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Autore: dreamlikeview    29/06/2019    3 recensioni
Dopo tre anni dal loro matrimonio, Arthur e Merlin conducono una vita matrimoniale piuttosto tranquilla: uscite con gli amici, feste, uscite romantiche, amore e ogni tanto qualche piccolo litigio.
Una notte, di ritorno da una cena con i colleghi di Arthur, salvano un bambino e la loro vita è destinata a cambiare di nuovo. Anche la loro vita di coppia sarà coinvolta in questo processo.
[Sequel di Enchanted - A whole new world: Merthur, semi-AU, modern!Merlin, king!Arthur, time-travel, parents!Merthur]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Disclaimer: I personaggi qui descritti non mi appartengono (niente, davvero, ho anche chiesto a mia madre di cercare il mio Arthur personale, ma nemmeno lei è riuscita a trovarlo, sad) niente di tutto ciò è finalizzato ad offenderli (forse giusto un po' a tormentarli, ma poi alla fine sono buona con loro) e non ci guadagno nulla, perdo solo la faccia in queste cose.
 
Avviso: Oltre all’OOC che non riesco ad evitarmi molto spesso, ci tengo ad avvisare che la storia è legata alla long Enchanted – A whole new world (cliccando sul titolo arriverete al primo capitolo senza problemi :3) se non l’avete letta potreste avere difficoltà perché ci sono molti riferimenti alla principale, ma non voglio obbligarvi a leggerla quindi vi faccio una piccola sinossi.
Enjoy il sequel/epilogo della storia!


§§§

Arthur Pendragon è il re di Camelot, il regno di Camelot è in guerra con il popolo dei Druidi. Mordred, capo di questi ultimi, maledice Arthur che si ritrova a Londra nel mondo moderno, in cui fa fatica ad ambientarsi. Qui conosce Merlin che lo soccorre e stranamente crede alla sua assurda storia. I due collaborano per riportare il re a casa, ma finiscono per innamorarsi l’uno dell’altro. Mosso dall’orgoglio e dal senso di dovere, Arthur va incontro al suo destino per salvare il suo regno, lasciandosi dietro un disperato Merlin. Si separano e restano separati per un anno, tra sensi di colpa – Arthur – e pesanti ubriacature – Merlin – alla fine al re viene concessa una scelta: tornare nel mondo moderno da Merlin o morire in battaglia seguendo fino in fondo il suo destino.
Arthur accetta di tornare nel futuro per ritrovare Merlin. E vissero per sempre felici, contenti e sposati.

3 anni dopo il matrimonio...



