Decotto
alla malva avvelenato
Lussuria
alzò il capo, ascoltando Squalo
gridare e sospirò, si sfilò gli occhiali e si
massaggiò il viso.
<
Alla sua età si dovrebbe capire che
non tutto si può risolvere urlando. Peace and Love,
soprattutto se il tuo
interlocutore è la televisione > pensò.
“Squalo,
tesoruccio, non ci si può far
niente, non crucciarti così” disse con voce
carezzevole.
“Al
diavolo, farà ancora più caldo. Come
se già non mi stessi squagliando!”
gridò Squalo. Saltellava sul divano,
dimenando la spada.
“Vooooi!”
gridò, facendo scattare la
lama davanti a sé.
Lussuria
lo guardò pestare il
telecomando e spegnere lo schermo, gridando una sequela
d’ingiurie contro il
conduttore del meteo.
“Non
moriremo per un po’ di caldo”
sussurrò lo scienziato.
<
Anche perché rischiamo di morire
per vere minacce un giorno sì e l’altro pure
> pensò.
“Dove
cazzo è Levi?! Questo aggeggio non
funziona di nuovo” borbottò Squalo.
Saltò giù dal divano e il telecomando
arrivò a terra, andando in mille pezzi.
Lussuria
roteò gli occhi, rinfilandosi
gli occhiali.
<
Alle volte mi chiedo se stare
troppo col Boss non lo renda più incapace nei confronti
delle nuove tecnologie
> pensò.
“Era
andato in missione a Parigi. Hanno
rinviato il volo, ma non mi sembra si stesse annoiando”
spiegò.
“VOOOOOI!
Ancora lì si trova?! Non lo
paghiamo per andare in vacanza!
Dannato,
sono convinto che lui si trovi
in un posto al fresco!” sbraitò Squalo.
Sbatté lo stivale per terra. “Chiamalo
immediatamente e digli di tornare a casa. Non m’interessa se
arriva in treno,
pullman, bicicletta o persino a piedi!” ordinò
senza prendere fiato.
“Chiedigli
di portare a casa una
bottiglia di buon cognac!” trillò Victoria.
“Il
principe vuole una riproduzione in
scala della Tour Eiffel” urlò Belphegor dalla
stessa stanza da cui proveniva la
voce della madre.
“Ah,
Parigi” disse Mammon sognante,
intenta a contare i soldi di una mazzetta, seduta sul davanzale della
finestra.
“Oh,
che bella idea farsi portare un
souvenir. Devo chiedergli di prendermi uno smalto di Chanel, colori
così
particolari non si trovano qui in Italia”
cinguettò Lussuria.
“A
me basta riporti il suo culo qui!”
sbottò Squalo con gli occhi iniettati di sangue, tirando un
calcio al divano.
“Hai
bisogno di un decotto alla malva
avvelenato, vero? Mi sembri avere l’intestino pigro da
Scoglio” disse Lussuria.
Squalo
ringhiò, mostrando i denti
aguzzi.
“Voooi,
il mio intestino sta benissimo!”
ringhiò.
Lussuria
gli diede le spalle,
dicendogli: “Vado a farti il decotto”.
“VAFFANCULO!”
gridò Squalo, serrando un
pugno.
******
Squalo
fu raggiunto da un bicchiere alla
testa, il liquido si versò sui suoi lunghi capelli argentei.
“VOOOOOOOOIH!”
sbraitò Superbi,
voltandosi furente.
“Feccia,
smettila di brontolare. Sono
due ore che non mi fai concentrare” borbottò
Xanxus. Si era steso sul divanetto
del suo ufficio, aveva colpito il Capitano nel corridoio dalla porta
aperta.
Superbi
entrò nella stanza, sbattendo i
piedi per terra.
“Non
stavi lavorando, ma bevendo, dannato
Boss!” sbraitò, con le narici dilatate.
Guardò Xanxus, la camicia sbottonata,
la pelle madida di sudore, una matita dietro l’orecchio.
Rabbrividì guardando
degli occhiali appoggiati sul tavolinetto, dove c’era il
segno umido lasciato
dal bicchiere.
Xanxus
ghignò. “Ti sei incantato a
fissarmi, feccia?” domandò.
Squalo arrossì.
<
Bastardo > pensò.
“Portarmi
un altro bicchiere” ordinò
Xanxus.
Squalo
gli diede le spalle, Xanxus
corrugò la fronte.
“Dove
vai, feccia?” domandò quest’ultimo.
