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Autore: Lady R Of Rage    05/07/2019    5 recensioni
"Quando Creighton aveva cinque anni gli piaceva contare le stelle per addormentarsi più in fretta.
Naturalmente, Creighton non sapeva contare – né leggere o scrivere, per la cronaca –, ma gli bastava guardarle una dopo l’altra per avere meno paura quando i genitori lo cacciavano di casa per questo o quel motivo.
A quindici anni voleva morire.
A venticinque voleva uccidere.
E a trentacinque, contro ogni aspettativa, compie una buona azione.
"
[Creighton il Viandante, Lucatiel di Mirrah | Friendship | Accenni di gore, ma anche tanto zucchero]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La Regola Dei Tre (Più Uno)


A cinque anni, Creighton è una massa di ossicini bianca come la brina, un cespuglio di sudici capelli senza un taglio, e due enormi occhi violetti che stillano lacrime sulle mani livide. 
Lucatiel non sa ancora come si chiami, quando lo trova, e quando glielo chiede gli risponde un’altra cosa. Eppure prende lo stesso quelle povere mani nelle sue, studiando i suoi ematomi come le parole di un grande romanzo. 
-La mamma è arrabbiata con me.- sussurra il bambino. -Gli ho fatto cadere la bottiglia. Questi me li ha fatti con la cinghia.- 
Lucatiel ha una mamma gentile, anche se assente: -Le hai chiesto scusa?-
-Tante volte. Stasera lei e papà non mi vogliono vedere, a me. Dormo qui, sotto la tettoia, così non gli disturbo mentre bevono.-
Un vecchio mantello giace sotto la legna marcia, assieme a un sacco vuoto, triste parodia di un cuscino. Da come la guarda, il bambino sembra essersi accorto del suo sgomento.
-Non è così male. Si vedono le stelle. Quando non riesco a dormire le conto. Anche se non so i numeri, non me li insegna nessuno. Non so nemmeno leggere.- 
-Fa freddo.- commenta Lucatiel, e si stringe nella giacca imbottita. -Ti prenderai un bel raffreddore.- 
Il bambino si stringe in un abbraccio, che ritrae subito non appena le mani gonfie sfiorano i fianchi. 
-Colpa mia. Sono un cretino, me lo merito.-
Non è una bella parola, pensa Lucatiel, men che meno usata su sé stessi. Il bambino piomba a sedere sul pietoso giaciglio, pulendosi il moccio con un lembo del vestito. 
-Non fare così. Tieni.-. dice la bambina porgendogli il suo fazzoletto, ma l’altro sembra non sentirla, e la manica troppo larga scivola giù lungo il braccio sollevato.
Lucatiel quasi salta indietro. È così magro da far sporgere l’osso del gomito. 
-Hai mangiato, almeno?-
-Stasera sono a letto senza cena. Quando faccio il cretino finisce così.- 
Di nuovo quella parola. Lucatiel scuote la testa, ricordando i rimbrotti di Madre e Padre quando lei e Aslatiel hanno scoperto le parolacce. Le cade di nuovo l’occhio sui palmi neri del bambino, e per un secondo le viene da piangere.
Prende un respiro profondo e appoggia la mano sulla spalla dell’altro.
-Eh-oh?- 
-Vuoi ripetermi il tuo nome?-
-Creighton.- mugugna l’altro. -Ma a me nessuno mi chiama così. Preferiscono Cret…-
-Ora ascoltami, Creighton.- 
Lucatiel si siede, apre la propria bisaccia e fruga sotto al coltellino d’acciaio Bradden e il sacchetto di ghiande che ha passato il pomeriggio a raccogliere. 
-Ho una fetta di pane caldo, col formaggio di capra. È la mia cena, ma se vuoi dividiamo.- 
Silenzio, e gli occhi di Creighton si fanno grandi come la luna. 
-P-Per me?-
Lucatiel prende al volo la nuova lacrima prima che bagni e guasti il pane sulle sue ginocchia. Creighton si asciuga la faccia nelle maniche e mette in bocca un primo boccone. Mi devi ringraziare, pensa Lucatiel, è maleducato non dire grazie: ma le parole giacciono nella sua bocca e là rimangono sepolte. Le guance di Creighton si accendono di rosa. 
-Sei buona.-, dice sputacchiando briciole sulla sua faccia. -Come ti chiami? Se sai contare, possiamo guardare le stelle insieme.- 

A quindici anni, Creighton ha di nuovo le mani livide. Stavolta sono le nocche, e Lucatiel le prende nelle sue tra un pugno e l’altro al muro innocente. 
