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Autore: Department of Illusion    28/06/2019    0 recensioni
Sei brevi capitoli su qualcuno che pensava di morire e invece gli succede qualcosa di appena migliore.
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“Ti prego, ti prego, apri” aveva sentito ancora prima dello scatto della maniglia, la voce affannata e rotta dalla corsa, e poi aveva visto il ragazzo, voltarsi frenetico a guardare la strada.
“Per favore, cazzo, quelli mi ammazzano, ti prego” aveva detto facendosi più vicino, talmente veloce che le parole si erano accavallate l’una sull'altra in un bisbiglio disperato.
Claude si era fatto indietro e l’altro non aveva esitato un momento, neanche nella sorpresa di quella strana concessione senza domande, si era infilato nella casa spingendolo di lato, si era sbattuto la porta alle spalle e si era accasciato per terra.
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Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                       I L S   S O N T


Françoise era arrivata cinque minuti in anticipo, come sempre, e Rachel, come sempre, le aveva scritto che era leggermente in ritardo. Si era seduta comunque ad uno dei tavolini tondi all’esterno del locale e aveva sorriso al cameriere. Aveva passato le dita sulla stoffa bianca della tovaglia e aveva guardato per un po’ il piccolo vaso di fiori al centro del tavolo, mentre il vento caldo le passava sulla pelle e lei si pentiva di non aver messo un vestito.
La piazza era piena di turisti. Due bambini correvano intorno alla fontana e Françoise riusciva a sentire le risate echeggiare acute fino all’inizio della strada.
   Rachel le aveva fatto un cenno con la mano da lontano ed era arrivata al tavolo senza fretta, con un sorriso familiare.
L’aveva baciata su una guancia e si era seduta davanti a lei.
“Non hai ordinato niente?”
“No, sono arrivata poco fa.”
“Ah, menomale. Lo sai che odio fare aspettare le persone.”
Françoise le aveva sorriso e avevano chiamato il cameriere, avevano ordinato due drink abbastanza costosi da farle sentire di buon gusto e nell’attesa Rachel le aveva raccontato di come la sorella del suo ragazzo fosse molto più simpatica di quello che credeva. Che magari l’aveva giudicata troppo in fretta, che solo perché non si truccava mai, anche se a suo modesto parere avrebbe decisamente dovuto, non significava per forza che fosse strana. Strana no, ma di sicuro, anche se simpatica, non assomigliava per niente a suo fratello, tanto che Rachel all’inizio si era chiesta se non fossero fratellastri. Ma non lo erano, erano proprio fratelli, anche se così diversi fisicamente, ma dopotutto chi era lei per giudicare, se erano fratelli erano fratelli.
Françoise aveva atteso con una strana esitazione la virata di argomento su di lei, il momento in cui l’ego finge di farsi da parte e si fa carico del ruolo di amica, interessata soprattutto a come va la vita dell’altra. Solitamente Françoise non aveva niente di particolare da raccontare, se non una stabilità monotona, di cui le sue amiche si dicevano gelose. Una calma sentimentale. Le chiedevano di Claude e lei non aveva niente di scandaloso da dire, perché Claude era una persona di sani principi, che non le aveva mai mancato di rispetto ed erano tutti così contenti che lei avesse trovato qualcuno di così onesto. E certamente era cominciato un periodo di stanchezza, ma insomma si volevano bene, e sì, litigavano più spesso, ma anche questo le pareva fosse diventato parte di qualcosa di stabile.
   Eppure ora non sapeva se raccontare una sua recente perplessità o se includerla nelle banali incomprensioni che fanno parte della normale vita di coppia.
I bambini avevano immerso le braccia nell’acqua fredda e avevano gridato, di gioia o di stupore.
“Claude è strano.”
Rachel aveva preso la cannuccia tra le labbra e l’aveva guardata con le sopracciglia aggrottate.
“Credo che si droghi.”
Le parole le erano uscite di bocca con tono assente. Non aveva staccato gli occhi dalla fontana, e non aveva visto lo sguardo di Rachel, tra lo scioccato e l’incredulo, che posava il bicchiere sul tavolo e spostava la sedia appena un po’ più vicina a lei.
“Parliamo di canne o roba pesante?”
“Non lo so. La settimana scorsa c’era questo ragazzo, è arrivato a casa sua e ha detto che lo voleva salutare, non voleva entrare perché c’ero anch’io. E non mi hanno detto come si sono conosciuti. Claude ha cercato di inventarsi qualcosa, poi se ne sono andati in un’altra stanza e sono tornati ridendo.”
“Erano fatti?”
“No, no, se ne sono andati per meno di un minuto, per dirsi qualcosa, per mettersi d’accordo.”
