Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: gigliofucsia    10/07/2019    0 recensioni
Quando Aida e le sue due compagne di viaggio vengono a sapere di 40 minatori scomparsi, non sanno cosa pensare. Le famiglie chiedono a chiunque passi se può portare a loro notizie, dato che il sovrano è troppo occupato per fare qualcosa a riguardo. Sono molte settimane che i minatori non si fanno sentire, perciò, dato che sono di strada, chiedono al sovrano una mappa della miniera per partire. Il re accetta di buon grado e promette loro una ricompensa per il disturbo appena torneranno. Così facendo Aida, Diana e Ileana si mettono in viaggio.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un'enorme bocca oscura sprofondava nella montagna. Da essa partiva un sospiro arrancato.

– È questa la miniera? – chiese Ileana, come se scrutasse una bestia famelica.

– È questa – rispose Aida decisa.

Diana le gettò uno sguardo piatto, sfregando le pietre focaie sulla candela della lanterna.

Le spalle di Ileana si ritiravano, ma poi i suoi pugni si strinsero e lei fece un passo avanti.

Diana si sollevò con la lanterna, aguzzando gli occhi. Nemmeno il più piccolo bisbiglio echeggiava tra le rocce. Aida, stringendo con forza l'elsa del pugnale, prese coraggio; e si introdusse nelle tenebre.

L'umidità ghiacciava la pelle. La luce dorata della lanterna li accompagnava, diventando più luminosa man mano che l'oscurità si faceva più fitta.

– Sai dove stiamo andando? – chiese Diana, guardando Aida: che procedeva decisa lungo il cunicolo.

– Secondo la mappa, siamo sulla via principale, non possiamo sbagliare – rispose, pronta, Ileana; agitando un rotolo di pergamena ingiallita.

Aida si girò verso Diana e, alzando le spalle con un sorriso comicamente superiore, disse:

– Io stavo per dirti che in questa miniera ci sono già stata; ma, alla fine, è Ileana l'addetta alle mappe –

 

Mezz'ora di cammino e c'era un silenzio di tomba.

– Secondo voi, cosa può essere successo? – chiese Diana pensierosa – una frana?

Un crollo suonò attraverso le pareti. Ileana si girò, scattando in aria come punta da un ago.

– Uno spirito maligno? – azzardò con voce tremula.

– È una miniera, possono esser stati attaccati da banditi di passaggio – disse Aida – tenete gli occhi aperti! –

Alle loro orecchie arrivarono leggeri scricchiolii. La caverna sembrava mormorare e muoversi. Si faceva sempre più umida, man mano che passavano. La luce dorata evidenziava le costole di legno di sostegno alle pareti. Il corridoio era sempre più profondo. Continuarono a camminare; finché un senso di vertigine colse Aida d'improvviso.

Percependo un improvviso vuoto, aprì le braccia. La compagnia si fermò di colpo. La punta dello stivale superò il bordo; in cui galleggiava una nebbia biancastra. Aida fece un passo indietro:

– Indietro, indietro – disse spingendo le sue compagne lontano dal precipizio.

– Perché? Cosa c'é? – chiese Ileana allibita.

Diana prese Ileana per la spalla e la tirò:

– Uno strapiombo, non possiamo passare – spiegò.

Aida riprese fiato. L'ultima volta che era stata lì, quel pozzo non c'era. Qualcosa crepitò, e l'eco dei suoi colpi echeggiarono lungo le pareti, diventando frenetici dopo pochi secondi. Aida pensò che fosse meno profondo di quanto credeva.

– Il pavimento deve essere crollato – mormorò.

Diana appoggiò il palmo sulla parete umida e avanzò la lanterna con cautela. La sua luce penzolava sul vuoto. La nuvola bianca lasciò intravedere il fondo. Strette travi di legno spuntavano da una valle di massi. Aida alzò lo sguardo.

– È crollato anche il soffitto – mormorò, guardando la pietra nuda. Com'era possibile che due incidenti fossero capitati così vicini?

Avrebbero potuto pensarci in eterno, ma per saperlo era necessario esplorare quel buco. Il fosso era profondo solo un paio di metri, ma nel buio sembrava ancora più immenso. Quella velata oscurità, respinta male dalla lanterna, sembrava nascondere qualcosa di orrendo. Se l'entrata era la bocca della bestia, quella fossa sembrava lo stomaco: pronta ad inghiottire chiunque ci fosse caduto.

Lo fissarono con lo stesso sguardo con cui l'abisso li fissava. La loro mente viaggiava indecisa da un pensiero all'altro, ma nessuno che desse conforto. Un'aria gelida le sfiorava, dal fondo fino a far tremare le gambe e sfiorare i loro visi.

