Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: dada_97    29/06/2019    0 recensioni
Durante una notte particolarmente buia, Sakura si sveglia avvolta nel terrore. Riprendersi per lei sembra impossibile, a causa di un pensiero assillante che continua a tormentarla. Forse, però, c'è qualcuno che può aiutarla. Per sentirsi meglio, a volte, bastano le parole adatte e un po' d'amore... e lei ha la fortuna di avere accanto la persona giusta.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Li Shaoran, Sakura Kinomoto | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
 
<< Ci vediamo domani, buonanotte. >>
Sakura abbassò il cellulare e sorrise leggendo il nome della persona che aveva appena salutato. Il suo Syaoran ci teneva a sentirla tutte le sere prima di andare a dormire e lei, beh, poteva esserne solamente contenta, consapevole di non poter trovare un ragazzo come lui da nessuna parte. Aveva già parlato anche con Tomoyo, la quale si era assicurata che lei stesse bene e non avesse bisogno di niente, prima di ricordarle che il giorno dopo le avrebbe scattato una miriade di fotografie e l’avrebbe ripresa con la sua videocamera in ogni istante della gita. La ragazza sospirò al pensiero mentre si alzava dal divano e iniziava a fare un giro di perlustrazione al piano inferiore della sua casa per accertarsi che non ci fosse nulla fuori posto e che le luci fossero tutte spente. L’indomani si sarebbe svegliata presto per incontrarsi con i suoi compagni e gli insegnanti all’entrata della scuola, dove insieme sarebbero saliti su un pullman per raggiungere una riserva naturale situata nel nord del Giappone e poter così provare l’ebbrezza del campeggio lontani da ogni posto conosciuto. Dopo un viaggio di cinque lunghe ore sarebbero finalmente arrivati a destinazione e avrebbero passato due giorni indimenticabili, di questo Sakura ne era certa.
Si fermò alla base delle scale e prese un respiro profondo, poi spense la luce del corridoio – l’ultima rimasta accesa – e più veloce di un fulmine schizzò di sopra nella sua camera da letto, dove un caloroso bagliore l’avvolse di nuovo. Chiuse la stanza a chiave e si portò le mani al petto, cercando di contenere i battiti accelerati del suo cuore. Era a casa da sola, quella sera: suo padre si era spostato in un’altra città e vi sarebbe rimasto per un paio di settimane a causa di un’importante ricerca archeologica che doveva svolgere, mentre suo fratello aveva un turno di notte al lavoro che, essendo estate, non gli creava alcun problema con la scuola. Quanto a Kero-chan, in quel momento si trovava con Yuè in Inghilterra nella lussuosa dimora di Eriol a discutere con loro di qualche strano argomento che lei non aveva ben capito. Tutti questi imprevisti comportavano che lei rimanesse da sola per una sera e, nonostante avesse detto a tutti che non c’era alcun problema, iniziava a temere di non farcela. Trasse un sospiro e scosse la testa, mettendosi davanti allo specchio e guardandosi negli occhi. Si osservò per qualche secondo e infine sfoggiò un bel sorriso, decisa a calmarsi. Syaoran e Tomoyo erano preoccupati perché conoscevano le sue debolezze, ma lei li aveva rassicurati dicendo loro che tutto sarebbe andato per il meglio e non voleva deluderli proprio adesso che li aveva convinti della sua forza di volontà.
Distolse lo sguardo dal suo riflesso e si infilò il pigiama, dopodiché spense la luce e, di fretta e furia, si buttò sotto le coperte. Serrò subito gli occhi nella speranza di prendere sonno il prima possibile, ma qualcosa la fermò. Scossa da un brivido, lanciò un’occhiata al di sopra delle lenzuola e non poté far altro che notare uno strano chiarore argenteo invadere con prepotenza l’intera stanza. Alzò la testa e gli occhi le caddero sulla finestra, dove uno spirito di donna scrutava dall’esterno voltando la testa di qua e di là, valutando l’idea di entrare. Sakura, però, non ebbe paura, perché quel fantasma lo conosceva: era sua madre. La sua dolce, cara mamma… sicuramente l’aveva raggiunta per tenerle compagnia in quella tenebrosa notte di solitudine, pensò la ragazza con espressione raggiante e una voglia matta di scendere dal letto per correre incontro a quella figura eterea. Ma qualcosa non andava. Non riusciva a muoversi, era come se ogni nervo del suo corpo fosse paralizzato. Nuovamente spaventata, si rivolse alla donna, solo per rendersi conto che stava succedendo una cosa orribile: lo spirito stava scavalcando la finestra ma, ad ogni arto che metteva dentro la camera, si trasformava. In un attimo, un eterno attimo, la ragazza vide la rassicurante e splendente anima di sua madre tramutarsi in uno spettro maligno dai colori bui e spenti, che all’improvviso levò lo sguardo demoniaco su di lei, mettendo in mostra due occhi sferici, iniettati di sangue e malvagità. Sakura non ebbe alcuna reazione sul momento dato che il panico la immobilizzava, ma si mise subito ad urlare non appena quell’essere deforme e spaventoso mosse un primo passo verso di lei. Strillò con tutte le sue forze nella speranza che qualcuno – chiunque – la sentisse e corresse ad aiutarla, ma la voce non accennava ad uscirle dalla gola, come morta. Il mostro si fermò e la guardò per qualche secondo piegando la testa di lato, poi riprese la sua camminata emettendo versi rauchi e prettamente gutturali, senza mai togliere gli occhi dal viso terrorizzato di Sakura, che ormai non sapeva più che cosa fare. Prese il lembo delle coperte con entrambe le mani e si buttò al di sotto, pregando che in qualche modo potesse scampare alla bestia. Questa, però, si faceva sentire con i suoi borbottii agghiaccianti, mentre i suoi passi, felpati ma allo stesso tempo decisi, si avvicinavano poco alla volta.
