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Autore: inzaghina    03/07/2019    8 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 10 – As much as you can miss them



 
“You can love someone so much...
But you can never love people
as much as you can miss them.”
John Green
  

La casa di Wendell e Monica Wilkies era una bella villetta nei sobborghi di Sydney e fu proprio lì che i signori Granger condussero la figlia, Ron e l’Auror Campbell. Una volta seduti nella luminosa cucina, dalle cui finestre socchiuse entrava una leggera brezza marina, Hermione sorrise notando come la madre stesse preparando il the eseguendo i medesimi gesti di quando lo preparava nella loro casa londinese.
Casa. Chissà se sarebbero tornati a vivere nell’ordinata villetta — porto sicuro della sua famiglia — stipata di libri e di ricordi felici, teatro di alcuni degli avvenimenti più importanti della sua infanzia e della sua adolescenza? I primi passi, resi indelebili dalla foto scattata da suo padre e incorniciati sul caminetto, accanto a ogni evento memorabile della sua giovane vita. Il primo libro che la giovane Hermione aveva letto da sola, accoccolata nella finestra a bovindo del soggiorno, con i baffi marroni causati da una tazza di cioccolata calda posata accanto a sé. L’arrivo della severa Professoressa McGranitt che le aveva comunicato il suo essere una strega e che l’aspettavano a Hogwarts l’anno successivo per insegnarle tutto ciò che c’era da imparare al riguardo. La prima foto in primo piano nella quale aveva sorriso apertamente e di sua spontanea volontà, dopo che i suoi incisivi anteriori avevano raggiunto una misura normale grazie all’intervento di Madama Chips. Un sorriso nostalgico increspò le labbra screpolate di Hermione, mentre la giovane constatava che i suoi genitori potevano anche aver creduto di chiamarsi in modo diverso e di voler vivere in Australia, ma i loro gesti erano rimasti immutati. Sua madre era impegnata a disporre con cura i biscotti al burro su un piattino decorato con un motivo di peonie — incredibilmente simile al servizio a tema di rose che era stato il suo preferito in Inghilterra. Suo padre stava invece versando il latte in un piccolo bricco in ceramica sulla cui forma bombata spiccavano i medesimi fiori delicati, prima di posizionarlo al centro del vassoio, circondato dalle tazze in porcellana finissima.
Ron le strinse la mano, facendole forza con quel semplice gesto, e lei gli sorrise — grata che l’avesse accompagnata all’altro capo del mondo, convinta che non ce l’avrebbe mai fatta senza di lui.
“Devo aiutarvi?” si riscosse infine la strega.
“Non preoccuparti, tesoro,” la rassicurò Paul, entrando in soggiorno con due piatti ricolmi di biscotti e posizionandoli al centro del tavolo; la moglie lo seguì qualche istante dopo con il vassoio del the ed i due presero posto di fronte alla figlia, sorridendole nervosamente.
“Immagino che vi starete chiedendo come mai abbiamo portato con noi l’Auror Campbell,” iniziò quindi la figlia, puntando lo sguardo prima sulla madre e poi sul padre, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“In effetti sì,” le rispose Kathleen.
“Lo statuto internazionale della magia impone che, qualora siano effettuate magie su dei Babbani, siano gli Auror a occuparsi delle conseguenze del caso,” rispose Campbell, sorridendo ai due e afferrando un paio di biscotti.
“Sta parlando di quanto fatto da Hermione?” continuò la signora Granger, occhieggiando la figlia, intenta a torturarsi le mani.
