Fanfic su artisti musicali > Slash, Myles Kennedy & The Conspirators
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Autore: Soul Mancini    08/07/2019    4 recensioni
[ATTENZIONE: questa one shot è un enorme spoiler della mia long "Living The Dream", in quanto è una sorta di finale alternativo! Può essere letta anche separatamente, ma se siete curiosi di leggere la long, vi consiglio di non leggere nemmeno questa presentazione!]
E se Slash non avesse distrutto la lettera che aveva scritto a Myles?
E se Myles la leggesse?
Questo si rivelerà essere uno stupido errore o il passo decisivo per dare una svolta alla vita di entrambi?
DAL TESTO:
«Aprii appena l’uscio, giusto il tanto per riuscire a sbirciare in corridoio.
E incrociai due occhi azzurri che conoscevo fin troppo bene, profondi e sgranati.
“Myles” soffiai, ma suonò più come un rantolo strozzato. Il cuore mi martellava nel petto, e la situazione non fece che peggiorare quando i miei occhi saettarono al foglio bianco che il cantante stringeva tra le mani.
“Posso entrare?” domandò Myles con un filo di voce, sul viso un’espressione indecifrabile.»
- QUARTA CLASSIFICATA e vincitrice del premio speciale "Miglior scena fluff" a "Il Contest Sdolcinato" indetto da MaryLondon sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Myles Kennedy, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mylash
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Ehi Myles,

ti sembrerà strano ricevere una lettera da me, che raramente mi esprimo in questo modo e preferisco parlare guardando il mio interlocutore negli occhi. Insomma, Slash che scrive una lettera… chi se lo aspetterebbe?
Ma ormai mi conosci abbastanza bene per sapere che, quando si tratta di questioni delicate e molto personali, perdo subito tutto il coraggio e la faccia tosta, pur di non portare fuori quello che ho dentro mi chiudo nel silenzio e svio il discorso.
Forse sto divagando, e anche questo non è da me.
Il fatto è che da anni sono tormentato da qualcosa di gigantesco, che ho tentato in tutti i modi di reprimere senza successo, ed è giunto il momento che tu lo sappia.
Non farò grandi giri di parole, non mi va e non serve, ma mi voglio assicurare che in questo momento, mentre leggi queste righe, tu sia da solo e tranquillo, perché sono consapevole che resterai sconvolto. Prenditi tutto il tempo che vuoi per assimilare ciò che leggerai e, per favore, fai in modo che nessuno oltre me e te lo venga a sapere.
Okay. Myles, ti amo. Da sempre, da quando ti ho conosciuto.
L’ho detto, ora lo sai anche tu.
So cosa stai pensando in questo momento, pensi che tutto questo sia uno scherzo di cattivo gusto… credimi, anch’io lo vorrei, invece è la fottuta verità con cui mi ritrovo a fare i conti ogni giorno.
Sappi che non mi aspetto nulla da te, so bene che questi sentimenti non sono ricambiati, quindi non ti preoccupare per me: se mi devi rifiutare, non porti scrupoli e fallo, puoi anche insultarmi se ti fa sentire meglio. Capirò.
Anzi, sai cosa ti dico? Non sei obbligato a rispondermi o a farmi sapere che hai letto, fai come se nulla fosse successo; penso che in questo modo ci risparmieremo entrambi un bel po’ di sofferenza.
L’unica cosa in cui spero è che questa confessione non cambi l’idea che tu hai di me, che non modifichi il nostro rapporto e non ti porti a diffidare. Non essere spaventato da me, non potrei mai fare qualcosa contro la tua volontà, io sono sempre io e vorrei che anche tu fossi sempre tu. Non sarà facile, all’inizio mi guarderai con disgusto e forse proverai pena per me, ma spero che col tempo ti lascerai questa storia alle spalle.
Te l’ho voluto dire perché per me era ormai diventato un peso troppo grande e difficile da sopportare, e perché mi sembrava corretto essere sincero con te.
Se sei giunto fin qui e non hai distrutto questa lettera, grazie. E grazie anche per essermi amico ogni giorno, la tua presenza è indispensabile per me.