“Smettila”, sussurrò la ragazza.
Era consapevole che la voce non aveva alcuna intenzione di assisterla, però voleva comunque provare perché sembrava proprio che il mostro riuscisse a sentirla, in qualche modo. I lamenti si arrestarono infatti, ma ripresero dopo qualche istante con un altro passo.
“Ti prego”, iniziò a ripetere Sakura nel tentativo di convincere la creatura a lasciarla in pace e magari a ridarle la rassicurante figura di sua madre.
Un altro passo, un altro mugugno, un’altra speranza che se ne andava.
“Per favore”, pensò lei con tutte le sue energie, sforzandosi di non dar retta alle immagini che passavano maligne nella sua mente, ma tutta la buona volontà che ci metteva non le era d’aiuto in quel momento. Nella sua testa vorticavano ormai mille domande, una più spaventosa dell’altra. Sarebbe arrivata intera al mattino seguente? Avrebbe rivisto suo padre, suo fratello, il suo ragazzo, la sua migliore amica? Perché sua madre si era trasformata in quell’essere orribile? Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?
In preda al pianto disperato e avvolta nelle tenebre, per qualche secondo non si rese conto che nella stanza, al di fuori delle coperte, non si sentiva più niente. Sembrava che non ci fosse più alcun movimento, nessun rumore o presenza. Forse il mostro si era finalmente deciso a darle tregua. Forse non c’era più alcun pericolo. Forse era di nuovo sola. Non ebbe il coraggio di uscire dal suo nascondiglio, non subito almeno. Dopo quella che a lei parve un’eternità, infatti, riuscì a persuadere se stessa, convincendosi che la cosa più giusta da fare era smettere di frignare per qualunque sciocchezza e di correre subito da qualcuno come una bambina… dopotutto non si sentiva più niente, magari aveva immaginato tutto. Determinata ad essere un po’ più audace, per il suo bene e per quello dei suoi cari, si liberò del suo rifugio improvvisato con un gesto secco del braccio. E fu in quel momento, proprio in quel preciso momento, che si ritrovò a fissare negli occhi sanguinolenti la paura in persona.


Sakura aprì gli occhi. Restò così, ferma, immobile, distesa ovunque si trovasse con gli occhi spalancati per qualche secondo, giusto il tempo di realizzare che era viva, che stava bene, che non le era successo nulla di male. Col fiato mozzo e il cuore che batteva a mille, si mise seduta e girò impercettibilmente la testa a destra e a sinistra cercando di orientarsi, per capire dove fosse e che cosa fosse capitato. Quando intravide nell’ombra tre figure femminili avvolte nelle coperte e profondamente addormentate, capì: era in gita con la sua scuola, i suoi compagni di seconda media, gli insegnanti. Si era già ritrovata davanti all’istituto con i suoi amici, quella mattina; avevano già preso quel maledetto pullman; erano già arrivati a destinazione… era già passata la prima giornata. In quel momento si trovava in una delle tende che lei e i suoi compagni avevano montato con l’aiuto dei professori poco dopo essere scesi dal mezzo, precisamente quella che condivideva con Tomoyo, Chiharu e Naoko. Era notte fonda e aveva passato dei momenti fantastici quel giorno, ma il suo cervello evidentemente aveva voluto giocarle un brutto tiro facendola assopire e dimenticare quello che aveva già vissuto, lasciandole credere che l’incubo fosse realtà. Ma perché? Perché non aveva capito che stava solo dormendo? Perché quando si era spaventata la prima volta non si era riscossa immediatamente? E se quel sogno avesse avuto un significato preciso e lei non l’avesse colto? Se non fosse stata una coincidenza? E se… no, non poteva essere, era assurdo. Doveva solo calmarsi, doveva svuotare la mente e rimettersi a dormire. Scosse la testa e si sdraiò, fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Un volto cadaverico con lo sguardo minaccioso e intriso di odio non tardò ad apparire nella testa della ragazza, nutrendosi della sua paura ogni volta che ella cercava di liberarsene. Sakura scattò in piedi e si portò le mani al viso, trovando un fiume di lacrime che scorreva inesorabile sulle sue guance. Si accovacciò vicino al suo zaino e tirò fuori un orologio, dal quale lesse l’ora: 02:48. Restò a fissare il quadrante per un po’, indecisa sul da farsi, anche se una cosa la sapeva per certo: non voleva più vedere quel mostro. Doveva riposare, ovvio, ma come poteva? L’orribile creatura avrebbe comunque trovato un modo per rovinarle il sonno, e lei non aveva abbastanza coraggio nemmeno per insistere o riprovare. Poco consapevole di quello che faceva per via della vista appannata dalle lacrime, ripose l’orologio al suo posto e, veloce come un fulmine, uscì dalla tenda.
