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Autore: Nao Yoshikawa    12/07/2019    8 recensioni
Soulmates!AU
21 – Un telefono mette in contatto due persone lontane nel tempo e nello spazio
38 – Anime gemelle, ma nati in due universi diversi
"Storia partecipante alla Soulmate Challenge indetta sul gruppo facebook Il giardino di Efp"
«Penso sia un po’ tardi per questo. E poi, mi piace parlare con te. Tu hai una bella voce. E sembri… allegro, felice, solare.»
Aveva indovinato tutto ciò, solo dalla voce?
«E va bene. Ma di cosa vuoi che parliamo?»
Stancamente, Takumi si poggiò al davanzale.
«Di tutto. Parlami di tutto.»
Fu incredibile la velocità con cui Soma si abituò a parlare con lui. Perché quello era un destino a cui nessuno poteva sottrarsi, per quanto crudele e ingiusto fosse. Si dimenticò di Kuga, ma forse quest’ultimo l’avrebbe perdonato quando gli avrebbe raccontato. Sì, quando gli avrebbe raccontato che era caduto vittima dell’inganno.
In questo modo, Soma sulla sua bici, nel suo tempo e nel suo mondo, iniziò a parlare con Takumi, affacciato alla finestra, nel suo mondo e nel suo tempo.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Souma Yukihira, Takumi Aldini
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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21 – Un telefono mette in contatto due persone lontane nel tempo e nello spazio
38 – Anime gemelle, ma nati in due universi diversi


L’inganno 
 
Tokyo, 2019
 
L’anima gemella. Cos’era un’anima gemella? Soma non era certo di saperlo, né di volerlo sapere. Era indifferente a tale idea, non che la disprezzasse, ma credeva che non sarebbe stato nel suo destino. E d’altronde era meglio così, perché l’amore era bello, quanto doloroso e sofferente e ciò lo faceva dubitare sul fatto che ne valesse la pena o meno. Ma questi erano pensieri troppo profondi e sfiancanti per un’anima come la sua, per un diciottenne pieno di vita.
Quella mattina Soma uscì di casa di buon umore, in sella alla sua bicicletta. Aveva un appuntamento col suo migliore Kuga, nonché compagno di mille avventure e che, come lui, la pensava allo stesso modo sull’argomento “anima gemella”.
La casa di Teunori si trovava appena fuori dalla città, era una villa circondata dal verde e da alberi e per raggiungerla era necessario attraversare un sentiero di polvere e ciottoli. Nulla di più facile, poiché Soma percorreva spesso quella strada. E assai raramente gli era capitato di perdere l’equilibrio, ma quel giorno cadde, rovinosamente.
Dopo aver imprecato ad alta voce, ancora in ginocchio, lanciò uno sguardo alla sua bici, malamente rovesciata qualche metro più avanti, tra i cespugli. Si avvicinò per recuperarla, quando si ritrovò attirato da un oggetto vicino la bici: si trattava di un cellulare, neanche troppo nuovo in verità, lì abbandonato.
In un primo istante credette che qualcuno dovesse averlo perso, ma poi un pensiero gli sovvenne e provò inquietudine: aveva sentito parlare di quello strano avvenimento, un giorno un cellulare ti capitava davanti e – a detta degli altri – poteva metterti in contatto con la tua anima gemella. Era successo al suo amico Isshiki, che aveva trovato la sua anima gemella in una ragazza lontana dieci anni nel passato, una ragazza di un altro tempo e di un altro mondo. I libri e le poesia decantavano l’amore e le anime gemelle come qualcosa di meraviglioso, bellissimo. Ma in verità non c’era nulla di bello. Ad esempio, Isshiki, troppo preso da quel sentimento, aveva giurato che avrebbe trovato il modo per trovarla, a qualunque costo.
L’avrebbe trovata, aveva detto, ma lui non ci aveva creduto. Non poteva essere qualcosa di così ambiguo, di impossibile, il trovare l’amore.
Prima che finisse di pensare, aveva già preso il cellulare tra le mani. Funzionava, ovviamente. Pigiò sullo schermo ma riuscì ad avere accesso soltanto alla rubrica in cui vi era un numero. Se quel telefono gli era capitato a tiro, probabilmente a lui e solo lui era destinato. Fu scosso da un brivido e dal desiderio di abbandonarlo lì, prendere la sua bici e correre da Kuga, che già lo aspettava.
Eppure qualcosa lo frenava, forse la curiosità di sapere chi ci fosse dall’altro lato.
No, non posso essere così masochista. Abbiamo un destino assurdo già da principio, così facendo mi caccerei in una situazione da cui non potrei uscire.
Ma le domande gli affollavano già la mente: sarebbe stato un lei o una lui? Dove viveva? Da quale tempo? Da quale mondo?
Curioso lo era sempre stato per natura. Strinse il cellulare tra le mani.
«Stupido, sono stupido. Me ne pentirò amaramente, lo so.»
Sospirò a fondo e allora decise di condannarsi per saziare la sua curiosità.
 