S.


Quando staccai la penna dal foglio, la mano mi tremava leggermente. Non sapevo cosa mi avesse portato a mettere per iscritto quelle parole, a confessare quei miei sentimenti come se mi stessi rivolgendo a Myles, ma ne avevo sentito un profondo bisogno. Volevo parlargliene, fargli sapere ogni singola cosa, ero stufo di quella farsa che andava avanti da troppi anni e mi faceva stare sempre peggio; mi sentivo un vigliacco e un bugiardo, non ce la facevo più.
Volevo consegnargliela, quella lettera, dovevo prendere coraggio. Peccato che alla sola idea mi si accapponava la pelle, non riuscivo neanche a immaginare cosa ne sarebbe seguito.
Dovevo farlo quel giorno stesso, era la nostra ultima data del tour e molto presto ci saremmo dovuti separare.
Ci sarei riuscito?
Dopo aver riletto quelle parole almeno quindici volte, ripiegai il foglio e lo infilai nella tasca della giacca, in modo da averlo a portata di mano nel momento giusto, quando avrei trovato il coraggio.
Dovevo, volevo dargliela. In quelle poche righe avevo impresso tutto me stesso, come non sarei riuscito a fare nemmeno a parole. Era abbastanza squallido, lo dovevo ammettere, soprattutto da parte di una persona che si aggirava intorno alla cinquantina d’anni, ma era l’unica soluzione possibile al momento.


Mi aggiravo per il backstage in preda al panico, cercando di non darlo troppo a vedere. Il concerto era andato alla grande, avevamo concluso il tour di promozione di World On Fire in maniera spettacolare… non fosse per il fatto che la lettera per Myles mi era scivolata via dalla tasca della giacca prima che salissi sul palco e non avevo idea di dove potesse essersi cacciata. Non sapevo cosa mi terrorizzasse di più, se l’idea che la trovasse Myles o che capitasse tra le mani della persona sbagliata, qualche curioso a cui andava di ficcare il naso nelle faccende altrui.
“Ehi, Slash! Pronto ad andar via?” La voce di Todd, il mio bassista, mi fece sobbalzare; sollevai lo sguardo e me lo ritrovai a fianco, che mi scrutava con curiosità.
“Eh… più o meno” bofonchiai, guardandomi ancora attorno in cerca di quel dannato pezzo di carta.
“Tutto bene? Hai perso qualcosa?” mi domandò stranito.
“No” sbottai subito, senza specificare se stessi rispondendo alla prima o alla seconda domanda.
“Ah, a proposito: prima di salire sul palco ho trovato un foglio, non è che per caso è tuo?”
Trattenni il fiato quando vidi il bassista sventolare di fronte ai miei occhi proprio ciò che stavo cercando: la lettera si era un po’ stropicciata, ma era sempre ripiegata in quattro. La riconobbi subito, ormai me l’ero rigirata talmente tante volte tra le mani che ne conoscevo ogni singola piega.
“Cos’è?” Mi affrettai a strappargliela dalle mani, ma gli posi comunque quella domanda per capire se Todd l’avesse aperta o meno.
“Non lo so, non mi sono azzardato a sbirciare.”
Tirai interiormente un sospiro di sollievo, mentre continuavo a recitare la mia parte: con fare sospettoso, dispiegai il foglio e finsi di leggere qualche riga – come se in realtà non conoscessi già a memoria il contenuto.
Non sapevo come uscire da quella situazione, non potevo certo spiegare a Todd di cosa si trattava.
Improvvisamente mi venne un’idea che mi avrebbe sollevato da molte responsabilità e al contempo mi avrebbe permesso di raggiungere il mio obiettivo. Ripiegai il foglio con cura e sollevai lo sguardo su Todd. “Non so, credo sia qualcosa di Myles, ma non mi va di intromettermi troppo. Potresti infilarla nella sua giacca o nella sua borsa, mentre io vado a recuperare le mie cose?”
“Oh, certo, non c’è problema!” Il bassista mi sfilò l’oggetto dalle dita e in pochi istanti sparì dal mio campo visivo.
