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Autore: Kia85    06/07/2019    2 recensioni
“Ti capita mai di pentirti?”
“Di cosa?”
“Di avermi incontrato.”
“Come ti vengono in mente queste cazzate?”
[Buon anniversario, John e Paul!]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon 62° anniversario, John e Paul. <3

 

 

I’m in love with a friend of mine

 

 

Tutto poteva pensare meno di trovarlo lì, proprio quella sera.

Quando John entrò negli studi di Abbey road, vide la fin troppo familiare schiena di Paul china sul pianoforte.

La cosa lo sorprese. Infinitamente. Dopotutto…

John si era svegliato a ora di pranzo come sempre, e quando raggiunse Yoko in cucina per mangiare qualcosa, lei lo fissò in attesa di qualcosa.

“Cosa c’è?”

“Tu ne sapevi qualcosa?”

“Di cosa?”

A quello Yoko non rispose, si limitò semplicemente ad accendere la televisione.

Proprio lì sullo schermo, il giornalista stava dicendo che… Paul McCartney si era sposato?

Non era possibile.

Eppure eccolo lì, tutto contento, a stringere la sua neo-moglie, quell’americana neanche troppo carina. Cosa ci trovava in lei?

Non era possibile, ma era successo.

E John non poteva neanche concedersi il tempo di rimuginarci sopra, perché cazzo, Yoko lo stava guardando con i suoi occhi indagatori. E a quelli John non riusciva mai a nascondere un cazzo.

Doveva stare attento.

“No.” rispose, scrollando le spalle, “Non ne sapevo niente.”

“Strano però, non ti sembra?”

“Beh, è grande e grosso. Per quel che mi riguarda può fare quel cazzo che gli pare.”

La risposta doveva averla convinta, perché non gli chiese più niente e non ne parlarono più.

Ma questo non impedì a John di pensarci più tardi. Anzi, per il resto della giornata. Avrebbe voluto urlare la sua rabbia e la sua frustrazione perché erano arrivati a quel punto, al punto in cui il suo migliore amico, o presunto tale, neanche lo informava di un evento così importante.

Una stupida vocina gli suggeriva che lui stesso avesse contribuito a quell’atmosfera di tensione fra di loro.

Tuttavia pensava, sperava che almeno per certe questioni fossero ancora come ai vecchi tempi. John e Paul, Lennon e McCartney, solo loro.

Aveva deciso di scaricare tutta la sua frustrazione negli studi di registrazione. Suonare con la rabbia che scorreva nel suo corpo poteva avere dei risvolti positivi. E per una volta era riuscito a convincere Yoko a restare a casa. Aveva necessariamente bisogno di non averla attorno, per un po’.

Così quando trovò Paul nel loro studio, tutto intento a suonare una melodia distratta, un miscuglio di emozioni lo sopraffecero. La gioia di vederlo lì, proprio la sera del suo matrimonio, la rabbia di essere stato escluso ancora una volta dalla sua vita, la nostalgia di quello che erano e che inconsciamente lui voleva ancora, e poi quel folle sentimento che lo aveva sempre accompagnato, da quando la prima volta lo aveva sentito suonare per lui.

“Suppongo di doverti fare le mie congratulazioni.”

John decise di agire e Paul sobbalzò, spaventato, troppo preso dalla sua musica.

"O forse dovrei dire mazal tov! Non è tipo ebrea la tua mogliettina?"

“John.”

“Paul.”

“Hai saputo, allora?” domandò, lo sguardo vagava in un alone intorno a John, ma non riuscì mai a guardarlo davvero negli occhi.

“Non certo grazie a te.”

“Io…”

“Cos’è successo, Paul?” sbottò John, infastidito dalla sua vigliaccheria, “Ti sei svegliato e hai detto, ‘cazzo, è proprio una bella giornata per sposarsi, vero, amore?’”

“John-”

“O forse le poste reali hanno perso la mia partecipazione di nozze. È assai probabile, sai. Chissà se posso far ricorso direttamente a Sua Maestà.”

“John, ascoltami.”

Oh dovrei, vero? Dovrei ascoltare le tue stupide scuse, come sempre, no? Non c’è mai stata una volta in cui ti sia preso la responsabilità delle tue azioni. Sempre lì a trovare scuse. Sei così infantile, Paul.”

John lo aveva visto, il modo in cui l’espressione di Paul era cambiata, mentre John parlava. Era passato dall’essere evidentemente dispiaciuto all’essere arrabbiato. Troppe volte John lo aveva visto e sapeva riconoscerlo ad occhi chiusi, dal modo in cui il respiro di Paul cambiava, quasi si fermava.

