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Autore: Nazuhi    10/07/2019    3 recensioni
[Retelling della fiaba "La sirenetta"]
***
Christopher III Arclight, Giovane Leone Rosso di Seax, ha ottenuto il permesso dal padre di compiere un piccolo viaggio all'interno dei confini del regno prima della sua incoronazione. Durante la traversata in mare per raggiungere il porto di Havn, però, incontrerà una creatura che non aveva mai visto, dalla lingua pungente e lo sguardo di metallo, che metterà a dura prova la sua calma glaciale.
***
«Dove sono gli altri?»
«Altri?»
«Sì, il capitano Andersen, il nostromo, il cuoco, gli altri marinai…»
«Ah. Bè, credo siano tutti morti. Insomma, non sono mai emersi e che io sappia voi non avete le branchie.»
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Kaito Tenjo/Kite Tenjo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il principe e il sirenetto

 

Chris si stiracchiò le braccia contratte per il lungo viaggio in mare. Il sole, alto sopra di loro, scaldava il legno del ponte e contribuiva all’olezzo perenne di pesce e alghe marce che aleggiava nell’aria. Le sartie scricchiolavano pigre al vento di ponente e al rollio della nave. Si avvicinò a grandi passi al capitano Andersen, un uomo dal ventre largo e gonfio e un paio di grossi baffi spioventi sotto il naso a patata. Era un ottimo navigatore e con molta esperienza alle spalle, consigliato da suo padre in persona quando gli aveva espresso il desiderio di quel viaggio nei gelidi mari del nord. Fino a quel momento era sempre stato una compagnia amichevole e si era prodigato in tutti i modi affinché la sua permanenza sulla nave mercantile fosse piacevole e priva di intoppi.
«Quando arriveremo al porto?» chiese, avvicinandosi a poppa. Il nostromo era in piedi dietro il timone, i muscoli delle braccia tesi sotto la pelle cotta dal sole.
Il capitano gli fece un largo sorriso da sotto i baffi rossi.
«Presto, altezza, credo entro il calare del sole se il vento mantiene questa direzione e questa forza. Dico bene, signor Morris?»
«Dite bene, capitano. Il mare è tranquillo, oggi, non dovremmo avere problemi.»
Chris annuì e incrociò le braccia dietro la schiena. La brezza leggera gli si insinuò tra i lunghi capelli candidi e gli accarezzò la pelle sotto le vesti leggere. Ebbe un brivido.
«Posso sapere in quale porto attraccheremo?» chiese, di nuovo, per distrarsi dal lento rollio della nave che iniziava a irritarlo. Ormai era più di una settimana che erano in mare e, per quanto avesse gradito il viaggio, non vedeva l’ora di poggiare piede su un molo solido.
«Havn» gli rispose il nostromo.
«Non preoccupatevi, mio principe» si intromise Andersen, «faremo comunque in modo che mettiate piede a terra sano e salvo.» Gli fece un largo sorriso e tornò a scrutare il mare davanti a loro. Un grosso addensamento di nuvole nere si stagliava in lontananza sull’azzurro dell’acqua e del cielo.
«Quelle nubi mi piacciono poco» mormorò il signor Morris. «Credo ci convenga navigare sotto costa.»
«Mmh» grugnì il capitano. «Sì, hai ragione, non piacciono neanche a me. Sembra una tempesta.»
Chris gli scoccò un’occhiata tesa. «Non conviene gettare l’ancora?»
«E restare alla fonda mentre quel vento ci colpisce in pieno?» Il capitano scoppiò in una grassa risata che lo irritò. «Perdonate le parole di questo umile marinaio, mio principe, ma lasciate che noi uomini di mare ci occupiamo dell’unica cosa che sappiamo fare bene. Non temete, ho giurato a vostro padre il re di riportarvi sano e salvo a casa e così farò.»
«Bene» disse Chris, incrociando le braccia dietro la schiena. «Allora mi affido alle vostre mani, Andersen. Mi auguro che la mia fiducia sia ben riposta.»
«Non temete, altezza.»