– Ragazze, io scendo – disse Aida, sedendosi sul bordo con le gambe penzolanti nel vuoto – Voi restate qui, se succede qualcosa vi faccio un fischio e scendete – disse

– Vengo con te – disse Ileana.

– No, avrò bisogno di tutte e due per risalire, basto io – rispose Aida, intransigente.

Abbassò lo sguardo. Fissò la nebbia. Prese un unico respiro e le sue mani la spinsero oltre il bordo. Fu un viaggio che durò pochi istanti. Prima che i suoi piedi toccassero il fondo, sentì l'aria cambiare aspetto. Scivolò su una roccia; si arrabattò su una trave mobile; e quando riuscì a trovare l'equilibrio, un intenso miasma le invase le narici.

Si sollevò con tutte e due le gambe e chiamò le ragazze per farsi passare la lanterna. Quando la prese in mano tutto si fece più chiaro.

Barcollò da una roccia all'altra, osservando le fessure del pavimento. Un odore pungente si fece largo, oltre a quella esalazione di corpi in putrefazione. Lungo tutto il perimetro, lo spettacolo si faceva sempre più desolato: Un braccio umido ed pallido si appoggiava sulla roccia vicina; seminati sotto le macerie, i cadaveri si allungavano verso la superficie, come l'erba nella pietra; poco più avanti, uno stivale si ergeva rigido verso il soffitto, mentre il resto del corpo era ridotto in poltiglia; un uomo pallido e umido stringeva ancora la presa su una trave, la parte inferiore del corpo non esisteva più; lungo il bordo più lontano, una massa di corpi si accatastavano, esangui e ad accompagnarli c'erano un nuvolo di mosche e insetti che zampettavano sulla loro carne.

Camminò attraverso arti ammuffiti, schizzi di sangue rappreso e nuvoli di insetti. Quell'odore pungente entrava nelle narici, confondeva i pensieri e la chiudeva lo stomaco, in una botte di disgusto e timore. Resti seminati come un campo di morte.

– Credo che i minatori siano qui sotto – disse desolata.

La teoria dei due crolli spiegava tutto, tranne la questione delle travi: avevano resistito per decenni e il loro crollo sembrava avere lo zampino di un demonio.

– Come ha fatto il soffitto a crollare? – chiese Diana

– Niente è perfetto – mormorò Ileana – forse erano troppo vecchie.

Aida si tolse il pugnale dalla cintura e appoggiò la lanterna su una roccia. Una cicatrice importante solcava la superficie di una trave abbandonata. Aida infilò la lama nella piaga; e la allargò, piegando e spingendo verso il basso. Si sentì un crepitio e il legno rivelò il suo interno. La luce della lampada illuminò un legno pieno di gallerie.

– I sostegni sono pieni di termiti! – esclamò. Piccoli scarafaggi bronzati zampettavano lungo quel legno umido. Aida lo lasciò andare, si ripulì le mani, e prese di nuovo la luce, decisa a tornare indietro. Cosa avrebbero detto alle famiglie, una volta tornate al villaggio?

Facendo il più presto possibile, zampettò fino alla parete. Lì, sollevò la lanterna. Poi alzò le braccia. Due paia di mani la afferrarono; la trascinarono lungo la parete e la portarono sul sentiero.

Aida, restituì la lanterna a Diana. Temeva che le termiti avessero provocato il crollo del soffitto, e che quelle travi non fossero le uniche infestate. Potenzialmente, l'intera miniera sarebbe potuta crollare. Quindi disse a loro di uscire il prima possibile. Una volta data la notizia alle famiglie, il re avrebbe pensato ad organizzare qualcosa per disseppellire i corpi. Il loro lavoro era finito, ed era inutile rischiare la vita più del necessario. Tutte loro furono d'accordo, ma la grotta aveva altri piani.

 

Viaggiarono rapide su quel terreno. Passi continui rimbombavano nelle pareti. Il terreno si faceva sempre più ripido, man mano che passavano metri di corridoio. Senza preavviso, dei colpi di tosse piombarono secchi sulle loro orecchie. Quando si girarono, videro con stupore, che veniva da Aida stessa; che, in anni di viaggio, non aveva mai contratto una malattia. Forse aveva ingerito un po' di polvere, non pensavano che ci fosse da preoccuparsi. Dopo qualche minuto sarebbe passata. Ma non fu così.

 

Dieci minuti dopo, le cose peggiorarono. Aida sentiva le sue membra pesare, come anche il respiro. L'addome si contraeva gettando spasmi d'aria, che spezzavano il silenzio. Tutto ciò non era mai successo in passato e non era ancora finita.