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Merlin guardò suo marito al suo fianco e si ritrovò a sospirare di felicità, erano sposati da tre anni e tutto andava bene. Fin da quando Arthur aveva scelto di tornare da lui, ogni cosa era andata per il verso giusto. C’erano stati dei piccoli alti e bassi, dei momenti in cui si erano allontanati e avevano litigato, ma ogni divergenza era sempre stata sistemata con un gesto romantico da parte del biondo o una cena romantica da parte di Merlin o con una sessione di buon sesso riparatore. Arthur, fin da quando era tornato da Camelot, aveva apprezzato quella pratica per far pace, forse più dei fiori che portava al marito. Spesso erano usciti insieme agli amici di Merlin, ma presto quest’ultimo si era dovuto abituare agli amici di Arthur, i suoi colleghi della scuola di scherma. Ne era profondamente geloso e Arthur si divertiva a prenderlo in giro, soprattutto quando partiva per le gare dei suoi allievi e doveva trascorrere fin troppi giorni lontano da lui e lo stuzzicava parlandogli di questo o l’altro collega, sottolineando quanto la loro forma fisica fosse superiore alla sua; oppure quando rincasava dal lavoro un’ora o due in ritardo perché si era fermato a prendere una birra con loro. A te non piace nemmeno la birra! – era solito urlargli contro il moro, poi il marito lo baciava e ogni discussione futile veniva sedata, anche perché sapeva quanto Arthur rispettasse il concetto di fedeltà: era un cavaliere, l’onore veniva prima di qualunque cosa, glielo ripeteva costantemente. Ma Merlin non poteva frenare la gelosia ogni volta che vedeva uno di quegli uomini intorno al suo uomo. Oh andiamo, uno di loro è anche etero! – scherzava il biondo e Merlin quasi rimpiangeva i giorni in cui non sapeva neanche cosa volesse dire una cosa del genere: quando scambiava la doccia per una scatola con la pioggia magica e calda o credeva che gli autobus fossero dei mostri giganti, ah quelli sì che erano bei tempi.
Neanche Arthur era immune alla gelosia, lo dimostrava spesso soprattutto in pubblico, ma il loro rapporto era basato sulla reciproca fiducia, quindi non era mai la gelosia eccessiva o cattiva; a volte era davvero un sano prendersi in giro sui punti deboli dell’altro, alla fine riuscivano anche a scherzare sull’argomento. Si fidavano l’uno dell’altro, si rispettavano e per entrambi la fedeltà era un valore basilare, Arthur a causa del suo sentirsi ancora un cavaliere, Merlin per la sua terribile esperienza passata.
Quella sera stavano rientrando da una cena tra colleghi a cui Arthur aveva dovuto partecipare e a cui aveva trascinato anche suo marito, perché non voleva andarci da solo. Mentre rientravano, il biondo si era addormentato sul sedile del passeggero perché aveva ecceduto con il vino e come al solito reggeva come un adolescente. Merlin si era semplicemente astenuto dal bere, perché avrebbe dovuto guidare. Era stato bello vedere Arthur così a suo agio, fino a qualche anno prima non avrebbe scommesso mezzo penny su un risvolto del genere, il biondo si era lasciato alle spalle il suo passato da re di Camelot, anche se non perdeva l’occasione di sottolinearlo quando erano soli e si era abituato alla vita moderna in tempi da record, anche se alcune sue espressioni risultavano ancora antiquate o inventate. Merlin ancora ricordava quando lo aveva trovato solo e smarrito per Londra e sbraitava credendo che tutto ciò che lo circondava fosse magia. Lanciò di nuovo uno sguardo al suo fianco e sorrise, i ciuffi biondi gli ricadevano sulla fronte, le labbra erano socchiuse, il volto abbandonato in una pura espressione di beatitudine. Era semplicemente bellissimo ed estatico e Merlin era fortunato ad averlo al suo fianco.
Nessuno dei due poteva immaginare quanto quella notte le cose sarebbero cambiate per loro due.
«Arthur» lo chiamò dopo aver parcheggiato l’auto «Arthur, siamo arrivati a casa» gli disse dolcemente accarezzandogli una guancia ruvida di barba «Non ho intenzione di portarti in braccio, pesi il doppio di me».
«I miei sono muscoli» biascicò l’altro assonnato, aprendo appena gli occhi «Mi sono addormentato come un moccioso?»
«La vecchiaia non risparmia neanche te, brontolone, andiamo! Ti permetterò di appoggiarti a me, forza!» ribatté il moro ridacchiando e, aprendo la portiera dell’auto, scese da essa. Arthur lo seguì a ruota e lo raggiunse, mentre lui stava chiudendo l’auto a chiave, il marito lo schiacciò contro la portiera e lo baciò con passione.
«A-Arthur, non in strada» biascicò Merlin, mettendogli le mani sul petto per allontanarlo da sé, ma il biondo non lo ascoltò e con le labbra scese sul suo collo, mentre l’altro inclinava la testa per permettergli di continuare, la sua era una reazione puramente istintiva «A-Arthur, ci arresteranno…»
«Che ci provino, sono il re di Camelot» borbottò, poi lasciò un succhiotto sul suo collo, strappandogli un gemito. Sorrise con aria furba, prima di attaccare nuovamente quel niveo collo, anche se l’altro cercava di convincerlo a salire in casa, perché era la scelta più razionale, ma Arthur aveva troppo vino nelle vene e non ragionava troppo lucidamente.
«Non credo che il tuo titolo conti qualcosa qui» borbottò il moro, lasciandosi scappare un ansito appena trattenuto «Sei un idiota» aggiunse, poi Arthur gli diede un leggero morso sotto la mandibola, strappandogli un altro gemito e poi lo baciò con passione. Merlin si arrese e avvolse le braccia attorno al collo del marito, per rispondere al bacio con la stessa intensità. Fortunatamente era tardi e la zona in cui vivevano non era molto popolata, tuttavia non andarono oltre i baci.
Quando Merlin riuscì a resistere faticosamente all’assalto del marito, lo afferrò per un braccio e lo trascinò verso il portone di casa. Stava cercando di inserire la chiave nella serratura, mentre Arthur lo abbracciava da dietro, accarezzandogli languidamente il corpo, quando un suono acuto catturò la sua attenzione.
«Hai sentito anche tu?» chiese al marito guardandosi intorno.
«Cosa?» chiese Arthur senza staccare le labbra dal suo collo.
Di nuovo quel suono ferì le orecchie del moro e lui allontanò da sé il biondo con una leggera spinta, continuando a guardarsi intorno, mentre quel suono continuava diventando sempre più chiaro alle sue orecchie: sembrava proprio il pianto di un bambino e non era molto lontano dal punto in cui erano loro.
«Lo senti? Sembra un bambino che piange» rispose Merlin, il pianto divenne più insistente e allora Arthur si accigliò notandolo anche lui e per un momento si chiese cosa diavolo stesse succedendo.
Merlin non badò a lui, se c’era un bambino in difficoltà, doveva soccorrerlo, poteva essere accaduto di tutto: qualche incidente, qualche rapina, qualsiasi cosa. Seguì il pianto disperato del bambino e man mano che si avvicinava al punto dal quale esso proveniva, diveniva più acuto; adesso ne era certo: era il pianto di un bambino piccolo. In pochi minuti lo raggiunse e lo trovò: il bambino era in una scatola accanto ad un cassonetto dei rifiuti. Si portò le mani alla bocca sconvolto, qualcuno aveva abbandonato un bambino da quelle parti? Ma chi era la persona senza cuore che l’aveva fatto? Senza pensarci due volte, lo raggiunse e si inginocchiò accanto a lui. Dannazione, faceva freddo quella notte e il bambino indossava solo una misera tutina di cotone. Almeno si erano degnati di coprirlo. Merlin si sfilò la giacca e delicatamente avvolse il bimbo al suo interno, prendendolo poi in braccio. Era piccolo, a giudicare dal peso e dalla lunghezza non poteva avere più di tre mesi; sembrava star bene a giudicare da come stava gridando.
«Shhh, shhh, va tutto bene» sussurrò il ragazzo al piccolo tra le sue braccia «Sei al sicuro, adesso» disse piano, alzandosi in piedi, lo cullava per calmarlo, ma sapeva di dover correre in ospedale, affinché si accertassero delle sue condizioni e trovassero la sua famiglia o lo affidassero a un'altra. Era assurdo, per quanto la società fosse evoluta, c’erano ancora persone – villici bifolchi, come avrebbe detto Arthur – senza un cuore che abbandonavano una creatura così piccola, condannandola a morte certa. Cielo, se Arthur non lo avesse trattenuto fuori dal loro appartamento, non lo avrebbe mai trovato. Cosa ne sarebbe stato di lui, se non si fosse accorto del suo pianto? Un brivido lo percorse, pensando al peggio.
«Merlin!» urlò il biondo raggiungendolo «Che succede?»
Il moro si voltò verso il marito, stringendo tra le braccia il fagottino piangente, notando che man mano che lo cullava, si calmava, fino a che il suo pianto non si acquietò. Arthur spalancò gli occhi in quel momento, sentendosi improvvisamente lucido, era la cosa più dolce che avesse mai visto in vita sua, suo marito con un bambino tra le braccia.
«È un bambino quello?» Merlin annuì avvicinandosi ad Arthur «Cosa gli è successo?»
«Penso che lo abbiano abbandonato» rispose Merlin con un sospiro, scuotendo la testa «Dobbiamo portarlo in ospedale».
«Ma certo…» Arthur batté le palpebre incredulo.
«Nell’ospedale dove lavoro io c’è un buon reparto di pediatria, lo porteremo lì» affermò, il biondo annuì e lo guardò inclinando la testa, c’era qualcosa di strano in Merlin, qualcosa che non aveva mai visto prima di quel momento, una sorta di rabbia e di irritazione. Forse verso coloro che avevano abbandonato il bambino?
