Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    12/07/2019    2 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                    Se ci fosse qualcuno come me                                                   
 
                                                                                                Il re dei giullari 
 
Un nuovo giorno stava nascendo a Parigi. L'aria era frizzante, il suono delle finestre che si aprivano, e i primi bambini, pieni di energia, che correvano fuori a giocare. Sembrava un giorno come tanti. Il solito profumo di pane appena sfornato, le persone che andavano a lavoro o al mercato, e ovviamente, il solito carrettino di legno, lì in un angolo della piazza. Vero, tutto era come sempre.
In fondo nessun bambino desiderava qualcosa di nuovo in quelle giornate. Il teatrino di pupazzi di Clopin, conosciuto da tutti come il giullare della piazza, era il più bello di tutta Parigi. I bambini adoravano i suoi spettacoli, e ogni giorno c'era sempre una nuova storia da ascoltare.
Lo zingaro dalla mascherina variopinta, con il suo sorriso smagliante e la voce incantatrice, era il menestrello dei più piccoli.
Neanche lui avrebbe voluto desiderare qualcos'altro nella sua vita. Nonostante la povertà, i sacrifici, e le responsabilità che solo un burattinaio (e re dei gitani) portava sulle spalle, lui non avrebbe cambiato nulla. A dire il vero, odiava i cambiamenti. 
In quel momento, un gruppetto di piccoli spettatori accerchiarono il carretto, ancora con le porticine chiuse.
Qualche bimbo cominciò ad essere impaziente e non vedeva l'ora che il teatrino aprisse. Pochi secondi dopo, proprio da quella porta uscì fuori un piccolo pupazzo in stoffa, con vestitini colorati e con una vocina dolce disse ai presenti:
-Bon jour! Mi dispiace ma stamane il grande Clopin non sarà qui per il suo spettacolo. Ma tranquilli, non fate quelle faccine tristi. Ci penserò io a intrattenervi, e vi assicuro che sono mille volte più bravo di quel tipo col nasone -. 
A quel punto, molti bambini risero a crepapelle, e prima che l'atmosfera gioiosa sfumasse, una mano avvolta nel guanto scuro picchiettò con un bastoncino la piccola bambola. 
- Zitto! - disse una voce maschile da dentro il teatrino, e in pochi secondi uscì allo scoperto un uomo alto, vestito con colori sgargianti, il capo coperto da un cappello blu cobalto con tanto di piuma dorata, e una maschera che gli copriva mezzo volto.
Il sorriso, dai denti laterali scheggiati, illuminò i volti dei piccoli, che dopo aver riconosciuto il loro giullare, cominciarono ad esultare come non mai. Vedere tutte quelle faccine sorridenti era la più grande soddisfazione per il re degli zingari.
Molto di più di una esilarante impiccagione di spie e intrusi. 
-Bon jour, mes ami! Scusate il ritardo, spero che il piccolo Clopin non vi abbia annoiati in mia assenza - cominciò, mentre riponeva dietro la schiena il pupazzetto. - Oggi vi racconterò una nuova storia, fatta di mistero, coraggio e amore. Un cavaliere e la sua dama. Uniti dai sentimenti, ma divisi dalle ostilità. Siete pronti? -. A quel punto un coro eccitato si elevò e Clopin non poté che esserne più orgoglioso. Eh sì, niente avrebbe voluto cambiare in quella sua vita. Assolutamente nulla. 
 