 

Passarono un'altra quindicina di minuti. La caverna cominciava a respirare e farsi meno scura. In compenso il respiro di Aida si faceva sempre più pesante. Ad un tratto, fu costretta a fermarsi. Il suo cuore pulsava nel petto in modo violento; la vista cominciava a dondolare e per qualche istante vide tutto sfocato. Cosa le stava succedendo?

La bocca dello stomaco divenne un nodo. Gomitoli d'aria si incastrarono nella gola, e colpi di tosse secchi, rimbombarono sulle le pareti. Il palmo della mano si appoggiò alla parete umida e, alla ripresa dei polmoni, la sua testa era come la macina di un mulino a vento. La mano libera si strinse le tempie, cercando un sollievo dal dolore.

– Aida, tutto bene? – chiese Ileana, preoccupata.

Aida aprì gli occhi il tempo sufficiente, per capire che, entrambe, le erano vicine.

– Sei pallida – mormorò Diana – dovresti fermarti un minuto –

Non sapeva cosa fare. Tutto ciò era assurdo per lei.

– Faccio fatica a respirare... e... mi gira la testa – non aveva mai provato una cosa del genere, era orribile: le sembrava di perdere il controllo delle sue azioni, dei suoi pensieri; temeva di non riuscire a sopportarlo – Cosa mi sta succedendo? – quando sentì la propria voce tremare capì che doveva calmarsi.

– Avrai preso un raffreddore, niente di grave – minimizzò Diana, appoggiando due dita sulla fronte e sulla guancia – non hai la febbre, forse non è niente di che, un po' di riposo e ti passa –

Diana era stata male spesso, quindi si fidava di lei. Facendosi forza, cercò di proseguire.

Si rimise dritta; e solo allora, quando alzò lo sguardo, notò con la coda dell'occhio una cosa: una trave di sostegno pericolosamente sotto pressione. Il legno era diviso da una crepa, che si faceva sempre più larga man mano che le pietre del soffitto spingevano verso il suolo. Aida allungo una mano verso Diana, voleva fermarla per fargliela vedere. Ma un istante dopo, un frastuono esplose dal soffitto. La trave si spezzò e, mentre le macerie crollavano, le sue mani viaggiarono verso Diana tirandola indietro appena in tempo. Grandi massi si ammucchiavano davanti a loro. Ileana gridò loro di farsi indietro. Aida indietreggiò insieme a Diana, finché il frastuono si trasformò in un leggero ticchettio sulle macerie. In quel momento, si resero conto di essere chiuse dentro.

– E adesso? – mormorò Ileana con la voce che tremava.

– Torniamo indietro e cerchiamo un'altra strada – rispose Aida.

Ileana annuì e tirò fuori la mappa.

– Un metro più avanti ed era finita – mormorò Diana con gli occhi fissi sul vuoto. Gocce di sudore brillavano alla luce della sua lanterna. Poco dopo, però, si girò verso Ileana e mise la luce sopra la pergamena. Aida lasciò che se ne occupassero loro, si sentiva poco bene.

– C'è una via, però si trova dall'altra parte della caverna – sentenziò Ileana.

– Va beh, posso ancora camminare – mormorò Aida decisa.

– Ma dovremmo passare di nuovo oltre il fosso, non so se è una buona cosa – disse Diana, alzando lo sguardo dalla pergamena.

Aida le guardo per un secondo senza capire il problema; poi le venne in mente che non si era mai ammalata, prima di andare lì sotto.

– Pensi che sia stato il fosso a farmi ammalare? – chiese, guardando Diana negli occhi.

– Non vedo altra causa, – rispose Diana – Quel posto sembrava malsano –

– Non abbiamo altra scelta comunque, giusto? – chiese Aida guardando Ileana.

Ileana annuì rassegnata:

– È il tunnel per i carri, l'unica uscita, oltre all'entrata principale –

– Allora muoviamoci – concluse Aida, cominciando a camminare con cautela verso il fondo della cava.

 

Servi una mezz'ora per ridiscendere. Oltre al fatto che la strada era tanta, Aida era ben lontana dall'essere agile. I colpi di tosse diventavano sempre più rauchi, e più andava avanti, più i suoi passi si facevano pesanti. Nonostante il suo corpo pregasse per stare fermo, i suoi occhi erano sempre aperti, ed i suoi movimenti precisi e calcolati. Non sarebbe crollata, finché avrebbe tenuto la mente sveglia.

Quando arrivarono alla cava, Aida si appoggiò alla parete emettendo un sospiro di sollievo. Ora, dovevano solo capire come superare l'ostacolo.

– Ragazze, non vi sembra che la nebbia si sia ingrossata? – chiese Ileana.

Aida aguzzò lo sguardo nella nebbia. Diana avanzò di nuovo la lanterna. Ora la sua luce non riusciva a penetrare oltre quella coltre.