“Proprio così. Normalmente vostra figlia sarebbe anche a rischio di processo, ma questo è un caso straordinario…” iniziò a spiegare l’uomo, apparentemente ignaro delle espressioni sconvolte dei due. “Voglio dire, è chiaro che l’abbia fatto solo per proteggervi e non per una qualche forma di tortura nei confronti dei babbani… ma di questo comunque se ne dovrà occupare il Ministero britannico. Io dovrò occuparmi solamente di fare in modo che possiate tornare a casa sani e salvi… se è quello che volete, s’intende,” concluse il biondo, guardando i volti degli altri presenti uno a uno.
“Rischi di essere processata, tesoro?” mormorò a mezza voce la madre, la cui tazza di the aveva preso a tremarle tra le mani.
La giovane scosse la testa con fermezza. “Non preoccuparti, mamma. Ne ho già parlato con chi di dovere e non rischio alcun processo.”
“Non lo stai dicendo solo per placarci, vero?” s’informò suo padre, scrutandola con le iridi colme di preoccupazione.
“Certo che no! Dovete stare tranquilli,” ribadì Hermione.
“Vostra figlia ed il suo amico sono stati fondamentali nella sconfitta di Voldemort e del suo regime; hanno salvato il mondo magico britannico e se n’è parlato ovunque,” commentò Campbell. “Il loro contributo alla causa è stato decisamente fondamentale e tutti sono convinti che Harry Potter non ce l’avrebbe fatta senza il loro aiuto,” aggiunse poi scuotendo la testa ancora incredulo, ritornando con la mente al momento in cui la notizia era arrivata anche lì nel Down-Under.
La madre di Hermione sembrava troppo sconvolta per proferire parola, stringeva la mano del marito nella propria — quasi fosse un porto sicuro in un mare in tempesta. Paul Granger sorrideva orgoglioso ai due adolescenti, continuando a fare del suo meglio per far percepire la vicinanza a sua moglie. “Mi sta forse dicendo che sono due eroi?” chiese infine, incrociando lo sguardo dell’Auror australiano.
Noah Campbell annuì. “Può ben dirlo, signor Granger!”
Sentendo le proprie orecchie andare a fuoco, Ron sbirciò la reazione dei genitori di Hermione, oltre a quella della ragazza — ancora chiusa in un ostinato ed insolito mutismo.
“Lo avrebbe fatto chiunque,” mormorò a mezza voce Hermione.
“Non penso proprio!” ribattè Paul, scuotendo la testa, con un sorriso fiero che gl’increspava le labbra.
“Harry aveva bisogno di noi,” disse Ron, come se bastasse a spiegare tutto.
“Direi che dopo tutti questi mesi di separazione avete tanto da dirvi… che ne dite se ci diamo appuntamento per domani, qui?” propose Campbell, sentendosi decisamente di troppo tra quelle quattro mura.
“Grazie,” gli rispose Kathleen. “Possiamo rivederci domani pomeriggio?”
L’Auror annuì.
“Facciamo verso le quattro?” propose Hermione.
“Mi sembra un’ottima idea,” annuì l’uomo, alzandosi. “Non serve che mi accompagni, mi smaterializzerò dal salotto. Buona serata!”
Una volta rimasti soli, i due adolescenti si scambiarono un’occhiata incerta, che non sfuggì ai genitori della strega. “Immagino che abbiate molte domande…” cominciò Hermione, facendo un lungo sospiro, prima d’incrociare le iridi colme di preoccupazione di sua madre. “La ferita è ancora fresca e non è semplice parlarne per noi, probabilmente non lo sarà mai…”
“Non siete obbligati a farlo se non vi va,” s’affrettò a dire Kathleen, sporgendosi verso i giovani.
“È giusto che voi sappiate,” sussurrò la figlia. “Ma ci vorrà tempo…”
“Che ne dite di parlarne davanti ad una pizza? Potremmo ordinarla e mangiarla nel patio... c'è una vista spettacolare dell'oceano,” propose Paul.
Ancora una volta le iridi di Hermione e quelle di Ron s’incontrarono, in una muta richiesta, prima che la ragazza annuisse.
“Allora ne ordiniamo una con tutti gli extra possibili? Che ve ne pare?” domandò Paul.
Ron scrollò le spalle, lanciando un’occhiatina interrogativa alla ragazza. “Dovrebbe essere più o meno come quella che abbiamo mangiato quando siamo andati a Londra con Harry e Ginny…”
“Mi sembra ottimo,” si mostrò quindi d’accordo.

