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Autore: Colarose    12/07/2019    1 recensioni
Quando si perde tutto, non si fa che rimproverarsi di non aver fatto di più per non perdere quel tutto.
E Harry ha perso tutto.
Ma gli verrà data un seconda possibilità.
Un viaggio nel tempo, 27 anni indietro nel passato.
Prima che Voldemort seminasse terrore, prima della Prima Guerra Magica, prima dei Mangiamorte e prima della fondazione dell’Ordine della Fenice.
Prima di quel 31 ottobre, prima di quell’esplosione.
Prima dei Malandrini.
Una nuova responsabilità si fa carico sulle spalle di Harry: vincere la Prima Guerra, prima che ce ne sia anche una seconda.
Ma ci sarà un piccolo imprevisto.
**********
Siete pronti per la lettura?
Ma soprattutto, siete pronti per la storia del quinto Malandrino?
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Fragilità
 


Harry avvicinò per sbaglio la lingua alla foglia e venne colpito dal sapore acido. Strizzò gli occhi.
Alzò la mano con lentezza, ancora un po’ incerta, poi bussò alla porta di Silente. 
 
 «Avanti, Harry» disse una voce proveniente da dietro alla porta.
Harry ormai aveva smesso di esserne sorpreso.
 
 «Salve, professore» disse entrando, per poi chiudersi la porta alle spalle. Silente se ne stava seduto alla scrivania, scrutandolo attentamente con i suoi occhi azzurri dietro gli occhiali a mezzaluna, tuttavia, gli rivolse uno sguardo gentile.
 
Fanny, spennacchiata e con le piume scolorite e disordinate, lo guardò cupamente e distolse lo sguardo. Harry decise che era meglio non guardarla, gli faceva venire un senso di inquietudine. Con un cenno da Silente, si sedette.
 
 «Scusa Fanny, si avvicina il Giorno del Falò ed è piuttosto di malumore» disse Silente gettando un’occhiata preoccupata alla Fenice «Ahimé, con gli altri ha reagito peggio. Li ha fissati per tutto il tempo e ha agitato le ali in modo irritato, ha quasi fatto scappare il signor Melson, del primo anno, forse dovrei cercare di… » si bloccò, notando lo sguardo impaziente di Harry.
 
Sospirò, fintamente sconsolato.
 
 «Tutti vogliono giungere direttamente al punto, nessuno che si fermi a fare qualche chiacchiera con questo vecchio.»
 
Harry si fece per un attimo divertito «Se vuole può chiamarmi quando ha voglia di fare qualche chiacchierata leggera, nessun disturbo.» disse scrollando le spalle, poi ritornò serio, e si avvicinò alla scrivania «Ma questo è di vitale importanza, e riguarda Voldemort e l’attacco ad Hogsmeade.»
 
Anche lo sguardo di Silente si fece più grave «Avevo intuito che la tua preoccupazione riguardasse anche qualcosa dell’attacco e non solo la signorina McKinnon.»
 
In poche parole, pensò Harry, stava solo aspettando che si presentasse nel suo ufficio.
 
 «Umm, sì. Ho avuto… uno spiacevole incontro. Alla fine Voldemort voleva incontrarmi, e ha fatto tutto questo semplicemente per vedermi e parlarmi» spiegò brevemente.
 
 «Perché?» chiese leggermente sorpreso Silente. Una possibilità era che Voldemort fosse venuto a sapere in qualche modo della profezia, che l’abbia collegata ad Harry. Ma c’erano troppe complicazioni, la profezia si riferiva ad Harry sempre in base ai suoi eventi futuri, al fatto che fosse un viaggiatore temporale. E per ricollegarla ad Harry, Voldemort avrebbe dovuto scoprire anche questo, cosa improbabile.
 
E poi c’era la piccola considerazione che se Voldemort avesse interpretato la profezia come aveva fatto lui, Silente, ora Harry avrebbe ferite molto, molto più gravi e, ancora più probabilmente, sarebbe morto.
 
 «Sembra incredibile ma voleva che mi unissi a lui» rispose Harry, ancora rabbrividendo al pensiero.
 
Silente sbattè le palpebre.
 
Oh.
Questo è inaspettato.
 
 «Forse Voldemort che cerca di trattarmi bene e pacificamente è ancora più inquietante di quando cercava di uccidermi» dichiarò Harry, ironico verso quella considerazione così strana «Sentire la sua voce che cercava di farmi cedere al potere è stato… disgustoso» sussurrò Harry, con lo sguardo immerso nei propri ricordi.
 
Silente si schiarì la voce, riportandolo alla realtà «Potresti raccontarmi in dettaglio, Harry?»
 
Il ragazzo sembrò riprendersi e raccontò ciò che era successo con una voce neutra, come se fosse semplicemente un estraneo che era a conoscenza dei fatti. La sua voce esitò quando però raccontò di Marlene, ma si riprese, deglutendo.
Finito il racconto, sebbene l’avesse raccontato in modo impassibile senza dare spazio alle emozioni, si sentì comunque più leggero.
 
Il Preside sospirò «Ormai Voldemort non ti considera come una persona qualunque, di cui non sa né il nome, né l’esistenza.»
 
 «Questo è il problema, suppongo che abbia saputo di me dall’attacco a Diagon Alley, non c’è altro modo» borbottò il corvino. «Alla fine sembro un tredicenne prodigio, quando alla fine ho diciannove anni e ne ho avuto di tempo per imparare.»
 
Silente annuì.
 
 «Non penso che possiamo fare qualcosa riguardo questo. Dobbiamo tenere però la guardia alta, naturalmente, ma se Voldemort ti considera semplicemente un ragazzino che ha rifiutato una sua proposta, non sarai tra le sue priorità. Non verrebbe quindi a cercarti» cercò di rassicurarlo il Preside.
 
Harry sospirò cercando di togliersi quella brutta sensazione dalla testa, e seguì il silenzio per un po’, nei quali Silente lo lasciò deliberatamente immergere nei propri pensieri.
 
Scuotendo la testa, Harry guardò Silente per chiedergli il permesso di congedarsi, ma il mago scosse lievemente la testa, facendogli aggrottare le sopracciglia.
 