– Si è addensata – rispose Aida. Ma c'era un problema: quando l'aveva vista, aveva pensato che fosse polvere, o semplice umidità. Ma la nebbia e la polvere non si comportavano così.

– Ragazze, mi è venuto un dubbio – disse Ileana più preoccupata di prima – non è che quella è una nuvola di gas? –

Diana la guardò confusa e, dopo aver gettato lo sguardo sulla nebbia, rispose:

– Può essere? – e si voltò verso Aida tesa – Aida, cosa ti senti adesso? –

Aida scosse la testa e cercò di raccogliere i pensieri.

– ...Mi sento stanca, faccio fatica a respirare... Ho il cuore in gola, mi gira la testa e... Ed ora comincio anche ad avere le vertigini – sentì le gambe percorse da un brivido, faceva fatica a muoverle.

Le due si guardarono e annuendo Ileana disse:

– Intossicazione, quella roba è gas – era passata in una nube di gas, ora capiva il perché di quei sintomi.

– Ciò vuol dire che se passiamo da sotto, ci intossichiamo anche noi – completò Diana.

Aida ebbe un capogiro, per un lungo secondo sentì la rotazione della terra come se andasse cento volte più veloce e decise di sedersi. Cercò di riprendere fiato, ma sentiva i polmoni come sassi.

Una mano delicata si appoggiò sulla schiena, mormorando parole di conforto; Un gesto del genere sarebbe stato insolito per una come Diana. Fu quello a darle la forza per riaprire gli occhi.

Come lo fece, la via le apparve davanti come un segno divino. C'era un pezzo del pavimento che non era crollato: una sporgenza di una ventina di centimetri che percorreva il bordo della stanza.

– Quella lì – mormorò indicandola con l'indice.

Ileana si sporse dalle sue spalle e Diana voltò la luce.

– È vero c'é una sporgenza – disse Diana, seguendola con la torcia – vado a controllare, voi restate qui... Ileana, la strada che dobbiamo seguire è davanti a noi, giusto? –

Ileana presa alla sprovvista balbettò:

– Sì... certo ma, fai attenzione –

– Controllo solo se è sicuro, poi torno indietro –

Aida si alzò in piedi con un movimento barcollante, mentre Diana si appoggiava alla parete avanzando a tratti lungo di essa.

Cercò di tenersi ferma sulle gambe, anche se rialzandosi le era venuto un altro capogiro. Ileana la prese per le spalle, ma Aida alzò una mano, come a dire di non preoccuparsi; e lei la lasciò andare. Ma se le fosse venuto un capogiro del genere, sommata alla sua già latente debolezza, sarebbe bastato un niente a farla cadere nel baratro. Sentiva il pericolo lungo tutte le sue membra, ma non poteva tirarsi indietro.

Dopo qualche minuto, sentì Diana trascinare passi per tornare indietro.

– Se ci teniamo ben attaccati alla parete, e muoviamo un passo alla volta, possiamo arrivare dall'altra parte senza problemi –

Ileana annuì e disse:

– Aida sta in mezzo... se ha un capogiro e rischia di cadere, possiamo provare a fermarla –

– Sono d'accordo – rispose Diana – Aida, fai con calma; non strafare; un passo alla volta e se hai un capogiro, qualcosa, fermati! chiaro? –

Aida fece un cenno d'intesa, e prese un profondo respiro. Si appoggiò alla parete con tutta la cautela di cui era capace, sentendo già le vertigini aumentare lungo tutto il corpo. Diana, probabilmente, se ne accorse; perché le chiese:

– Tutto bene? È una mia impressione o sei più pallida di prima? –

Ileana fece in tempo a dire che aveva ragione. Aida si sbrigò dire che non importava: sentiva di avere ancora un certo controllo, poteva riuscire a superare la cosa, se faceva un passo alla volta e rimaneva sveglia.

– Bene,! vieni, un passo alla volta – mormorò Diana, quasi accompagnandola.

Diana fece qualche passo di lato, tenendo la lanterna appoggiata al muro. Aida alzò il piede di pochi centimetri e sentendo già il proprio equilibrio vacillare lo appoggiò a pochi centimetri più in là. Le dava molto fastidio essere così lenta, ma se fosse caduta, sarebbe stato peggio.

– È tutto a posto, stai andando bene – la incoraggiò Diana, tenendola d'occhio come se temesse di vederla crollare da un momento all'altro. Aveva capito tutto.

Dopo qualche passo, Ileana si unì alla coda. Con apprensione le mise una mano sullo stomaco. Aida era ossessionata dal pensiero che se lei stessa avesse perso l'equilibrio, il suo stesso peso avrebbe potuto farle cadere entrambe.