Una mezz'ora dopo, Ron aveva assistito sbalordito all'arrivo di due pizze extra large, recapitate da un fattorino biondo e abbronzato in sella ad uno scooter rosso fuoco. "Aspetta solo che lo racconti a papà..." aveva commentato, osservando il signor Granger pagare la consegna.
La madre di Hermione stava ultimando di apparecchiare il tavolo di legno quando i tre la raggiunsero con le pizze e le bevande recuperate dal frigorifero.
"Che profumino," commentò Kathleen, aprendo uno dei cartoni.
Hermione trattenne a stento un risolino, sentendo lo stomaco di Ron borbottare al suo fianco.
"Sai che io ho sempre fame," sbuffò il ragazzo, le cui orecchie avevano raggiunto la medesima sfumatura dei capelli.
Per qualche minuto tutti si concentrarono sulla propria fetta di pizza, in un silenzio amichevole e naturale, durante il quale Hermione stessa si rese conto di essere tremendamente affamata. Da perfetta padrona di casa, Kathleen offrì una seconda fetta a Ronald, quando s'accorse del suo piatto vuoto, procedendo a fare lo stesso anche con gli altri commensali.
"Grazie, signora Granger."
"Chiamami pure Kathleen," gli disse la donna.
"Ci proverò..." rispose impacciato l'adolescente. 
"Come stanno i tuoi genitori?" chiese invece Paul.
"Oh, beh... abbastanza bene, tutto considerato..." mormorò in risposta, abbandonando la pizza e sbattendo furiosamente le palpebre, nel vano tentativo di non lasciar sfuggire alcuna lacrima.
I genitori di Hermione si scambiarono un'occhiata desolata, puntando poi gli sguardi sulla figlia e sulla mano che aveva subito stretto le dita di Ron tra le proprie. I due adolescenti si scambiarono l'ennesima occhiata, prima che Ron  prendesse un lungo respiro. "Mio fratello Fred è... è morto lo scorso 2 maggio, nella Battaglia di Hogwarts," dichiarò in un sussurro.
"Oh, Ron... ci dispiace così tanto!" esclamò Kathleen, investita in quel preciso istante dalla magnitudine di quanto combattuto dalla figlia e dai suoi amici nei mesi in cui lei e Paul erano stati al sicuro — dall'altra parte del mondo.
"Le probabilità che sopravvivessimo tutti erano piuttosto basse, ma ci eravamo andati così vicini..." rispose, stringendosi nelle spalle - trovando la forza nelle dita di Hermione intrecciate alle proprie. "Avevamo appena riabbracciato Percy, dopo che aveva capito di essere stato un emerito imbecille e poi..." una lacrima sfuggì al suo controllo, catturando alcuni raggi di sole e creando innumerevoli riflessi colorati sulla guancia costellata di efelidi.
"E non è stato nemmeno l'unico a morire in quella notte sciagurata, ovviamente..." aggiunse, dopo aver inspirato profondamente. "Abbiamo fatto del nostro meglio e credevamo di aver messo al sicuro almeno i più piccoli, ma qualcuno di loro è sfuggito e ha voluto combattere..." Hermione colse il riferimento a Colin, sentendo anche i suoi occhi velarsi di lacrime al pensiero di tante giovani vite spezzate.
"Per non parlare dei tanti bambini rimasti orfani, o di Harry che ha perso anche l'ultimo amico dei suoi genitori e, insieme a lui, il legame che aveva con loro," Ron parlava sommessamente, prendendo delle pause qua e là, riuscendo comunque a mantenere l'attenzione dei due coniugi. 
"La ricostruzione sarà un processo lungo, ma noi stiamo facendo e faremo del nostro meglio," intervenne Hermione per la prima volta, mostrando una sicurezza e una consapevolezza di sé mai avute negli anni passati nelle scuole babbane. La pausa successiva si protrasse qualche secondo in più e la signora Granger abbandonò la sedia, raggiungendo i due ragazzi per poterli stringere entrambi a sé. "Non oso nemmeno immaginare quello che avete vissuto e vi ringrazio di esservi aperti con noi... faremo tutto il possibile per aiutarvi," assicurò loro. Paul si unì all'abbraccio di gruppo, riflettendo su quanto fossero andati vicini a perdere la loro unica figlia, senza nemmeno avere la possibilità di soffrire per lei. 
Fortunatamente non era andata così e avrebbero vissuto il resto della loro vita apprezzandone ancora di più il suo valore.
 