-Smettila. Sono io. Così ti fai male.- 
-Stavo male anche prima.- 
Eppure ha smesso di menar colpi ai mattoni, e Lucatiel la considera una vittoria. 
-Cos’hai fatto alla faccia?-. 
Creighton si ritrae, sollevando le mani sulla faccia, ma il succo rosso che gli gocciola lungo le guance tonde è inconfondibile. 
-Mi hanno fermato per strada.- si arrende. -Sempre i soliti sette. Ho provato a urlare, ma mi hanno chiuso la bocca.-
-E ti hanno versato del vino in testa?-, è tutto quello che Lucatiel riesce a dire. Creighton annuisce, premendo il lato del pugno contro i mattoni. Una catapecchia abbandonata da decenni, dove non vengono nemmeno i lupi. Il posto perfetto per un ragazzo arrabbiato col mondo. 
-È il gran finale, vedi? Quelle che non mi hanno dato loro, me le ho prese da mamma e papà. La camicia era nuova…-
Serra i denti, strozzando un gemito, e porta la mano al fianco ingobbendosi come un Necromante. 
-I tuoi genitori non dovrebbero picchiarti.- ansima Lucatiel.- Posso chiamare le guardie. Li arresteranno…- 
-No!- 
L’urlo improvviso la fa sobbalzare. Porta la mano alla cintura, dove il pugnale d’acciaio Bradden ha ceduto il posto a uno Spezzacorazza lucido come una perla. Creighton snuda i denti come una belva. 
-Non farlo. Non ci voglio andare, in un istituto. Sono i miei genitori e non posso fargli del male.- 
-Puoi stare con noi.- tenta Lucatiel. Creighton scuote la testa, un ghigno triste sulla faccia lercia. 
-Siete poveri quanto noi, chi vuoi prendere in giro? Lascia stare. Quelli come me, ci devono stare al loro posto.-
-Contento tu.- 
Il tono di Lucatiel è freddo, ma i suoi occhi percorrono freneticamente il volto di Creighton, il pulsare del suo petto, il tremito delle sue dita, il clicchettio dei denti che battono. Allarga le braccia, e stringe il suo amico non appena vi si getta.
-Creighton…- 
-Giuro che mi ammazzo.- 
Lucatiel sobbalza, aggiustando la stretta sul proprio petto. -Perché?-, tossisce fuori. 
-Tanto a chi vuoi che mancherò?- 
È la disperazione a parlare, non lui: Lucatiel si ripete queste parole per quelle che sembrano migliaia di volte, la faccia di Creighton premuta contro la sua spalla, le braccia muscolose strette alla sua schiena tremante. 
-A me. Mancherai a me. A me importa.-. Creighton emette un gemito stridulo, ringhiando nella camicia di Lucatiel. -Sono qui. Respira. È tutto finito.- 
Tira su col naso, guardandola con pietà.
-Stai scherzando?-
-Non scherzo mai. Shhh, adesso.- ripete Lucatiel – e fino al tramonto Creighton non parla, stretto al petto della sua amica come se da un momento all’altro gliela portassero via. 

A venticinque anni, le nocche di Creighton sono blu. Come lo è tutta la mano, stretta nel cappio che la tiene legata alla colonna. Le guance gelano sotto la maschera, i denti sono così stretti da far male, le cosce dolgono per la lunga genuflessione, ma non piangerà. Non per loro. 
-Assassini! Che Nito vi strozzi!-
Due poveri taglialegna abbattuti da un folle con un’ascia: la storia strappalacrime perfetta per il popolino che lo sta ingiuriando. -Assassini! Maledetti assassini!-. Non sanno la verità e vivono felici facendone a meno. Peggio per loro. Troverà un’altra ascia, e fuggirà via per sempre. 
-Leccatemi la giarrettiera, schifosi!-, abbaia Creighton rauco, e subito reclina la fronte contro il palo, spalle tremanti e lingua penzoloni. 
Suo padre aveva urlato una sola volta: l’ascia aveva colpito bene, e lo schizzo di sangue che eruttava dalla sua gola era copioso abbastanza da inzaccherargli subito la maglia. Sua madre era stata più difficile. Aveva sollevato la mano per proteggersi, e ci era voluto un altro colpo per mozzargliela di netto. Di fronte a lei, accucciata per terra piccola e stracciona, Creighton si era sentito un gigante.