– Ileana... non lo fare... non preoccuparti – mormorò.

Ileana guardò la propria mano e scosse la testa decisa:

– Rischiamo di cadere tutte e due – insistette.

– Non importa, io non ti lascio – rispose decisa

Aida sapeva che sarebbe stata una guerra persa in partenza. Ileana era il tipo di persona disposta a seguire qualcuno anche all'inferno, pur di non lasciarlo indietro. Era per questo, che erano compagne. Ma almeno l'aveva avvertita.

 

Il loro cammino continuò, per lunghi minuti. La carovana andava a rilento. Un passo alla volta, ed erano arrivati solo ad un quarto del cammino. Aida continuava ad avere vertigini e leggeri capogiri.

Una volta arrivati a metà strada, sentì la mano di Ileana premerla sulla parete. Fu come svegliarsi di soprassalto. Le sue mani si aggrapparono alla roccia come gli artigli di un gatto e il cuore bussava rapido nella cassa toracica. Si rese conto che aveva rischiato di cadere e mormorò:

– Diana – lei si girò – Non ha senso che rischiamo tutti per me, promettetemi che se cado... mi lascerete indietro –

– Non se ne parla! – esclamò Ileana indignata.

– Non preoccuparti – rispose Diana – tu non cadrai –

Aida lo sperava, ma le sembrava una possibilità poco probabile che lei riuscisse ad arrivare alla fine senza perdere l'equilibrio, e cadere di sotto. Nonostante questo, continuò.

I suoi passi si facevano sempre più incerti, ogni movimento la faceva barcollare, e la cosa peggiore era che il suo respiro arrancava più di prima.

Tutto ad un tratto, il mondo le parve meno materiale. Sentì il suo corpo farsi leggero e incontrollabile. Soltanto una voce le parve nitida. Sentì i brividi lungo tutto il corpo, come se stesse precipitando. Venne invasa da un'aria pesante e, appena prima di toccare il fondo, tutto diventò nitido. Un fianco, al contatto con una roccia piatta, vibro di dolore. Il suo respiro si mozzò. Capì, in quel momento, di essere caduta nel fosso. Stava per riprendere a tossire, ma riuscì a coprirsi la bocca ed il naso in tempo, e trattenere il respiro.

– Aida, ci sei? – gridò Diana.

Aida si rese conto di potersi ancora rialzare. Spinse sulle braccia; e, tra un colpo di tosse ed un altro, gridò:

– Andate avanti! –

L'addome si contrasse, ed una fila di gracchianti colpi di tosse la interruppe. Cercò di trattenere il fiato, e spinse per mettersi in piedi.

– Riesci a camminare? – gridò Diana, attraverso la nebbia. Ora riusciva a capire cosa aveva in mente. Voleva sapere se era in grado di raggiungerle da sola.

Aida raccolse volontà, e, barcollando come se fosse su una trave di legno sul vuoto, si sollevò.

– Sì – rispose – Vi raggiungo dall'altra parte.

Mosse il primo passo su una roccia inclinata, e sentì tutto il suo corpo vibrare di debolezza. Si accucciò, e mosse una mano davanti a sé. Il suo piede scivolò, e si sentì precipitare. Con un riflesso quasi involontario si tenne stretta alla roccia, ma servi a poco. Le gambe precipitarono, e si incastrarono in una fessura, dove qualcosa di disgustosamente morbido le accoglieva. Bastò quell'inciampo a far risalire il suo cuore alla gola. Tolse i piedi da quella roba molle, e li appoggiò su una superficie solida. Fu allora, che la testa divenne una trottola. Si aggrappò a quella roccia e chiuse gli occhi, sperando che finisse. Sentiva la presa indebolirsi sempre di più.

Delle voci viaggiarono, echeggiando attraverso la nebbia.

– Io vado – disse Ileana, con il tono così deciso e intransigente da far paura.

– Ha detto di aspettarla qui, ed è quello che faremo! – rispose Diana con voce alterata.

– È da un po' che non si fa vedere! Potrebbe essere nei guai! –

– Non importa! se scendi, farai la sua stessa fine; e poi cosa dirò ai nostri genitori, quando verranno a sapere che non ho saputo proteggere mia sorella! Abbi fede e resta qui –

Aida ringraziò mentalmente Diana per averlo detto. Sapeva che doveva costarle molto, ma non voleva che Ileana rischiasse a causa sua. Adesso, era giunto il momento di alzarsi e continuare.

Cercò di mettere i piedi in punti stabili e, con uno sforzo indecente, riuscì a rialzarsi. Tolse una mano dalla roccia, per vedere se stava in equilibrio: la riappoggiò un paio di volte prima di farcela. Poi si allungò verso la sua sinistra. Le voci delle sue compagne arrivavano da lì.