 «Anche io ho qualcosa da dirti, Harry» iniziò Silente, incrociando le mani sotto al mento. Il ragazzo in questione alzò le sopracciglia e si mise sull’attenti, curioso e piuttosto preoccupato. «Al fronte di ciò che sta succedendo, voglio fare il possibile per contrastare Voldemort. C’è il Ministero, certo, ma tutt’ora non conosco Voldemort e facilmente credono che si sia arreso se non fa qualche attacco per lungo tempo. Eugenia Jenkins, il Ministro, sta facendo il possibile battendosi con coraggio ma purtroppo con scarsi risultati, gli Auror arrivano troppo tardi poiché gli attacchi vengono stranamente riferiti in ritardo. Da solo il Ministero non basta, per questo ho deciso di entrare anche io in prima linea per combattere Voldemort, formando un’organizzazione segreta volta ad aiutare il Ministero e fare il possibile per rallentare o, possibilmente, fermare la sua ascesa.»
 
Harry annuì «L’Ordine della Fenice» disse.
 
Silente lo guardò un attimo sorpreso «Sì, suppongo quello, dovevo ancora dare un nome, visto che sto ancora radunando» confermò, capendo che era avvenuta la stessa cosa anche nel tempo del ragazzo.
 
 «Oh… beh, le piace?» chiese Harry dopo esser sembrato leggermente imbarazzato, per poi alzare mentalmente gli occhi al cielo alla sua stupidità. Era ovvio che il nome piacesse a Silente, l’aveva scelto lui nel suo tempo!
 
 «Sì, ispira molto. La fenice è il simbolo della rinascita, rinasce dalle ceneri ed è immortale. Questo gruppo sarà la speranza che non muore mai, continuando a rinascere più forte di prima, anche se tra gli orrori e le ceneri della guerra» spiegò Silente con uno sguardo soddisfatto, guardando Fanny con uno sguardo luccicante mentre parlava. Fanny gli rivolse un’occhiataccia e rannicchiò sul trespolo d’oro, tornando a rivolgere gli occhi opachi al vuoto. Silente la guardò per un attimo, poi si ricompose. Beh, sarebbe arrivata la rinascita dopo giorni di sofferenza, quindi non si stupiva che il suo altro se stesso avesse scelto quel nome.
 
Harry stette in silenzio, sorridendo leggermente. Non aveva mai pensato seriamente al nome dell’Ordine della Fenice, ma ora ne coglieva il pieno significato e poteva dire che non ci fosse nome più adatto.
 
Silente si voltò a guardarlo.
 
 «E quindi… all’Ordine della Fenice ho deciso che sarebbe appropriato aggiungerci la speranza più tangibile per la fine di Voldemort. Una persona che, con la speranza in corpo, ha deciso di riprovarci nonostante le difficoltà che le si paravano davanti» disse il Preside, guardandolo intensamente con un leggero luccichio.
 
L’imbarazzo e il disagio si fecero lentamente strada in Harry. Non la vedeva una cosa tanto straordinaria. Quello che lo aveva mosso erano stati la disperazione e l’egoismo, cose tutt’altro che positive.
 
 «Vuole… vuole che mi unisca?» domandò un po’ sorpreso. Al cenno affermativo di Silente, si bloccò «Ma come faccio? Sono nel corpo di un ragazzino e non credo mi accetteranno gli altri. Inoltre, devo stare ad Hogwarts, come posso aiutare stando qui? Non potrò scomparire per combattere durante gli attacchi altrimenti qualcuno inizierebbe a sospettare di me.»
 
«In realtà, riguardo al fatto che sei un ragazzino, credo che potrai rimediare se non vuoi rivelarti. Potrai partecipare alle riunioni e sapere di più su ciò che sta succedendo, rimanendo più informato di quanto tu lo sia qui, e se non mi sbaglio ho avuto l’impressione che tu voglia esattamente questo» parlò Silente, quasi con tono diplomatico. Poi aggrottò le sopracciglia. «Combattere sicuramente non potrai, per una serie di ragioni ovvie, a partire dai sospetti che si generebbero se tu venissi chiamato fuori dall’aula più di una volta.»
 
Harry si appoggiò allo schienale della sedia, con ancora qualche dubbio in testa «Oh beh, naturalmente vorrei essere informato, ma non crede che sarei inutile? Cioè, nel senso, gli altri dell’Ordine inizieranno a chiedersi cosa io ci faccia lì, a questo pun- no, aspetti… » disse d’un tratto Harry, guardando con gli occhi spalancati il vago sorrisetto di Silente «Vuole coinvolgerli?!»
 
«Direi che sarebbe appropriato. Non possiamo fare tutto solo noi due. Entrerai a far parte dell’Ordine con lo scopo di distruggere gli Horcrux, e l’Ordine ti aiuterà a recuperarli, non saranno tutti in posti isolati e con solo qualche maledizione a proteggerli.»
 
L’immagine della Camera Blindata della Gringott dei Lestrange e del volto di Lucius Malfoy comparvero nella mente ad Harry. Non era sicuro che ora la coppa e il diario fossero lì, ma sicuramente erano posti più complicati. E magari se la coppa, il diario o anche il medaglione si fossero trovati in posti del genere…
Suo malgrado, Silente aveva ragione.
 
«Ma… dobbiamo informare nel dettaglio? Possiamo… possiamo fidarci?» chiese esitante, e subito lo sguardo grave di Silente gli fece pentire di aver detto una cosa del genere. Forse era diventato un po’ troppo diffidente, ma ormai aveva capito che si poteva essere ingannati, scappare o cambiare schieramento per codardia.
 
La maggior parte delle persone che componevano l’Ordine erano affidabili, ma qualcuno c’era, che non lo era del tutto.
 
 «Harry… » lo chiamò Silente con tono gentile, facendogli alzare lo sguardo «Se lasci che la sfiducia si faccia strada dentro di te, allora abbiamo già perso» affermò tranquillamente.
 
 «Non tutto» disse Harry «Non tutto nel dettaglio, con la faccenda degli Horcrux e altro, è troppo rischioso.»
 
 «Non intendo mettere tutto l’Ordine al corrente» si affrettò a chiarire Silente «Meno persone sanno, meglio è. Troppo movimento da parte di tutti attirerebbe l’attenzione di Voldemort, facendogli aumentare la sicurezza. Sapranno solo le persone che faranno parte delle operazioni, le più adatte. Gli altri non ne saranno al corrente.»
 
Harry supponeva che non fossero tante. Se in tre erano riusciti a rapinare la Gringott (anche se conclusa in un modo imprevisto e unicamente affidato al caso), magari non ci sarebbe stato bisogno di tante persone, anche per altri luoghi.
 
 «Ok. Si può fare.»
 