Aveva passato così tanto tempo con quell’uomo che conosceva ogni sfaccettatura del suo viso in ogni singola situazione, lo aveva visto con i suoi occhi. Conosceva ogni lato del suo carattere, lo aveva provato sulla propria pelle. Conosceva ogni sentimento provato dal suo cuore, erano gli stessi che scorrevano in lui.

E in quel momento sapeva, come Paul, che quella rabbia era una maschera, per coprire e nascondere qualcosa che non poteva più manifestarsi.

“Vaffanculo, John, sei uno stronzo di merda.” sbottò Paul, prima di voltarsi per recuperare le sue cose, “Ero venuto per spiegare, ma vedo che non sei dell’umore.”

Detto ciò, Paul fece per andarsene e John lo avrebbe lasciato andare, non fosse stato per quel folle sentimento che scalpitava dentro di lui.

Il suo braccio scattò in avanti e si parò davanti a Paul, che si fermò con uno sbuffo.

“Cosa?”

“Ho esagerato.” mormorò John con un filo di voce, quasi vergognandosi di mostrarsi così.

“Quindi?”

“Quindi…” ripeté John, abbassando il capo e sistemandosi gli occhiali sul naso, “Mi dispiace.”

Paul sospirò, “Sì, lo dici sempre.”

“È vero.”

“Lo so, per questo ti odio.”

“Non mi odi.”

“Vorrei.”

“Provaci.”

“Non posso.”

“Perché?”

“Lo sai.”

“Dimmelo.”

John non se n’era accorto, forse perché era sempre stata la normalità, avere gli occhi di Paul così vicini, e il suo respiro che sfiorava il suo naso.

Ma Paul era così vicino ora e John ne era appena diventato consapevole. Era pericolosamente vicino. John era come paralizzato, perché Paul gli stava chiedendo solo di restare così, fermo per un secondo, altrimenti non avrebbe avuto il coraggio di farlo.

Ma lo fece.

Incurante di chiunque potesse entrare da un momento all’altro, Paul lo baciò e John pensò che questa fosse la cosa più coraggiosa che potesse aspettarsi da lui. E decise di goderselo, più che poteva.

Così inaspettato e perfetto, nonostante tutto. Proprio come era sempre stato Paul per lui.

Inaspettato e perfetto.

“Non era esattamente la risposta che mi aspettavo.” mormorò dopo.

Paul sorrise malizioso, “Non mi sembra che ti sia dispiaciuto.”

“No, ma cosa vuol dire, Paul? Perché sei qui?”

“Volevo vederti.”

“E’ il giorno del tuo matrimonio.” ribadì John, come se Paul se ne fosse già dimenticato.

Lui annuì, il sorriso assunse una lieve tinta di amaro, “Lo so. Per questo volevo.”

“Allora perché l’hai sposata?”

“Sembrava la cosa giusta da fare.”

“Non è una risposta.”

“Cosa vuoi che ti dica?” chiese allora Paul, sbuffando appena e allargando le braccia.

“Non lo so, che la ami. O forse… che l’hai sposata perché è incinta.”

“Non è così.”

“Perché allora?”

“Perché ho bisogno di lei ora.”

La risposta di Paul andò a sbattere contro le pareti dello studio insonorizzato e venne assorbita, non lasciandone traccia alcuna, se non nello sguardo di John. Lui strinse le labbra appena, guardandolo fisso, senza nessuna emozione.

“E non hai più bisogno di me.”

“Non ho detto questo.” si affrettò ad aggiungere Paul.

“Ma lo hai pensato.”

“No, cazzo, John. Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto né pensato. Io ho maledettamente bisogno di te, John.”

“E allora perché lei?”

“Perché con lei posso stare senza rendere conto a nessuno di quello che faccio. È più facile stare con lei alla luce del sole. Lo capisci?”

John sapeva che Paul avesse ragione. Non era accaduto lo stesso anche a lui? Era più facile stare con Yoko, lei era forte, lei avrebbe pensato a tutto e John aveva maledettamente bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui ora che Paul non poteva più farlo.

Sapeva che le cose dette da Paul fossero vere, ma non rispose. E Paul continuò.

“Noi siamo condannati a stare per sempre sotto i riflettori. Non esiste un cazzo di luogo in questo fottuto mondo dove potremmo stare solo noi due, in pace.”

