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Autore: Kharonte87    30/06/2019    0 recensioni
Jaina Proudmoore assiste ad un episodio chiave della storia di Azeroth. Da quel giorno niente sarebbe più stato come prima, sa di non poter interferire con il corso degli eventi, ma l'amore si sà, non sente ragioni...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi. Il viaggio era stato veloce quanto turbolento, il suo corpo era stato risucchiato in un sorta di vortice e l'interno delle sue iridi erano state colpite da mille e mille colori. Aveva sentito parlare di viaggi temporali, ma non ne aveva mai sperimentato uno in prima persona. Si trovava proprio in quel luogo dove aveva chiesto di andare, un vento gelido le sferzava il volto ed un gelo pungente attanagliava tutte le ossa del suo corpo. La caverna era più piccola di come se l'avesse mai immaginata. In alto delle stalattiti riempivano quasi completamente il soffitto e le loro punte minacciavano il terreno coperto di neve, ghiaccio ed acqua. Al centro di quel luogo dimenticato dalla Luce vide infine un piedistallo, e la lama che aveva distrutto il suo amore, la sua seconda casa, che aveva distrutto tutto quello che per lunghi anni era stato il suo mondo era sopra di esso. Due persone erano davanti al piedistallo, un nano ed un uomo, e stavano discutendo animatamente.

“Lascia perdere Arthas! Dimentica questa faccenda e riporta a casa i tuoi uomini!” stava dicendo il nano all'uomo, sul volto uno sguardo severo e nello stesso tempo preoccupato.

“Al diavolo gli uomini!” aveva urlato l'uomo, la rabbia era visibile sul suo volto, rosso come se al posto di trovarsi in quel luogo gelido, fosse stato invece all'interno di un vulcano. “Nulla mi impedirà di vendicarmi, vecchio amico mio. Neppure tu.”

Nel pronunciare le ultime due parole, la voce dell'uomo era diventata fredda come lo stesso ghiaccio presente in quel luogo.

Jaina Proudmoore fece per amdare incontro all'uomo ma una voce fermò i suoi passi.
“E' inutile” disse la gnoma accanto a lei, “non ci possono vedere. Noi non apparteniamo a questo luogo ed a quest'epoca, siamo come spiriti per loro, come il soffio del vento.

Chromie, la gnoma che in realtà era uno dei draghi bronzei custodi del Tempo e della Storia, sembrò quasi divertita mentre parlava. Jaina non se la prese, sapeva che quello era il modo di fare del drago.

“Avrei dovuto essere con lui. Non gli avrei mai permesso di impugnare quella maledetta spada, è tutta colpa mia...”. Nella voce dell'incantatrice umana c'erano tracce di rabbia miste a dolore, aveva iniziato anche a singhiozzare.

“Il suo destino era già scritto Jaina, la colpa non è di nessuno, la sua storia doveva essere questa.”, replicò Chromie. Jaina pensò che nonostante il tono allegro e scherzoso della piccola gnoma, quelle avrebbero dovuto essere delle parole di conforto. 

Eppure lei non si dava pace. Se solo non gli avesse voltato le spalle quel giorno a Stratholme, se solo l'avesse seguito a Northrend quando era andato a chiederglielo.. Chromie poteva dire quello che voleva, ma lei sapeva che poteva salvarlo. Lei era l'unica in grado di fermarlo, di frenarlo, di arginarlo... era sempre stato così. Si sentiva in colpa, un senso di colpa che lei sapeva non l'avrebbe mai abbandonata, fino all'ultimo dei suoi giorni.

Si ritrovò con il viso rigato dalle lacrime, lacrime di rimpianto, lacrime di rabbia, lacrime di sofferenza. Improvvisamente un boato investì le sue orecchie e fu costretta a ripararsi il volto con le mani dalla potente folata di vento gelido che l'aveva investita. Quando riaprì gli occhi, il nano giaceva al suolo privo di sensi, con il suo sangue a fare da letto per il suo corpo. Arthas era invece davanti al piedistallo ed aveva gettato via il Martello da Guerra che portava con sé.

“Ora, invoco gli spiriti di questo luogo. Darò qualsiasi cosa e pagherò qualunque prezzo.. Se mi aiuterete a salvare il mio popolo.”

I suoi occhi erano in completa estasi, Jaina non aveva mai visto quello sguardo in Arthas, tanto che non le sembrò nemmeno di star vedendo la stessa persona che aveva conosciuto ed amato. La sua mano si stava avvicinando all'elsa della spada..

No, non poteva permetterlo. Non poteva almeno tentare di cancellare quel momento dalla storia di Arthas, dalla sua, dalla loro storia come coppia e dalla storia di tutta Azeroth. Quante vite sarebbero state salvate se quel momento non fosse mai accaduto? Quanti eroi, semplici soldati, o anche solo persone comuni sarebbero vissute invece di andare incontro ad una morte atroce? No, si trovava lì, aveva il dovere di fare almeno un tentativo. Prima che se ne accorgesse i suoi piedi presero a muoversi verso il piedistallo, un passo dopo l'altro, sempre più veloce, fino a che non si ritrovò a correre. Non pronunciava quel nome da molto tempo, ma uscì dalla sua bocca racchiudendo tutto quello che Jiana Proudmoore fosse mai stata e tutto quello che avrebbe potuto mai essere. Un grido dal profondo di un'anima tormentata

“ARTHAS!!!”

Ma proprio nel momento in cui pronunciò il nome del suo amato principe, Jaina Proudmoore si sentì afferrare la mano e le sue iridi furono nuovamente colpite dai mille e mille colori del viaggio temporale.

Non vide mai Arthas, ormai arrivato ad centimetro del piedistallo, voltarsi e guardare dietro di lui, lo stupore sul suo volto, gli occhi non più estasiati ma speranzosi, spaventati, desiderosi di vedere quella persona di cui aveva avuto l'impressione di sentire la voce... Ma no, non c'era nessuno dietro di lui, solo il corpo di Muradin steso a terra poco oltre. Lei l'aveva abbandonato, gli aveva voltato le spalle.. No, non c'era nessuno.. Doveva essere stato il soffio del vento.
   
 
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