 «Bene» concluse Silente, gioviale. Guardò brevemente il suo orologio di dodici lancette con dodici pianeti «Credo che però dovremmo rimandare i dettagli, tra poco molti studenti entreranno in Sala per la colazione» affermò.
 
Harry guardò brevemente l’orologio cercando di capirci qualcosa ma si arrese velocemente, e si alzò.
 
 «Allora vado, signore» disse, sul punto di voltarsi, però, si bloccò. «Sa come sta Marlene, per caso?»
 
 «La signorina McKinnon si sta riprendendo, deve solo recuperare le forze» rispose prontamente Silente «Non c’è da preoccuparsi.»
 
 «Quando si può visitare?» chiese Harry stringendo le labbra.
 
 «Vuoi visitarla?»
 
Harry alzò le sopracciglia.
Sì, Silente lo stava facendo apposta.
 
«Sì» confessò abbassando lo sguardo, poi ricordò le ragazze «Non solo io però»
 
Silente annuì «Magari quando si sveglierà, ti farò sapere, e vi permetterò di visitarla, potreste andare con la Metropolvere al San Mungo.»
 
Harry annuì di nuovo, più sollevato, e si voltò di nuovo verso la porta, incamminandosi verso di essa e aprendola.
 
 «Buona giornata, signore» salutò.
 
 «Buona giornata anche a te, Harry» gli sorrise Silente, come se non avessero appena parlato di Voldemort e di Horcrux.
 
*
 
La biblioteca era silenziosa.
Severus non era sicuro di voler stare lì.
 
Troppo silenzio porta a pensare, e i pensieri possono portare a spiacevoli conclusioni, di conseguenza, le spiacevoli conclusioni ti facevano arrabbiare e quindi deconcentrare. Allo stesso tempo, però, se si fosse messo a fare quel tema di Erbologia nel caos, si sarebbe comunque deconcentrato e quindi incazzato.
 
In conclusione, il tema evidentemente non si doveva fare. Però lui doveva farlo, perché erano compiti.
 
 Il problema era che al momento non gli interessava minimamente come si presentava una pianta di Viscum album, né le sue utilità e neanche come coltivarla nel pieno della legalità.
 
Sentì dei leggeri passi avvicinarsi.
 «Oh, non si è dimenticata» pensò Severus con una punta di fastidio.
 
Davanti a lui si presentò in tutta la sua bellezza, benchè le occhiaie spaventose sotto gli occhi, Lily.
 
La rossa sussurrò un «Ciao» accompagnato da un sorriso di circostanza che persino la talpa che Potter diventava senza occhiali avrebbe capito che era falso. Posò la borsa di libri a terra e tirò fuori quello di Aritmanzia.
 
Severus non ricambiò e rigirò con uno scatto rabbioso la piuma che stava usando per scrivere tra le dita, gesto che attirò l’attenzione di Lily, facendole notare stupita le quattro righe di tema decenti, prima delle numerose cancellature.
 
 «Hai bisogno di una mano?» chiese.
 
A quel punto Piton posò la piuma sul tavolo, spazientito, e la guardò in faccia, dritto negli occhi. I suoi pozzi neri si incontrarono con gli occhi verdi di Lily, verde speranza, che lui tanto amava. La sua amica sussultò alla vista del suo sguardo cupo e rabbioso.
 
 «Sì» affermò il ragazzo, con voce misurata «Potresti aiutarmi a capire perché improvvisamente te ne stai con quei cinque idioti? O magari perché sei uscita con Potter e non mi hai detto niente. Oh, anzi, ancora meglio, mi chiedo anche se quel maiale ti ha protetta durante l’attacco e poi ti ha consolata a dovere» sibilò, sotto l’ho sguardo inorridito della Evans. «Anche se immagino non tanto bene, visto che la sua bocca era cucita mentre te ne stavi in compagnia degli altri. Magari telepaticamente, dopotutto Potter è fantastico, vedi se non ha sviluppato una nuova forma di magia» aggiunse con la voce pregna di sarcasmo, alzando gli occhi al cielo.
 
«Tu credi che io abbia accettato di uscire per un appuntamento con Potter?» sussurrò Lily, guardandolo sorpresa.
 
Severus alzò un sopracciglio, notando che non c’era molto disgusto da parte di Lily all’idea, solo sorpresa. Maledetto James Potter. «Oh beh, passeggiavate allegramente per le vie…»
 
 «Allegramente?! Litigavo con lui ogni due secondi, e faceva tutto parte di un piano di Alice per far contenta Marlene, sai che non avrei mai accettato» sbottò Lily, per poco non alzando la voce.
 
 «Sì, hai ragione Lils, infatti poi siete andati a fare shopping nei negozi»
 
Lily gli lanciò una delle sue occhiate micidiali «Senti, ma che te ne importa? Ci hai inseguito per tutto il giorno?»
 
 «No, tale evento non l’avrei guardato neanche per tre secondi, se avessi potuto evitare» Severus la guardò con quello sguardo che, se Harry lo avesse visto, avrebbe affermato di vedere l’ombra del professor Piton.
 
Che poi, eccome se gli importava! Quel cerebroleso di un Potter era un arrogante pallone gonfiato che avrebbe continuato a prenderlo in giro se Harry Potter non gli avesse fatto la lavata di capo. Lily non poteva avvicinarsi a un individuo del genere, ne sarebbe rimasta ferita, alla fine.
 
Lily era sul punto di alzarsi e mandarlo tacitamente a quel paese, Severus poteva capirlo dal suo sguardo, la conosceva bene. Ma a dir la verità, i motivi che avevano spinto Lily a incominciare a non disprezzare Potter erano la punta dell’iceberg, quindi no, non aveva finito.
 
 «Se litighi con lui ogni due secondi, perché anche dopo sei rimasta al tavolo di Grifondoro con le tue amiche e le teste bacate?» chiese.
 
Lily lo guardò con gli occhi spalancati, sconvolta «Harry e Marlene non tornavano, eravamo tutti preoccupati!» disse in un sussurro stridulo.
 
Severus annuì, restando in silenzio, mentre Lily continuava a osservare la faccia impassibile e distaccata che le rivolgeva. Assottigliò gli occhi.
 