Perfetto: avevo evitato un momento imbarazzante con Todd e ora Myles avrebbe avuto la mia lettera senza che gliela dovessi consegnare direttamente.
Mi facevo sempre più schifo, quel piano era folle e del tutto insensato, aveva tutta l’aria di una presa per il culo nei confronti di Myles e di me stesso.
Solo in quel momento, mentre mi avviavo al mio camerino, venni colpito da una consapevolezza: ormai non si poteva più tornare indietro, Myles avrebbe ricevuto e letto la mia dichiarazione d’amore. Sul momento, davanti a Todd, avevo agito d’istinto senza pensarci troppo su, ma ora che l’adrenalina era scemata fui costretto a guardare in faccia la realtà.
Deglutii a fatica, sentendo improvvisamente la gola secca e un nodo allo stomaco.
Quella sarebbe potuta essere l’ultima notte di tour insieme a Myles, lui avrebbe potuto decidere di abbandonare il progetto e allontanarsi per sempre da me.
L’adrenalina ricominciò a scorrermi nelle vene, più irruenta di prima.


Vagavo per la stanza d’albergo come un’anima in pena, non sapevo dove posare lo sguardo e non riuscivo a darmi pace. Dormire? Non se ne parlava, la sola idea di sdraiarmi a letto mi faceva impazzire. In quel momento ero talmente in ansia che non sarei riuscito a stare fermo.
Myles aveva trovato la mia lettera? L’aveva aperta? Cosa ne pensava? Mi avrebbe mai fatto sapere qualcosa? Certo, ero stato io a suggerirgli di lasciar perdere, ma improvvisamente l’idea che la cosa rimanesse in sospeso non mi andava più bene.
Quella folle idea si stava rivelando sempre più una fesseria, avevo sbagliato tutto. Ma cosa mi era saltato in mente? Ancora una volta avevo agito d’istinto, come quando ero un ragazzino e mi divertivo a provocare chiunque mi ritrovassi di fronte, e mi ero ficcato in un casino più grande di me.
Ma stavolta non si trattava di un’innocente marachella, non avevo rotto il vetro del soggiorno al vicino di casa. Rischiavo di perdere uno dei miei migliori amici, nonché l’unica persona che avessi amato nel corso degli ultimi cinque anni.
Mi avvicinai alla finestra e la spalancai, ma mi accorsi che fuori faceva un po’ troppo fresco e la socchiusi. Accesi l’abat-jour. Perlustrai tutti i cassetti della stanza nella vana speranza di trovare qualcosa che mi distraesse. Spensi l’abat-jour. Gettai l’ennesima occhiata allo schermo del mio cellulare, la millesima quella sera, sperando e temendo di trovare un messaggio di Myles; non c’erano sue tracce.
Avrei voluto che qualcuno mi desse un colpo in testa, in modo da crollare addormentato e smettere di pensare, almeno per qualche ora.
Mi ero appena seduto sul bordo del letto con un profondo sospiro, quando sentii bussare con leggerezza alla porta; il mio cuore impennò e avvertii il sangue defluire dal viso, mentre i muscoli mi si irrigidirono di botto.
Smettila, Slash, magari non è lui. Potrebbe essere qualcuno dello staff o il personale dell’albergo.
Sì, e cosa dovrebbero mai volere alle due di notte?
Mi alzai a fatica e arrancai verso la porta, stringendo i pugni per tentare di placare il tremore delle mie mani. “Chi è?” mormorai.
Nessuna risposta. Probabilmente la persona dall’altra parte della porta non mi aveva neanche sentito.
Aprii appena l’uscio, giusto il tanto per riuscire a sbirciare in corridoio.
E incrociai due occhi azzurri che conoscevo fin troppo bene, profondi e sgranati.
“Myles” soffiai, ma suonò più come un rantolo strozzato. Il cuore mi martellava nel petto, e la situazione non fece che peggiorare quando i miei occhi saettarono al foglio bianco che il cantante stringeva tra le mani.
“Posso entrare?” domandò Myles con un filo di voce, sul viso un’espressione indecifrabile.