***
 
“Mai avrei pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui un campione del tuo calibro si sarebbe palesato nel mio umile ufficio, Ashworth,” sogghignò Hestia, puntando le iridi chiare — accese da una luce divertita — in quelle del suo visitatore.
“Non ti ricordavo così tagliente ai tempi della scuola, Jones,” ribatté svelto il Cacciatore, offrendole il suo sorriso più affabile e ricevendo una scrollata di spalle in risposta.
“E io non ti reputavo così sensibile invece… credevo che voi Grifondoro foste tutto ardore e coraggio,” celiò la mora.
“Vengo in pace,” la rassicurò lui, sollevando le mani e mostrandole i palmi. “I miei sono già da qualche tempo fissi a New York, intenti a sbrigare le pratiche per l’imminente dimissione di mia sorella e il suo conseguente spostamento al San Mungo. Io sono bloccato dall'altro lato dell’oceano e mi sembrava appropriato passare da te. Sono sicuro che ti toccherà avere anche fare con l’intera famiglia quanto prima, ma…” la voce si spense, mentre l’uomo cercava di mettere ordine ai suoi pensieri, ancora scombussolati dopo quella notizia meravigliosa, sì, ma decisamente inaspettata.
“Non avrei dovuto essere così brusca,” borbottò infine l’Auror, stentando a riconoscere il ragazzo che ai tempi della scuola faceva impazzire la popolazione femminile e portando le proprie dita a sfiorare quelle di lui, appoggiate mollemente sulla sua scrivania.
Gli occhi cerulei dell’ex Grifondoro incontrarono quelli altrettanto azzurri della donna e gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso appena accennato. “Sei sempre stata brusca, Jones…”
“E tu sei sempre stato un po’ troppo pieno di te, Ashworth,” lo rimbeccò svelta, facendo schioccare la lingua.
“Mi fa piacere constatare che non sembri essere cambiata molto, Jones,” sussurrò l’uomo.
“E a me fa un immenso piacere sapere di essere stata fondamentale nel risveglio di tua sorella. L’ho sempre considerata un esempio per la sua dedizione, il suo coraggio e l’abilità come Auror.”
“Sono convintissimo che Alex ti direbbe che la sua abilità non era poi molto grande, visto quanto le è successo con quel verme di Rosier,” ribatté il biondo, pensando alla testardaggine della sorella.
“Avrà tutto il tempo per riappropriarsi di questo ruolo, la guerra ha decimato i nostri ranghi e sono sicura che Proudfoot apprezzerebbe il suo ritorno,” cercò di placarlo lei, senza tenere in considerazione che Lexie avrebbe potuto non voler tornare ad essere un Auror.
Le iridi del suo vecchio compagno di scuola s’adombrarono, mentre al loro interno le pupille si dilatarono, conferendogli un’espressione grave che non gli si addiceva e l’uomo sospirò, passandosi una mano sulla barba leggermente incolta.
“Ho parlato a sproposito, scusami,” s’affrettò ad aggiungere Hestia, sentendosi stupida per aver fatto una simile supposizione.
“Nient’affatto! Conoscendo Alex potrebbe farsi viva in questo ufficio non appena i Medimaghi le avranno dato il via libera…” commentò asciutto l’uomo. “Sono i miei genitori che probabilmente avranno bisogno di un’opera di convincimento…” aggiunse poi a mezza voce.
“E tu che ne pensi?”