Tratteneva ancora il respiro, ma non sapeva quanto avrebbe resistito ancora. I suoi polmoni si stringevano, e al prossimo attacco di tosse avrebbe respirato altro gas.

Avanzò a tentoni, su una roccia piuttosto piana. Ebbe un giro alla testa; ma, chissà come, riuscì a stare accucciata su quel pezzo di pietra senza cadere in qualche altra fessura. Udì dei bisbigli lontani, non riusciva a capire cosa significassero. Diana e Ileana stavano parlando a bassa voce. Nonostante questo, continuò ad arrancare verso di loro: precipitando, scivolando, ansiosa di raggiungerle.

Un metro più avanti, l'addome si contrasse e ricominciò a tossire. Per un minuto intero non si mosse. Le ginocchia crollarono sul suolo; il suo corpo si faceva sempre più debole. Non sarebbe riuscita a fare un altro passo. Si abbandonò su quella pietra, serrando le palpebre. Divenne il suo giaciglio e a niente valse il tentativo di tapparsi: i colpi di tosse la scuotevano e anche soffocandoli non riusciva ad impedire al gas di penetrarle nei polmoni già malmessi.

Stava per immergersi nell'incoscienza quando dei passi prudenti scossero le rocce. Percepì una luce attraverso le palpebre. Delle mani sottili la sollevarono.

A quel punto, ogni nervo del suo corpo scattò. Una di loro era scesa nella cava, e non avrebbe dovuto; stava rischiando di morire. Agitando le braccia si aggrappò alla maglia di lei. Questa notò lo spavento e mormorò:

– Non preoccuparti, andrà tutto bene, tieniti a me – quella voce le era familiare.

Avrebbe voluto parlare, ma temeva di ricominciare a tossire e di non fermarsi più. Quindi si aggrappò ai suoi abiti, alle sue spalle e riaprì gli occhi.

– Metti i piedi dove li metto io –

Guardò i piedi di lei e poi girò. Era Ileana, non si era lasciata convincere. Aveva un fazzoletto bianco sul suo viso. Una trovata intelligente. Lei la guidò attraverso quella valle indicandole pietra per pietra il cammino.

Quando arrivarono alla parete, la appoggiò, e le chiese di alzare le braccia. Aida si sentì sollevare, con grande sforzo, da due mani serrate. La trascinarono sul pianerottolo. Sbucò fuori dalla nebbia e si sdraiò sul terreno umido. Pochi secondi più tardi anche Ileana la raggiunse restituendo la torcia alla legittima proprietaria.

Aida non riusciva a credere di essersela cavata. Era ancora, ma un masso si era infilato nei polmoni e ciò non la aiutò a riprendere fiato. Rimase lì, distesa per un tempo lunghissimo cercando di respirare. Alla fine, quelle due si erano messe d'accordo per tirarla fuori e non aveva niente da dire se non che erano state imprudenti.

Ileana stava dando la sua versione del suo recente viaggio nella cava. Aida si sentiva così pesante che per alzarsi in piedi avrebbe dovuto sudare sette camicie. E mentre raccoglieva le energie per riuscirci non poteva fare a meno di pensare che avrebbe preferito non rialzarsi più.

Dopo qualche minuto, Diana e Ileana le chiesero se riusciva ancora a tirarsi i piedi. La sola idea di muoversi la faceva sentire ancora più pesante, ma non avrebbe permesso ad una intossicazione di dettare legge al posto suo, quindi la prese come una sfida.

Si mise su un fianco, appoggiò la mano destra a terra, e si riuscì a mettersi in ginocchio. Qui, prese un bel respiro. Con la testa che cominciava a pulsare e le braccia così fragili da tremare, aspettava il momento giusto per tirarsi su.

– Ti serve una mano? – chiese Diana.

Aida scosse la testa. Quando sentì di aver ripreso un po di lucidità piantò il primo piede sul terreno, e si spinse in l'alto. Un senso di vertigine la scosse fin nel midollo, il cuore vibrava, ma riuscì a stare in piedi.

Ileana era pronta a prenderla al volo. Aida si ritrasse e scosse una mano. La sola idea di essere ancora più di peso di quanto non fosse già, era indecente. Si appoggiò alla parete e fece segno a loro di seguirla.

Diana tenne alta la lanterna mettendosi accanto a lei, mentre Ileana seguiva il percorso della mappa alla luce della lanterna, gettando occhiate preoccupate ad Aida. Lei non aveva la forza di parlare, barcollava un passo alla volta lungo quel cunicolo, sperando di avvistare la strada giusta.