 «Che problema c’è, Severus? Potter non mi ha consolata, e durante l’attacco non si è comportato da cretino, anzi, quindi non preoccuparti. E non ho bisogno di essere protetta, pensavo lo sapessi. E sinceramente non pensavo che la tua idea di andare in giro con qualcuno consisteva in qualche parolina non incazzata scambiata qua e là» disse con voce fredda «Sono rimasta con loro perché in qualche modo ci capivamo, eravamo tutti in pena per le stesse persone. E oh mio Dio, trovo incredibile che io me ne stia qui a giustificarmi per cose non ti riguardano. Quindi, ripeto, che problema c’è?»
 
Severus esitò.
 
Il problema era che si sentiva schifosamente trascurato, anche lui aveva avuto a che fare con l’attacco e Lily pareva essersene dimenticata. Di Potter e i suoi amici no, se ne era stata con le sue amiche e con i Malandrini quando s’era sentita male al pensiero della scomparsa di Harry Potter e della McKinnon, era andata via dalla Sala in loro compagnia e poi neanche dopo era andata da lui. Quando alla fine, lui, non avrebbe esitato a darle conforto. «Come stai, Sev?» no, visto, abbracciato, assicurata che non fosse ferito gravemente, ed era andata via. Si era limitata a un «Sono felice che tu stia bene», manco glielo aveva chiesto. «Ero così preoccupata! Non ti trovavo ad Hogsmeade… » no, oh no no.
 
Giudicava un miracolo che si fosse ricordata che si incontravano ogni giorno in biblioteca alle 16:30, anche se dubitava che queste volta sarebbero andati anche un po’ in giro per il castello, chiacchierando.
 
«Sev» si sentì chiamare. Sussultò per l’improvvisa gentilezza e morbidezza del tono. Se aveva fatto addirittura addolcire una Lily arrabbiata, allora non immaginava quanto fosse penoso all’esterno «Che succede?»
 
Severus guardò la sua amica, che se ne stava con la testa inclinata di lato, guardandolo preoccupata.
 
Ah, ora si preoccupa.
 
«Sai, Lils, » iniziò con una voce vuota, mentre sentiva l’irritazione crescere «anche io ero ad Hogsmeade, quel giorno. Ho passato ogni secondo sperando che non ti fosse successo niente, chiedendomi dove tu fossi… te lo sei chiesto una volta, dove fossi io?!» Severus sibilò sputando veleno su ogni sillaba, Lily lo guardava con gli occhi spalancati, mentre l’altro si ergeva in piedi, trattenendosi dall’alzare la voce, poiché era già un miracolo che Madama Pince non avesse ordinato loro di tacere.
 
 «No, vero? No, suppongo di no. Altrimenti ti saresti comportata diversamente, già dall’inizio. No, non ti sei minimamente preoccupata. Beh, felice di averti risparmiato ulteriore tormento» sputò Piton sarcastico.
 
 «Io… » Lily si bloccò, incapace di parlare. Come si era comportata? Che razza di amica era? Poteva definirsi “amica”? Cosa le prendeva?
Cercò di ripercorrere l’attacco nella mente e le sue emozioni, ma tutto era un tale imbroglio di eventi, piccoli stralci confusi, che alla fine ne ricavò poco e niente. Il dubbio si insinuò: aveva pensato anche a Sev? O lo aveva completamente rimosso?
Severus aveva subito le sue stesse cose, e lei non aveva minimamente pensato a come si sentisse. Non gli era stata vicino.
 
Il corvino la guardò e si maledì interiormente. Si può sapere perché non se ne era stato zitto? Perché non avesse direttamente ignorato questi stupidi pensieri? Ora ci sarebbe stata tensione fra loro, e questa era l’ultima cosa che Severus voleva. Che poi, da come lo aveva detto, a suo parere, sembrava uno stupido marmocchio viziato che richiedeva attenzioni. E anche il suo orgoglio era andato a quel paese, perché aveva ammesso di aver bisogno di lei (cosa vera, peraltro, ma non è che ora andava a urlarlo ai quattro venti), e fu certo che fosse stato anche fatto a pezzettini nel momento in cui incrociò per un attimo gli occhi di Lily.
 
E insieme a quella realizzazione, si sentì svuotato, aveva sputato fuori tutto il suo risentimento e ora non rimaneva niente. L’abbattimento lo travolse.
 
Lily continuò a guardare l’amico, che sembrava aver ripreso la calma, aveva in faccia un’espressione stanca e di rassegnazione.
 
 Abbassò lo sguardo «Sev… scusa io- »
 
 «Lascia stare, Lils» fu interrotta dall’altro, questi iniziò a raccogliere le sue cose velocemente rimettendole in borsa, con lo sguardo basso anche lui.
 
Lily alzò gli occhi, incredula. 
 
 «Io… non so cosa mi sia preso. Dimentica tutto. A domani» detto questo si voltò e se ne andò, lasciandola lì, congelata sul posto con un groppo alla gola.
 
Lily sussultò. Cos’era questa sensazione?
Come se qualcosa fosse stato danneggiato.
Magari era stato usurato, forse era invece comparsa una crepa.
Era una corda.
No, era uno specchio, uno specchio riflettente l’immagine di una bambina dai capelli rossi e di un ragazzino dal naso adunco, che ridevano insieme.
 
*
 
Stava perdendo sangue, troppo sangue. Harry le corse incontro, la faccia pallida e gli occhi orripilati.
 
Socchiuse gli occhi, le forze la stavano abbandonando, maledizione…
 
 «Non chiudere gli occhi! Non osare chiudere gli occhi!» quasi urlò Harry.
 
La biondina fece un sforzo e li aprì, continuando a guardarlo. Sarebbe morta guardando lui? Non era male… però aveva così tante cose da fare, voleva salutare così tante persone per l’ultima volta…
 
Non aveva mai visto Harry così, così fuori di testa.
Aspetta… cos’è che stava succedendo? Gettò un’occhiata al sangue. Aveva così tanto sangue nel suo corpo? Pensò stordita.
 
Ma era proprio suo tutto quel sangue? Oh… non si sentiva più il fianco. Vide Harry estrarre la bacchetta e incominciare a sussurrare qualcosa. Non ci capiva niente, voleva solo chiudere gli occhi ma Harry le aveva detto di non farlo...
 
A un certo punto non sentì più bruciore al fianco e le sue idee si schiarirono.
 
 «Lene…?» sussurrò Harry. Era morta? Stava morendo?
 
Cercò di parlare ma l’incantesimo (quale incantesimo? Chi lo aveva lanciato?) glielo impedì. Indicò la gola e se lo fece togliere da Harry.
 
 «Grazie» riuscì a dire, in un attimo di lucidità.
 