La semplice domanda di Hestia, accompagnata dall'occhiata intensa che gli stava riservando, costrinsero il giocatore di Quidditch a riflettere davvero su quanto lei gli stava chiedendo. “Voglio solo che sia felice e se volesse tornare a fare l'Auror allora la supporterei. Questa guerra le ha già tolto il marito, tutti gli amici più cari ed il futuro che avrebbe potuto avere, quindi non vedo perché ora che è finita dovrebbe rinunciare al resto dei suoi sogni,” rispose, sostenendo il suo sguardo indagatore.
Le iridi limpide di Hestia sorrisero insieme al resto del suo volto stanco, mentre la donna annuiva. “Questo non fa che confermare quanto la tua aria da bello e dannato ai tempi della scuola non fosse altro che una façade, Alistair Ashworth!” commentò, strizzandogli l’occhio impudente.
“Sei incorreggibile, Jones!” sorrise lui in risposta e l'Auror rise con lui, rimanendo sorpresa nel constatare l’accelerazione del battito del proprio cuore ed il calore diffuso delle sue guance.
“Quando la dimetteranno?” chiese qualche secondo dopo, tentando di tornare ad un argomento più neutro in modo da ignorare quelle reazioni inaspettate.
“Se tutto va bene tra un paio di giorni. La porteranno al San Mungo dove si occuperanno di stilare un piano riabilitativo a lungo termine…”
“Sono davvero felice per voi, Al,” reiterò, sfiorandogli nuovamente la mano. L’uomo sorrise di nuovo, stringendo le dita affusolate di Hestia tra le proprie. “Non so come potremo mai ringraziarti…”
“Non serve! Ho fatto solo il mio dovere,” lo rassicurò lei.
“Insisto! Dimmi che posso almeno invitarti a cena stasera, in onore dei vecchi tempi…”
L'Auror spalancò la bocca in un’espressione stupita.
“Non sto tramando nulla, te lo giuro. Saremmo solo due amici a cena insieme e ti porterei in un posto davvero bello, promesso…” le rivolse il suo sorriso più ammaliante ed Hestia si domandò come poterlo rifiutare.
“Non… non posso, Al. Mi dispiace…” si costrinse a rispondere.
“Oh per Merlino, scusami! Non ci vediamo da anni, magari sei sposata e io mi sono messo ad insistere come un perfetto idiota…” Alistair si passò frustrato la mano tra i capelli. “Perdonami, ti prego.”
“Figurati,” l'Auror si ritrovò di nuovo a sorridere. “E comunque non sono sposata,” chiarì, dopo una breve pausa.
Mentre Al ricambiava il sorriso, un collega raggiunse la scrivania di Hestia. “È arrivato questo per te!” dichiarò, passandole un promemoria viola pallido.
Lei lo ringraziò, aprendolo e leggendo velocemente le poche righe scribacchiate in una grafia ordinata che ben conosceva. “Cazzo!”
“Che succede?”
“Un’emergenza… devo scappare a casa,” rispose, alzandosi ed afferrando lo zaino in pelle dall'appendiabiti.
“Okay…” Alistair non riuscì a nascondere la delusione dal suo tono.
“Fammi sapere quando tua sorella sarà qui, così passo a trovarla!” aggiunse poi, voltandosi nuovamente verso di lui e strizzandogli l'occhio.
“E mi permetterai di portarti a cena?” non perse l’occasione di ribattere.
“Può darsi,” gli rispose enigmatica, sparendo dall'ufficio Auror. "Ottimo lavoro, Jones... flirtare con lui era assolutamente necessario, vero?" borbottò a se stessa, mentre correva verso i camini dell'Atrio.
Nell'open space degli Auror invece, Alistair Ashworth non riusciva davvero a smettere di sorridere come un adolescente alla prima cotta: sua sorella si era risvegliata dopo anni d'oblio e lui era riuscito a far arrossire Hestia Jones.
 