La luce lunare la colpì in pieno volto, illuminandola col suo candore. Si passò una mano sugli occhi e li asciugò dalle sue pene, approfittando poi del ritorno di una vista normale per dare un’occhiata intorno a sé. Una ventina di tende sorgevano qua e là in mezzo a una radura incontaminata, dove fiori, piante e cespugli crescevano rigogliosi; poco più avanti il verde prato si apriva a una maestosa foresta, composta di alberi enormi e fitti che dominavano incontrastati l’intero paesaggio; infine, vicino al punto in cui loro avevano piantato le tende, un bellissimo lago si estendeva con le sue acque limpide fino a dove poi si ricongiungeva con la selva più pura e inviolata di tutto il parco. Sakura sospirò. Quella visione l’aveva tanto entusiasmata, quel pomeriggio. I fiori di svariati colori portavano allegria a chiunque li guardasse e offrivano un dolce riposo alle farfalle variopinte che svolazzavano leggiadre da una parte all’altra del giardino, mentre la foresta lasciava intravedere le sue mille sfumature con un fantastico contrasto di luce e ombra, e il lago, con un’imponente catena montuosa a fargli da sfondo, era gremito di vita e splendore, con i pesci che zampillavano fuori all’improvviso e l’acqua cristallina che permetteva a tutti di vedere e ammirare la sua profondità. Col calare della notte, invece, tutto si era addormentato insieme a loro. Tutto era buio, spento, scuro. Lei sentiva solo il corpo scosso dai brividi. Le sembrava di non provare altro che paura, mentre con calma si avvicinava al lago e si sedeva sulla riva con l’angoscia nel cuore. Come immaginava, quello specchio d’acqua trasparente non c’era più, era come se si fosse chiuso in se stesso e temesse di mostrarsi agli altri per quello che era davvero. Ma forse era solo il riflesso di ciò che c’era in lei. Era lei quella che si vergognava a far vedere quanto fosse codarda, era lei che aveva paura di mostrarsi fragile perché temeva di non essere all’altezza delle persone che amava… era lei quella che stava male e si era fatta scappare ogni possibilità di riposare a causa di un sogno.
Chiuse gli occhi per un istante, per lasciarsi accarezzare dalla leggera brezza che tirava, ma il volto terrificante ricomparve e Sakura fu costretta, ancora una volta, a riscuotersi dal momento pacifico e a cadere in una tormenta di pensieri crudeli. Appoggiò la testa sulle ginocchia e, alla fine, scoppiò a piangere. Aveva aspettato quella gita con ansia e ora qualcosa aveva deciso di rovinargliela. Il sogno che aveva fatto era strano, in parte vero, in parte frutto della mente: ricordava alla perfezione i dettagli in cui si preparava per il viaggio del giorno dopo, ma nella realtà non era mai stata a casa da sola, anche perché mai, in nessuna circostanza, suo padre e suo fratello l’avrebbero abbandonata di notte, ancor di più sapendo della sua fobia smisurata dei fantasmi e del paranormale. Quello spettro, però… non riusciva proprio a concepire perché sua madre si fosse trasformata in un essere mostruoso che voleva spaventarla, farle del male, ucciderla forse. Per quale motivo il suo cervello avrebbe dovuto partorire, tra tante cose, proprio quell’immagine atroce? Magari c’era un significato nascosto in tutto quel caos, una verità che lei non capiva… o che si rifiutava di capire.
<< Sakura? >>


NdA:
Ciao a tutti! Scusatemi per questo capitolo troncato a metà, nel vero senso della parola. Nella mia testa avevo intenzione di scrivere una one-shot, ma come al solito scrivo troppo e la storia alla fine è diventata troppo lunga per poterla pubblicare in un unico capitolo. Spero comunque che vi possa piacere, nonostante questa volta abbia optato per un momento puramente romantico e tranquillo, senza colpi di scena o effetti speciali. A volte ho proprio bisogno di una bella dose di miele, e spero di non essere l'unica matta :)
A presto col nuovo capitolo!
dada_97
  
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