Stretto tra pollice ed indice, l’ago affonda nella carne. Quando esce, non una goccia di sangue rosseggia tra la cruna e la punta. Trema, quando il pirata ringhia ed arriccia il naso. La pistola preme più decisa alla tempia.
A lavoro finito, tuttavia, il pirata è soddisfatto: perfetti i punti di sutura vicino al tatuaggio sulla mano: fregi di guerra. Ride. Mostra denti perfetti, affilati, zanne.
“Vamos hombres!”
Un’altra mano arma il cane. Preme il grilletto, spara.
Dopo la polvere e lo scoppio, il pirata, stizzito, scuote le braccia: ancora sangue di uomini, addosso.
Si guarda attorno: il viso si illumina. Raccoglie il guanto. Lo infila. E’ ancora chiaro, perfetto, immacolato.