– Dovrebbe esserci un'apertura sulla destra con dei binari – disse Ileana. Diana alzò la torcia. Aida vide la luce evidenziare un corridoio sulla destra che si alzava verso l'alto. Erano quasi arrivate. Fecero qualche passo e videro la ruggine dei binari bruciare alla luce della lanterna.

– Qui siamo in salita, ce la fai? – chiese Diana ad Aida.

Aida si sentiva al limite. Si spostò dalla parete, attraversò il corridoio e, a discapito di quel leggero mal di testa e quei giramenti che vennero poco dopo, riuscì ad appoggiarsi alla parete opposta ed a focalizzarsi sulla strada. Finché avrebbe avuto la forza di farlo, avrebbe camminato con le sue gambe.

– Non sei costretta a fare tutto da sola – mormorò Ileana – Ti possiamo aiutare noi ad arrivare fino a sopra –

Aida scosse la testa di nuovo e, con voce roca, rispose:

– Sarei solo un peso per voi –

Diana guardò sua sorella e alzò le spalle: era inutile tentare di convincerla, tanto faceva di testa sua, come al solito. Per qualche motivo, la cosa la fece sorridere. Così, facendo il primo passo, borbottò:

– Andiamo! lumache –

– Hai capito? – disse Ileana a sua sorella – “lumache” a noi! –

– Già, speriamo di riuscire a stargli dietro! – rispose Diana ridendo.

Aida si aggrappò con tutte e due le mani alle pareti, cercando di saldare ogni passo sul terreno per evitare di scivolare. Il pensiero, se non la speranza, di uscire da lì la spingeva a sopportare qualsiasi cosa.

Il corridoio curvava di continuo, ed i binari le seguivano fedeli. Passarono tre... quattro... cinque curve e l'aria si faceva sempre meno rarefatta. Aida a tratti riusciva addirittura a tenere il passo.

Svoltarono l'ultimo angolo ed una montagna di passi, pietre e terra si estese dall'uscita, fino ai loro piedi. Nessuna luce, nient'altro che un muro di pietre fredde e pesanti, che se avessero provato a spostare sarebbero potute crollare tutte su di loro, rotolando lungo quella strada fino a riempire i corridoi della caverna.

Diana abbassò la lampada, il suo sguardo divenne serio e gli occhi si fecero ardenti di una fredda rabbia. Ileana ebbe un sospiro, e guardò quel muro sconsolata.

Una pesantezza immane si impadronì di Aida. Cadde in ginocchio, al limite delle forze. Non respirava, se non a brevi tratti.

– Non c'é un altra strada? – chiese Diana.

Aida sentì il raffinato tocco da macellaio di Diana, tirarle delle pacche sulla schiena, così sonore da coprire la tosse.

– Non sulla mappa – mormorò Ileana.

Aida non doveva strafare, adesso si sentiva veramente male. La testa esplose dal dolore e le vertigini si fecero così forti da farla precipitare. Quando si arrabattò cercando di appoggiarsi alla parete, le stesse poderose mani la presero per le braccia e la appoggiarono.

Chiuse gli occhi, sperando che passasse, ma fu una vana speranza. In poco tempo la testa iniziò a girare ed il suo respiro divenne asmatico.

La sollevarono per la spalle per non farla cadere. Aida percepì delle mani un po' più rudi ma era troppo confusa per ragionare. Cercò di afferrare quel braccio. Ma le sue proprie braccia vibravano così tanto da non riuscire controllarle, le mani delicate di Ileana gliele presero e le appoggiarono sulle gambe.

Cercò di alzare le palpebre, ma il mondo si sfocava e continuava a girare e confonderla. Ombre e colori si mischiavano davanti ai suoi occhi. La testa si mise a girare ancora di più e fu costretta a richiuderli.

Nonostante questo, le sue orecchie funzionavano bene:

– Ci penso io a lei – disse Ileana con apprensione

– Io esploro il resto della miniera, se trovo qualcosa vi avviserò – rispose Diana.

– Sì... tieni la mappa – Aida sentì un crepitio.

– Grazie; tornerò, voi aspettatemi –

– Non andiamo da nessuna parte –

Il resto fu: silenzio, passi lontani, gocciolii e piccole frane echeggianti.

Per la prima volta, Aida poté riposarsi. Anche se non si poteva parlare di riposo con tutto ciò che aveva. La sua testa stava esplodendo e girando senza fine, respirava a fatica ed ogni cellula del suo corpo era pervasa da brividi di debolezza. L'unica cosa che le dava sollievo, era la mano di Ileana, perennemente stretta alla sua. Il pensiero di non essere sola in quel buco oscuro, la faceva accettare volentieri quella sofferenza. Se non distingueva colori o forme la sua testa pareva rallentare. Sentiva di essere alla fine. Alle volte, dei soffocati colpi di tosse facevano vibrare l'aria.