L’istinto mi diceva di sbattergli la porta in faccia, nascondermi in un angolo e dimenticare tutto, ma il mio buon senso me lo impedì; indietreggiai di qualche passo e aprii maggiormente la porta, lasciandogli lo spazio per intrufolarsi nella stanza.
Una volta dentro, Myles si guardò attorno spaesato, quasi… spaventato.
Aveva paura di me? Mi si formò un nodo in gola.
Poi il cantante posò i suoi splendidi occhi su di me e inspirò profondamente prima di parlare. “Slash, io… ho letto quello che… insomma, non sarei mai riuscito a fare finta di niente.” Era in difficoltà.
E io lo ero il doppio di lui. Con la scusa di chiudere per bene la finestra, mi allontanai ed evitai accuratamente il suo sguardo, dandogli le spalle. “Ecco, non vorrei che tu prendessi freddo” buttai lì, sigillando l’infisso con uno scatto.
“Slash… parliamone” mi rimproverò con dolcezza Myles, dal momento che avevo sviato il discorso.
La verità era che non sapevo cosa dire, ero nel pallone.
Mi voltai e lo trovai seduto sul bordo del letto, che mi invitava con un cenno a fare lo stesso. Scossi la testa e decisi di restare in piedi, troppo nervoso.
“Senti, io… non me l’aspettavo. Perché hai aspettato tanto per dirmelo? Per quanto tempo ti sei tenuto questa cosa dentro?” cominciò il discorso Myles, sempre col suo solito tono calmo e dolce. Non c’era traccia di rabbia o delusione nella sua voce.
Feci scorrere per un secondo lo sguardo sulla carnagione chiara del suo viso, accarezzata appena da alcune ciocche di capelli, scure e morbide… la dovevo smettere.
“Myles, perché sei venuto qui? Lo so, ti faccio schifo, quindi non sei obbligato a stare in mia compagnia. Insomma, non mi devi niente, è… ho fatto una cazzata, è stata una pessima idea” bofonchiai, inciampando nelle mie stesse parole. Ormai non riuscivo più a controllare il tremore diffuso in tutto il mio corpo, mi vergognavo troppo per le condizioni in cui versavo. Myles mi osservava con i suoi occhi curiosi e indagatori, e si ritrovava davanti solo un fascio di nervi, quello che sarebbe dovuto essere un uomo e invece sembrava più un ragazzino spaventato.
“Come puoi pensare che io ti possa disprezzare? Io sono solo preoccupato per te, vorrei che tu ti aprissi e mi parlassi di questa cosa. Vieni qui, siediti vicino a me” mi invitò gentilmente Myles.
Quando ebbi il coraggio di sollevare lo sguardo e incrociare il suo, vi lessi una sincera preoccupazione che mi spezzò il cuore.
Decisi di accontentarlo, anche perché presto o tardi le gambe mi sarebbero cedute: mossi qualche passo nella sua direzione e presi posto sul materasso, in prossimità del cuscino, mentre Myles stava ai piedi del letto. Volevo tenere una certa distanza da lui, sarebbe stato meglio per entrambi.
“Sei unico. Non posso credere che tu sia qui, dopo quello che hai letto” commentai.
Lui sospirò e scosse appena la testa, lasciando che i capelli gli oscillassero sulle spalle. “In questa lettera,” disse, accennando al foglio che ancora stringeva nella mano destra, “ci sono delle parole bellissime, forse è la dichiarazione più bella che mi sia mai stata fatta. E non è stupido, non è una cazzata. Non potrei mai odiare una persona che mi parla con tanto rispetto, tanto trasporto e… dolcezza, ecco.”
Io? Dolce?
Mi pareva assurdo, eppure sapevo con certezza che non mi stava prendendo in giro, non l’avrebbe mai fatto.
Tacqui, trattenendo il respiro, in attesa che lui continuasse.
Myles si avvicinò di più a me e mi si accovacciò di fronte, sul materasso, in modo da potermi osservare meglio. Dal canto mio, la sua vicinanza mi stava già inebriando, ma mi sentivo talmente a disagio che mi strinsi ancora più nell’angolo, contro la spalliera del letto.