PV Clopin 
 
Lo spettacolino fu un successo, come sempre. Il davanzale in legno fu sommerso da varie monetine d'oro e d'argento. Feci un profondo inchino al mio amato pubblico (e anche il piccolo Clopin lo fece) e subito dopo, tutti quei piccoli corsero via, ognuno per una sua destinazione. Raccolsi le monete e le misi in un sacchetto di stoffa. Dopo di che, mi stiracchiai, e andai a sdraiarmi sul divanetto all'interno del carro.
Che strano, come quel carretto sembrasse così piccolo all'esterno, ma all'interno fosse grande quanto una stanzetta. Rilassandomi, mi tolsi momentaneamente la maschera. Non era ancora mezzogiorno e avevo già guadagnato abbastanza per poter comprare del buon pane caldo e della frutta. Avrei tanto gradito anche dell'uva, ma era troppo costosa.
Forse del vino, magari. In quel momento, una voce familiare mi fece tornare alla realtà. Sapevo benissimo chi fosse.
- Buongiorno, Clopin. Ti disturbo? - la voce calma e amichevole del campanaro si fece strada all'interno del carretto. Sollevai gli occhi e mi misi a sedere e mi rivolsi al nuovo arrivato.
-Buon dì, Quasi! No, tranquillo, da poco ho finito il mio primo spettacolo di questa giornata. Mi stavo rilassando- tagliai corto, mentre mi rimettevo con cura la maschera. Di solito non mostravo mai il mio viso quando ero nei panni da cantastorie. Nemmeno io riuscivo a spiegarne il motivo con chiarezza, ma forse perché faceva parte del mio personaggio. O forse, perché in qualche modo, quella maschera sapeva nascondere il mio altro " io" che non amavo mostrare ai bambini. Con loro, volevo sempre essere Clopin, il giullare della piazza, giocoso e amichevole. 
Meglio lasciare il sanguinario re degli zingari nelle profondità della Corte dei Miracoli. Dopo essermi avvicinato al davanzale, lasciando che i tenui raggi del sole accarezzassero il mio viso, cominciai a fare una bella chiacchierata con il mio amico Quasimodo. Era passato un anno da quando il campanaro di Notre Dame aveva posto fine alla sua prigionia, un isolamento forzato che era durato per ben vent'anni. Da quel giorno, tutto nella vita di Quasi era cambiato, lui compreso.
Anche se rimaneva ancora quella timidezza, che faceva parte del suo carattere, era diventato più sicuro di sé, più socievole, e non si preoccupava del giudizio delle persone quando lo incontravano la prima volta. Gli sguardi della gente non lo affliggevano più. Aveva trovato tanti amici, a parte me, Esmeralda e Febo. Nonostante questi cambiamenti, era comunque rimasto a vivere nel campanile, con un'unica eccezione: non era più la sua prigione, ma un posto che lui poteva chiamare casa.
In fondo, Notre Dame faceva parte di lui, era il suo mondo. E lui rimaneva pur sempre il campanaro della cattedrale. - Come mai da queste parti? Stai facendo qualche commissione? - gli chiesi. A dire il vero non era una novità, perché spesso Quasimodo usciva fuori per andare a lavorare. Eh sì, alla fine, sotto suggerimento di Esmeralda, Quasi aveva cominciato a sfruttare le sue qualità di artigiano per costruire statuine per poi venderle. Io stesso lo avevo aiutato a costruire il carretto dove trasportava le sue creazioni. Era così bello vedere come si impegnava.