«Sì, andiamo» concordò il biondo. Il bambino si era addormentato, ma sia Merlin che Arthur erano preoccupati per la sua salute. Il moro aveva controllato più volte il suo battito e il suo respiro, per assicurarsi che non avesse danni gravi. In loro era scattato qualcosa, qualcosa che ancora non sapevano descrivere né spiegare, qualcosa che li aveva colti nel profondo dell’anima, ma ancora non se ne erano accorti. Raggiunsero l’auto e Merlin mise il bambino tra le braccia di Arthur, mormorandogli di stare attento alla testa e di stare attento a non farlo urtare da qualche parte.
«Tranquillo, ho già tenuto un bambino in braccio, so come si fa» disse con un sorriso, mentre la sua mente rievocava l’immagine del suo nipotino, lasciato a Camelot, quando aveva deciso di seguire il suo cuore e tornare da Merlin. Non notò l’occhiata scioccata che Merlin gli rivolse, ma strinse le braccia attorno al bambino per proteggerlo, mentre suo marito metteva in moto l’auto e partiva come un razzo verso l’ospedale. Arthur sentiva il respiro del bambino e quello riusciva a rasserenarlo, ma non riusciva a capire come potesse una persona abbandonare una creatura tanto piccola e indifesa. Quando era il re di Camelot aveva visto un sacco di cose simili, bambini orfani che vagavano per la città bassa, madri che non potevano permettersi di tenere i figli e li lasciavano… scosse la testa, cercando di cancellare dalla mente quelle scene terribili a cui non era mai riuscito a porre rimedio; aveva sperato che in quel tempo certe barbarie non accadessero. Invece, ecco la prova che, pur trascorrendo i secoli, pur avendo tutta la tecno-magia possibile, gli esseri umani restavano sempre gli stessi.
Arrivarono in poco tempo all’ospedale e subito Merlin cercò chi di dovere, allontanandosi dal marito dopo aver preso il bambino tra le sue braccia. Sapeva come muoversi e con chi parlare, quello era il suo territorio e il biondo lo sapeva. Solo un paio di volte era stato lì per le emergenze; la prima volta era andato in ospedale quando si era ferito alla mano mentre tentava di cucinare qualcosa a Merlin ed era arrivato lì con un’ustione alla mano e aveva dovuto tenere la mano ferma per giorni. Non aveva neanche potuto lavorare, in più aveva subito suo marito più apprensivo e preoccupato del solito, che in compenso lo aveva coccolato e aveva esaudito qualsiasi suo desiderio. La seconda volta, durante un allenamento con un collega, si era rotto un polso; Merlin era andato nel panico quando lo aveva visto nella sala d’attesa che si reggeva il braccio ferito; anche in quell’occasione il moro era stato dolce, apprensivo e premuroso con lui, ma Merlin lo era sempre e questa era una delle cose che più amava di lui. E adesso si trovavano lì con un bambino abbandonato.
La cosa gli faceva venire i brividi.
Merlin affidò il bambino alle cure di una delle sue colleghe che lo portò immediatamente nel reparto e gli disse di aspettare. Il moro ritornò dal marito e si appoggiò stancamente a lui, sospirando con rassegnazione. Arthur gli mise un braccio attorno ai fianchi e lo strinse forte, dandogli un bacio sulla tempia. Insieme andarono a sedersi nella sala d’aspetto, era strano per Merlin trovarsi dalla parte di chi aspettava notizie dai medici, aveva spesso portato notizie sotto ordine dei medici, solo con sua madre si era trovato in quella situazione. Era strano, ma voleva sapere se quel bambino stava bene, voleva assicurarsene prima di andare via; e comunque promise a se stesso che sarebbe andato a controllare le sue condizioni: era un suo paziente, adesso.
«Lo abbiamo salvato?» chiese Arthur «Insomma, starà… starà bene?»
Merlin annuì, appoggiando il capo contro il suo collo, respirando il suo profumo dolce, quello parve calmare un po’ il suo leggero tremore. Neanche si era accorto di tremare.
«Lo abbiamo salvato» confermò il moro tirando un sospiro di sollievo. Arthur lo strinse un po’ più forte e Merlin si rilassò appena. Si sentiva responsabile verso quel bambino indifeso, era così piccino e, inoltre, era un suo paziente, quindi era ovvio che si preoccupasse così tanto per lui. Avrebbe voluto solo prendere servizio e vedere personalmente le sue condizioni.
«Merlin?»
«Dottor Smith!» Merlin subito mollò Arthur per raggiungere il pediatra che teneva tra le mani una cartellina.
«Mi hanno detto di riferire a te» disse l’uomo guardandolo «Il bambino sta bene, a parte la malnutrizione e la parziale disidratazione. Ho saputo che lo hai ritrovato insieme a tuo marito».
«Sì» rispose l’infermiere «È stato abbandonato accanto ad un cassonetto della spazzatura nei pressi di casa nostra» spiegò «Piangeva e strillava disperato, lo abbiamo sentito. Ho seguito il suo pianto fino a che non l’ho trovato, l’ho avvolto in una giacca per proteggerlo dal freddo e sono corso qui».
«Hai fatto bene, ragazzo» disse il medico «Lo terremo in osservazione per qualche giorno e domani chiameremo i servizi per l’infanzia». Merlin annuì tirando un sospiro di sollievo, adesso il piccolo era in buone mani «Probabilmente se non l’avessi trovato, sarebbe morto».
«Posso vederlo per un attimo?»
«Sai che non si potrebbe, ma ti conosco, adesso lo consideri un tuo paziente» disse il dottore sorridendo «Va’ a dare un’occhiata».
«Grazie infinite». Il medico lo congedò dopo avergli detto dove trovare il bambino e l’infermiere si affrettò a raggiungere la stanza in cui era tenuto il bambino in osservazione, dopo aver indossato il camice e i guanti, non voleva mica che si infettasse la stanza sterile in cui era ricoverato. Gli occhi di Merlin si inumidirono quando lo vide: era così piccolo e indifeso, era in una culletta con la flebo nel braccino e dormiva. L’infermiere gli si avvicinò e gli accarezzò delicatamente una manina con un dito e il piccolo in un gesto automatico glielo strinse delicatamente. Merlin si morse le labbra e decise che, fino a che non avesse trovato una famiglia, sarebbe andato da lui ogni giorno durante i suoi turni.
«Sei al sicuro, adesso» sussurrò al piccolo «Vedrai che presto troverai una famiglia che ti amerà e non avrai nessun ricordo di questa brutta nottata» mormorò a bassa voce, senza lasciare la manina del bimbo «Prometto che verrò a trovarti domani, va bene? Adesso riposa, piccolino». Merlin non sapeva né perché né come, ma dentro di lui era nato un profondo sentimento d’affetto per quel bimbo che aveva soccorso, un istinto che lo spingeva a desiderare di tenerlo al sicuro, tra le sue braccia, in nessun altro luogo. Sospirò e dopo qualche minuto si decise ad andare via, raggiungendo di nuovo Arthur che lo guardava con aria preoccupata. Forse era la sua espressione, ma non chiese nulla al marito. Ringraziò di nuovo il dottore ed insieme al biondo uscì dall’ospedale che era appena sorto il sole, entrambi erano stanchi e assonnati, ma c’era stata un’emergenza. Il viaggio verso casa fu abbastanza silenzioso, spezzato solo dai loro sbadigli; poi quando finalmente toccarono il letto, Arthur strisciò verso il suo amato consorte e lo avvolse tra le sue braccia.
«Ora mi dici cosa ti ha turbato tanto? È da quando sei uscito da quella stanza che sei strano».
«Niente, mi dispiace solo che un bambino sia stato abbandonato così barbaramente» sospirò, nascondendo il viso nel collo del marito, che gli diede un paio di baci sulla testa «Si può sapere quando hai imparato a tenere in braccio i bambini, tu?» chiese alzando la testa, guardando il biondo negli occhi.
«Sul serio?» chiese Arthur, incredulo che gli stesse chiedendo una cosa del genere, poi una tenera risata fuoriuscì dalle sue labbra e il marito lo colpì con un piccolo pugno sulla spalla «Idiota, geloso che non sei altro, ho tenuto in braccio il mio erede quando è nato, a Camelot» gli disse divertito «Il figlio di Morgana».
«Oh… giusto» mormorò mortificato il moro, guardando il biondo che gli accarezzò una guancia «A volte dimentico che sei il leggendario re Arthur» borbottò guadagnandosi un bacio sulle labbra, seguito da uno sbuffo divertito del biondo.
«Adesso cerca di dormire un po’, sono le cinque del mattino» disse Arthur con dolcezza «E entrambi dobbiamo essere al lavoro per le nove».
«Giusto…» Merlin sospirò e prese tra le sue dita la mano sinistra di Arthur, quella dove aveva la fede e gli diede un bacio sul dorso «Scusa, sono solo sconvolto, lavoro da anni al pronto soccorso, ho visto di tutto, ma un bambino abbandonato tra i rifiuti è una cosa riprovevole…»
«Lo so, anche a me ha lasciato parecchio scioccato. Ho visto guerre e battaglie, ma… un bambino è una creatura innocente, non merita niente del genere» disse accarezzandolo «Per fortuna c’eri tu, sai che ti amo ancora di più quanto vedo questo tuo lato?» chiese baciandogli il mento «Quando ti ho visto con quel bambino in braccio, ho avuto un’epifania».
Merlin alzò gli occhi al cielo, ma lasciò che l’altro continuasse a depositargli baci ovunque «Saresti un ottimo padre» proferì il re, guardandolo negli occhi. In quel momento, Merlin si sentì euforico come mai in vita sua, si sporse verso di lui e lo baciò con dolcezza e trasporto. Anche tu potresti esserlo – pensò, senza riuscire a dirlo ad alta voce.
 