Chris annuì. Scese le scale del ponte di poppa, senza distogliere gli occhi dalla massa nera in lontananza, e si infilò nello stretto corridoio che portava ai suoi alloggi. Una volta qui si lasciò cadere sul letto. Stando al programma che aveva stilato con il capitano Andersen e il lord ciambellano Thornhorpe, sarebbero dovuti rimanere attraccati in quel porto per un paio di settimane, il tempo necessario per fare rifornimenti e incontrare il lord castellano di quelle terre. Non aveva idea di chi fosse adesso, le notizie negli ultimi anni viaggiavano lente all’interno dei confini del regno di suo padre. Era abbastanza sicuro che lord Darrel avesse rinunciato al ruolo, ma non sapeva se in favore del figlio Gustav o del nipote Karl. O forse era succeduto qualcun altro ancora. Scosse la testa e iniziò a riempire i suoi bagagli con tutto ciò che gli sarebbe potuto tornare utile una volta a terra. Gli abiti di rappresentanza, qualche cambio, quelli per la notte, la toeletta e un sacco di libri, penne e pergamene per mettere su carta tutto ciò che avrebbe visto in quella parte di regno. Sarebbe stato emozionante! Dopo anni trascorsi a studiare per diventare un buon re, adesso poteva respirare un po’ di libertà. Sarebbe stato un breve momento, ma era il suo momento, la sua avventura. L’ultima e unica prima dell’incoronazione.
Un violento scossone fece oscillare la chiglia della nave. Chris si trovò a sedere sul pavimento della cabina, in mezzo agli abiti e ai libri che erano caduti dalla libreria. Il legno gemette, mentre in lontananza rimbombava il vociare animato dei marinai. Si rimise in piedi, tenendosi a una parete con entrambe le mani, e fece un paio di passi in avanti. Un nuovo scossone e il pavimento si inclinò di diversi gradi. L’armadio alle sue spalle cadde in terra con un tonfo sordo, trascinando con sé la libreria e i numerosi libri. Chris fece raccoglierli, ma la nave si inclinò dalla parte opposta e lui si trovò di nuovo in terra, in mezzo alle sue cose e a ciò che rimaneva del comodino, rimasto schiacciato sotto l’armadio. Un rumore di passi che si avvicinavano lo costrinsero a rimettersi in piedi e a spolverarsi i pantaloni di velluto. Doveva essere presentabile in qualsiasi situazione, persino durante una tempesta.
La porta si spalancò e il volto pallido del capitano Andersen fece capolino nella luce calda della cabina. Il vociare dei marinai era diventato una cacofonia di grida e urla, di cui Chris non comprese neanche mezza parola.
«La tempesta» ansimò Andersen, tenendosi il petto con una mano grassoccia. «E’ arrivata… La stiamo…» Tossì un paio di volte, rischiando di strozzarsi con la sua stessa saliva.
«Prendete un respiro profondo e iniziate da capo» lo interruppe Chris. «Ma siate preciso e veloce nella spiegazione.»
Il capitano annuì. Si asciugò il volto e la bocca e prese un profondo respiro. «Come vi dicevo, la tempesta è arrivata» iniziò, «stiamo cercando di domarla, ma la situazione è critica. Sono venuto solo per chiedervi di non uscire sul ponte. E’ per la vostra sicurezza, mio signore, questa cabina è il luogo più sicuro di tutta la nave.»
Chris sollevò un sopracciglio. «Sicura? Ho appena rischiato di rimanere schiacciato sotto l’armadio.»
«Sul ponte rischiate di farvi trascinare in acqua da un’onda. Siete il nostro futuro re, non posso…»
«Sciocchezze! Se può farlo quello scalmanato di mio fratello, posso farlo anche io.»
«Con tutto il rispetto, ma il principe Thomas viaggia in nave fin da quando era un ragazzino, voi non…»
«E’ un ordine, capitano, non una richiesta» lo interruppe Chris, corrugando la fronte. «Starò in poppa con voi e il signor Morris.»
L’uomo aprì bocca, forse per replicare, ma Chris lo fermò subito, scostandolo di lato e incamminandosi verso le scale che portavano sul ponte. Non aveva alcuna intenzione di rimanere chiuso in cabina. Era il principe ereditario, lo sapeva, ma non era un codardo. Nelle sue vene scorreva il sangue dei Leoni Rossi di Seax, non poteva fuggire. Ne andava dell’onore suo e della sua famiglia.
Non appena mise piede sul ponte venne travolto da raffiche gelide. L’acqua che scendeva dal cielo si mescolava con quella che saliva dal mare e insieme si accanivano senza sosta sul ponte ormai allagato e sugli uomini bagnati fino alle ossa. Cavalloni alti quasi quanto l’albero maestro si stagliavano, cupi, sul nero delle nubi. Era senza dubbio più spaventosa di quanto avesse immaginato poc’anzi. Non aveva idea di come facesse la nave a essere ancora tutta intera. Deglutì, nel tentativo di scacciare la morsa che si era serrata intorno al suo stomaco, e si impose di mantenere l’aspetto distaccato e stoico che aveva imparato a indossare. Non poteva permettersi il lusso di lasciarsi andare alla paura, o di cedere alle emozioni. Era il futuro re, e i re dovevano sempre mantenere i nervi saldi, in ogni situazione. Doveva dimostrare di essere all’altezza di quella corona, di essere come suo padre. Serrò i pugni, celando il tremore che gli aveva strappato il controllo sulle dita, e cercò di farsi strada verso la poppa. Il continuo rollio della chiglia e il ponte reso scivoloso dall’acqua di mare lo facevano incespicare ogni due passi, ma alla fine riuscì a raggiungere le scale di poppa e a sistemarsi di fianco al nostromo.