-Se non mi volevate,- uno sputo in mezzo agli occhi, più lucidi di quando era ubriaca, -mi potevate dare via.-
-Tuo padre aveva ragione, dovevamo di schiacciarti quella stupida testa quando sei nato.-
Le mani di Creighton avevano tremato nel sollevare di nuovo l’ascia. Non osava guardarla negli occhi, ma le labbra le aveva viste bene.  
-Muorici ammazzato, cretinetto.-
La sua ultima parola prima che l’ascia sprofondasse nelle sue cervella, e con essa la fine di Sir Creighton di Mirrah. Non ricorda bene cosa sia successo dopo. Sa che quando si è svegliato, la sua faccia era già rinchiusa in quella maschera della malora. Ricorda una porta di sbarre, un muro di pietra, e un giaciglio di stracci e paglia soffice come petali di rosa.
E una brocca vuota. Acqua, che Nahr Alma vi pigli tutti. Acqua. Acqua
Ce ne sono altri sette, legati in piazza con lui, ma non sa come si chiamino né chi abbiano ammazzato. Un paio sono già svenuti, e penzolano dai polsi legati come frutti marci dai rami; quello alla sua destra piange sommessamente contro il palo. 
-Che i corvi di Velka vi cavino gli occhi, schifosi assassini!-.
Acqua. Acqua, maledizione. Le maschere sono il segno dei condannati a morte, ma da che Mirrah è Mirrah la pena prevista non è morire di sete. Tremando, ansimando, leccando l’aria come se potesse dissetarlo, Creighton chiude gli occhi e aspetta. 
Non sa quando, esattamente, quella mano gli accarezzi i capelli. Le palpebre paiono pesanti come macigni quando le apre. C’è un volto ovale, una coda di cavallo bionda, e una coppa piena di… 
Creighton solleva la testa di scatto. È lei, ed è vera. Velka non sta giocando con il suo cervello per punirlo dei suoi peccati. Lucatiel tiene la coppa a due mani, sollevandola fino alla sua faccia. 
-Fai presto.- 
-Gr…-. Ma non esce niente, non c’è più aria nella gola di Creighton. L’assassino immerge la faccia nella coppa, riempiendo la maschera d’acqua, e sorseggia tutta quella che riesce a prendere in un solo sorso. Un altro, un altro ancora. Non piangerò, che Kremmel mi prenda a calci: eppure le sue labbra tremano, e deve morderle a sangue per non spingersi oltre. 
Lucatiel ritrae la coppa vuota. -Mi dispiace, vecchio amico.- 
Non è niente, pensa Creighton. Me ne hanno fatte di peggiori
Un’improvvisa fitta di mal di testa – il sollievo del dissetarsi, la cosa più bella al mondo dopo la consapevolezza che i suoi genitori sono nella tomba – lo costringe a chiudere di nuovo gli occhi. Lucatiel è scomparsa quando li riapre.
-Alla dannazione, assassini!- urla una donna in prima fila. Creighton si contorce attorno al palo e solleva il dito medio. 

A trentacinque anni, il sole che tramonta sugli scogli di Majula si riflette negli occhi di Creighton come in uno specchio. Le sue nocche sono coperte da guanti di maglia, ma le unghie sono corte e tonde, fresche di lima dalle mani raffinate di Milibeth. 
Lucatiel sorseggia la birra in silenzio – che McLoyf benedica Gilligan e i suoi barili – come se ogni sorso avesse il sapore del fiele. Si lecca le labbra, guardandolo da sotto la falda del cappello. 
-Sono felice di averti rivisto. Spesso mi chiedevo se fossi ancora vivo. Se stessi bene.-
È carina, e se Creighton non la conoscesse sarebbe sorpreso di saperla ancora viva là in mezzo. 
-A me, non mi calpesta più nessuno. Ci provano, e se ne pentono sempre.- 
A conti fatti non è uscito così male. Sa combattere, sa sopravvivere da solo dappertutto, e a Majula nessuno lo schiferà. Non resterà a lungo, tuttavia. Si fa chiamare Viandante per una ragione, e in un villaggio così piccolo c’è poco da fare per passare il tempo; né ha voglia di imparare le lettere, anche se il vecchio mago si è offerto di insegnargli. Stare fermo a guardare altra gente vivere vite più interessanti non è cosa per lui.
Cretino è nato e cretino può morire: se il suo compaesano con la casa piena di libri ha da ridire, la sua ascia avrà l’ultima parola.