Dopo un tempo indefinito. Gli occhi anche tappati percepivano la luce della lanterna di Diana. Le orecchie udirono i suoi passi e respiri pesanti.

– Trovato qualcosa? – chiese Ileana speranzosa.

– Niente – ringhiò Diana. Si udì il pesante tonfo della lanterna.

– Siamo chiuse dentro... possiamo solo aspettare che qualcuno ci venga ad aiutare –

Il che significava che sarebbero morte. Aida non sapeva cosa dire, stava comunque per morire, almeno loro avevano una possibilità di sopravvivere. Sentì Diana sospirare: un sospiro diverso dagli altri, un sospiro afflitto. Sentì Ileana tirare su con il naso, sapeva che era lei, Diana non se lo sarebbe permesso.

– Anche la candela è arrivata al limite, tra poco si spegnerà – mormorò Diana.

Avrebbe voluto alzarsi, e fare qualcosa; ma anche volendo non riusciva a muovere un muscolo. Stava per andarsene e lo sapeva. Anche Ileana e Diana lo sapevano, perché le sentì sedersi ai suoi lati.

Ci fu un silenzio che durò lunghi minuti. Un silenzio rotto solo dai singhiozzi di Ileana. Singhiozzi che scuotevano l'anima e, che lei, faceva di tutto per trattenere.

– Ileana, facciamola sdraiare starà più comoda – disse Diana con un tono rassegnato. Sentì Ileana fare un mugugno di conferma, e poi la appoggiarono su un fianco, con la schiena alla parete. In quella posizione le pareva di respirare leggermente meglio, ma forse era solo un'impressione. Le misero un braccio sotto la testa e una delle due le si appoggiò accanto. Questa le strinse la mano molto forte, come se temesse di perderla.

Dai singhiozzi che udì era sicura che quella persona era Ileana. Diana non era mai stata una persona affettuosa, ma Aida era sicura che non stava soffrendo meno di sua sorella.

Dopo qualche minuto, non ce la fece più, voleva consolarla e provò a parlare. La sua voce era così rauca che le parole parevano gemiti. Sentì un po' di movimento intorno a sé, segno che l'avevano udita.

– Cosa c'é? – chiese Diana con un raro tono apprensivo – senti male da qualche parte? –

Fu dopo vari tentativi riuscì ad articolare qualcosa:

– Ileana... –

– Sta cercando te – disse Diana.

Sentì il respiro strozzato di Ileana avvicinarsi.

– N-non pi-piangere.... Per-favore... –

Ileana tirò su col naso e fece un respiro profondo.

Dopo qualche secondo, Diana ebbe un sussulto:

– La luce si è spenta – disse.

Fu per la luce spenta che accadde. Aida sentì Diana alzarsi in piedi, e strascicare un po' di passi nel buio.

– Cos'è quella luce? – chiese Ileana.

– La nostra salvezza, se mi dai una mano –

Ileana si alzò di scatto. Aida sentì una serie di crolli. Tutto ad un tratto si fecero sempre più ovattati, confusi e lontani.

 

Si risvegliò. Non sapeva di preciso quanto tempo era passato. All'improvviso, percepì di nuovo del vento sulla pelle: aromi frizzantini, odore di foglie secche e aghi di pino stuzzicavano le narici; le orecchie udivano il canto degli uccelli e gli occhi percepivano la luce del giorno anche se chiusi. Sentì i suoi polmoni riempirsi e svuotarsi senza affanno. Se provava, riusciva anche a muovere le punta delle dita. Per un secondo, pensò di essere finita nell'aldilà, ma quando aprì gli occhi, capì che non era così.

Capì che doveva essere passato molto tempo. Vide Diana e Ileana saltarle addosso. Aida si sentiva ancora debole, ma la testa non girava più, e le vertigini erano sparite. Quindi si mise su un fianco, e provò a tirarsi in piedi.

Una mano le si appoggiò sulla spalla.

– Lascia che ti aiutiamo per questa volta – disse Diana.

Aida sorrise beffardamente e barcollando si alzò sulle gambe. Quel brusco movimento bastò a darle le vertigini, il suo cuore ebbe una leggera palpitazione e barcollando si sentì precipitare a terra. Ileana la prese per un braccio.

– Non ti reggi in piedi e noi vogliamo tornare a casa il prima possibile – mormorò, sorridendo.

Aida sospirò e annuì. Diana la prese per l'altro braccio, entrambe a fare da stampella.

Dopo tutto, era una bella sensazione essere aiutati.

– Bene – disse Diana – Andiamo! Un piede alla volta.

– Lo so come si cammina – rispose Aida – ...Grazie.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: gigliofucsia