“Esisterebbe, se lo volessimo davvero.” gli fece notare John, ma Paul scosse il capo immediatamente.

“No, John.”

“È solo che è una vita troppo difficile per te.”

“No. Non è questo. È che ho paura che ti odierei prima o poi. E non posso odiarti. Non sono nato per questo. Non potrei sopportarlo. Preferisco continuare ad amarti, anche da lontano, di nascosto, piuttosto che odiarti. Non chiedermelo, John.”

“Non lo farò.”

“Grazie.”

Il silenzio che seguì sembrò così assordante che neanche le pareti insonorizzate dello studio potevano attutirlo. E John lo odiava. Non era con quel silenzio che voleva terminare quella giornata.

“Perché non mi fai sentire cosa stavi suonando?” gli chiese infine John, indicandogli il pianoforte con un cenno del capo.

“E’ solo una stupidata, John.”

“Fammela sentire.”

Paul lo guardò titubante, prima di sospirare e tornare a sedersi al pianoforte.

“Ti interessa davvero?”

John ridacchiò e si sedette al suo fianco, godendo della sua vicinanza.

“Lo sai che è così. Sono sempre io, anche se a volte mi comporto da stronzo.” esclamò John, aggiustando gli occhiali sul naso.

“Cazzo sì.”

Paul fece scrocchiare le dita, appoggiandole ai tasti d’avorio, ma subito John coprì la mano dell’uomo con la propria, cogliendolo di sorpresa.

“Ti capita mai di pentirti?”

“Di cosa?”

“Di avermi incontrato.”

“Come ti vengono in mente queste cazzate?”

“Se non fosse stato per me, non saresti in questo casino.”

Paul sospirò, “John, penso che preferirei mille volte averti nella mia vita, che non averti conosciuto affatto.”

“Bugiardo.”

“E’ la verità. Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.”

E come a voler ribadire la sincerità delle sue parole, Paul girò la propria mano, intrecciando le sue dita con quelle di John. Questi sorrise, il suo sguardo fu rapito da quanto perfette sembrassero le sue dita intrecciate ancora una volta con quelle di Paul.

“Se tornassi indietro nel tempo e potessi parlare al Paul del 1957, gli diresti di andare comunque a quella stupida fiera?”

“Cazzo sì. E gli direi anche di correre.”

“Sempre il solito esagerato.”

Paul rise e John non poté fare a meno di sorridere felice ora.

Ecco, era così che doveva finire quella giornata.

*****

Paul era arrivato. Sistemò la sua bicicletta in un angolo e si avviò verso l’entrata. Ivan gli aveva detto che lo avrebbe aspettato all’interno.

C’era della musica che arrivava dal cortile della chiesa di St. Peter. Paul storse le labbra: era un arrangiamento decisamente molto goffo, ma c’era anche qualcosa che lo stava attirando come se fossero due calamite.

Una voce, graffiata eppure vellutata.

Si chiese a chi appartenesse. Sembrava voler parlare direttamente a qualcosa di profondo dentro di lui. Qualcosa che Paul non pensava di avere, in effetti.

In quel momento un piccolo gruppo di ragazze con le gonne lunghe e le acconciature ben cotonate gli passò di fianco. Una di loro gli sorrise e Paul riconobbe quel sorriso. Un paio di moine e parole dolci e la ragazza sarebbe caduta ai suoi piedi. Dopotutto, non era andato lì anche per rimorchiare?

Ma quella voce lo attirava e stuzzicava la sua curiosità in un modo a cui Paul non poteva resistere. Era così debole di fronte a certe tentazioni.

Così lasciò che la ragazza si allontanasse ed avanzò nel cortile della chiesa.

Dopotutto avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per rimorchiare.

Ma quella voce, quella, Paul era sicuro, gli avrebbe cambiato la vita.

 

 

Note dell’autrice: Salve a tutti. Da quanto!!! :D Sigh, mi dispiace tanto di scrivere così poco. Avrei un sacco di idee, ma zero tempo per scrivere.

Comunque, in realtà questa os l’ho pensata il giorno dell’anniversario del matrimonio di Paul e Linda, quando ho letto che stranamente quella sera lui era andato a lavorare negli studi di Abbey road. Quindi, insomma, la mia mente ha fantasticato e ha tirato fuori questa roba.

E’ un po’ strana in realtà, ma spero che sia piaciuta comunque. :D

Grazie a Vale che ha letto anche in pausa pranzo e grazie a chi leggerà.

Speriamo di sentirci presto. <3

kia85

   
 
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