§§§
 
Il mattino dopo alle nove in punto, Merlin era in ospedale. Salutata Freya e presi i suoi primi incarichi della mattinata, iniziò di buona lena a lavorare, come se non avesse sulle spalle una nottata completamente insonne – alla fine lui e Arthur avevano dormito sì e no due ore, prima che le loro sveglie suonassero all’unisono alle sette e mezza – e in un momento di calma si era diretto nella stanza dove avevano ricoverato il bambino, lo vide riposare tranquillo, anche se ancora attaccato alle flebo, avevano detto che era molto malnutrito e disidratato. Controllò la sua cartella, dalle analisi era risultato che il piccolo aveva circa tre mesi, era sottopeso e ancora disidratato; deglutì e posò la cartella. Gli si avvicinò cautamente e semplicemente si sedette accanto a lui per qualche minuto.
«Non so perché ti abbiano abbandonato, piccolo» disse dolcemente «Ma ti prometto che guarirai presto e avrai una famiglia che ti amerà e che ti farà essere il bimbo più felice del mondo». Restò lì fino a che il suo cercapersone non trillò, qualcuno necessitava della sua presenza.
«Adesso devo andare, ti prometto che tornerò» affermò sicuro di sé «Riposa». Gli fece una piccola carezza e poi si dileguò, raggiungendo un’anziana signora che doveva fare una tac e aveva chiesto espressamente di lui. Mentre accompagnava la signora nella sala, sorrise ripensando alle parole di Arthur, immaginando come sarebbero stati loro come una famiglia. Sarebbe stato un sogno ad occhi aperti, probabilmente.
La sua giornata passò così in fretta che nemmeno se ne accorse, nella pausa pranzo era tornato a controllare il bambino e aveva chiesto al dottor Smith le sue condizioni, se avessero trovato la sua famiglia o se i servizi sociali fossero già stati contattati. L’uomo gli disse che non avevano trovato i mostri che avevano abbandonato il piccolo, che un assistente sociale sarebbe arrivato quel pomeriggio e che il bambino stava recuperando in fretta la forza fisica, il fatto che avesse pianto tanto anche se era molto debole, voleva dire solo che era molto attaccato alla sua vita. Merlin si rallegrò di questo e ritornò a lavorare, promettendosi che prima di tornare a casa, sarebbe passato di nuovo dal bimbo.
Erano le due del pomeriggio, quando un suo collega andò a chiamarlo per dirgli che suo marito era arrivato chiedendo di lui. Merlin subito pensò al peggio e corse da lui. Quando lo vide in sala d’attesa, la sua preoccupazione raggiunse livelli altissimi e iniziò ad andare in paranoia. Una volta vicino a lui lo studiò con attenzione, cercando eventuali ferite mortali: si era ferito in palestra di nuovo? Qualcuno gli aveva fatto del male con qualcosa? Cosa era successo? Perché era lì in ospedale da lui?
«Arthur! Che succede? Stai bene?»
«Ciao Merlin» lo salutò il biondo sorridendo «Sì, sono venuto a vedere come sta il piccolo che abbiamo soccorso ieri».
«Oh! Beh» tirò un sospiro di sollievo e si guardò intorno «Non potrei farti entrare o parlartene, ma visto che siamo coinvolti» disse Merlin, guidandolo con sé verso il reparto di pediatria «Dicono che stia molto meglio e che sia un combattente, a quanto pare è riuscito ad attirare la nostra attenzione anche se era molto debole».
Arthur annuì alle parole del moro e sorrise tra sé e sé: un combattente, un guerriero, decisamente un Pendragon, si ritrovò a pensare e nel farlo, le sue gote si tinsero di rosso. Al lavoro, mentre mostrava delle posizioni di difesa ad uno degli studenti, aveva raccontato ai suoi colleghi di quanto accaduto la sera prima e di come avesse visto bene Merlin nelle vesti di padre. Sapeva che in quel tempo le cose erano più semplici rispetto a quanto lo erano a Camelot, a quanto pareva le coppie omosessuali, come lui e Merlin, potevano adottare. In effetti, Merlin gli aveva raccontato che Gwaine e Percival avevano deciso di adottare un bambino, in seguito al loro matrimonio. Quindi il suo desiderio di vedere Merlin padre non era poi così assurdo. Inoltre, si era ritrovato a pensare a quel bimbo, tutto solo in una scatola abbandonato vicino alla spazzatura e adesso tutto solo in ospedale e un profondo senso di tristezza lo aveva colto. Per questo, quando le lezioni della mattina finirono, si ritrovò a prendere l’autobus e a raggiungere l’ospedale dove era ricoverato il pargolo. E Merlin lo aveva accompagnato da lui, nonostante non fosse consentito dalle regole. Arthur lo guardò in quella culletta attaccato a tutti quei tubi e sospirò. Come potevano delle persone fare una cosa del genere a una creatura tanto indifesa e adorabile? Provava uno strano senso d’affetto verso quel piccoletto e non ne capiva neanche il motivo, era forse un riflesso di ciò che aveva visto in Merlin?
«Oggi verranno i servizi sociali» disse il moro con un sospiro «Faranno delle ricerche e poi lo porteranno in un orfanotrofio, dove crescerà fino a che non sarà adottato».
«Ma è terribile».
«Sempre meglio di morire in strada, no?» Arthur convenne con lui e Merlin lo condusse di nuovo all’uscita. Il biondo ci restò male, avrebbe voluto stare più vicino al bimbo, ma Merlin non voleva che fossero scoperti e gli promise che lo avrebbe controllato lui stesso. Arthur però promise che sarebbe tornato a chiedere di lui il giorno seguente. Diede un fugace bacio al marito e si dileguò. Una parte di sé, però, era rimasta accanto a quel pargolo, pronta a difenderlo. Sentiva di doverlo proteggere e qualcos’altro che non gli era ancora chiaro. Forse era solo una preoccupazione nata dal fatto che lui e Merlin lo avevano salvato? O era altro?
Quando quel pomeriggio arrivò un’assistente sociale a valutare la situazione, ella volle parlare con Merlin, il quale le spiegò dettagliatamente il soccorso che lui e suo marito avevano prestato al bambino, le condizioni in cui era stato ritrovato, ciò che aveva fatto per proteggerlo dal freddo e della corsa in ospedale, di come i medici si fossero subito presi cura di lui e di come adesso lui andava spesso a controllare la sua salute, sentendosi responsabile verso di lui. La donna sorrise dolcemente appuntando ogni cosa su una cartellina.
 