“Slash, non mi fai schifo, non voglio scappare da te. Se tu mi vuoi abbracciare o mi vuoi osservare, o qualsiasi altra cosa, sentiti libero di farlo, a me non dà fastidio. Non stai commettendo un crimine anzi, io… mi sento in colpa.” Sospirò pesantemente e si passò una mano tra i capelli, gesto che mi faceva impazzire.
“In colpa? Perché?” gli chiesi titubante, anche se temevo di conoscere già la risposta.
“Credo che non… non potrò mai ricambiare questi sentimenti, questo ti farà male. Insomma, lavoriamo insieme, ci vediamo in sala prove, in sala di registrazione, in tour. Come puoi vedermi ogni giorno e stare bene?” Mentre parlava, Myles aveva gli occhi lucidi e colmi di dispiacere; questo mi spezzò il cuore.
Scossi il capo. “No, ti prego, era proprio questo che volevo evitare! Tu non ci devi nemmeno pensare, dimenticati di questa storia e soprattutto non preoccuparti di me. L’hai letto anche nella lettera e te lo ribadisco: a me basta esserti amico, ti voglio nella mia vita, non importa come” chiarii con sicurezza, sperando che quelle parole lo aiutassero a stare meglio. A volte non ci credevo nemmeno io, ma ormai mi ero rassegnato e mi ero dovuto convincere che andasse bene così.
“Oh, Slash…” Myles mi si accostò e mi strinse in un forte e avvolgente abbraccio, posando la testa sulla mia spalla.
Inizialmente mi irrigidii, sorpreso da quel gesto e con il cuore a mille, ma poi realizzai che il mio amico voleva solo dimostrarmi il suo affetto e la sua comprensione, non c’era motivo di fuggire o respingerlo. Lo strinsi a me, decidendo di godermi quell’attimo almeno una volta, inspirando il suo dolce profumo e lasciando che il calore del suo corpo impregnasse il mio. Non era facile averlo tra le braccia e trattenersi dal compiere mosse avventate, ma l’ultima cosa che volevo era spaventarlo e tradire la sua fiducia. Così feci appello a tutto il mio scarso autocontrollo.
Dopo qualche secondo, Myles mugugnò qualcosa di incomprensibile e fece scorrere per un istante le sue dita sul mio avambraccio, coperto solo dal tessuto leggero della maglietta.
Rabbrividii, del tutto spiazzato da quel gesto. “Che c’è?” gli domandai, leggermente allarmato.
“Slash?” mi richiamò in un sussurro.
Abbassai appena il capo per poterlo osservare, cominciando a pensare che qualcosa non andasse. Avevo forse sbagliato qualcosa? Myles si sentiva imprigionato dal mio abbraccio?
Prima che potessi formulare qualsiasi pensiero, mi ritrovai con le labbra di Myles premute sulle mie.
Il cuore perse un battito e smisi di respirare.
Era un sogno, non poteva essere vero! Dio solo sapeva quanto avevo atteso quel momento, sperato che arrivasse, temuto che non sarebbe mai successo.
Non me lo feci ripetere due volte e ricambiai con foga, trascinandomi Myles addosso e intrecciando le dita alle sue ciocche lisce. Mi aveva dato un assaggio di lui e ora volevo prendermi tutto, esplorare la sua bocca con calma e voracità, lasciare che incendiasse la mia.
Ma dopo qualche istante, Myles si scostò da me col fiato corto, lasciandosi scappare una risatina; ma i suoi occhi, sgranati e torbidi, lasciavano trasparire confusione e paura. “Ehi… piano, con calma” soffiò a pochi centimetri dal mio viso.
Oh, cazzo… cos’avevo fatto? Avrei dovuto fermarlo, non cedere!
“Ehm… senti, questo… non vorrei che…” balbettai, tremante per lo shock e la sfilza di emozioni contrastanti che mi aveva pervaso.