Il mio caro amico mi sorrise compiaciuto, e pose sul davanzale un pacchetto che aprì, e tirò fuori varie statuine in legno, ben levigate, ma che non erano ancora dipinte. Erano fantastiche, ben curate nei minimi particolari. Ovviamente erano tutte raffigurazioni dei vari abitanti di Parigi. Una volta, esattamente poco dopo che diventammo amici, Quasi mi regalò una miniatura di me con tanto di carretto, e io ne fui entusiasta perché era un vero capolavoro. Chi l'avrebbe mai detto! E pensare che qualche tempo fa, intrattenevo i bambini con grottesche storie e favole su di lui, non sapendo invece quale meravigliosa persona fosse in realtà. Con occhi sgranati studiai attentamente tutte quelle meraviglie, e non potei fare a meno di dire: 
- Sono fantastiche! A quanto pare le ordinazioni stanno aumentando sempre di più, eh Quasi? - gli feci notare, facendogli l'occhiolino. Lui era visibilmente contento. 
- Sì, è vero. Non credevo che avrei avuto una vasta clientela. Ecco perché sono in giro, devo portare queste prime creazioni ai miei clienti, per sapere se sono soddisfatti, prima di passare alla pittura -. Annuì a quella notizia, e tornai ad osservare le statuine. Una, all'improvviso, catturò la mia attenzione. Era la statuina di una persona, ma non si riusciva a capire se fosse un uomo o una donna. Aveva i capelli lunghi al vento, e con addosso un vestito alquanto bizzarro, ma poco definibile. 
 - Ah questa - disse Quasi, notando la mia perplessità - non farci caso. Non è nemmeno una commissione, l'ho fatta stamattina durante la colazione -mi spiegò. 
- Chi sarebbe? - domandai. 
- Veramente non lo so. Stamattina, all'alba, poco prima di suonare le campane, mi sono affacciato ed è stato in quel momento che ho visto questa strana persona che saltellava per la piazza. Sono rimasto così stupito di vedere una faccia nuova, che mi è venuto spontaneo prendere gli strumenti e farne una statuina. Peccato non aver avuto modo di osservarlo con attenzione, che subito si è volatilizzato. Speravo che tu potessi saperne qualcosa, dato che conosci praticamente tutti -.
Rimasi un attimo in silenzio e osservai ancora un po’ quell'oggetto. Chissà chi era? Se doveva essere un nuovo arrivato, allora era il caso di saperne di più. Come re degli zingari era mio dovere essere diligente, e conoscere chiunque in città, per assicurarmi che non insorgessero nuove minacce per la mia gente. Il filo dei miei pensieri si spezzò appena Quasimodo mi fece notare che si stava facendo tardi, e doveva scappare per finire le sue faccende. A breve sarebbe stato mezzogiorno, e lui doveva trovarsi nel campanile per suonare le campane. Dopo aver riposto le statuine nella scatola, il campanaro mi salutò con un gesto della mano, e corse via, zoppicando come al suo solito. 
- Buona fortuna, mon amì - gli gridai dietro per farmi sentire. E mentre lo vedevo allontanarsi dalla piazza, decisi che anche io avrei dovuto rimettermi a lavoro. Ben presto, altri piccoli spettatori (quelli che si svegliavano più tardi) sarebbero giunti davanti al mio teatrino, e dovevo inventarmi una nuova storia da raccontare. Mentre mi preparavo, un pensiero mi percorse nella mente.
Chi era quella persona sconosciuta? 
 