Ormai tutti in ospedale sapevano che Merlin e Arthur avevano un debole per il bambino, ricoverato nel reparto di pediatria. Arthur ogni giorno andava a vedere come stesse, aveva sedotto con i suoi modi cavallereschi un’infermiera e lei gli permetteva di entrare ogni volta, ma solo negli orari di visita, il biondo chiedeva di lui in continuazione e spesso gli portava dei giochi. Aveva iniziato con un peluche di un orso, poi c’era stato il leone, il drago, il cane e poi il gorilla. Merlin, invece, controllava ogni giorno i suoi parametri, gli cambiava le flebo e i pannolini e nei suoi momenti di pausa si fermava e gli raccontava una fiaba. Tutti chiudevano un occhio quando Arthur arrivava con un peluche o Merlin afferrava il libro di favole e andava nella stanza del bambino.
Il piccolo pian piano si riprendeva sempre di più, riprendeva peso e acquisiva forze. Al settimo giorno di degenza, avevano sostituito le flebo con i biberon di latte in polvere, segno che adesso i parametri erano rientrati nella norma.
Merlin aveva esultato quando, dopo due settimane di ricovero, aveva appreso dalla cartella che il piccolo aveva preso ben due chili. Stava guarendo in fretta, era un vero lottatore quel piccolo marmocchio.
Verso la fine della terza settimana, Arthur e Merlin furono convocati dall’assistente sociale in una stanzetta dell’ospedale che il primario le aveva affidato per poter gestire la situazione del bambino in tutta tranquillità.
«Signori Pendragon» disse la donna sorridendo «Sono felice di vedervi». I due si guardarono confusi, non capivano perché la donna li avesse convocati. Avevano rispettato le regole, più o meno: Arthur si era sempre presentato negli orari di visite e Merlin lavorava lì, quindi non aveva commesso nessun reato a prendersi cura di lui, accidentalmente il bambino era finito nelle sue mansioni quotidiane. «Accomodatevi» disse ancora lei cordiale, invitando i due a sedersi.
«Qualcosa non va?» chiese Merlin, sedendosi insieme al marito sulle sedie indicate dalla donna. Stava tremando e nemmeno capiva il perché. Cosa era successo? L’assistente sociale già stava per portare via il bambino da lì? Così presto? Aveva ancora dei giorni di ricovero – Merlin aveva controllato più volte, per prepararsi all’addio.
«No, va tutto bene» disse lei sorridendo «Se non sbaglio siete voi due che avete salvato il bambino abbandonato, il paziente 0278 di pediatria» loro annuirono incapaci di fare altro «Non ho potuto fare a meno di notare che vi siete legati molto al paziente».
«Signora…»
«Mi chiami Mithian, Merlin» disse lei scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Mithian, ci sentiamo responsabili verso di lui, non ha nessuno e…»
«Non deve giustificarsi, Merlin, non sono qui per accusarvi di nulla» disse lei con serietà, guardando entrambi «Ne ho parlato anche con i miei superiori prima di parlarne con voi» continuò «Vorremmo che prendeste in considerazione l’idea di adottare il bambino» Merlin spalancò gli occhi sorpreso «Se voi doveste accettare, farei partire subito la domanda e potreste avere l’affido per quando uscirà di qui e poi in un mese o due, dopo tutti i dovuti controlli, potremmo concedervi l’adozione».
«Sta scherzando?» chiese Arthur, anticipando il marito «Lei vuole davvero che noi…?»
«Vede, Arthur, quel bambino è stato già abbandonato. Ha bisogno di affetto e di amore, non di un orfanotrofio». Il biondo restò immobile per un secondo ed annuì, poi guardò Merlin. Gli bastò vedere l’espressione raggiante sul suo volto, per capire quale fosse la decisione giusta da prendere e poi anche lui voleva bene al piccolo. Si era affezionato a lui e gli aveva portato dei giocattoli per viziarlo un po’, per non farlo sentire solo. Il bambino aveva abbracciato forte l’orso quando Arthur l’aveva trovato sveglio e gliel’aveva dato tra le manine. Il bambino lo aveva guardato con gli occhioni brillanti e aveva mordicchiato le orecchie dell’animale di peluche – meno male che Merlin lo aveva obbligato a disinfettarlo prima di portarlo lì – e il suo cuore davanti a quella scena si era scaldato di una sensazione dolce e amorevole, qualcosa di molto affine alla paternità o quello che avrebbe dovuto somigliare ad essa.
«Per me va bene» rispose il biondo sorridendo «Sempre che mio marito sia d’accordo» disse voltandosi verso Merlin, che lo guardò con lo sguardo allucinato per qualche istante. Non avevano mai parlato di bambini, di adozioni, di fare i genitori, eppure quello che avevano fatto nelle ultime settimane, era la cosa più simile all’essere genitori che entrambi avessero mai fatto. Si ritrovò a sorridere per un momento, quel piccoletto già era scampato alla morte; avrebbe dovuto vivere ancora una vita terribile in un orfanotrofio, fino a che qualcuno non avesse deciso di adottarlo? E quanti anni sarebbero passati? Ma soprattutto, lui non voleva perdere quel bambino, ogni volta che gli stringeva l’indice, Merlin sentiva un calore invaderlo fin dal profondo del cuore e si espandeva in tutto il corpo.
«Anche per me va bene» affermò dopo qualche istante.
«Ne sono contenta, adesso vi faccio compilare i moduli per l’affido e per la richiesta di adozione» disse tirando fuori da una valigetta tutti i moduli del caso. Arthur strabuzzò gli occhi, insieme al marito.
«Lei sapeva già che avremmo accettato?»
«Signori, si vede quanto vi siate affezionati. Ne ero certa, ho l’occhio per queste cose» rispose lei sorridendo «Ho bisogno dei vostri documenti» continuò poi indicò loro come compilare i moduli e dove firmare.
«Ma… lei, insomma, non ha nessun problema con il fatto che noi…» iniziò Arthur tentennante, a volte il suo spirito di cavaliere medievale prendeva facilmente il sopravvento «… insomma, che siamo due uomini?»
Lei lo guardò con uno sguardo comprensivo, quasi materno: «Arthur» disse dolcemente «So cosa intende, io e la mia associazione siamo per i diritti di tutti, dei bambini soprattutto» spiegò «Pensiamo che un bambino meriti di essere felice e di essere amato, che sia con due uomini, con due donne o con un uomo e una donna, non fa differenza, purché ci siano amore e serenità per lui» Arthur la guardò strabuzzando gli occhi, mentre Merlin al suo fianco sorrideva e gli appoggiava una mano sul ginocchio per sostenerlo «E vi ho osservati, in queste settimane, non sono decisioni che prendiamo alla leggera, tuttavia questo era un caso particolare, se vogliamo dirla così» affermò con sicurezza «Voi due avete amato fin da subito questo bambino, niente l’autorizzava a tornare qui, dopo averlo salvato, invece lei è tornato ogni giorno per assicurarsi che stesse bene e lo stesso ha fatto suo marito. Questo mi ha fatto arrivare alla conclusione che voi siete le persone indicate per rendere felice questo bambino».
«La… La ringrazio, my lady» disse lui, ancora scioccato dalle parole della donna.
«La ringrazio anch’io, Mithian» s’intromise Merlin, stringendo il ginocchio del marito, comprendendo che la situazione per lui potesse essere un po’ più difficile da digerire, non ne avevano mai parlato tra di loro, dopotutto. «Siamo solo molto sorpresi, ma siamo felici di avere quest’opportunità» disse con sincerità.
«Lo so, lo leggo nei vostri occhi» sorrise lei «Come lo chiamerete?» chiese dopo qualche istante.
I coniugi si guardarono per un secondo, poi Arthur prese la parola: «Ci dà un minuto?» lei acconsentì, recuperò i documenti dei quasi-neopapà e andò a fotocopiarli in una stanza adiacente.
«Come lo chiamiamo?» chiese allora il biondo.
«Non ne ho idea, fammici pensare un attimo…» Merlin andò in panico per un attimo, non aveva mai pensato a un nome per un bambino, non credeva che lui ne avrebbe mai avuti e non aveva mai fantasticato su come li avrebbe chiamati.
«Ne avrei un paio, in realtà».
«Cioè?»
«Archibald, Desmond, Egbert, Osborn, Reginald, Eustace, Cornelius, Spartacus…»
«Fermo, fermo! Che diavolo di nomi sono questi?» domandò il moro scioccato «Arthur, non chiamerò mai mio figlio con uno di questi nomi assurdi e terrificanti!» esclamò «La sua vita sarebbe un incubo!»
«Ma sono nomi nobiliari! Mica lo possiamo chiamare con un nome da provinciali» ribatté il biondo «Resterà comunque l’erede del più grande re di tutti i tempi». Il moro alzò gli occhi al cielo con fare esasperato. Arthur era impazzito, ma che diavolo di nomi erano quelli? Assurdo, non avrebbe mai chiamato suo figlio in quel modo.
«Nobiliari un cavolo, sono solo pomposi» sbuffò il moro «Edward» disse dopo un po’ di silenzio, Arthur inclinò la testa con aria interrogativa «Volevi il nome di un nobile. Edward VI Tudor è stato uno dei re d’Inghilterra».
«Edward Pendragon» mormorò Arthur, sorridendo tra sé e sé «Mi piace» concordò sorridendo. Merlin sorrise e gli baciò la guancia. Era ancora incredulo quando comunicarono all’assistente sociale il nome del bambino.
Dopo una buona mezz’ora passata lì dentro ad ascoltare le raccomandazioni, le avvertenze, ogni singola attenzione che avrebbero dovuto avere, Arthur e Merlin uscirono dalla saletta con due sorrisi enormi stampati sulle labbra.
«Allora?» chiese Freya.
«Siamo genitori. Non proprio, per ora siamo tutori, ma… ecco, saremo presto i suoi genitori». Avrebbe voluto essere più euforico e dentro di sé lo era veramente, ma era ancora incredulo di quanto accaduto che non riusciva ancora ad elaborare pienamente cosa fosse accaduto.
«Ragazzi, ma è fantastico!» esclamò lei saltando al collo di entrambi e stringendoli forte «In bocca al lupo» disse poi dileguandosi. I coniugi restarono ancora un po’ scioccati dalla cosa, ma poi si baciarono dolcemente, dicendosi che avrebbero realizzato a tempo debito. E fu quando varcarono insieme la soglia della stanza del bimbo che giocava con il peluche-drago che Arthur gli aveva regalato, che realizzarono in parte in cosa si stavano imbarcando: sarebbero stati una coppia di genitori. Adesso avevano un figlio. Erano una famiglia. Un piccolo miracolo tutto loro che avrebbero cresciuto con amore e con cura, a cui avrebbero regalato la felicità che i mostri che lo avevano abbandonato, gli avevano brutalmente negato.
«Eccolo qui!» esclamò Arthur prendendolo delicatamente in braccio «Il futuro dei Pendragon, il mio erede! Il nostro principe!» esclamò guardandolo. Merlin non riuscì a trattenere le lacrime davanti a quella scena perfetta: Arthur con il loro bambino tra le braccia che gli sorrideva in modo affettuoso e il bambino che rispondeva con un enorme sorriso «Indovina chi saranno i tuoi papà!» esclamò facendogli un leggero solletico sulla pancia. La tenue risata del bambino scaldò le loro orecchie e i loro cuori e il biondo fu sul punto di piangere per la gioia.
Merlin si avvicinò di soppiatto e appoggiò la testa sulla spalla di Arthur, circondandogli la vita con le sue braccia e guardando il bambino con amore. Ecco cos’era quella sensazione che aveva provato stando vicino al bambino. Era amore. Un altro tipo di amore, uno più dolce e più delicato, un amore paterno. Sorrise chiudendo gli occhi e senza nessuno sforzo, riuscì a vedere perfettamente lui e Arthur prendersi cura di Edward, forse avrebbero fatto qualche errore, ma era certo che avrebbero sempre dato il meglio di loro stessi per renderlo felice e per farlo sentire amato e protetto. Arthur dovette realizzare le stesse cose, perché vide un sorriso tenero comparire sulle sue labbra, un sorriso così dolce che sciolse il cuore dell’infermiere e lo fece battere ancora più forte. Ci si poteva innamorare più volte di una persona? Perché con Arthur gli succedeva sempre questo, più passava il tempo, più lo amava. E adesso c’era anche il piccolo Edward a completare quel quadro perfetto.
«Benvenuto in famiglia, piccolo Edward» sussurrò Merlin, godendosi il calore della sua famiglia per un bellissimo momento che avrebbe ricordato per tutta la vita.
«Principe del nostro cuore» aggiunse Arthur, dopo qualche istante. Merlin non poté fare altro che dargli ragione.
 