No, non voleva essere aiutata. Ce la faceva… non era una principessa.
Capogiro, il mondo iniziò a inclinarsi in modo strano.
 
Camminarono, Harry insisteva a portarla lui. Ma lei stava bene, davvero. Che poi, che strana realtà era mai questa? Era viva? Era morta? Era un sogno? Avevano fatto kilometri o qualche metro?
 
Un signore stava fuori, la prese in braccio. Uno sconosciuto. O lo conosceva? Harry e l’uomo iniziarono a parlare.
 
 «No, io sto… no. Harry, chi è questo qui?» mugugnò.
 
Harry le si avvicinò con una faccia apprensiva. Poi sorrise, e Marlene sentì improvvisamente tutti i dolori scomparire, le forze ritornare. Harry allungò la mano e le accarezzò la guancia, mentre lei lo guardava con gli occhi spalancati.
 
 «Marlene…» iniziò dolcemente «Stai bene… ora puoi svegliarti.»
 
La biondina guardò la sua cotta, confusa «Svegliarmi?» chiese con voce debole.
 
Harry annuì «Li hai fatti già aspettare abbastanza» mormorò con un sorrisetto. Marlene sgranò gli occhi, mentre tutto si faceva indefinito. Tutto scomparve, l’uomo che la teneva stretta a sé non lo vide più, così come tutto il resto. L’ultima cosa che vide, fu Harry che le sorrideva.
 
 «Svegliati» le bisbigliò ancora.
 
 
Marlene aprì lentamente gli occhi, cercando di abituarsi all’improvvisa luce.
 
Dov’era?
 
Guardò la stanza, sbattendo un paio di volte le palpebre. Era la stanza di un ospedale, realizzò. Si mosse leggermente, sussultando per il fastidio al fianco. Sentì un peso sul lato sinistro del letto. Si voltò, solo per ritrovarsi a osservare la testa mora di sua madre poggiata sul letto.
 
Caren si mosse leggermente, aprendo gli occhi, li spalancò quando sentì qualche movimento. Alzò di scatto la testa, e incrociò gli occhi della figlia, che la osservavano curiosi.
 
 «Marlene! Sei sveglia?» domandò stupidamente. Ma Caren era stordita, completamente andata, il sollievo era tale che non riusciva ad accedere alle sue piene capacità mentali.
 
 «A quant- » Marlene fu bloccata dall’abbraccio di sua madre, che iniziò a cullarla inconsciamente. Marlene rimase un attimo immobile, poi ricambiò, sorridendo leggermente.
 
Caren si staccò, Marlene notò che aveva gli occhi lucidi, ma sua madre non sembrò curarsene molto.
 
 «Come stai?» chiese dolcemente, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
 
 «Bene, credo. Mi sento dolorante un po’ tutto il corpo, però più che altro il fianco» rispose sinceramente la biondina. Caren gettò una veloce occhiata al suo fianco, preoccupata, e annuì.
 
La porta si aprì improvvisamente, ed entrò una Medimaga con una cartella portafogli in mano. Le rivolse un sorrisetto, avvicinandosi.
 
 «Buongiorno, felice che tu ti sia ripresa. Capisco che ti sei appena svegliata, ma bisogna fare alcuni controlli per accertarsi della tua salute. Come ti senti, intanto?»
 
*
 
In un modo o nell’altro, quel pomeriggio tutti, inteso come le amiche di Marlene e i fantomatici Malandrini, si trovavano di fronte al gargoyle che faceva da ingresso per l’ufficio di Silente.
 
Harry era rimasto piuttosto stupito quando aveva visto il gruppo di ragazze dirigersi a passo frettoloso verso l’ufficio del Preside, ma alla fine, poco ci era voluto perché lui e i suoi amici ne capissero il motivo. Erano tutte allegre e persino Lily, che l’ultima volta che l’aveva vista sembrava l’incarnazione di un cimitero, peggio delle altre, sorrideva. E tale felicità poteva solo derivare da una cosa: anche loro avevano saputo.
 
Poi James aveva proceduto a chiamarle naturalmente in modo rumoroso e si erano uniti a loro.
 
Alice raccontava di come lo avesse saputo poco fa dalla McGranitt che per una volta, dopo aver ricevuto la stessa domanda che le poneva almeno tre volte al giorno, non aveva fatto uno sguardo dispiaciuto, ma aveva sorriso e aveva detto che Marlene si era ripresa quella stessa mattina e che stava bene.
 
Lily, ignara del fatto che Harry era stato informato da Silente anche lui quel pomeriggio, anche se decisamente prima, aveva iniziato a scusarsi per non averglielo detto lei, ci aveva provato, però non è che i Malandrini le avessero reso la cosa facile. Erano scomparsi misteriosamente. Harry evitò di rispondere alle sue domande.
 
Beh, ha evitato di dirle anche che inizialmente i Malandrini erano diretti alla Sala Comune nella speranza di trovarle lì e annunciare la notizia, ma gli avevano risparmiato la fatica quando le aveva incrociate al settimo piano.
 
Quindi eccoli qui, e sì, c’erano un po’ troppe persone nell’attesa di visitare il Preside, persino il gargoyle era un po’ stordito, ma alla fine i gargoyle non è che potessero permettersi di essere tanto espressivi, quindi rimase impassibile.
 
 «Parola d’ordine?» chiese.
 
 «SuperPallaGomma di Drooble» disse Harry immediatamente, e il gargoyle prese vita e balzò da un lato, dando libero accesso alle scale.
 
 «Com’è che sapevi la parola d’ordine?» chiese Alice, mentre salivano le scale.
 
Harry scrollò spalle «Ho chiesto a Silente di tenermi informato su Marlene, e lui mi ha mandato una lettera per dirmi che si era svegliata. Sapeva che volevo visitarla, quindi mi ha detto la parola d’ordine del suo ufficio per farlo» spiegò.
 
Lily gli gettò un’occhiata vagamente incredula: lei non avrebbe mai avuto il coraggio di andare dal Preside a chiedergli di prendersi questo disturbo.
 
 «Certo che le scale poteva farle meno strette» borbottò Sirius, quando Peter inciampò all’indietro, quasi cadendo addosso a lui.
 
 «Beh, non è che Silente pensava che sarebbero andate a visitarlo otto persone contemporaneamente, un giorno» rispose Remus. Anche se doveva ammetterlo, il fatto che la scala era piena di curve, essendo una scala a chiocciola, non aiutava.
 