Superbi
girò la testa, rispondendo: “Come
dove? A prendertelo”.
Xanxus
scattò in piedi e lo afferrò per
un braccio, traendolo a sé. “Ora ho la certezza
che qualcosa non va. Sei
nervoso da tutto il giorno e…
Sai
che odio quando mi obbedisci a
bacchetta, feccia. Soprattutto quando sono capricci, e senza
lamentarti”
ringhiò.
“Che
diamin…”. Iniziò Squalo. “Mmmmhp”. Le sue parole furono
soffocate
dal bacio di Xanxus che lo premette contro la scrivania col suo corpo.
Xanxus
si staccò e Squalo ansimò.
“Si
può sapere cosa non va?” gli chiese Xanxus
all’orecchio.
“Fa
caldo e non voglio andare a fare
quella missione al Teatro Massimo di Palermo”
biascicò Squalo, socchiudendo gli
occhi liquidi. Al caldo si unirono le vampate di desiderio, facendolo
boccheggiare.
“Allora
l’annullerò. Dirò che non ci
va”
disse Xanxus, iniziando a sfilargli la giacca stretta della sua divisa,
col
simbolo dei Varia sulla spalla.
“BakaBoss,
non puoi semplicemente
annullarla” biascicò Squalo.
“Sono
il Boss, faccio quello che cazzo
mi pare” mormorò Xanxus lascivo.
Squalo
boccheggiò più rumorosamente, Xanxus
iniziò a passare la mano sul petto, coperto dalla maglietta,
di Squalo, mentre
con l’altra finiva di sfilargli la divisa.
Xanxus
gli diede un pizzicotto al
capezzolo, nonostante la stoffa, facendogli scappare un gemito. Lo
guardò con
sorriso sadico, passandogli una mano sotto la maglietta.
“Si
dovevano svegliare prima a darmi
quella missione. Adesso noi Varia non la vogliamo più
fare” disse.
Gettò
a terra i pantaloni di Squalo,
accanto ai suoi stivaletti, e gli accarezzò la gamba con
durezza, risalì lungo la
coscia, fino a palpargli la natica.
“Certo
che ne sai inventare di stronzate”
borbottò Superbi, scoppiando a ridere.
<
Non so perché quel teatro gli fa
così paura, ma vedrò di fare le mie ricerche. Lo
so che con l’ira nasconde il
terrore. Lui non è come me, non si accende…
Tranne
che di passione se lo voglio io
> pensò Xanxus, ridendo a sua volta. Fece sedere il
suo secondo in comando
sulla scrivania, gli spalancò le gambe mettendoglisi
davanti, lo sbilanciò all’indietro.
Squalo si aggrappò a lui, sentendolo aderire a
sé, iniziò a respirare
pesantemente, mentre i loro bacini si strusciavano, Squalo
espirò
rumorosamente.
Lo
sguardo di Xanxus era predatorio,
mentre finiva di sfilare i vestiti allo spadaccino.
< Idiota d’un Boss di merda, lo so che hai
già capito tutto. Oh, se lo so
che combinerai qualcosa > pensò Squalo, mentre Xanxus
assaliva il suo
fondoschiena, afferrando con ferocia la sua pelle, penetrandolo con le
dita.
Squalo
stringeva spasmodicamente i
fianchi del proprio Boss con le gambe. Sulla sua pelle chiara si
creavano dei
lividi, alle strette di Xanxus, mentre quest’ultimo gli
mordeva e baciava il
collo, torturandogli il lobo dell’orecchio con denti e lingua.
Squalo
baciò con foga Xanxus,
mozzandogli il respiro. Quest’ultimo si staccò,
ansimando.
"Dannata fe…" biascicò, prima di ricevere un
nuovo bacio.
< Vittoria, ormai ho imparato come si bacia per bene >
pensò Squalo.
Xanxus emise un basso verso gutturale, dandogli una spinta in modo che
finisse
sdraiato sulla scrivania. Gli leccò una guancia, sentendola
bagnata del liquido
che gli era finito addosso quando il bicchiere era andato in frantumi.
Xanxus si slacciò i pantaloni con furia.
“Se dovesse entrare Lussuria con il decotto alla
malva?” biascicò Squalo,
ansante.
“Finiranno
entrambi fuori dalla finestra”
rispose Xanxus, sbarazzandosi celermente del proprio intimo, facendolo
cadere
sulle sue scarpe di vernice nera.