§§§
 
Quindici giorni dopo, Arthur e Merlin contemplavano la stanza che avevano sistemato per Edward. La stanza degli ospiti, in cui Arthur aveva soggiornato, prima di condividere la camera da letto con Merlin, era stata trasformata in una cameretta adatta ad un bambino piccolo, il fantoccio da allenamento di Arthur era stato momentaneamente sistemato nel ripostiglio, in modo che non fosse di intralcio e la camera era stata arredata a prova di bambino. L’enorme culla – è mio figlio, Merlin, deve avere il meglio, una culla grande e comoda per lui è l’ideale – faceva mostra di sé al centro della camera; Merlin aveva comprato un paracolpi beige e bianco con degli orsetti disegnati sopra, con plaid, copertina di cotone e lenzuola abbinate e una giostrina con le apine svettava sopra la culla. Le pareti erano tinte di un tenue azzurro, ma su una parete, Arthur aveva insistito per dei dettagli in rosso/oro e Merlin non aveva saputo dirgli di no, come suo solito. Si erano premurati anche di acquistare un tappeto per farlo giocare, alcuni giochini, un passeggino multifunzione, suggerito da Freya, un seggiolone per quando sarebbe stato più grande, una sediolina a dondolo portatile e nell’auto già faceva mostra di sé un bel seggiolino da viaggio. La cucina invece era stata invasa da biberon, sterilizzatori (due, perché uno era poco) ciucciotti, latte in polvere, bollitori e tutto ciò che sarebbe potuto servire loro per accudirlo. Arthur, una sera di ritorno dal lavoro, aveva comprato delle altre tutine, perché suo figlio doveva avere tutto il necessario. Già lo consideravano loro e non lo avevano neanche portato a casa. Non era stato risparmiato il bagno, dove prima c’era un mobiletto, adesso c’era un bel fasciatoio accessoriato con tutto l’occorrente a portata di mano: creme, saponi delicati, asciugamani di stoffa, confezioni di pannolini e di talco. Tutta la casa era a prova di bambino, il tavolino del salotto aveva un rivestimento di gomma per evitare che si facesse male, quando avrebbe imparato a camminare e qualsiasi cosa pericolosa era sparita dalla circolazione o riposta strategicamente nel ripostiglio, persino sulle porte Merlin aveva fatto mettere delle protezioni, in modo che non potesse farsi del male. Quando avevano sistemato la casa, non senza aiuto – Gwaine, Percival, Freya e alcuni amici di Arthur erano stati molto disponibili con loro e li avevano aiutati a sistemare la casa per l’imminente arrivo di Edward – erano stati accorti e minuziosi nei dettagli. Non avevano smesso di andare dal piccolo ogni volta che potevano, anzi le visite erano anche più frequenti e avevano scoperto, con loro somma gioia, che presto Edward sarebbe stato dimesso. Lo amavano già, quel bambino aveva rapito il cuore di entrambi gli uomini la notte in cui aveva strillato per farsi sentire e loro lo avevano salvato.
«Sono emozionato» disse ad un tratto Merlin, guardando Arthur; entrambi stavano ammirando la camera appena finita e rifinita con gli ultimi dettagli «Pensi che gli piacerà?» chiese alludendo alla stanza.
«La adorerà ne sono certo» rispose il biondo dandogli un bacio sulla guancia «E poi quando crescerà, se vorrà cambiare qualcosa, sarà libero di farlo». Merlin inclinò la testa, appoggiandola nell’incavo del collo del marito. Arthur sospirò e non disse nulla, per lui era ancora una situazione surreale. Mai in vita sua avrebbe creduto di adottare un bambino con un altro uomo, eppure il solo pensiero di ciò lo riscaldava dentro e lo riempiva di una strana euforia. Anche se alcuni piccoli dubbi si insinuarono nella sua mente come piccoli tarli: sarebbero stati in grado di crescerlo? Edward li avrebbe odiati quando sarebbe diventato grande, desiderando una famiglia diversa dalla loro? Sarebbero stati in grado di dargli tutto? Cercò di mettere a tacere i suoi dubbi, per non turbare Merlin, conoscendolo sapeva che fosse roso dagli stessi interrogativi e non voleva che ne avesse di più. Sapeva solo che entrambi avrebbero fatto del loro meglio per garantire una vita felice a quel bambino. Arthur, inconsciamente, lo aveva promesso al bambino quando lo avevano trovato, quasi come se l’avesse sentito suo e di Merlin fin dal principio. Che fosse stato mandato lì, proprio per loro?
«Dovremmo organizzare una festa in suo onore» disse ad un certo punto, guadagnandosi un’occhiata perplessa dal moro «Sì, insomma, per quando lo porteremo qui. Quando nacqui io, mio padre organizzò un torneo che durò una settimana».
«Se eviti di bere troppo e non ingaggi duelli con chiunque, potrei anche prendere in considerazione l’idea» scherzò il moro, lanciando un’occhiata al marito, memore di un piccolo duello inscenato durante un’uscita al pub con i loro amici, si era divertito, anche se il proprietario del locale aveva caldamente invitato i tre impavidi cavalieri (Arthur, Gwaine e Ralph, un collega di Arthur) che si sfidavano a suon di forchettate, a darsi una calmata e a non bere più, altrimenti li avrebbe cacciati dal locale.
Arthur ridacchiò «Da che pulpito! Tu hai organizzato una serata a tema solo perché mi vedevi triste».
«Touché, volevo fare una cosa carina per il tuo compleanno» commentò il moro piccato. Arthur ridacchiò e gli baciò la guancia, mormorandogli che, comunque, era stata una delle giornate più belle della sua vita. Merlin sorrise ricordando bene la festa in stile medievale che aveva organizzato un paio d’anni prima in onore del compleanno di Arthur. Aveva organizzato tutto in un castello, noleggiato dei cavalli e le armature. Era stato uno spasso e il biondo per un momento si era sentito di nuovo se stesso.
«E comunque» riprese il discorso «Non mi sembra che ti sia dispiaciuta la tua festa, soprattutto quando hai vinto quella specie di torneo in tuo onore» ridacchiò, affondando il naso contro la spalla del marito «Quando hai buttato Gwaine a terra…»
«Una soddisfazione unica» ridacchiò il biondo ricordando quel giorno «Quindi la festa per Edward?»
«La faremo» confermò il moro alzando lo sguardo verso di lui «Non sia mai che io impedisca a vostra maestà di organizzare una festa al suo erede!»
«Idiota» bofonchiò Arthur con affetto, prima di catturare le sue labbra in un tenero bacio e sorridere contro la sua bocca «E comunque qualcuno ha fatto sparire tutti gli alcolici quindi!» esclamò fintamente piccato. Merlin rise e gli avvolse le braccia attorno al collo, stringendosi a lui per coinvolgerlo in un altro bacio mozzafiato e decretando che fosse giunto il momento di andare a dormire. Stretti l’uno all’altro, ancora divertiti per le parole che si erano detti, tornarono nella loro stanza ed entrambi non riuscirono a pensare ad altro che da lì a pochi giorni, il piccolo sarebbe giunto ufficialmente nelle loro vite, pronto a riempire le loro giornate.
 
Il grande giorno era arrivato, finalmente Merlin e Arthur si apprestavano a portare a casa il piccolo Edward. Merlin avrebbe dovuto fiutare nell’aria il pericolo di ciò che i suoi amici, uniti a quelli di suo marito, avrebbero potuto fare quando avevano chiesto a loro di aiutarli con la festa del bambino. Non vedeva Freya dalla sera prima e misteriosamente anche Gwaine era sparito. Lui e Arthur avevano un incontro alle nove con l’assistente sociale per parlare di Edward e di come avessero deciso di organizzarsi, era fondamentale che il bambino si ambientasse bene nei primi giorni e comunque necessitava ancora di cura e di essere monitorato; Merlin era stato ben felice di chiedere un piccolo periodo di ferie accumulate, come una sorta di permesso di paternità, per stare a casa con il bambino e prendersi cura di lui ventiquattro ore su ventiquattro. Poi avrebbero trovato un’intesa lui e Arthur per il futuro. Dopo tre infinite ore a parlare con la donna, finalmente furono lasciati andare e nominati a tutti gli effetti tutori del bambino. Avrebbero avuto la prima visita dell’assistente sociale da lì a un mese, lei avrebbe controllato le condizioni del bambino, la casa e tutto il resto. Un po’ faceva paura, ma loro sapevano di star facendo tutto il possibile per rendere confortevole e sicura la vita di Edward con loro, quindi non avevano niente da temere. Firmarono insieme all’assistente sociale dei documenti, compresi quelli per la dimissione del bambino e quando il dottor Smith, che si era preso cura di lui fin da quando era arrivato, con gioia, lo mise tra le braccia di Merlin, i due coniugi scoppiarono di felicità e sorrisero, ringraziando l’uomo.
«Ciao Edward» mormorò il moro emozionato, stringendo il bambino «Sei pronto ad andare a casa?» Arthur quasi si commosse, ma alzò gli occhi al cielo per evitare a quella maledetta lacrima di scivolare sulla sua guancia, vedere Merlin con quel bambino in braccio era ancora una cosa che lo faceva sussultare ed emozionare. Patetico, si insultò trattenendo uno sbuffo. «Avrai una bella cameretta tutta tua, ma sono sicuro che se farai gli occhioni dolci, il brontolone del tuo papà nobile ti trascinerà in mezzo a noi due» ridacchiò e il bambino mosse le manine in aria e rivolse ai neogenitori quello che a loro apparve come una sorta di sorriso; superfluo dire che conquistò ancora di più i due uomini.
Merlin sorrise istintivamente e lo sistemò meglio nella copertina in cui era avvolto; poi si voltò verso Arthur e si emozionò vedendo i suoi occhi colmi di gioia e di felicità. Non disse niente, semplicemente raggiunsero l’auto e Merlin sistemò Edward nel sediolino sistemato sui sedili posteriori, sotto lo sguardo vigile e preoccupato di Arthur, che non aveva idea di come funzionassero tutte quelle cose, nonostante Merlin gliel’avesse già spiegato tantissime volte. Insieme salirono in auto e il moro guidò verso casa, stando attento a non andare troppo veloce o a fare frenate brusche; pur essendo stato attento a sistemare minuziosamente tutti i gancetti agli appositi sostegni, era in ansia che quell’aggeggio si muovesse e lo facesse volare fuori dall’auto. Okay, era leggermente paranoico, ma la sua era semplice e sincera preoccupazione per il pargolo e non se ne vergognava.
«Tranquillo» soffiò Arthur al suo fianco, appoggiandogli una mano sul ginocchio; Merlin parve rilassarsi, ma comunque ogni tanto dallo specchietto retrovisore, controllava che tutto fosse in ordine là dietro; tirò un sospiro di sollievo quando parcheggiò l’auto sotto il palazzo e riprese il bambino tra le sue braccia, liberandolo da tutte quelle stringhe di sicurezza. Edward non fece nessuna protesta e Merlin sorrise vedendolo tranquillo, era un buon inizio, giusto?
Quando arrivarono a casa si ritrovarono davanti una vera e propria invasione: tutti i loro amici erano lì, Freya davanti a tutti, e li accolsero calorosamente, congratulandosi con loro per l’arrivo inaspettato del bambino. Arthur e Merlin si guardarono per un momento spaesati, ma poi ringraziarono tutti i loro amici sorridendo, sinceramente commossi e felici.
«Ma guardatelo che carino!» esclamò Gwaine «Ehi marmocchio, io sono lo zio Gwaine, quello simpatico che ti vizierà sempre» disse al piccolo «Non ascoltare quel brontolone di Arthur».
«Gwaine, così lo diseduchi!» protestò il biondo.
«Pft, Merlin, quando vorrai, sarò felicissimo di essere il suo babysitter!» esclamò ignorando le proteste di Arthur «Vero Percy? Saremo i suoi zii preferiti!»
«Certo, tesoro, ma adesso lasciali respirare» disse Percival ridacchiando, mettendo un braccio attorno ai fianchi del marito sorridendo ai due coniugi che erano davanti a lui «Congratulazioni, ragazzi».
«Ehi, ci pensate?» esordì Gwaine «Quando anche io e Percy avremo un figlio o una figlia, li faremo conoscere! Diventeranno inseparabili!»
«O potrebbero odiarsi a vicenda» scherzò Arthur con un braccio saldamente ancorato alla vita di Merlin, che ridacchiava cullando il bambino «Mio figlio batterebbe il tuo ad occhi chiusi».
«Vuoi sfidarmi, Pendragon?»
«Non ho paura di te».
«Non iniziate a bisticciare voi due, che vi basta un bicchierino per iniziare ad andare d’amore e d’accordo» scherzò Merlin «E non sono permessi alcolici oggi, quindi evitate di battibeccare e fate gli adulti» li rimproverò bonariamente. Entrambi scoppiarono a ridere dandosi reciprocamente una pacca sulla spalla. Dopo pochi minuti furono investiti dalla gioia di Freya che stritolò prima Merlin e poi Arthur in un abbraccio caloroso.
«Tutto ciò è meraviglioso!» esclamò la ragazza «Io sarò la sua zia preferita!» Merlin scoppiò ridere annuendo, mentre lei e Gwaine iniziavano un battibecco su chi sarebbe stato il preferito dal bambino tra di loro, facendo a gara su chi lo avrebbe viziato di più. Non riuscì comunque ad evitarsi di sentirsi terribilmente felice di tutto ciò, soprattutto quando scorse lo sguardo luccicante di Arthur mentre parlava con un suo collega.
La festicciola durò poche ore e verso l’ora di pranzo tutti i presenti andarono via, lasciando la neo-famiglia tutta sola.
Edward si era addormentato in braccio ad Arthur e quest’ultimo lo aveva portato nella culletta; dopo averlo coperto ed essersi assicurato che fosse ben protetto dal freddo, raggiunse suo marito in salotto, lasciandosi cadere sul divano accanto a lui, Merlin gli passò una lattina di coca-cola; Arthur ridacchiò, perché Merlin aveva preso alla lettera la regola: gli alcolici lontani dai bambini, tanto che li aveva anche eliminati dalla casa.
«Un brindisi analcolico» affermò il moro, Arthur accettò la sua lattina con un sorrisetto sulle labbra «Alla nostra famiglia».
«A noi tre» concordò l’altro «Ti amo» aggiunse, facendo scontrare le lattine ed entrambi bevvero un sorso della bevanda, storcendo il naso. Mai più una cosa simile, era disgustosa. Merlin fece la sua stessa espressione ed entrambi scoppiarono a ridere divertiti. Poi si baciarono con dolcezza, rendendosi conto che era tutto vero. Adesso avevano una vera famiglia.
 