Lucatiel si volta di scatto, sbattendo le palpebre. Chissà a cosa stava pensando, lei
-Conti ancora le stelle?- chiede. 
-Non so neanche leggere, pensi che so contare?-
Magari sono dislessico – si dice così? Ci è voluto Pate per proporre l’idea, ovviamente, figurarsi se quei due maiali dei suoi genitori ci hanno mai pensato. A un figlio dislessico si può insegnare qualcosa, solo in modo diverso: un figlio cretino è marcio alla radice, non può che rimanere chiuso in casa per sempre a prendere le botte e spaccarsi la schiena con la legna finché non scopre che un’ascia può tagliare anche altro. 
Lucatiel prende un respiro profondo, che risuona sotto la maschera come il vento in una caverna, e appoggia il boccale sulla roccia accanto alla sua coscia. 
-Dimenticavo. Guardi ancora le stelle?-
-Tutte le volte che le vedo. Sono ancora lo stesso, in fondo. Ho solo un po’ di sangue sulle mani. Chi non ce l’ha? Posso cavarmela anche se non sono...- 
Si interrompe, e allunga il collo verso l’amica. Quello è un singhiozzo l’ha visto bene. 
-Che c’è?-
Lucatiel sobbalza, una tenda di capelli biondi che le scivola davanti al volto. -Niente. Non è successo niente.- 
-Non sono così stupido, sai. Dimmi che c’è.- 
La guerriera prende un profondo respiro e appoggia una mano sulla sua spalla. Creighton solleva la mano per scacciarla, ma il suo braccio si ferma a mezz’aria. Lucatiel non lo guarda nemmeno. 
-Aslatiel è morto. Quel maledetto Lord Aldia gli ha messo addosso le mani.- 
Il fratello, già: Creighton impiega un secondo buono a ricordarsi chi sia. Una lacrima scivola da sotto la maschera di Lucatiel, appena sollevata per i sorsi di poco prima. 
-Mi… dispiace.-. Ma suona falso. Di Aslatiel ricorda a malapena la faccia, e nessuno dei suoi segreti è morto con lui. Eppure il pianto di Lucatiel è onesto. E adesso che le dico?
-Se vado da questo Aldia e lo ammazzo cambia qualcosa?-
-No.- Lucatiel alza la voce. -Ormai è morto. Devo abituarmi. Non sarà uccidendolo che Aslatiel tornerà.- 
Infila le mani sotto la maschera e vi singhiozza dentro. È tutto orrendamente familiare – quella postura, quello sguardo, quel tremito delle mani. 
Così familiare che Creighton sa, con una certezza che pare un miracolo, cosa fare.
-Vieni qui.- 
Stavolta è lei a gettarsi fra le sue braccia, e versare lacrime nel suo mantello. L’assassino le accarezza la schiena con gesti secchi e impacciati, il boccale abbandonato sull’erba secca. -Ci sono io. Puoi piangere, sto zitto.- 
-Grazie.-. La voce di Lucatiel si spezza, le sue dita stringono la stoffa che riescono ad acchiappare. Creighton dondola piano, cullandola, e sorride sotto la maschera da condannato. 

A.A.:
Ho avuto un'idea per questa storia esattamente ieri, e oggi la pubblico. Un periodo produttivo non può che essere una benedizione. 
Per quanto voglia bene a entrambi (who am I kidding, tutti gli NPC di Dark Souls sono nel mio cuore eccetto Frampt e Kaathe), penso di preferire Creighton a Pate. Anche a Lautrec, mi verrebbe da dire, anche se non li trovo abbastanza simili da considerarli l'uno il parallelo dell'altro. Il fatto che, dei due, mi sembra quello più propenso ad avere un passato triste potrebbe aiutare.
L'idea di un'amicizia con Lucatiel è emersa casualmente. Ho trovato una fanfiction in inglese, che lascio qui, incentrata su un missing moment tra loro due. Carina, ma a un certo punto mi sono detta "perché si devono stare sulle scatole? Ci sono già Pate e Cale per questo scopo. Poi Lucatiel Lawful Good proprio non mi piace, ci vedrei meglio Sirris...". E così nacque questa shot qui. 
Gli errori di sintassi nei dialoghi di Creighton e di sua madre sono voluti, per mostrare la loro scarsa istruzione e replicare almeno in parte il loro dialetto. 
Purtroppo Aslatiel ce lo siamo giocato. Quanto a Pate, se sia sgusciato via o perito sotto i colpi di un'ascia elettrica... sta a voi decidere. 
Alla prossima.
Lady R.
  
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