- E fu così, che la principessa sposò il suo principe che l'aveva salvata dall'orco cattivo. E i due vissero per sempre felici e contenti -.
Ovazioni e applausi si scatenarono in un’unica esplosione di suoni. Mettendo da parte le marionette, accolsi quegli applausi e ringraziai.
- Mercì beaucoup -. Il mio cappello fu riempito di monete. Varie manine ne posero qualcuna. Fino a un'ultima, ma era troppo grande per essere quella di un bambino. Alzai lo sguardo e vidi che si trattava di Febo, il capitano della guardia reale. E non era solo, con lui c'era la mia amata sorellina, Esmeralda.
-Ma guarda chi c'è?! Che bella sorpresa! - dissi, regalando ai nuovi arrivati uno dei miei sorrisi migliori. 
Bene, bene, oggi è proprio il giorno delle visite, quelle belle. Pensai tra me e me.
-Buon pomeriggio, Clopin. Carino il tuo spettacolo di poco fa - disse l'omone dai capelli dorati, non sbilanciandosi di più se non con un  semplice " carino". Quando si trattava di me, era sempre pronto a stuzzicarmi. Tipico di mio cognato. Eh già, il capitano Febo aveva avuto la fortuna di sposare Esmeralda, la zingara più bella di tutta la Corte dei Miracoli. La cosa bizzarra, era che fu proprio lei a fare il primo passo, chiedendogli di sposarla, e lui accettò. Chiamalo scemo! - Come sta andando, Clopin? Speriamo di non disturbarti. Stavamo passeggiando da queste parti e abbiamo pensato di fare un salto qui - spiegò Esmeralda. Tra le sue braccia stringeva con cura un fagottino avvolto da uno scialle di lana. I miei occhi brillarono appena vidi il piccino che dormiva beatamente e mi sporsi di più dal davanzale per vederlo meglio. Il piccolo Zephyr, il figlio di Esmeralda e Febo, il mio adorabile nipotino di pochi mesi. 
- Avete fatto benissimo. Sono felice di vedervi - parlai piano, con la paura di svegliare il neonato. Ma quell'atmosfera dolce fu devastata appena mi accorsi che i miei cari si fecero taciturni e seri.
-Che succede? Qualcosa non va? - chiesi, guardando sia Esme che Febo. Dopo un attimo di esitazione, fu proprio lui a rompere il silenzio. 
- Clopin, a dire il vero siamo venuti per dirti una cosa - cominciò, con un tono molto serio. Febo era sempre stato così, ma quel tono mi fece intendere che ci fosse qualcosa di cui dovermi preoccupare.  Mille pensieri cominciarono a vagare nella mia mente.
- E' successo qualcosa alla Corte dei Miracoli? - chiesi subito, con una certa ansia. 
- No, no, stai tranquillo. Alla Corte va tutto bene. Il fatto è... - il capitano non riuscì ad andare avanti.
Stavo cominciando a perdere la pazienza.
Febo cercò disperatamente gli occhi di Esme, come a chiederle aiuto.
Con un mezzo sorriso e un sospiro, mia sorella si rivolse a me.
- Clopin, abbiamo da poco saputo, che è arrivato in città un nuovo cantastorie -. Appena terminò quella frase, Febo divenne nervoso.
Io invece, rimasi un attimo stupefatto. Un nuovo cantastorie, eh? Diversamente dai loro timori, la cosa non mi fece né caldo né freddo. Insomma, non era la prima volta che nuovi menestrelli e canzonieri tentavano la fortuna in quel campo.
Inoltre, nessuno di loro era arrivato al mio livello. - Tutto qui?!- esclamai, quasi sul punto di riderli in faccia. - Credevo che fosse una cosa più seria. Suvvia, perché quelle facce! E poi, l'importante è che non operi nel mio territorio, qui al piazzale di Notre Dame - dissi, e per me la questione poteva finire lì.
Ma in quel preciso momento, le facce dei due si fecero ancora più cupe. 
- Appunto... - aggiunse Febo, senza però dire altro. Io mi voltai e lo guardai con aria sospetta. 
- Appunto cosa? - il tono della mia voce si fece più profonda, e potei leggere la tensione negli occhi di mio cognato. Per essere un uomo grande e grosso, ogni volta che si trattava di me, e dei miei temperamenti, temeva sempre di farmi arrabbiare. Credo che sia per quella vecchia storia accaduta un anno fa, quando lui e Quasimodo si erano introdotti nella Corte dei Miracoli.
In quell'occasione, avevo messo la corda attorno al collo di Febo, ed ero sul punto di impiccarlo. Meno male che Esme mi fermò in tempo (erano tempi in cui loro due non erano ancora fidanzati ufficialmente). Quell'esperienza, nonostante finì bene, non fece dimenticare al coraggioso capitano quanto il re degli zingari potesse essere così pericoloso. Ancora una volta, Esmeralda venne in suo aiuto. 