§§§
 
Erano appena passate due settimane dall’arrivo di Edward, se i primi giorni erano stati idilliaci, poi tutto era diventato un caos per Merlin, il bambino si svegliava in continuazione la notte, gli impediva di dormire, eppure quelle ore di sonno perse per lui non erano un peso, anzi, era felice così. Quando il pomeriggio Arthur rientrava era così premuroso da prendere Edward e accudirlo per permettergli di riposare un po’, ma poi la notte era Merlin ad alzarsi perché il biondo doveva andare al lavoro e aveva bisogno di riposare più di lui. A volte lo portava sul letto vicino a loro e solo in quei momenti si acquietava. Merlin aveva bisogno di dormire giusto un paio d’ore e sembrava che Edward si placasse solo quando era tra di loro. Nonostante la stanchezza, era più felice di quanto non lo fosse mai stato in tutta la sua vita. La notte del sedicesimo giorno dall’arrivo di Edward, la casa era silenziosa. Il bambino dormiva nella sua culla e Merlin si addormentò tra le braccia di suo marito sereno; era felice, stremato, soddisfatto e tutto sembrava andare bene.
Un tuono squarciò l’aria in quella notte ventosa e subito il pianto disperato del bambino echeggiò per tutta la casa. L’infermiere alzò le palpebre come se fosse stato un gesto automatico, ma il braccio rapido di suo marito fermò il suo intento di alzarsi e lui ricadde pesantemente con la testa sul cuscino, sospirando contrariato.
«Dormi, vado io» sussurrò dolcemente il biondo, dandogli un bacio sulla guancia, prima di alzarsi e precipitarsi nella stanzetta del bambino, nello stesso momento in cui un altro tuono faceva vibrare i vetri della casa. Maledetti temporali – imprecò mentalmente e raggiunse la culla. Si abbassò e prese il piccolo Edward tra le sue braccia.
«Shhh, calmati» sussurrò dolcemente iniziando ad oscillare sul posto con lui per tranquillizzarlo «È solo un brutto temporale, vedrai che domani ci sarà un bellissimo arcobaleno nel cielo» mormorò ancora, Edward strillò ancora e Arthur lo portò impacciatamente fuori dalla sua cameretta, raggiungendo la cucina «Non preoccuparti, piccolo» sussurrò al bambino «Il tuo papà ti proteggerà da questo brutto temporale» promise «Che ne dici se facciamo dormire un pochino tuo padre e ti preparo un po’ di latte?» domandò dolcemente, continuando a cullarlo per tenerlo tranquillo. Sapeva che Merlin, prima di andare a tentare di dormire, preparava in cucina uno scaldavivande e alcuni biberon già divisi in porzioni nel frigorifero. Reggendo il bambino con un solo braccio, Arthur ne prese uno e subito lo mise nello scaldavivande, azionando l’elettrodomestico. Edward sembrava aver smesso di strillare come un matto e il suo respiro, sebbene un po’ singhiozzante, andava via via calmandosi «Questo è il mio ometto» sussurrò al bambino con un mal celato orgoglio nella voce. Quando fu pronto, prese il biberon e raggiunse il divano, dove si sedette. Poi si sistemò il bambino tra le braccia e avvicinò il biberon alla sua bocca e lui con entusiasmo iniziò a bere il latte.
«Lo sai? A volte, ho paura» ammise il biondo al vuoto della stanza «Ma non dirlo a Merlin, altrimenti inizia a tormentarmi con le sue rassicurazioni. Non sono bravo con i bambini. Sai, piccolo, da dove vengo io, i bambini vengono cresciuti dalle balie da piccoli e poi allenati per diventare cavalieri» raccontò mentre il bambino continuava a bere il latte, fortunatamente si era calmato e adesso era sereno «Ma ti prometto che tu crescerai con noi e non soffrirai. Anche perché non sono sicuro che le balie esistano in questo tempo» affermò pensieroso, poi sorrise dolcemente guardando il bambino «Io sto imparando tutto con Merlin, lo osservo spesso, sai? Sembra che ce l’abbia nel DNA, essere padre, intendo» continuò a parlare notando che Edward avesse quasi finito tutto il contenuto della bottiglina «Lui è bravo, vero, piccolo? Si prende cura di te tutto il giorno, ti cambia i pannolini e ti racconta le storie, quindi perché non fai l’ometto e dormi tutta la notte? Lo puoi fare per il tuo papà?» Arthur mise via il biberon e si sistemò Edward in braccio con la testolina sulla spalla, dandogli piccole e delicate pacche sulla schiena, come gli aveva insegnato Merlin, per fargli fare il ruttino. «Sei un campione!» esclamò con voce sommessa dopo qualche istante, complimentandosi con il figlio ridacchiando piano; ma il rumore e l’odore che seguirono il ruttino non piacquero per niente al genitore, che immediatamente iniziò a sudare freddo. Doveva chiamare Merlin? No, gli aveva promesso che per quella notte avrebbe fatto tutto da solo e sì, l’avrebbe fatto. «Non mi dai tregua stanotte, vero?» domandò divertito «Beh, immagino che con Merlin tu faccia lo stesso e stanotte lui ha bisogno di dormire» continuò il suo sproloquio cercando di autoconvincersi «D’accordo, affrontiamo quest’altra missione da bravi cavalieri quali siamo». Detto ciò portò il bambino nel bagno e lo depose delicatamente sul fasciatoio. Merlin era un maniaco dell’ordine e della praticità, tutto aveva un cestino apposito ed era facile trovare ciò di cui si aveva bisogno. Forza, ce la puoi fare – si incoraggiò il re, guardando il figlio. «Non fare scherzi» disse assottigliando lo sguardo, poi iniziò a sbottonare la tutina e l’alzò fino a scoprire il pannolino, l’odore nauseante gli diede alla testa e si chiese come facesse Merlin a farlo ogni santo giorno e ogni benedetta notte, lui l’aveva fatto, ma era quasi sempre innocuo. Senza paura, aprì il pannolino, lo tolse e lo gettò via nella pattumiera apposita e si abbassò per prendere delicatamente il bambino tra le braccia per lavarlo e finire il suo lavoro nel minor tempo possibile. Ma suo figlio non fu di quell’avvertimento: non appena Arthur lo alzò dal fasciatoio, fu investito da una spruzzata di pipì in pieno petto. «Edward» si lamentò, mentre il bambino si scioglieva in una divertita risata; in fretta Arthur lo mise sotto all’acqua e lo lavò per bene, attento a non lasciare tracce di sapone. Poi lo rimise sul fasciatoio per asciugarlo.
«Non fare altri scherzetti, signorino» gli disse con tono di rimprovero, ma fu così finto che nemmeno lui credette alle sue stesse parole. Poi, con rapidità, applicò un po’ di crema per non farlo arrossare e finalmente, non senza una buona dose di fatica, chiuse il pannolino. «Missione compiuta!» esclamò. Poi con un gesto rapido si tolse la maglietta del pigiama sporca e la gettò con poca grazia nella cesta per gli abiti sporchi, Merlin si sarebbe sicuramente arrabbiato, ma non importava. Riprese il bambino tra le braccia e riprese a cullarlo «Io non sono uno che apre spesso il suo cuore, ma tu… tu me l’hai rubato, esattamente come ha fatto tuo padre quando l’ho conosciuto» sussurrò con dolcezza «Voi siete i sovrani del mio cuore» confessò lasciando scivolare quella maledetta lacrima che da parecchio premeva per liberarsi; il bambino emise un verso allegro, che Arthur interpretò come compiaciuto «Che ne dici? Andiamo a dormire vicino a papà? Così non si sente solo» disse in fretta, si sentiva emozionato, fin da quando Edward era arrivato quello era il primo momento che trascorreva da solo con lui, senza la costante supervisione di Merlin ed era stato uno dei momenti più belli e intensi di tutta la sua vita, la più gloriosa battaglia non avrebbe avuto lo stesso impatto su di lui. Il bimbo si accoccolò tra le sue braccia e dopo un paio di cullate dolci, iniziò a dare i primi segni di cedimento. Si rese conto in quel momento che avrebbe potuto tenerlo sveglio per notti intere, che avrebbe potuto sporcargli tutte le sue magliette preferite, niente avrebbe intaccato l’amore che provava per quel bambino. Quella fu solo l’ennesima conferma che quattro anni prima aveva fatto la scelta giusta: tornare da Merlin era stato solo il primo passo verso la felicità che aveva inseguito sempre, ma che non aveva mai trovato. Sarai orgogliosa di me, Morgana, ovunque tu sia… - si ritrovò a pensare, mentre addormentava suo figlio e qualche altra lacrima sfuggiva al suo controllo. Al diavolo, sono diventato troppo sentimentale.
Arthur soddisfatto lo portò in camera da letto e vide Merlin sveglio, non appena appoggiò il bambino sul letto, senza capirne il motivo, si ritrovò con le labbra del marito attaccate alle sue in un dolce bacio. Si sciolse a quel contatto e ricambiò con altrettanta dolcezza e amore. Merlin gli passò le dita sulle guance umide di lacrime, senza dire una parola.
«Grazie» sussurrò Merlin «Ti amo, sei un padre fantastico».
Arthur sorrise di rimando e «Lo sei anche tu» affermò, sdraiandosi sul letto e coprendo sia lui che suo marito che il bambino con una coperta. «Vi amo immensamente» sussurrò, poi si sistemò sul letto mettendosi su un fianco, notando che suo marito fosse nella stessa posizione di fronte a lui e allungò un braccio verso di lui, sfiorando delicatamente il suo fianco. Merlin sorrideva, malgrado la stanchezza e Arthur credeva di non aver mai visto un sorriso tanto bello sul suo volto, il moro si avvicinò a lui e appoggiò la fronte sulla sua, gli diede un altro bacio a stampo.
Quello che Arthur ignorava era che Merlin, sentendolo parlottare con il bambino si era alzato e aveva osservato ed ascoltato tutto da dietro allo stipite della porta e aveva amato Arthur giusto un po’ di più, ma non era necessario che lo sapesse. Quella notte, malgrado i tuoni che fuori alla finestra continuavano e le gocce di pioggia che ticchettavano incessantemente sul vetro della finestra, tutti e tre dormirono profondamente e serenamente fino alla mattina seguente.
 