Harry avrebbe voluto dire loro che bastava che stavano fermi e la scala avrebbe iniziato a muoversi da sola, ma c’erano anche le ragazze, e troppa conoscenza dell’ufficio di Silente sarebbe stata piuttosto sospettosa. Si limitò quindi ad alzare gli occhi al cielo.
 
Arrivati alla porta, Mary, essendo la prima della fila, bussò.
 
 «Avanti»
 
 «Indietro!» cantilenò Sirius, sottovoce. Gli valse un’occhiata esasperata dai suoi amici. 
 
E quindi procedettero a riversarsi tutti nell’ufficio, naturalmente salutando ed evitando di far capire la loro felicità nel non trovarsi più su quelle scale.
 
 «Beh, immagino che me lo sarei dovuto aspettare» disse Silente, piuttosto divertito, una volta che tutti furono dentro. Poi sospirò «Mi dispiace dirvi che non tutti possono andare a visitare la signorina McKinnon» affermò, senza neanche che glielo avessero chiesto.
 
 «Perché, signore?» chiese Mary, aggrottando le sopracciglia.
 
 «Siete troppi, l’ospedale non ha concesso molte visite, la signorina McKinnon si sta ancora riprendendo» spiegò Silente.
 
All’improvviso si sentì una specie di verso stridulo e qualcosa prese fuoco, in un angolo a cui nessuno fino a quel momento aveva prestato attenzione.
Peter, l’unico che fino a quel momento aveva notato l’uccellaccio, essendo più vicino a trespolo, strillò in modo poco virile e si mise il più lontano possibile dalla cosa, quell’uccello spaventoso che si era in qualche modo ucciso.
 
Tutti fissarono scioccati il trespolo.
 
 «Cos’è successo, signore?» si trattenne dal balbettare Lily.
 
«Il Giorno del Falò, non preoccupatevi, è Fanny, la mia fenice. Le fenici, quando è arrivato il momento di morire, prendono fuoco e poi rinascono dalle loro stesse ceneri, ecco, guardate» Silente indicò con un cenno della mano il trespolo, sorridendo leggermente.
 
Un uccellino grinzoso spuntò dalle ceneri, pigolando.
 
 «Una fenice…» esalò estasiata Lily, trattenendosi dall’avvicinarsi, al contrario di Peter, che non si fece scrupoli ad allontanarsi.
 
Mary, ripresasi, guardò ancora un po’ scossa il Preside «Um, riguardo Marlene, signore?»
 
Silente annuì, distogliendo gli occhi dal trespolo. Li guardò attentamente, tutti. Prima di parlare:
 
 «Possono andarci solo tre» dichiarò.
 
 «Ma siamo otto» gemette James.
 
Tutti si guardavano.
 
«Beh, andiamo noi tre» dichiarò Mary, indicando se stessa, Alice e Lily. Poi guardò Harry, quasi a sfidarlo, trovando a guardare cupamente Silente. Accortosi dello sguardo, si voltò verso di lei e sospirò, facendo un cenno accondiscendente.
 
Mary lo guardò stupita, sentendosi improvvisamente una bambina capricciosa per il suo sguardo precedente.
 
La rossa non era proprio sicura di questa scelta, ancora in mente le rimbombavano le parole di Harry di ieri, con tutta la sua preoccupazione che si riversava fuori.
 
Fece un passo avanti. «No, al posto mio ci va Harry» dichiarò, guadagnando sguardi stupiti dagli altri.
 
Harry, ancora mezzo incredulo, scosse violentemente la testa «No no, vai tu, sei una delle sue migliori amiche» replicò, ignorando la tentazione di accettare.
 
«Faccio sul serio, Harry. So benissimo che quell’immagine, di lei, ti sta perseguitando, e che non te la toglierai dalla testa finchè non vedrai con i tuoi stessi occhi che sta bene.»
 
 Harry scosse di nuovo la testa, determinato. «E tu non hai visto la tua faccia quando ho detto che non c’era, quindi no, vai tu. Rivedrà tutte le sue amiche riunite, io non c’entrerei niente» disse, poi si avvicinò, sorridendo leggermente, rassicurante. «Non ti preoccupare, ok?»
 
Lily aggrottò le sopracciglia, essendo però testarda, come Harry, non si arrese. E la discussione si tradusse in una gara di sguardi, che dopo poco, venne vinta da Harry.
«Va bene» annuì Lily sospirando, non nascondendo però un sorrisetto al pensiero di vedere Marlene.
 
 «Siamo sicuri?» chiese Alice, per accertarsi.
 
Vide con la coda dell’occhio Lupin pestare il piede di Black, dandogli uno sguardo ammonitore.
In effetti, Sirius non era certo della decisione, non per quanto riguardava lui, perché quando si era parlato di tre persone loro si erano automaticamente esclusi, ma per Harry. Una persona in più, che differenza faceva? Per non parlare poi della MacDonald che aveva preso una decisione così repentina senza pensare al suo amico, quando lui aveva pensato a lei.
 
Ma per Remus ormai Harry era un libro aperto, ulteriori discussioni lo avrebbero solo irritato, e probabilmente una volta fatto notare a Sirius anche lui capì, standosene miracolosamente zitto.
Quindi annuì insieme agli altri.
 
 «Bene, allora se volete andare ora, vi aspetto qui, andrete tramite metropolvere. Sarà meglio che però prendiate qualche copricapo pesante, fa freddo là fuori, dopotutto Natale è tra qualche giorno» disse Silente con tono leggermente allegro, rivolgendosi alle ragazze.
 
Quello fu il congedo, e salutando, tutti si diressero fuori. Lily andò vicino a Harry.
 
 «Sei davvero troppo gentile, Harry» sussurrò dispiaciuta, mentre le scale si muovevano. In qualche modo Silente aveva intuito il loro disagio e, divertito, aveva suggerito loro di non muoversi.
 
Il gargoyle si spostò di nuovo con un balzo, facendoli uscire.
 
Harry forzò un sorriso, che gli venne piuttosto bene «Non preoccuparti, poi dimmi come sta nel dettaglio, eh!»
 
Lily lo guardò un attimo e poi sorrise in risposta, dandogli una leggera spintarella affettuosa, poi annuì e salutando con un cenno della mano, si allontanò, seguita da Alice.
 
Una volta che le ragazze andarono avanti, Harry si rivolse ai Malandrini e lasciò che il suo sorriso svanisse.
 