- Il punto è che... temo che dovrai dividere il piazzale con il nuovo arrivato -. Esmeralda aveva appena finito di parlare, e io mi pietrificai peggio di un gargoyle della cattedrale. Non era possibile! Dentro di me mi sentì esplodere. Avrei voluto urlare come un pazzo, ma dovetti trattenermi, un po’ per il piccolo Zephyr, un po’ per mantenere salva la mia immagine rispettabile. Ma era davvero troppo. Febo cercò di tranquillizzarmi:
- Avanti, Clopin. Non penserai mica che un novellino da quattro soldi ti possa rubare la scena. Sorridi! - disse, con leggerezza snervante. Non potei che fulminarlo con lo sguardo. Odiavo, nonostante le sue buone intenzioni, che sminuisse la mia situazione. 
- Non capisci, non ho paura di essere oscurato da lui, e nemmeno che magari possa essere più bravo di me. Si tratta di una cosa più personale -.
In quel momento senza rendercene conto, il mio nipotino si svegliò. I suoi occhioni vispi, di un bel verde (ereditati da Esmeralda) cominciarono a vagare da una parte all'altra, fino a che non si puntarono su di me. In quel momento, il cuore mi si fermò e uno strano calore mi fece addolcire, e la rabbia momentanea finì col diminuire. Zephyr, riconoscendomi, emise un versetto gioioso, come a volermi salutare e come fosse contento di vedermi. Io non potei fare a meno di avvicinarmi di più e comincia a fare delle boccacce. In risposta, il piccolo rise tutto pimpante.
- Oh, Zephyr, mon petit, sei così carino! - dissi con una voce affettuosa. Con un gesto spontaneo, come se la mia mano si fosse mossa da sola, feci comparire il piccolo Clopin, la bambola di pezza, e la mostrai al neonato. 
- Eh meno male, almeno non ha preso niente dallo zio! - le feci dire con la voce modificata. Esmeralda e Febo, rilassandosi, si divertirono a vedere quella scena. Zephyr protese una manina verso di me, e avvicinai una mano. Lui afferrò il mio dito indice, in quella manina paffuta e tenera. 
Mi sentivo così bene, ma al tempo stesso mi sentivo morire. Ecco a cosa alludevo poco fa. Non mi importava nulla di perdere fama e denaro, non era quello il problema. I bambini, oltre al mio popolo alla Corte, erano la mia ragione di vita. Il motivo per cui ero diventato un buffone della piazza, e solo per loro riservavo fatica e lavoro. Il solo pensiero di perderli, di non poterli più vedere attorno al mio carretto, mi strappava il cuore. La mia cara sorella, come se avesse intuito la verità, con voce materna e rassicurante mi parlò: 
- Clopin, mio caro, lo so cosa stai provando. Ma non temere, le tue paure non diventeranno realtà. Se ami tanto il tuo lavoro, e i bambini che sono cresciuti con le tue storie, stai certo che non li perderai. Sei il giullare della piazza, e tutti loro ti adorano. Nessuno prenderà il tuo posto nel loro cuore -.
Quelle parole mi fecero quasi commuovere. Ma poi scrollai la testa e ricordai un dettaglio: non ero solo il giullare, ma anche il re degli zingari, che se voleva qualcosa riusciva a prendersela, senza "se" e senza "ma". Qualunque fosse stata la minaccia, l'avrei affrontata a testa alta, non solo per me, ma anche per il mio pubblico adorato. Con un ultimo sguardo diretto a Zephyr, mi feci la promessa che non mi sarei scoraggiato, ed ero pronto a qualunque eventuale battaglia. Proprio come i cavalieri e i principi nelle mie storie. Avrei affrontato la bestia che voleva ostacolarmi, in qualunque forma essa fosse.  
Le campane suonarono per sette volte, ormai era buio, in quella serata di gennaio. Anche per Clopin era arrivato il momento di tornare a casa. Dopo essersi cambiato, e chiuso il carretto a chiave, si diresse verso le buie stradine di Parigi, buttandosi alle spalle il piazzale di Notre Dame.
Non sapeva però, che l'indomani avrebbe trovato una sorpresa che avrebbe stravolto la sua vita. 
 
Angolo dell'autrice

Dunque, premetto che questo capitolo mi è uscito fuori dalla testa ieri notte ( e infatti non sono riuscita a dormire per tutte le idee che mi balenavano nel cervello O.O che sonno!! ). Ma Clopin è sempre stato il mio personaggio preferito nel film d'animazione, e ora sto scoprendo anche la storia originale ( e ho anche visto il musical di Cocciante ** e anche lì, il personaggio di Clopin lo adoro ). Mi sembrava doveroso provare a scrivere una storia tutta incentrata su di lui ( dato che nel film lui è messo troppo da parte, ma rimane un personaggio particolare e meritava di più, secondo me). Spero che vi sia piaciuta e siate giusto un po curiosi di sapere chi sia il nuovo personaggio x3 Al prossimo capitolo       

 
   
 
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