In un altro mondo, Italia, 2045
 
Takumi si era irrigidito nel sentire quel telefono squillare. Lo aveva trovato giorni prima mentre andava a scuola. Non avendo il coraggio di scoprire chi ci fosse dall’altro lato, lo aveva portato a casa con sé, troppo preso dalla paura. Doveva immaginarsi che l’altra meta di sé lo avrebbe contattato, prima o poi.
Gettò il libro che stava leggendo in un angolo e afferrò l’oggetto. Squillava e lui fremeva, di sapere e di conoscere, ma tremava, di ansia , a causa dei dubbi.
Si fece coraggio dopo pochi secondi di indecisione. E allora rispose.
«Pronto? Chi parla?»
 
Soma sentì il suo cuore perdere un battito. Qualcuno aveva risposto, c’era la sua anima gemella dall’altro lato e aveva un tono impaziente e agitato.
«Cavolo, tu sei… Sei la mia anima gemella?» domandò enormemente sorpreso.
Dall’altra parte, Takumi sorrise.
«A quanto pare sì. Speravo mi contattassi. Io non ne ho avuto il coraggio.»
«Perché mai?»
«Paura, credo. Ma adesso non importa più. Adesso sento che la paura se n’è andata. Come ti chiami?»
«Sono Soma. E tu invece come ti chiami? Da quale epoca mi parli?»
«Dal 2045, di un altro mondo, immagino », e sorrise malinconico. «E tu? Sei del passato?»
«Di qualche anno, sì…» ammise, portandosi una mano sul viso per proteggersi gli occhi dal sole. «Sapevo che sarebbe stato inutile contattarti.»
«Perché?» Takumi si morse un labbro. Era una domanda stupida, il perché era già abbastanza ovvio. Quindi decise di cambiare discorso. «Cos’è che fai, Soma?»
«Sto recuperando la mia bici. Ho fatto una brutta caduta mentre andavo a casa del mio migliore amico.»
«Capisco. Sai, non so se per te è lo stesso, ma sono felice di sentirti. Mi sono sempre chiesto chi sarebbe stata la mia anima gemella. E adesso lo so.»
«E adesso che lo sai ne sei felice? Ma se non potrai mai vedermi. O toccarmi. Non sai neanche che faccia ho», affermò, in realtà più duro di quel che avrebbe voluto. «Scusa, è che non mi è mai andata a genio questa cosa. A dei miei amici è capitato, da allora non fanno che soffrire.»
«No, hai ragione. È un destino crudele, quello di noi anime gemelle. Ma c’è della poeticità, in questo.»
Sospirando, Takumi si affacciò dalla finestra di camera sua.
«E dimmi, com’è lì da te? Scommetto che ci sono ancora gli alberi e i fiori. Qui non tanto. Tutto è grigio, anche un po’ triste in verità.»
«Qui è… abbastanza normale», montò in sella, facendo una smorfia. «Ma sei sicuro di voler continuare a parlarmi? Lo ammetto, ti ho chiamato perché volevo soddisfare la mia curiosità, ma temo rimarremo feriti entrambi.»
Soma sentì Takumi respirare a allora capì che era vero. Che era vivo. Da un’altra parte, in un luogo lontano e irraggiungibile come un sogno, ma era vivo esattamente come lo era lui.
«Penso sia un po’ tardi per questo. E poi, mi piace parlare con te. Tu hai una bella voce. E sembri… allegro, felice, solare.»
Aveva indovinato tutto ciò, solo dalla voce?
«E va bene. Ma di cosa vuoi che parliamo?»
Stancamente, Takumi si poggiò al davanzale.
«Di tutto. Parlami di tutto.»
Fu incredibile la velocità con cui Soma si abituò a parlare con lui. Perché quello era un destino a cui nessuno poteva sottrarsi, per quanto crudele e ingiusto fosse. Si dimenticò di Kuga, ma forse quest’ultimo l’avrebbe perdonato quando gli avrebbe raccontato. Sì, quando gli avrebbe raccontato che era caduto vittima dell’inganno.
In questo modo, Soma sulla sua bici, nel suo tempo e nel suo mondo, iniziò a parlare con Takumi, affacciato alla finestra, nel suo mondo e nel suo tempo.
Scoprirono avere la stessa età e di vivere anche in due nazioni diverse, non che facesse differenza. Soma fece cento domande a Takumi su come fosse il futuro e quest’ultimo rispose che sì, era bello, ma solo da un lato, ma che la troppa tecnologia aveva reso le persone meno umane, ma non lui. Nessuno dei due aveva più accennato al fatto che mai si sarebbero visti, toccati o baciati, come ogni coppia faceva.
Adesso Soma pedalava sotto gli alberi di ciliegio in fiero e, parlandone con Takumi, quest’ultimo si stupiva, provando a immaginare che profumo e che colore dovessero avere, quei fiori.
«Nel tempo libero mi piace cucinare. Penso sia una delle mie più grandi passioni. Mia e di mio fratello. Perché sì, ho un fratello gemello. Ma non mi somiglia molto.»
«Forte, anche io adoro cucinare! Con il mio migliore amico facciamo sempre delle sfide, per adesso siamo pari. Eh, se potessi sfiderei anche te!»
