezzo alla sabbia che pungono le piante dei piedi, scogli che graffiano ginocchia e cicatrici che si richiuderanno solo in autunno

Non sei là, non ci sarai, non hai mai desiderato esserci, sei lontano da quel bordello di corpi sudati che saltano, che si sfregano, e di cui non hai mai fatto parte

Vattene, scappa in Islanda, brucia le t-shirt, getta all’aria le infradito, spremi i costumi da bagno in fondo al cassetto della biancheria, non ti serviranno più

Mani affondate nelle tasche della felpa e cappuccio calato fino al naso, questo è tutto quello che ti serve

Arrotolati nel piumone e non uscirne, scavati il nido nella lana e accucciati dentro, migra come un uccello che ha perso la bussola, rifugiati dove a giugno puoi ancora camminare sulla neve, dove nubi nere di pioggia e di vento trattengono gli affondi del sole, dove le raffiche di vento gelido tagliano la lingua agli imbecilli, dove ogni volta in cui esci di casa devi rimboccarti la sciarpa, dove puoi bere la tisana di frutti rossi senza sentire l’anima che evapora dal corpo, dove il buio ti protegge

Qui cosa ci guadagni?

Abiti che detesti indossare, sandaletti che ti si sfilano a ogni tre passi, malumore, mani appiccicose, sberle di sole, emicranie, l’erba da falciare ogni due settimane, i pranzi sulla terrazza dove tutti i passanti possono tirare su la testa e guardarti, impicciarti dei cazzi tuoi, i fumi collosi della grigliata di pesce, un Ferragosto che nel tuo bisogno di solitudine nemmeno festeggi, le angurie che non entrano in frigo, le ciliegie e le albicocche che marciscono subito, i sorbetti troppo aspri che non hai mai amato mangiare, la nuova linea della Algida e della Sammontana

Si tengano i gelati, che ti fotte dei gelati?, sputeresti in un occhio all’estate e le spappoleresti il Cornetto al caramello sulla fronte se potessi guadagnarci anche solo una giornata d’inverno

Fa caldo

Fa caldo, ti viene da piangere dalla disperazione, ma le lacrime evaporerebbero dalle tue guance con uno sfrigolio sinistro

Il mondo si scioglie e tu assieme a lui

Non risollevarti, non sforzarti, non ne vale la pena, crogiola come l’avanzo del gelato nella vaschetta dove non distingui più i gusti, qualcuno ti pescherà col cucchiaino, ti succhierà, dolce brodaglia zuccherosa, guadagnerà qualcosa di buono da questa sofferenza e l’agonia avrà fine

Vaffanculo, estate, brucia nell’Inferno da cui ti hanno cacciata via a calci

Forse laggiù è abbastanza caldo per te

   
 
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