*
 
Non è che Lily si fosse fatta ingannare, semplicemente aveva capito che Harry non avrebbe mai neanche provato a dire che ci era rimasto male, insisteva semplicemente nel cercare di rassicurarla.
 
E sapeva anche che aveva ragione, sul fatto che Harry non si sarebbe dato pace.
 
Ma mise per un attimo le sue preoccupazioni da parte per dedicarsi completamente a Marlene.
 
Alice camminava davanti a loro a passo svelto, salendo le scale, a volte anche saltando gradini, diretta verso il quarto piano, camera 264.
 
 
Qualche minuto dopo, si trovavano di fronte alla porta, e Mary bussò e, senza neanche aspettare la risposta, aprì leggermente. Una veloce sbirciata per accettarsi che lì ci fosse effettivamente Marlene e che non si trovasse in qualche situazione imbarazzante, e l’aprì completamente.
 
Marlene distolse lo sguardo dal fratellino, seduto sul suo grembo, e fece un gran sorriso.
 
 «…è bellissimo! Apri la scatola ed esce una polverina che tipo disegna tutto quello che vuoi in ari- » Michael si interruppe quando notò che la sorella non stava prestando più attenzione, seguì la direzione del suo sguardo, spalancò gli occhi, e con un salto impressionante si tolse immediatamente dal suo grembo quando vide Alice, l’amica di Marlene, prendere la carica, apparentemente volendo schiacciare sua sorella.
 
Oltre al fatto che era imbarazzante, essere trovati così. Cioè, almeno per lui.
 
La osservò stritolare sua sorella, mentre borbottava qualcosa freneticamente, e Marlene rideva.
 
 «Oddio Marlene, ci hai fatto… ci hai fatto…» Alice era talmente fuori di testa che non riusciva neanche a parlare, tutta sorridente. Inciampò all’indietro cadendo sulla sedia accanto al letto.  
 
 «Cagare sotto» concluse sbrigativamente Mary, ghignando. Alice la guardò male «Che c’è?».
 
 «C’è un bambino, Mary» sussurrò Lily, con un leggero rimprovero.
 
«Quanto tempo ci mette mamma a tornare dal bagno?» pensò Michael, a disagio.
 
 «Ah»
 
Mary prese velocemente un’altra sedia che era in fondo alla stanza, sedendosi senza troppe cerimonie accanto ad Alice. Guardò Michael.
 
 «Oh, Michael! Mi raccomando, non dire quello che ho detto io prima» cercò di fare una voce morbida e dolce come solo Lily sapeva fare quando voleva, ma non gli riuscì bene. Era un tono davvero troppo carezzevole, tant’è da risultare inquietante, questo lo dedusse quando Michael arretrò leggermente, dando un’occhiata alla porta.
 
Malignamente Mary pensò che questo sarebbe stato un tono molto utile per terrorizzare suo figlio. Poi ci ripensò, nella mente le lampeggiarono pianti isterici, nottate insonni, capricci e pannolini, e le apparve sul viso una faccia inorridita.
 
Per tutti i gargoyle no, no, figli no, magari i suoi “nipoti” sì, figli di Lily, Alice e Marlene. Poveri.
 
 «Intendi “cagare sotto”?» domandò Michael, un po’ confuso.
 
Mary annuì gravemente, mentre Alice si stropicciava la faccia, inorridita. «Esatto, soprattutto davanti ai tuoi genitori.»
 
 «Perché?»
 
Mary stava per rispondere con un «Perché sì» in tono spaventosamente carezzevole, piuttosto spazientita, quando la porta venne aperta.
 
Entrò Caren, spalancando gli occhi quando le vide «Ragazze, che piacere rivedervi! Alla fine Silente è riuscito a farvi venire, quindi!» esclamò sorridendo, dando bacetti sulle guance a tutte quante. Quando vide Mary non mancò di dire ancora che era assolutamente incredibile che non fosse venuta a casa loro dopo tre anni che conosceva la figlia, invitandola di nuovo. Mary si limitò a sorridere e a scrollare le spalle.
 
 Michael guardava con le sopracciglia aggrottate sua madre «Mamma, che significa “ca- » la bocca gli fu tempestivamente tappata da Mary. No, da poco conosceva questa qui e non gli stava per niente simpatica, prima era inquietante e ora per poco non gli aveva schiaffeggiato la faccia quando aveva messo la mano sulla bocca.
 
 Gli fu lanciata un’occhiata di avvertimento, poi Mary tolse la mano e si volse verso Caren, piuttosto perplessa «C’era una zanzara» borbottò Mary, facendo finta di guardarsi le mani per vedere se c’era l’immaginaria zanzara stecchita.
 
Lily, seduta sul letto, sospirò per la pessima bugia.
Caren probabilmente decise di non indagare soltanto perché voleva che Mary venisse a casa sua, e farle l’interrogatorio non le avrebbe fatto immaginare una buona accoglienza in casa con persone del genere.
 
 «Dicevi?» domandò a suo figlio, che la guardava con gli occhi spalancati.
 
 «Che significa…» Michael pensò freneticamente. Ca… ca… CAAA… «c-cacca» balbettò
 
 «Cacca?» domandò Caren chinandosi, confusa. Michael si rese improvvisamente conto che sapeva cos’era la cacca e anche sua madre sapeva che lo sapeva.
 
Michael iniziò ad avvertire il mal di testa. Non doveva mentire alla mamma, perché stava mentendo alla mamma?
 
 «C-cioè so che significa, s-so cos’è… p-però a che serve? Perché la f-facciamo?» domandò rosso.
 
Sua madre sbattè le palpebre «Oh. Te lo spiego fuori, tesoro. Ora lasciamo un po’ da sola Marlene con le sue amiche, hm?»
 
Michael non aspettava altro.
 
 
Usciti fuori i due, nella stanza restò per un po’ il silenzio.
 
«Allora, tutto apposto? Stai bene, vero? Harry ci ha detto che perdevi tantissimo sangue quando ti ha soccorso» chiese Lily sussurrando.
 
Marlene annuì «Sì, avevo un taglio profondo sul fianco, e altre ferite minori. Ma ora sto bene.» rispose, e vide le sue amiche che osservavano preoccupate il fianco, dopo un guizzo di sorpresa. «Però mi è rimasta una cicatrice» aggiunse con una smorfia, alzando leggermente la maglietta. Scoprì la lunga cicatrice bianca, ormai non più rossa ai lati, ma ugualmente sgradevole.
 
 «Mi dispiace, Lene…» sussurrò Alice, con voce roca, accarezzando la cicatrice.
 