***
 
Quando Arthur tornò dal lavoro quella sera, trovò la moglie più distratta del solito e Fleur, accanto a lei, che si occupava della maggior parte delle pietanze che avrebbero composto la cena di quella sera. "Buonasera, belle signore," esordì avvicinandosi, la nuora sollevò gli occhi chiari e gli riservò un sorriso particolarmente radioso, che le illuminò il bel volto, facendola apparire se possibile ancor più splendida.
“Ciao, tesoro,” salutò la moglie con un bacio sulla guancia, visto che non aveva dato segno di averlo sentito. “Tutto bene?”
“Mhmm mhmm,” rispose la donna, l’espressione vacua sul suo viso rendeva evidente il fatto che qualcosa la tormentasse.
“Sicura che sia tutto okay?”
“Che hai detto, caro? Scusa ma ero un po’ distratta.”
“Ho chiesto se va tutto bene,” ripeté l’uomo, più lentamente.
“In realtà ho una grande notizia…” cominciò Molly, sorridendogli. “Mi è arrivata una lettera di Edward, dice che Lexie si è svegliata dal coma,” spiegò, mentre i suoi caldi occhi castani s’illuminavano di gioia.
“Ma è meraviglioso!” Arthur la strinse a sé.
“Già…”
I due coniugi stettero abbracciati per qualche momento, riflettendo entrambi sulla magnitudine di una simile notizia.
“Sai, mi sono chiesta spesso come avrei reagito a una buona notizia e…” la voce di Molly si spense, mentre gli occhi divenivano lucidi.
“E?”
“È sempre piacevole, anche se non sono proprio sicura che sia giusto riuscire a provare questa gioia…” rispose in un filo di voce.
"Certo che lo è... nulla ci potrà mai impedire di sentire la mancanza di Fred, ma lui è sicuramente il primo a volerci veder continuare a vivere, anche se certi giorni sono più difficili di altri."
"Come fai a sapere sempre quale sia la cosa migliore da dire e riuscire a calmare i miei nervi, Arthur?"
"Ho avuto la fortuna di avere un esempio meraviglioso," le rispose, strizzandole l'occhio e sfiorandole le labbra con un dolce bacio.
Fleur si commosse alla vista dei suoceri: vero esempio di come tanto le gioie quanto gli ostacoli andassero affrontati insieme, per poter sperare di superarli ed uscirne più forti di prima. La giovane si augurava che anche il suo rapporto con Bill avrebbe seguito la strada tracciata dai due Weasley: basandosi sulla fiducia e sul supporto reciproco e prosperando giorno dopo giorno.

Dopo una giornata passata a dare una mano nel negozio di George, Harry e Ginny tornarono a casa assolutamente esausti, desiderosi solamente di potersi fare una doccia ristoratrice, prima dell'abbondante cena che avrebbe immancabilmente fatto capolino al tavolo della famiglia Weasley. 
Quando i due ragazzi raggiunsero la zona giorno, l'atmosfera era particolarmente frenetica e giubilante.
"Cosa si festeggia?" domandò Charlie, subito dietro di loro, passandosi una mano tra i riccioli bagnati e spargendo minuscole goccioline d'acqua dietro di sé.
"Una grande notizia..." rispose la madre, abbracciando con lo sguardo i figli, la nuora e Harry, prima di scambiarsi un'occhiata col marito.
"Quale?" chiese quindi Percy.
"Zia Lexie si è svegliata dal coma," intervenne il padre, notando che gli occhi della moglie s'erano fatti nuovamente lucidi.
"Ma è una notizia stupenda," s'entusiasmò Bill, stringendo la mano di Fleur nella propria.
"Significa che tornerà presto in Inghilterra?" s'informò Percy.
"A giorni," annuì Molly. "Suo padre ce lo farà sapere quando avrà notizie."
Harry e Ginny invece si scambiarono un'occhiata sbalordita, prima che i loro visi si aprissero in un sorriso felice, all'idea delle prospettive che si aprivano per Harry, considerando la possibilità di conoscere almeno Lexie.
Anche le labbra di George si piegarono in un sorriso sincero, ripensando ai ricordi fugaci condivisi con quella zia giovane e bionda che aveva scelto di essere Auror invece che giocare a Quidditch. Era sicuramente una ragione valida per festeggiare. 
Non c'era dubbio alcuno.  