«Com’è la situazione?» gli urlò, nel tentativo di sovrastare l’ululato del vento e farsi udire.
«Sotto controllo, signore!» Morris diede in una grassa risata, mentre i muscoli delle braccia continuavano a tendersi sotto la pelle. «Ah! Figuriamoci se mi lascio inculare da una puttana simile! Non temete, tra qualche ora ne saremo fuori!»
Chris sollevò un sopracciglio: parlava proprio come suo fratello. Doveva essere un vizio degli uomini di mare usare linguaggi così scurrili. Una volta passata la tempesta avrebbe dovuto spiegargli le buone maniere e l’etichetta.
«Morris» tuonò il capitano, affiancandosi al nostromo. «Accosta di venti gradi a tribordo e mantieni la rotta il più possibile. Uomini! Ammainate quelle cazzo di vele e datevi una mossa! Non vorrete diventare cibo per pesci, vero?»
«A tribordo?» esclamò Morris. «Siete impazzito? Ci schianteremo sulla costa!»
«Doppiamo trovare riparo tra gli anfratti! La tempesta è troppo potente!»
«E’ una follia!»
«Ubbidisci agli ordini, marinaio!»
Il signor Morris digrignò i denti e fece forza sul timone. Le vene sul collo e sulle braccia dell’uomo si ingrossarono a vista d’occhio. Chris sgranò gli occhi: non aveva mai visto niente del genere in vita sua. L’uomo ruotò la ruota del timone di quanto gli era appena stato ordinato, senza distogliere lo sguardo dalla bussola incassata lì accanto. Il legno della chiglia gemette e la nave si inclinò di lato; le onde continuavano a colpirla sul fianco, spingendola sempre più a dritta. Sulla sua destra intravide il profilo frastagliato delle scogliere; si avvicinavano a vista d’occhio. Strinse le mani intorno al parapetto e lanciò un’occhiata agli uomini che si affrettavano sul ponte di prua. Ciascuno di loro era impegnato con qualcosa, l’unico a starsene con le mani in mano era lui. Anche volendo, non c’era niente che avrebbe potuto fare; era troppo occupato a mantenere i nervi saldi per pensare di rendersi utile con qualche cima.
«Capitano! Siamo a qualche miglio dalla costa!» urlò il signor Morris. «C’è una baia proprio di fronte a noi!»
«Dirigiti lì!»
Il nostromo puntò i piedi sulle assi di legno e, facendo forza con le braccia, ruotò la ruota del timone a sinistra. Le vene sul collo divennero ancora più gonfie. L’intera nave scricchiolò e si inclinò sul lato destro. Chris si aggrappò a un passamano, nel tentativo di non scivolare in mare. Il vento ruggiva sopra di loro, sferzando l’albero maestro e le vele ormai ammainate. Furono lunghi secondi, poi la nave si raddrizzò e una cacofonia di esclamazioni e bestemmie si sollevò dal ponte di prua. Anche Chris non poté fare a meno di sospirare: la baia era in vista, erano salvi.
All’improvviso, un’onda più alta delle precedenti si schiantò sul fianco sinistro. Il parapetto si frantumò sotto la forza del mare, l’acqua invase il ponte. L’imbarcazione si inclinò su un lato, imbarcando altra acqua e inclinandosi ancora di più. Alcuni uomini scivolarono in acqua, il secondo albero si spezzò sotto la forza del vento, una nuova onda si infranse sul fianco, schiantandolo. Il gemito del legno e le urla degli uomini sovrastò persino l’ululato del vento.
Chris fece per allungare una mano, ma la nave si fracassò contro gli scogli. Il fianco destro si frantumò sotto i suoi occhi, il pavimento del ponte gli mancò sotto i piedi e vide il volto del capitano diventare ancora più cereo. Lunghi secondi dopo si trovò nel mare gelido, sballottolato di qua e di là dalla furia del mare. Sangue, corpi e assi di legno vorticavano intorno a lui, l’acqua salata gli bruciava la gola e gli occhi. Annaspò nel tentativo di mantenersi a galla, ma qualcosa lo colpì sulla spalla. Una fitta acuta gli attraversò tutto il fianco sinistro e un’onda lo sommerse. Tutto intorno a lui fu buio. Un buio freddo e denso, che gli si insinuò fin nelle ossa.
 