L’amica guardò la cicatrice, stringendo le labbra, per poi scrollare le spalle. La consapevolezza che avrebbe dovuto convivere con quella cosa sul suo corpo non era affatto allettante, ma non è che si potesse lamentare di quella quando aveva rischiato di morire qualche giorno fa. Anche se ancora immaginava l’imbarazzo di mettersi in costume. Ma che andava a pensare? Era Dicembre, per Dio!
 
 «Chi cazzo è stato il bastardo che ti ha fatto questo?» ringhiò Mary, Lily le mise una mano sul braccio, per poi guardare Lene e sorridere dolcemente.
 
 «Non preoccuparti, Lene, rimani comunque bellissima»
 
Marlene arrossì leggermente, mentre abbassava di nuovo la maglietta, anche se non ci credeva molto. Ma ricordò ciò che aveva detto la corvina
 
La bionda guardò sorpresa le amiche «Harry non vi ha detto niente?» domandò.
 
Mary, leggermente più calma ma ancora incazzata, non esitò a rispondere: «Oh beh, a essere sinceri l’unica cosa che sapevamo era che avevi perso molto sangue e solo perché Harry me l’ha sbattuto in faccia. Gli è venuta una crisi di nervi, probabilmente aveva il cervello che gli rimbalzava per la scatola cranica… quindi, a parte questo, almeno a noi, non ha detto niente» spiegò cupamente, con ancora un po’ di rancore nella voce.
 
«Crisi di nervi…?» esalò Marlene.
 
«Era molto preoccupato,» disse Alice, facendo arrossire leggermente Lene «voleva venirti a vedere il prima possibile e non l’ha detto a noi, quindi ha litigato con Mary.»
 
«In verità oggi voleva venire pure lui, ma solo tre potevano andare e quindi ha lasciato andare noi» aggiunse Lily, piuttosto preoccupata al pensiero di Harry. Stupido il suo altruismo, ora se lei avesse insistito un po’ di più sarebbe stato qui invece che a tormentarsi a Hogwarts (perché scommetteva che stava facendo quello).  
 
«Ah» riuscì a dire Marlene, poi fece un piccolo sorriso «Vabbè ditegli che sto bene, e lo devo soprattutto a lui. E poi anche che mamma non vede l’ora di ringraziarlo» finì ridendo leggermente.
 
Poi ritornò seria, esaminando ciascuna di loro «No dai, sul serio non ve l’ha detto?! Non vi ha detto niente?»
 
Alice la guardò confusa «No, niente. Cos’è successo? Non mi dire che sai chi ti ha fatto questo!» esclamò, e non attese neanche una risposta prima di continuare: «Si può sapere perché cavolo non l’hai denunciato o roba del genere?»
 
«E a che servirebbe?! Tanto non è che sia anonimo e dirlo mi farebbe solo apparire sui giornali!» sbottò freneticamente Marlene, avendo perso diverse tonalità di colore. Aveva gli occhi spalancati e impanicati, bianca come un cencio al solo ricordo. Un cambio d’umore così improvviso che destabilizzò le amiche «È-È stato Tu-Sai-Chi in persona, Alice! È un miracolo se sono ancora qui, a parlare con voi!»
 
 
 
 











Angolo Autrice
 
Ciao a tutti follettini e follettine! Com’è che va la vita? Caldo della madonna, vero? Spero che non vi siate sciolti al sole. Vabbè il meteo dice che il tempo capirà per almeno una settimana che siamo in Italia e non in Africa, ma non sono sicura di voler rivedere la tromba d’aria dell’altro ieri.
Ora, il capitolo. Suspense, ci sto prendendo il vizio e lo so. Probabilmente una certa persona, (no non qui su EFP, non preoccupatevi) mi ha influenzato. Se mi vedete un po’ fuori di testa in queste note non preoccupatevi, sono troppo contenta di pubblicare il capitolo.
Nella prima scena la chiacchieratina tra Harry e Silente, eh sì ragazzi, l’Ordine della Fenice in vista! Eugenia Jenkins è esistita per davvero (cioè, intendo nel mondo di Harry Potter), era Ministro in quell’epoca e la poverina fu congedata perché ritenuta poco adatta ad affrontare Voldemort. Mi sto ancora a chiedere come gli inglesi facciano a spulciare certe informazioni… Pottemore? Quando c’erano ancora articoli decenti, perlomeno.
Comunque ho ritenuto che solo Harry e Silente non potevano, quindi nel caso ce ne sarà bisogno Silente chiamerà l’Ordine. Di Malandrini non è che Harry ci abbia minimamente pensato perché sono minorenni, tredicenni addirittura.
Poi Marlene si sveglia, tutti i pensieri prima che il tutto inizi a degenerare sono quelli veri, quello che pensava Lene in quel momento, il suo P.O.V insomma.
Lily e Sev litigano, e sì, la gelosia credo che sia solo la cosa più superficiale. I rapporti iniziano a farsi tesi da quando Lily inizia a considerare i Malandrini persone (ma dai) e non scavezzacollo e basta. Poi ecco mettiamoci pure che lo sta trascurando… Lily inizia a considerarsi una persona di merda (ci mancherebbe) e avverte che il rapporto non è più come prima, dopo questo (ci mancherebbe pt.2).
E poi le ragazze vanno a visitare Marlene (Harry no, ma ragazzi, non finisce qui. Sì, ve lo sto dicendo perché voglio lasciarvi almeno un po’ meno incazzati dopo aver finito il cap). Mi sono divertita con Michael e Mary (ah, e anche Fanny, naturalmente) XD, diciamo che anche per me è stata una boccata d’aria fresca perché mi sembra che stia diventando un po’ tutto troppo pesante. Vi ricordate i tempi degli scherzi dei Malandrini spiegati nel dettaglio, con tanto di scenetta? Ah…
E poi… succede quel che succede.
Scusate se da tre capitoli fa sostanzialmente è passato un giorno, ma succedono un bel po’ di cose e il domani fanfictioniano è il 22 Dicembre Lunedì, e per gli studenti iniziano le vacanze natalizie, quindi tra poco tutti si separeranno e tutto questo non può succedere quando sono separati, tantomeno a Gennaio.
Detto questo, buone vacanze (in ritardo)!
Saluti!
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. Grazie Nag per il titolo, avendo sostituito temporaneamente la mia mancanza di ispirazione per i titoli, che mi fa sfornare titoli discutibili
   





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!
   
 
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