 
***
 
Le luci troppo bianche e l’atmosfera ovattata della sua stanza singola non facevano che aumentare l’emicrania con sui la donna combatteva sin da dopo il suo risveglio. La prima cosa che aveva visto, dopo aver aperto nuovamente gli occhi, era stato il candore irreale della stanza ed un paio d'occhi scuri che la fissavano attenti.
Subito dopo erano iniziati gli esami, s'erano sovrapposte le domande ed era arrivata la conferma sconvolgente di aver perso quasi 15 anni della sua vita: per capirlo le era bastato rivedere la sua famiglia. Il fratello che ricordava come un ventenne ansioso di dimostrare il proprio valore sul campo di Quidditch era un uomo fatto e finito, ma i suoi occhi non riuscivano a celare tutte le sofferenze che aveva vissuto. I visi dei suoi genitori mostravano i segni del tempo passato inesorabile per tutti, lei inclusa, mentre era confinata in quel letto d'ospedale ed il mondo come lo ricordava crollava, distruggendo il regno di terrore di Voldemort.
Dopo aver richiesto informazioni sui cognati e i nipoti, trovandosi faccia a faccia con la tragica realtà della morte di Fred, si era fatta raccontare a grandi linee quanto accaduto, reclamando informazioni riguardo a tutti i suoi amici ed ottenendo quasi esclusivamente rispose tragiche. Sapere che il figlio di Lily e James aveva sconfitto Voldemort le aveva ricordato quanto l'amica ed il marito fossero stati coraggiosi, anche nel momento più difficile. Scoprire che Remus aveva lasciato il figlioletto neonato orfano e che Sirius era stato rinchiuso 13 anni in prigione per un reato non commesso ed era morto prima di essere scagionato non aveva fatto altro che rinvigorire la sua volontà di combattere. La rivelazione che tutti i suoi nipoti avevano combattuto durante la battaglia, al fianco di Harry e dell'Ordine, l'aveva riempita d'orgoglio, di un'ansia positiva e della voglia di rivederli e abbracciarli.
Erano passati cinque giorni e, finalmente, Lexie sarebbe stata dimessa il giorno successivo ed avrebbe potuto fare ritorno in patria ed iniziare una dura riabilitazione. Forse ci sarebbe voluto più tempo del previsto, ma intendeva tornare ad indossare i panni di Auror, per assicurarsi che Teddy e tutti gli altri bambini avessero un futuro migliore di quello che era stato riservato a Harry, ai suoi nipoti ed alla loro generazione. Lo avrebbe fatto in memoria di tutti gli amici che si erano sacrificati per quell'ideale.



 
Nota dell’autrice:
Buon pomeriggio a tutti e bentornati a questa storia che rimane sempre indietro quando mi imbarco in altri progetti.
Il motivo per cui pubblico in ritardo stavolta, vita vera a parte, sono le numerose one shot che ho scritto nel frattempo... non temete, comunque, vi assicuro che conto di concluderla quanto prima — anche perché ho già un altro paio di progetti per long che mi frullano in testa.
Come sempre spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento: stavolta mi sono concentrata più su Ron&Hermione e sulla storia di Lexie, ma dal prossimo capitolo tutte le trame si ricongiungeranno in Inghilterra, non senza prima aver salutato il Down Under - ovviamente.


 
   
 
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