***

«Ehi! Apri gli occhi!»
Chris avvertì uno strano bruciore propagarsi sul lato destro del volto, poi una fitta all’altezza dello stomaco. Spalancò gli occhi e si tirò su di scatto. Un capogiro improvviso lo costrinse a chinarsi di nuovo su se stesso; aveva l’impressione di avere un cerchio di metallo stretto intorno alle tempie. Si sporse di lato e vomitò acqua marina e bile.
«Che schifo!» sbottò una voce sconosciuta. «Ma cosa sei, una bestia?»
Chris sollevò la testa. Un volto pallido e incorniciato da capelli biondi lo fissava accanto a lui, sdraiato sul piccolo scoglio su cui si trovavano. Era un ragazzo, fradicio dalla testa ai piedi e a torso nudo; la testa era appoggiata su un palmo, la parte inferiore del corpo era immersa nell’acqua. Doveva essere uno dei marinai sopravvissuti, ma come osava rivolgersi a lui in quel modo? Definirlo “bestia”?
«Cos’è successo?» gli chiese.
Il ragazzo fece un sorriso divertito. «Siete naufragati contro gli scogli.»
Corrugò la fronte e si passò una mano sul volto, per asciugarsi dall’acqua di mare e dalla bile. Siete, aveva detto? No, aveva capito male, non c’erano altre spiegazioni.
«Dove sono gli altri?»
«Altri?»
«Sì, il capitano Andersen, il nostromo, il cuoco, gli altri marinai…»
«Ah. Bè, credo siano tutti morti. Insomma, non sono mai emersi e che io sappia voi non avete le branchie.»
Chris impallidì. Com’era possibile? Il capitano, il nostromo… Tutti quanti… Si guardò intorno: il mare era calmo, una leggera brezza fresca spirava sopra di lui, increspando appena la superficie. Assi di legno, botti e corde galleggiavano tutt’intorno; era tutto ciò che era rimasto della nave. Tutto ciò che era rimasto del suo equipaggio. Si lasciò sfuggire un lamento. Doveva raggiungere la riva e trovare un villaggio. Doveva comunicare con suo padre, fargli sapere che era vivo. Che stava bene. Un castello sarebbe stato più indicato per il suo lignaggio, magari avrebbe incontrato qualche nobile che poteva riconoscerlo. Non aveva niente, con sé, che potesse testimoniare la sua discendenza; indossava solo una camicia di cotone e un paio di pantaloni di velluto, gli anelli erano colati a picco insieme al mercantile. Si passò una mano sul volto. Niente panico, doveva solo prendere un respiro profondo e ragionare a mente fredda. Non era morto e non era ferito, aveva solo bevuto un po’ di acqua e l’aveva già vomitata. Sollevò gli occhi verso la spiaggia: era a un centinaio di metri di distanza da quello scoglio, avrebbe potuta raggiungerla a nuoto. Una volta lì, doveva solo cercare un villaggio, anche una capanna di pescatori andava bene, e farsi indicare il lord del luogo. In teoria doveva trovarsi poco lontano Havn. Si alzò in piedi e squadrò il marinaio: era davvero a torso nudo, con la parte inferiore celata dall’acqua nera del mare.
«Alzati, dobbiamo raggiungere la riva.»
«Scordatelo, io non ci vado laggiù.»
Chris serrò le labbra. «E’ un ordine, marinaio.»
Il ragazzo fece spallucce.
«Un ordine dal tuo futuro re» puntualizzò Chris.
«Il mio re è il mare, umano.» Una coda di pesce dalle scaglie grigie come il metallo si sollevò alle sue spalle. «Sono un sirenoide, se non l’avessi ancora notato. Non prendo ordini da una scimmia senza peli.»
«Scimmia senza peli?»
«Non dirmi che non ne hai mai visto uno» disse l’altro, con fare annoiato.
«Non di persona.»
Il sirenetto sbuffò. «Ti pareva non avessi salvato un tardone.»
«Modera il linguaggio, non sono un plebeo.»
«Infatti sei solo un idiota ingrato. Ti ho salvato la vita, il minimo che tu possa fare è inchinarti di fronte a me e giurarmi fedeltà eterna.»