“Un attimo.” Si allontanò da me e si mise seduto con la schiena dritta e lo sguardo basso. “Oddio, a me… Slash, mi… mi è piaciuto. Ma è troppo da accettare tutto in una volta.”
Non sapevo se esultare per il fatto che avesse gradito il bacio o disperarmi perché l’avevo mandato nel pallone. Mi limitai a osservarlo, mentre frugavo nella mia testa alla ricerca di qualcosa di intelligente e sensato da dire.
“Non me lo aspettavo, scusami se ho agito d’impulso” buttai lì infine.
“È che questa per me è una situazione nuova, fino a dieci secondi fa non avevo neanche immaginato una cosa del genere” ammise Myles candidamente, con una risatina nervosa.
“Non sarò certo io a forzare le cose” lo rassicurai, posizionandomi più comodamente con la schiena contro la spalliera del letto.
Calò il silenzio, lunghissimi istanti in cui io e Myles non facemmo che scambiarci occhiate intense ed eloquenti. Poi, con la stessa naturalezza di prima, lui azzerò la distanza tra i nostri volti e mi baciò di nuovo. Il contatto con le sue labbra era dolce e morbido, proprio come la sua personalità.
Mi imposi di rispettare i suoi tempi e non farmi prendere dalla foga, ma dopo pochi istanti ciò che Myles mi dava non mi bastava più, lo volevo vicino e desideravo far scorrere le mani ovunque, sul suo petto, sui suoi fianchi…
Ancora una volta lo trascinai con me e ci ritrovammo scompostamente sdraiati sul letto da una piazza e mezzo. Ogni suo tocco, ogni suo respiro, era fuoco che mi ardeva nelle vene e sulla pelle.
Ma ancora una volta Myles si staccò da me e si sdraiò meglio su un fianco, il volto teneramente arrossato dalla foga e dall’imbarazzo. “Un secondo, dammi giusto un attimo.”
Mi portai una mano alla bocca, in preda allo sconforto. “Scusa. Di nuovo.”
Perché ero così fottutamente istintivo?
“So che può sembrare stupido, ma è duro accettare questo… interesse nei confronti di un altro uomo, soprattutto per uno della mia età, che ha sempre avuto delle certezze” si giustificò lui arrossendo leggermente, mentre riprendeva fiato.
Mi sollevai su un gomito e piantai i miei occhi nei suoi. “Fai quello che ti senti e quando te la senti, io sono qui per te. Quando vuoi avvicinarti fallo, se ti vuoi prendere una pausa non porti problemi” proposi di slancio, poi addolcii il tono della voce: “Non metterti alcun tipo di problema, io rispetterò ogni tua scelta”. Mentre parlavo, gli scostai una ciocca di capelli che gli si era appiccicata alla fronte sudaticcia. Sognavo da tempo di compiere quel gesto, di prendermi cura di lui e dimostrargli quanto ci tenessi.
Myles accennò un sorriso. “Dici davvero? Mi aspetterai?”
“Certo” sentenziai senza esitazione.
Myles allora si sciolse in un sincero, enorme e tenero sorriso, poi si strinse forte a me e nascose la faccia nell’incavo del mio collo. Il suo respiro caldo sulla pelle mi fece rabbrividire.
Seppellii il viso tra i suoi capelli, con l’unico intento di godermi il loro profumo; nel frattempo presi ad accarezzargli la schiena e il fianco, stringendomi ancora più a lui.
Quanto lo amavo! Certo, desideravo spingermi oltre, ero attratto da lui tanto da star male, ma per il momento mi sarei accontentato di stare così. Myles era tra le mie braccia, si sentiva vulnerabile e si aggrappava a me, si fidava di me.
E io me ne sarei preso cura, anche se ero capace a malapena di badare a me stesso.
“Io sono troppo confuso” ammise Myles con un sospiro, facendomi rabbrividire per l’ennesima volta. “Tu come fai a essere così sicuro? Come ti senti?”
La sua era più una riflessione che una domanda, ma mi colpì e allora mi sentii in dovere di dare una risposta. Prima di pronunciarle, pensai accuratamente alle parole da usare: “Non so bene come sentirmi riguardo a tutto questo. Qualcosa nel modo in cui ti muovi mi fa sentire come se io…”
…non potessi vivere senza di te.