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Edward aveva otto mesi, quando dal suo seggiolone con la bocca tutta sporca di passato di verdure, sfoggiando il suo bellissimo sorriso con i suoi primi due dentini, si sbracciò verso i suoi genitori urlando: «Dada!»
Nessuno dei due capì a chi si riferisse – Arthur avrebbe detto a lui, vantandosene in futuro, perché insomma era il suo erede – ma entrambi lo raggiunsero e lo abbracciarono, sbaciucchiandogli le guance paffute, piangendo di gioia, mentre lui rideva con il cucchiaino sporco tra le manine, ripetendo continuamente Dada, dada, dada. Ed entrambi si resero conto che non c’era suono più bello e melodioso di quella parola detta dal loro principino.




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Hola people!
Ne è passato di tempo dall’ultima OS, vero? Eheh, lo so. La sessione estiva non perdona nessuno, ma dopo due esami a giugno (superati, yeee) e ancora qualche giorno ai prossimi esami ("sette giorni e morirai", me tapina), me ne torno con un’altra piccola (si fa per dire) OS giusto per farvi capire che non sono morta LOL
A causa dei giorni un po’ impegnati, mi sono dedicata a cosa relativamente più brevi (presto su questi schermi una short fic di 2 capitoli molto cariiiina), ma non temete, appena finiranno gli esami ho un paio di cosette da mettere a punto (looong) che non vedo l’ora di farvi leggere!
Questa è nata come una sorta di epilogo di Enchanted e doveva far parte di un seguito di cinque capitoli, ma io con i seguiti faccio veramente schifo e anche se ho idee, a volte mi pare così difficile scriverli che preferisco dedicarmi ad altro, ma questa l’avevo scritta e non mi andava di farle prendere polvere nel PC. Inoltre mi sembrava un bel richiamo al fatto che avessi pubblicato la principale durante la sessione invernale. A volte ritornano! LOL Forse ci saranno altre OS così, che raccontano un po’ di momenti di questa bizzarra famiglia (io ho adorato Arthur e Merlin versione papà!) e o forse mi fermerò qui, ma comunque tornerò con altre storie (al momento ho in corso di scrittura un paio di AU – sono il mio punto debole, me tapina – una nell’universo canonico, e un’AU particolare con un mezzo crossover, stay tuned per sapere cosa sarà muhahaha)
Anyway, i bambini piccoli sanno essere davvero sadici quando si tratta di centrarti con la loro pipì (esperienza personale di quando facevo il servizio civile in un asilo nido, che ricordi, portavo sempre almeno due magliette di ricambio lol) ma nessuno ha il diritto di abbandonarli, vanno amati e coccolati (anche viziati, sì, con una cugina di un anno, sono molto di parte su questo ahah). Quindi niente! Ecco come Arthur e Merlin di Enchanted hanno messo su la loro felice famigliola! Mi piaceva dare un finale così dolce alla storia, e spero che sia piaciuto anche a voi. Scusate il papiro ahah
Ci tengo a ringraziare con questo spin-off/epilogo/missing moment, chiamatelo come volete LOL, elfin emyrs e lilyy che hanno seguito la storia principale (girls, spero che vi piaccia e mi perdoniate per il fatto che sia solo una OS) e tutte le persone meravigliose che hanno seguito, messo tra i preferiti e le ricordate la storia principale, che ha superato le mille visualizzazioni da un po’ e io sono veramente molto happy. Adesso me ne vado a dormire e domani ritorno a studiare medievale (again, questo esame è il mio incubo, è la terza volta che provo a darlo, o sono io scema o non lo so eww), ci si becca alla fine della sessione estiva se sarò viva per raccontarla, potrei sciogliermi nel frattempo LOL
May the Force be with you!
See you soon people!
Bye bye! Chiara loves ya <3


PS se ci sono errori (l'ho letta 10 volte, sono 4 giorni che la rileggo, giuro, credo che ormai i miei occhi si siano abituati a loro o la mia vista fa più schifo di sempre) non esitate a dirmelo brutalmente dicendomi quanto sono idiota a fare ancora orrori del cacchio çç 

   
 
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