Chris sollevò un sopracciglio: stava parlando seriamente?
«Io non mi inchino a nessuno, neanche a mio padre. Sono il principe ereditario, governo sulla terra e il mare, e su tutti gli abitanti.»
«Certo, e poi anneghi per una tempesta da nulla.»
«Questo è un affronto!»
Il ragazzo corrugò la fronte e una scintilla di rabbia gli animò le iridi grigie.
«L’unico affronto, qui, è il tuo aspetto» sbottò. «Ma ti sembra il modo di andare in giro, con quei capelli lunghi da femmina! Cazzo, ti ho scambiato per una donna e invece sei un pomposo reuccio da nulla. Anzi, il figlio pomposo e altezzoso di un reuccio da nulla.»
«Fammi capire, mi hai salvato la vita solo perché credevi fossi una dama?»
«Certo» gli rispose lui, annuendo. «A me piacciono le donne. Loro le salvo, gli uomini no. Non li sopporto.»
Chris gli scoccò un’occhiata gelida e si guardò bene dal replicare. Quel tizio stava mettendo a dura prova i suoi nervi. Non sopportava nulla di lui, né la sua faccia, né la sua lingua tagliente o i suoi modi scontrosi. Gli aveva salvato la vita, certo, ma l’aveva fatto solo perché l’aveva scambiato per una donna.
«Ti ringrazio, ora tolgo il disturbo e me ne torno sulla terraferma» gli disse, dandogli le spalle.
«Non mi chiedi una mano per raggiungere la riva?»
«Dubito lo faresti.»
«In effetti avrei rifiutato.»
Chris si voltò verso di lui, scandalizzato. Si trovò immerso nei suoi occhi grigi e gelidi, freddi come una lama. Il ragazzo aveva ancora una guancia appoggiata sul palmo, la coda da pesce che oscillava alle sue spalle.
«Per essere una scimmia e un principino ingrato non sei poi così male» mormorò il sirenoide. «Almeno non hai provato a mangiarmi.»
«Non sono una bestia.»
«Tu non hai mai sentito le nostre leggende, vero?»
«No, non perdo tempo con le storielle del popolo.»
«Bè, dovresti. Sapresti che voi scimmie vi divertite a pescarci e mangiarci. Credete che la nostra carne vi doni la vita eterna, soprattutto quella delle nostre donne.»
«Sei un tipo strano» mormorò Chris, sedendogli di fronte.
«Tu non sei da meno, principino
«Hai un nome, oltre a una lingua tagliente?»
«Kaito» gli rispose il sirenetto, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso il mare.
«Bene, me lo ricorderò. Mi hai salvato la vita, è giusto che ti ricompensi.»
«Potresti darmi tua sorella in sposa.»
Chris corrugò la fronte. «Non ho una sorella.»
«Ah, peccato. Allora tua moglie?»
«Non riesci a pensare ad altro?»
Kaito fece un sorriso divertito. «Stavo scherzando, Giovane Leone Rosso del Seax. Se proprio vuoi ringraziarmi, potresti vietare la pesca della mia specie.»
Gli fece un cenno di saluto con la mano e si immerse nell’acqua, scomparendo subito dalla sua vista.
Chris rimase a lungo immobile, con gli occhi sgranati. Come faceva a sapere il suo nome? Era certo di non averglielo mai rivelato. Scosse la testa e si lasciò cadere sullo scoglio. Non era stato un incontro piacevole, ma gli aveva comunque salvato la vita, senza chiedere nient’altro in cambio se non la promessa che la sua specie fosse al sicuro. Sì, era qualcosa che avrebbe potuto fare, una volta diventato re. Avrebbe convocato una delegazione con i sirenidi e avrebbe stilato una legge per la loro tutela. Aveva già qualche idea in mente. E poi non era neanche così antipatico, avrebbe anche potuto farci l’abitudine. Ammesso che l’avrebbe mai rivisto.

 

 

 

***
Nda: Ringrazio la carissima Fordmustang69 per l'idea u_u Senza di lei non avrei mai partorito un retelling simile

  
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