“Oh cazzo. E tu non l’avevi mai visto?”
“No, mai. Le persone che frequenta le conosco, si contano su una mano. Questo era diverso. Aveva i capelli cortissimi, sembrava che non dormisse da mesi, era vestito come un tossico.”
“E Claude non aveva paura?”
“Ma no, non sembrava pericoloso. Ci abbiamo giocato a monopoli.”
“Come?”
Françoise si era spostata appena sulla sedia.
“È stato un po’ con noi. Un’ora, forse due. Poi se n’è andato.”
“Hai giocato a monopoli col suo spacciatore?”
“Non lo so se è il suo spacciatore. Si guardavano come se si conoscessero.”
“Beh, certo che si conoscono.”
“No, come se... come se si conoscessero. Non so come spiegartelo. Come se fossero preoccupati l’uno per l’altro.”
Rachel si era allontanata di poco come per guardarla meglio. Poi aveva alzato le sopracciglia e aveva sospirato con perplessità.
“Beh, lo dicevo che era troppo perfetto.”
Aveva accavallato le gambe con fare tranquillo.
“In ogni caso poteva andarti molto peggio. Qualcosa doveva succedere prima o poi.”
Françoise aveva annuito appena, guardando la tovaglia bagnata intorno al suo bicchiere.
“Immagino di sì.”
“Vedrai che gli passa. Fanno tutti così, vogliono sentirsi trasgressivi.”
Si era stretta nelle spalle quasi scocciata.
“Daniel ha fregato il telefono a uno con cui va in palestra. L’ha venduto a un suo amico, l’ha scambiato con qualcosa, non lo so. Sono maschi, non puoi farci niente. Almeno Claude è gentile.”
“Macché, è stato uno stronzo. Ieri l’ho chiamato due volte e non mi ha ancora richiamata.”
“Ecco. Che ti dicevo. Lascialo perdere per un po’. E stasera io e te usciamo. Devi distrarti.”
Si erano strette la mano ridendo e Rachel aveva cominciato a parlare di un posto in cui doveva portarla assolutamente, un posto che faceva buona musica, non la solita roba da discoteca, il mese scorso era venuto anche uno famoso, un chitarrista jazz, e anche se c’è buona musica in fondo è proprio come essere in discoteca, c’è un sacco di gente che balla e tutto, ma in ogni caso lei ci andava per il barista, il barista era indescrivibile, era di una bellezza ridicola, ma non c’era bisogno che lo dicesse perché Françoise l’avrebbe visto quella sera e avrebbe capito. Così aveva smesso di parlare del barista e aveva cominciato a chiederle che avrebbe fatto quell’estate, perché lei aveva cominciato a pensare al Marocco o al Portogallo e se riuscivano ad organizzarsi sarebbe stato grandioso andare insieme, anche se certo avrebbero dovuto decidere in fretta, era già quasi aprile e si sa che prima si prenota più le offerte sono vantaggiose, per non parlare del fatto che sarebbe stato meglio affittare una casa se pensavano di rimanere più di una settimana, e lei sicuramente lo pensava, perché stare meno di una settimana è praticamente come non essere partiti.
   Alle orecchie di Françoise erano arrivate alcune parole dei ragazzi del tavolo accanto, le era parso di sentire qualcosa a proposito di una vacanza, qualcosa su un posto spettacolare, le era sembrato che stessero parlando proprio della stessa cosa, si era guardata intorno e aveva visto la gente, viva e chiassosa, circondarla in un parlare universale, tutti della stessa cosa, perfino i bambini della fontana, che erano scomparsi, sostituiti da nuovi bambini della fontana, anche loro eccitati riguardo a una vacanza, loro direttamente all’interno di una vacanza, un andare, un fare frenetico.
   Ma Rachel le aveva agitato una mano davanti agli occhi, aveva riso della sua distrazione e Françoise era tornata ad ascoltarla, a dirle che avrebbe dovuto parlarne con Claude, ma le sembrava che non ci fossero problemi, perché Claude dopotutto non aveva mai particolari obiezioni, anche se questo, certo, a volte le dava fastidio, ma Rachel diceva che doveva essere contenta di avere così tanta libertà, e magari era così. Magari era così.

Avevano pagato e si erano alzate, erano passate lente tra le chiacchiere, fino ai bambini che avevano toccato l’acqua anche loro, e Françoise, così vicina, aveva sentito di nuovo il grido nell’aria invadergli le orecchie, stavolta più profondo, quasi uno schiaffo, quasi un allarme, poi l’aria si era ricomposta dei suoni calmi del pomeriggio, del vociare, così denso, quasi una melma materna che la culla e la fa sentire protetta in qualcosa che conosce, una folla di menti comuni, impenetrabile, lei non deve far altro che lasciarsi trascinare, essere portata dal magma che ci rende tutti un'unica tranquillità sedata, un universale aggrapparsi, un identico gioco alla vita.

 
  
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