«Non sarebbe una cattiva idea», poggiò una mano sul viso. Soma era esattamente come aveva immaginato. Non fisicamente, perché di quello non ne aveva idea, ma caratterialmente era il suo ideale, diverso il giusto, in modo da compensare le sue mancanze.
«Mi hai chiamato subito dopo aver trovato il telefono?» domandò poi, ad un tratto.
Soma si era ora fermato davanti ad un laghetto, le cui acque erano piene di petali di ciliegio.
«Sì, all’incirca. Inizialmente non volevo. Questo destino… non mi piace, ma alla fine nemmeno io posso sottrarmi. Piuttosto ingiusto, non trovi? Alla fine ha vinto lui e mi ha portato a conoscerti.»
«… E sei pentito?»
Soma alzò gli occhi al cielo. Non era pentito come avrebbe pensato. Parlare con Takumi gli trasmetteva una sensazione dolce-amara.
«No. Penso ne sia valsa la pena.»
Dall’altro lato, Takumi sorrise. Una lacrima traditrice rigò la sua guanci e ciò lo portò a tirare su col naso.
«Eh? Non stai piangendo, vero? Ho detto qualcosa che non dovevo?»
«No, tranquillo. E solo che sono felice di averti conosciuto, nonostante tutto. Secondo te, Soma, perché veniamo al mondo se dobbiamo soffrire in questo modo? È una sofferenza necessaria? L’amore non dovrebbe essere qualcosa di… di bello?»
Soma si portò una mano sui capelli. Non capiva perché la conversazione si fosse spostata su argomenti così pesanti, ma era inevitabile.
«Io… penso sinceramente che lo sia. Ma amare è anche dolore e sofferenza. Insomma, è come la vita. Però anche io me lo chiedo. Perché il destino – Dio o qualsiasi altra entità – ci mette davanti ad una felicità irraggiungibile?»
Takumi si asciugò il viso. Si sentiva sciocco per aver intristito entrambi.
«Adesso cosa fai?»
«Adesso? Guardo un lago. Dovresti vederlo, Takumi. Mi ci potrei specchiare dentro per quanto è chiaro, se non fosse per i petali sull’acqua. Scommetto che ti piacerebbe e che anche tu hai gli occhi chiari.»
Si sentì mancare a quell’affermazione.
«Come fai a saperlo?»
«Non lo sapevo, era una speranza, amo gli occhi chiari.»
Sorrise radioso e guardò il sole. Si sentì triste. Ma non era una tristezza disperata, quanto più una dolce malinconia crescente. Lui e Takumi avevano stabilito un legame che trascendeva qualsiasi logica, un legame che probabilmente avrebbero continuato a costruire, che sarebbe stato eterno e sofferto. A causa della loro situazione.
Si diede dello stupido, perché infine anche lui era cascato nell’inganno, trascinando con lui Takumi. Poté capire Isshiki e il suo voler ritrovare la sua donna a tutti i costi. Perché adesso, per lui, il pensiero che ai e poi mai avrebbe visto Takumi, lo fece sentire male.
«Soma… Soma, ma ci sei?»
Aveva sollevato una mano, come a voler toccare il sole. Lui non piangeva mai. Mai. Eppure adesso non si stava più controllando.
«Perdonami, perché da adesso soffriremo per sempre. Non so perché piango. Forse perché è tutto un inganno, forse perché vorrei sapere a cosa servirà tutta questa sofferenza. Eppure da un lato sono felice di star parlando con te, pur sapendo che non ti vedrò mai. Sei in un mondo o in un tempo così lontano. Come posso vivere sapendo che la mia anima gemella sarà per sempre irraggiungibile? Avevo cercato di non pensarci, mi dicevo che non mi sarebbe successo. Eppure è accaduto. E la cosa terribile è che soffrirai anche tu.»
Takumi capì di odiare sentirlo piangere. Lo ascoltò, senza dire una parola. E solo quanto ci fu silenzio, parlò.
«Non importa, non importa. Mi basta solo una cosa: dimmi che in qualche modo ci troveremo. Dimmelo, anche se è una bugia.»
Soma sorrise. Avrebbe ingannato entrambi, solo per rendere il dolore più sopportabile.
«Te lo prometto, Takumi. E prometto che ti chiamerò, ogni giorno, alla stessa ora.»
Cos’era l’anima gemella?
Era un inganno. Era il vedere la felicità senza mai raggiungerla.
 
Nota dell’autrice
Ho una passione sfrenata per le AU. Ammetto che quando ho letto i prompt mi è partita la vena ansgt e penso di esserci andata giù un po’ pesante, perché pensandoci la situazione di Soma e Takumi (ma anche di chiunque altro nella loro situazione) è terribile. Io non voglio neanche immaginare cosa debba significare, però intanto ho scritto questa storia e provo una tristezza vergognosa, forse me lo merito. Spero sia stata intensa da leggere, perché per me  da scrivere lo è stata TANTO.  Dovevo scrivere assolutamente qualcosa sui miei bambini e ovviamente doveva essere qualcosa di triste. Che bello. Ad ogni modo spero vi sia piaciuta.
   
 
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