Era tutta la verità, ma non riuscii a pronunciare quelle parole, avevo sempre troppa difficoltà a esprimere i miei sentimenti.
Per fortuna ci pensò proprio Myles a salvarmi da quel momento imbarazzante: sollevò il viso e mi lasciò un bacio dolce e ardente allo stesso tempo.
Quando si staccò, lo guardai negli occhi. “Mi prendi in tutti i modi… non sto scherzando.”
E lui capì, dal mio sguardo e dal tono di voce, che ero serio. Rimase quasi spiazzato da quella rivelazione, ma poi mi regalò l’ennesimo sorriso.
“Voglio che tu rimanga.”
Lui sbatté le palpebre. “In che senso?”
“Stanotte.”
Myles parve intimorito per un secondo. “Beh, forse…”
Ridacchiai. “Stiamo così, come adesso, nulla di più” lo rassicurai.
“Ah… okay, va bene” borbottò, scettico.
Scoppiai a ridere e gli lasciai un leggero colpetto sul braccio. “Mi fa morire il tuo modo di fare.”
“Non capisco se è un complimento.”
Senza smettere di ridacchiare, mi posizionai supino sul materasso e me lo trascinai accanto, in modo che potesse posare la testa sul mio petto.
Forse non ero la persona più adatta a ricoprire quel ruolo, non ero un porto sicuro, non avevo braccia forti tra le quali nascondersi o un petto possente in grado di infondere sicurezza e senso di protezione… ma questo non sembrava importare a Myles, che posò il suo orecchio all’altezza del mio cuore e intrecciò le dita ai miei capelli, giocando con i miei ricci.
Gli posai una mano sul fianco e lo cullai con dolcezza, lasciandogli di tanto in tanto leggeri baci sulla fronte e tra i capelli, finché non scivolai in un sonno quieto.
Quella notte, dopo anni, mi addormentai sereno e seppi con certezza di essere al posto giusto nel momento giusto ma, soprattutto, con la persona giusta.



♥ ♥ ♥

E… FINALMENTE CE L’HANNO FATTA! Ragazzi, oddio, sono emozionatissima *-*
Chi ha letto la storia madre di questa shot – Living The Dream, di cui questa è un finale alternativo – sa che per me questo era un amore platonico e irrealizzabile, stava tutta là la sua bellezza. Ma allo stesso tempo ho pensato che non fosse giusto concludere la storia così, lasciando scontenta quella parte di lettori che avrebbe voluto un lieto fine per i due. E poi ammetto che anche io mi sono posta tante volte la domanda: cosa sarebbe successo se Slash avesse dato la lettera a Myles, al posto di distruggerla? E da lì è partito tutto.
Non so che effetto farà a voi, ma ora vi racconto la mia esperienza: la sera che ho scritto questa storia, una volta conclusa, non ho fatto che pensarci e ripensarci, rivivevo nella mia mente i momenti e le scene. Sono andata a letto, la mattina dopo mi sono svegliata e il pensiero di questa shot mi ha perseguitato per tutta la giornata. Mi ha coinvolto in una maniera totale, e spero che questo sia emerso dalle mie righe ^^
Ah, e spero che vi piaccia il banner da me creato, anche se è un po’ sbilenco e non proprio artistico XD ho scoperto qualche giorno fa come si modificano le foto dal pc e questo è il mio primo esperimento, il banner per la long l’ho fatto con un vecchio cellulare della Nokia, ahahahhahah (scusate il momento vagamente trash) XD
Per quanto riguarda il titolo della storia, è tratto dalla canzone “Crazy Life” di Slash. Myles Kennedy & The Conspirators, bonus track di Apocalyptic Love del 2012!
Non mi resta che ringraziare i lettori di Living The Dream e tutti coloro che, pur non avendola letta, hanno dato una sbirciata da queste parti! E, last but not least, MaryLondon per il bellissimo contest e per il prompt super ispirante :3
Alla prossima!!! ♥


   
 
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